• Dalla Campania - e in particolare dalla provincia di Salerno - partono storicamente i primi emigranti meridionali verso l’America del Nord e, successivamente, verso l’America del Sud nell’ambito della «grande emigrazione» della seconda metà dell’Ottocento. I flussi emigratori riprendono negli anni cinquanta e si dirigono anche verso i paesi europei: Francia e Belgio, poi Svizzera e soprattutto Germania. L’Alto Sele (confinante con l’Irpinia, epicentro del terremoto del 1981) rappresenta, come tutta l’area circostante, uno dei poli maggiori di emigrazione. Il volume focalizza l’attenzione sull’area che comprende i comuni di Valva, di Buccino e di Contursi, ricostruendo - anche attraverso le testimonianze dei protagonisti - le dinamiche migratorie dei suoi abitanti. Ma nell’ultimo decennio l’Alto Sele è divenuto anche area di immigrazione, in quanto a fianco di micro-flussi di emigranti che partono ancora per la Germania (ma anche per l’Emilia Romagna e il Veneto) appaiono, al contempo, micro-flussi in entrata di immigrati di origine straniera: marocchini, cinesi, rumeni e polacchi.
  • Enakapata

    Fascia di prezzo: da 2.99 € a 10.00 €
    Cosa ci fanno assieme Ryoji Noyori, premio Nobel per la chimica, e zia Concetta? Piero Carninci, lo scienziato che ha messo in discussione il dogma del Dna, e don Peppe detto «Testolina»? Franco Nori, il genio che lavora al computer intelligente, e Gennaro detto «Topolino»? La risposta in Enakapata (espressione nippo-vesuviana, da «è ’na capata», letteralmente «è una testata», in senso figurato «è qualcosa che colpisce, è una cosa straordinaria»), il resoconto di un viaggio che comincia a Secondigliano e si conclude a Tokyo; un diario nel quale gli autori, padre e figlio, raccontano della controversa periferia napoletana e dell’organizzazione della scienza in Giappone, di luoghi e volti della capitale giapponese appena incontrata e dei suoi paesaggi metropolitani stupefacenti, di serendipity, ramen e shinsetsu, di operai e magliari, in un alternarsi e incrociarsi di voci, sensibilità, generazioni. Ne viene fuori un libro vitale, fisico, che afferra i sensi con una lingua prensile che, in maniera leggera, accattivante, divertente, paradossale, a tratti persino commovente, coinvolge il lettore e lo porta lontano, in mondi sconosciuti e affascinanti.
  • L’attuale modello di sviluppo è insostenibile, non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale. Conflitti, cambiamenti climatici, disuguaglianze crescenti che determinano povertà e migrazioni di massa sono sfide che mettono in discussione la tenuta stessa del pianeta, non in un futuro ipotetico, ma da qui a poche decine di anni. Ecco allora che il concetto di «sostenibilità» diventa la chiave di volta per ripensare le direttrici dello sviluppo, tanto che l’Onu ha individuato in un documento («Agenda 2030») i 17 obiettivi da raggiungere entro i prossimi 12 anni per evitare il collasso. L’Italia, pur avendo fatto alcuni passi avanti nell’ultimo periodo, è ancora ben lontana dal raggiungimento degli standard previsti. Per questo quella attuale deve necessariamente essere «la legislatura dello sviluppo sostenibile». Questa è almeno la convinzione di Pierluigi Stefanini ed Enrico Giovannini, rispettivamente presidente e portavoce di ASviS, l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, nata proprio per far crescere nella società italiana, nei soggetti economici e nelle istituzioni la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 e degli obiettivi in essa contenuti. Ma come stanno andando le cose? Il governo è sensibile a questo tipo di tematiche? Quella della «sostenibilità» può essere una battaglia intorno alla quale coalizzare una nuova esperienza politica anche a sinistra? Su questi grandi interrogativi, ma anche su molte altre tematiche (dal ruolo della cooperazione a quello dei corpi sociali, dal cambiamento del lavoro alla rivoluzione tecnologica), si confrontano Enrico Giovannini e Pierluigi Stefanini, dando vita a una conversazione schietta e vivace, capace di offrire spunti interessanti per la costruzione di una visione politica nuova.
  • Le più recenti analisi sulla distribuzione della ricchezza mondiale hanno messo in luce come nel corso degli ultimi anni la distanza che separa la quota di popolazione più povera da quella più ricca sia progressivamente aumentata. Il nostro paese non è esente da queste dinamiche e la lunga onda della crisi economica non ha di certo aiutato, erodendo ampie aree di benessere e di sicurezza. Il presente articolo si propone di mettere in luce alcune questioni chiave nell’analisi delle dinamiche di diseguaglianza nazionali, come il tema del lavoro e delle sue trasformazioni e vecchi nodi irrisolti, la persistente frattura tra nord e sud del paese, la difficile condizione delle giovani generazioni e l’incolmato gap di genere. In conclusione un’ultima riflessione sarà dedicata al tema della percezione che le persone hanno rispetto a questi temi, per provare a far luce sul rapporto tra esiti misurati dagli indicatori socioeconomici e dimensione percepita.
  • Il volume ricostruisce le vicende dell’esercito italiano all’estero durante gli anni del secondo conflitto mondiale, prendendo in considerazione alcuni teatri bellici che ne hanno visto protagonisti i militari dal momento dell’invasione fino al periodo immediatamente successivo al crollo determinato dall’armistizio dell’8 settembre 1943. L’autore, utilizzando la documentazione originale e una vasta bibliografia, analizza in particolare il modificarsi del rapporto con la nazione e la guerra da parte dei soldati inviati a conquistare, occupare e resistere nei territori della penisola balcanica, in quelli dell’Egeo, in Turchia e nei campi alleati del Medio Oriente e dell’Egitto. Attraverso categorie interpretative ed elementi di differenziazione che pongono al centro l’importanza delle diverse esperienze di guerra compiute dai militari italiani si compone un quadro molto diversificato delle vicende (dalla violenza dell’occupazione all’incontro con le popolazioni e i «nuovi alleati» dopo l’armistizio, alla resistenza armata) e dell’evoluzione psicologica dei soldati, stante l’appartenenza a un esercito prima invasore e poi abbandonato, costretto alla resa e alla sconfitta, ma anche obbligato a scegliere se resistere, fuggire o arrendersi. La scelta di prendere in considerazione l’intero arco del conflitto, anziché il periodo delle guerre fasciste o la successiva fase del 1943-1945, ha consentito di leggere queste trasformazioni lungo l’intera guerra italiana, ponendo così in evidenza come siano esistiti fili di continuità e rotture direttamente collegate alla tipologia di guerra e al contesto geografico-militare nel quale il singolo e il reparto si sono trovati ad agire. Specificità e differenze che - a loro volta - si intrecciano con le politiche del regime, con le occupazioni e le violenze dell’esercito occupante, con la crisi dell’estate del 1943 e con la successiva evoluzione della partecipazione italiana alla guerra.