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La riarticolazione securitaria del management migratorio: il contrasto dell’immigrazione e la vicenda Riace
Il saggio tematizza la configurazione dei confini e dei processi di confinamento e segregazione nel vigente regime migratorio, nella connessione tra politiche di regolazione dell’accesso e dell’insediamento nello spazio nazionale. Nel mutato scenario migratorio, nell’evoluzione del discorso pubblico e delle retoriche sulle migrazioni l’Europa protegge i propri confini. Le misure adottate in materia di migrazioni dal governo Lega5Stelle mostrano, pur nella coniugazione particolarmente autoritaria e razzista, la continuità con il management della mobilità umana, sia europeo sia nazionale (precedente ministro Minniti). La ricostruzione di due vicende paradigmatiche (Diciotti e Riace) consente l’individuazione dei processi di securizzazione delle frontiere e dei territori come dimensioni centrali delle strategie adottate nella costruzione del regime interpretativo sui fenomeni migratori e sul loro governo. La criminalizzazione e la smobilitazione del sistema di seconda accoglienza, l’inasprimento del controllo selettivo e l’esternalizzazione delle frontiere, la marginalizzazione e la criminalizzazione dell’intervento delle Ong, la «chiusura dei porti» e l’affidamento degli interventi di soccorso e salvataggio a paesi «amici» mostrano l’inclinazione autoritaria e razzista che, ponendosi «oltre» la sfera giuridica e costituzionale, disvela la deriva antiumanitaria delle politiche del ministro Salvini.
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Regionalismo differenziato: una scorciatoia a favore di pochi
Il percorso con cui si sta cercando di dare attuazione al regionalismo differenziato, per Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, è un percorso in grado di modificare significativamente l’assetto istituzionale del nostro paese, totalmente privo di trasparenza, che espropria il Parlamento dalle sue prerogative, e che è in larga parte irreversibile. La domanda di un regionalismo differenziato appare motivata soprattutto dalla volontà di alcune regioni del Nord di potere gestire una quota crescente del gettito dei tributi erariali maturato sul proprio territorio. Attraverso questo processo si affrontano problemi reali, che riguardano tutte le regioni (certezza delle risorse, possibilità di programmare, maggiori e meglio definiti spazi di autonomia), proponendo però la scorciatoia di più risorse e più autonomia solo per alcune di esse. Si ricorre all’articolo 116 comma terzo della Costituzione, che riguarda il trasferimento di competenze legislative, per poter ottenere spazi maggiori di autonomia amministrativa, che potrebbero essere invece riconosciuti con strumenti più appropriati e flessibili, quali il decentramento amministrativo delle funzioni, secondo il criterio di differenziazione, previsto dall’articolo 118 comma primo. Nel complesso, questo regionalismo differenziato, se realizzato, aggraverà, e non solo finanziariamente, la situazione di tutte le altre regioni a statuto ordinario e del paese nel suo complesso.
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La soluzione non è questa autonomia
L’articolo descrive l’iter di attuazione dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione, per richiedere ulteriori forme di autonomia regionale, a partire dalle procedure intraprese dalle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, ripercorrendo le tappe del processo avviato nel 2017 e sottolineandone le implicazioni istituzionali e politiche. Si evidenziano le criticità e le valutazioni espresse dalla Cgil, con particolare riferimento al pericolo che tale procedura possa provocare la definitiva rottura del pieno e uniforme riconoscimento dei diritti civili e sociali fondamentali, aumentando le disuguaglianze già oggi esistenti.
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«Prima agli italiani»: la spesa dei comuni per i servizi sociali
L’ambito territoriale proprio degli enti locali è la principale dimensione spaziale dei processi di integrazione degli immigrati e la spesa che i comuni sostengono per l’implementazione dei servizi sociali rappresenta lo strumento fondamentale per la loro attivazione e per il governo dei processi di inclusione degli immigrati. La retorica politica anti-immigrati denuncia l’esistenza di una presunta spesa sociale per la popolazione immigrata che drena risorse agli italiani. Ma la valutazione della spesa sociale indirizzata agli immigrati mostra tutt’altra realtà. Non esiste nessuna linea preferenziale e nemmeno un travaso di risorse dalla spesa sociale complessiva verso quella dedicata agli immigrati. Al contrario, è ancora ispirata da una gestione emergenziale dell’immigrazione, concentrata prevalentemente sulla spesa per le strutture di prima accoglienza. Insomma, la spesa sociale per l’immigrazione sembra essere ancora attardata rispetto ai cambiamenti della presenza immigrata e ai suoi nuovi bisogni.
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L’attività degli operatori sociali tra aiuto e controllo nel nuovo sistema di accoglienza
Come si coniugano gli interventi professionali volti al benessere delle persone in stato di necessità con le funzioni di controllo ed espulsione contenute nel «Decreto sicurezza»? Quali i rischi di pratiche discriminatorie nell’intervento sociale all’interno dei centri di accoglienza? Questi alcuni dilemmi che si trovano ad affrontare gli operatori delle strutture di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati e in particolare gli assistenti sociali, come professionisti dell’aiuto, espressione della solidarietà della società. Per comprendere quali effetti sta portando la nuova normativa e come affrontare la complessità dell’aiuto in presenza del decreto all’interno della professione vengono riprese nell’articolo sia le analisi delle recenti modificazioni normative nel sistema di accoglienza, sia le riflessioni su quanto le stesse normative incidano sul rapporto tra «aiuto» e «controllo» e sulla capacità di voice degli operatori sociali.
