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A Taiwan così come in Italia la percentuale di persone proprietarie di un alloggio è ampiamente maggioritaria rispetto a coloro che vivono in affitto (Taiwan 84% nel 2010, Italia 67% nello stesso anno) e i prezzi delle abitazioni sono molto elevati, nonostante la crisi del 2008. Entrambi i paesi hanno favorito gli investitori privati esponendosi a forti speculazioni edilizie e a un aumento delle quote di alloggi vacanti. Questo studio affronta con un approccio quali-quantitativo il tema della coabitazione tra persone non appartenenti allo stesso nucleo famigliare e di generazioni diverse in due paesi, l’Italia e Taiwan, entrambi interessati da un crescente invecchiamento della popolazione, da una sempre più evidente criticità di giovani e anziani nell’accesso al diritto all’abitare e da politiche abitative pubbliche ancora residuali rispetto al mercato privato delle compravendite e delle locazioni.
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L’articolo utilizza il paradigma economico dell’homo cooperans e l’impianto teorico delle common-pool resources per analizzare l’abitare condiviso come infrastruttura abilitante di processi di produzione di beni relazionali, quali fiducia, senso di appartenenza, reciprocità, cooperazione, benessere sociale, costruiti a partire dal coinvolgimento degli abitanti e dalla loro capacità di agire collettivamente. Nella seconda parte dell’articolo sono illustrati due possibili scenari di sviluppo dell’abitare condiviso: da un lato il cooperative ecosystem, ancorato al paradigma dell’homo cooperans, nel quale i beni relazionali diventano collettivi e producono valore sociale diffuso, dall’altro le community-oriented islands paragonabili a monadi comunitarie, che trattengono al loro interno i beni relazionali che vengono prodotti limitando notevolmente l’impatto sulla società. Condizione necessaria affinché si realizzi lo scenario di ecosistema collaborativo è poter contare su una regia istituzionale orientata alla condivisione e governata da logiche pubbliche, cosa che oggi sembra ancora mancare in Italia.
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Disagio e vulnerabilità abitativa rappresentano fattori specifici della povertà; per lungo tempo il fenomeno è stato ampiamente trascurato sia nell’ambito delle riflessioni teoriche sia dalle politiche sociali. Oggi sta riemergendo una nuova questione abitativa come conseguenza di trasformazioni socio-economiche che moltiplicano situazioni di rischio ed emergenza. Questo contributo ha l’obiettivo di analizzare la situazione abitativa, con uno specifico focus sulla città di Roma.
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L’articolo si interroga sulla relazione tra povertà e casa e sul ruolo delle politiche pubbliche, in particolare per le famiglie in affitto. Attraverso l’analisi dei dati It-Silc 2014 vengono indagate le connessioni tra povertà e difficoltà a sostenere i costi abitativi declinate in termini sia oggettivi che soggettivi. Obiettivo dell’articolo è considerare il ruolo degli housing allowances nel sostenere le famiglie in condizioni di difficoltà economica ad affrontare le spese abitative. Il confronto tra i nuclei in difficoltà nel mercato privato degli affitti con quelli negli alloggi a canone calmierato consente di rilevare la differente portata del supporto pubblico. A questo proposito, l’articolo propone una simulazione di ridefinizione dei canoni per calibrare l’impatto delle differenti forme di sostegno pubblico all’abitare.
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Il contributo si focalizza sul tema della domanda sociale degli anziani fragili, con particolare attenzione al caso italiano e agli assetti di permanenza a domicilio, il cosiddetto ageing in place, con cui si punta a garantire una migliore qualità di vita della persona anziana, contenendo il ricorso a soluzioni più costose come quelle del ricovero residenziale. Tuttavia lo sviluppo dell’ageing in place richiede alcune precondizioni specifiche in assenza delle quali, o con una compromissione delle stesse, si possono determinare forti rischi di isolamento e abbandono per gli anziani più fragili. In questo quadro esperienze innovative recenti, implementate a livello territoriale, hanno puntano a favorire lo sviluppo di nuove forme di sostegno alla domiciliarità e dell’abitare. Tuttavia l’assenza di una politica nazionale e regionale rischia di limitare gli effetti di tali innovazioni.
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La povertà abitativa è un fenomeno inserito nella più ampia cornice dell’esclusione sociale e richiede una diversa strutturazione delle politiche sociali che obbliga a uscire dai confini tradizionali dei vari ambiti. Le nuove forme di offerta abitativa, rivolte a persone con redditi molto bassi o con difficoltà di integrazione, associano in molti casi la soluzione di alloggio temporaneo con l’accompagnamento sociale. In questo contributo verranno presentati gli elementi emersi in un’indagine realizzata nel comune di Ancona, volta ad analizzare le esperienze di abitare inclusivo, attuate nel territorio, nell’ambito del forte disagio abitativo.
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Le politiche abitative in Italia hanno subìto negli ultimi venti anni importanti cambiamenti nei modi di intervento e nei destinatari. Il contributo intende esplorare i discorsi che danno forma alle nuove politiche abitative e riflettere sui loro presupposti e implicazioni sia dal punto di vista delle aspettative dei beneficiari sia da quello delle rappresentazioni che le politiche danno del loro operare e dei risultati ottenuti. Con riferimento alla connessione/tensione esistente tra i molti obiettivi (sperimentazione, innovazione e investimento sociale) dichiarati da parte delle nuove politiche abitative, si ipotizza che tali politiche riescano a essere abbastanza convincenti anche in ragione della capacità di rappresentare le proprie azioni come processi complessi, variamente dislocati nel tempo e nello spazio, e la cui responsabilità va suddivisa tra i diversi attori coinvolti.
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Alcune misure sperimentate in molti paesi europei in questi decenni – come le strategie per combattere la homelessness e l’offerta di un settore abitativo «molto sociale» – sembrano potenzialmente in grado di aumentare l’efficacia sociale delle politiche abitative. Ma c’è anche il rischio che offrano risposte riduttive, soluzioni minori e prive di adeguato valore abitativo, come sistematicamente è avvenuto per i poveri nella storia delle politiche abitative sociali. L’articolo discute le condizioni perché queste misure estendano ai poveri i benefici delle politiche e realizzino effettivamente una estensione del diritto alla casa; sostiene la necessità di integrare le nuove misure nei sistemi di welfare abitativo e indica le condizioni per una loro positiva integrazione; conclude mettendo in evidenza il grande ostacolo allo sviluppo di queste misure e la congiuntura che ne minaccia l’efficacia: l’intreccio tra le nuove forme di marginalità socio-abitativa e le politiche neoliberali.
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Welfare abitativo: criticità e prospettive Lo stato della previdenza complementare in Italia Droghe, l’inutile repressione e i vuoti nella relazione al parlamento
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Perché vince Salvini? Perché Salvini propone identità e comunità. È un modello difensivo, portato all’ennesima potenza, con lo slogan non nuovo ma efficacissimo di ‘prima gli italiani’. Modello sul quale in fondo la Lega Nord è vissuta anche nel momento in cui era Lega Padana, proprio perché già allora, mentre la sinistra si ‘globalizzava’, continuava a proporre protezione sociale. Questo spiega i flussi di voto dalla sinistra alla Lega, che vedevamo già alla fine degli anni Novanta. Perché? Perché appunto gli operai, i ceti deboli, hanno cercato difese, hanno cercato protezione, e non l’hanno più trovata nella sinistra. Luca Comodo, direttore del dipartimento politico-sociale IPSOS Public Affairs, da quasi quaran t’anni si occupa di ricerca politico-sociale, collaborando con i principali partiti del paese, con istituzioni centrali e locali. È curatore di Flair, la pubblicazione annuale di IPSOS Italia sul clima del paese e le sue prospettive. Nando Pagnoncelli, presidente di IPSOS, con oltre 35 anni di esperienza nel settore delle ricerche di mercato, è responsabile della divisione IPSOS che si occupa delle ricerche sulla pubblica opinione. Insegna Analisi della pubblica opinione nell’Università Cattolica di Milano; è direttore scientifico del Corso di comunicazione politica OPERA (Opinione Pubblica e Rappresentanza) nell’Università degli studi di Urbino Carlo Bo; collabora con Giovanni Floris al programma Di Martedì.
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