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L’associazionismo migrante a Napoli e la cooperazione allo sviluppo
Seguendo il recente percorso di evoluzione dell’associazionismo migrante a Napoli, questa analisi riporta due casi studio che descrivono un viaggio di ritorno compiuto dai leader senegalesi di due associazioni miste verso il loro paese di origine, attraverso la cooperazione allo sviluppo. Da un punto di vista metodologico, la ricerca si avvale degli strumenti propri delle scienze sociali, con riferimento all’indagine qualitativa, facendo uso di osservazione diretta e interviste approfondite condotte alle associazioni di immigrati a Napoli, con un’attenzione particolare a quelle di recente costituzione.
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«Vengono per delinquere»: logiche e cicli di criminalizzazione dell’immigrazione
L’articolo si propone di indagare la criminalizzazione dell’immigrazione in Italia e in particolare il «lavoro culturale» che naturalizza lo status di un gruppo come «criminale», esaminando il modo in cui le rappresentazioni influenzano le politiche e, viceversa, le politiche mettono in scena delle rappresentazioni. Ripercorrendo i momenti cardine che hanno portato nell’arena pubblica le varie «crisi dell’immigrazione», e basandosi su alcuni studi di caso, si ricostruisce la logica dei processi di criminalizzazione e la loro storia. Viene mostrato come il framework di Schengen, improntato alla sicurezza dei confini, sia alla radice della criminalizzazione del «clandestino». Il «paradigma della sicurezza» che ne deriva diventa così un principio di comprensione e intervento sulle dinamiche urbane che sfocia in cicli politici di «rivendicazione e criminalizzazione». A sua volta, il regime letale di controllo delle frontiere giustificato dalle «politiche dell’assedio» richiede una deresponsabilizzazione morale che si nutre della costruzione continua del pericolo portando a una ulteriore criminalizzazione dei migranti e dei loro «fiancheggiatori».
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RPS N. 2/2019
22.00
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Politiche migratorie in un ambiente ostile
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Nuovi flussi migratori, accoglienza e diritti umani. Nota introduttiva
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La transizione migratoria italiana negli anni della crisi
Negli ultimi dieci anni le migrazioni verso l’Italia sono radicalmente cambiate. Si è aperta una lunga fase di transizione, conseguenza sia dei cambiamenti legislativi interni sia delle trasformazioni dello scenario internazionale ed europeo. Le principali trasformazioni si sono prodotte nell’ambito degli ingressi e nei permessi di soggiorno rilasciati. Da qualche anno il motivo maggiore di ingresso è il ricongiungimento familiare, nello stesso arco di tempo gli arrivi per lavoro si sono quasi azzerati. Si è abbassata l’età dei migranti in arrivo ed è accresciuta la quota di «minori stranieri non accompagnati», ultima disperata strategia per superare i confini ed essere accolti in Europa. Sulla composizione migrante della forza lavoro la nuova fase non ha prodotto delle cesure. Al contrario si sono rafforzati i meccanismi di segregazione etnica e spaziale. I migranti si concentrano in alcuni settori specifici dell’economia dove occupano le posizioni professionalmente inferiori e nelle quali le loro capacità non vengono valorizzate. Una situazione di isolamento che si nota anche nella localizzazione geografica dell’attivazione dei contratti di lavoro: per alcune nazionalità emerge una elevata correlazione tra alcune aree e i nuovi contratti stipulati dai lavoratori migranti. Si costituisce sempre più un mercato del lavoro razzializzato, in cui si creano gerarchie basate sull’origine nazionale e sul colore della pelle.
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I sindaci e l’«emergenza» immigrazione: dal mantra securitario al protagonismo politico
I decreti d’urgenza emanati dai governi nell’ultimo decennio hanno potenziato gli strumenti emergenziali che le amministrazioni locali possono impiegare per controllare i propri territori, incidendo anche su questioni legate all’immigrazione. La sicurezza urbana è la locuzione che va a giustificare, politicamente e giuridicamente, interventi restrittivi di diverse libertà personali. L’iscrizione anagrafica e gli strumenti volti a negare ad alcune categorie di individui l’accesso a determinate aree comunali sono due ambiti su cui le norme emanate negli ultimi anni hanno prodotto conseguenze evidenti. Anagrafe e controllo della mobilità infra-comunale costituiscono forme, diverse ma complementari, di costruzione di confini interni ai comuni, attorno alle quali si sta giocando una partita politica di fondamentale importanza. Il contributo qui proposto ha l’obiettivo di analizzarla, ricostruendo la storia dell’incremento dei poteri sindacali per poi focalizzarsi sulle ultime vicende: gli effetti del decreto Salvini sull’iscrizione anagrafica delle persone richiedenti asilo.
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Dottrina numero 2
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