• L’inserimento dei lavoratori immigrati nel mercato del lavoro italiano ha assunto una centralità politica e sociale crescente nel corso degli ultimi anni. Il V rapporto su «Immigrazione e sindacato» pubblicato dall’Ires si propone come un interessante strumento di analisi e documentazione rispetto ad un fenomeno così ricco di suggestioni e potenzialità, ma anche di forti contraddizioni e paradossi. L’obiettivo del rapporto è stato quello di analizzare il mondo del lavoro attraverso l’ottica delle centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori stranieri che hanno scelto l’Italia come paese in cui vivere e lavorare. Le riflessioni e le inchieste che sono riportate nel volume mostrano un mercato del lavoro strettamente vincolato alla presenza di manodopera proveniente dall’estero ma anche fortemente segmentato e discriminante. Il differenziale retributivo, l’alta incidenza di infortuni e morti bianche, le discriminazioni razziali e religiose sui luoghi di lavoro, il fenomeno del lavoro irregolare, la cosiddetta «segregazione occupazionale», che vede la maggior parte dei lavoratori stranieri confinati in determinati ambiti e a determinati livelli di qualifiche, sono alcune delle problematiche affrontate. In un contesto così complesso e articolato, in cui da un lato emerge un mondo del lavoro dove la realtà immigrata è sempre più consolidata e in cui si scorgono percorsi di inclusione e integrazione, mentre dall’altro continuano ad evidenziarsi comportamenti discriminatori ed escludenti, questo volume fornisce una riflessione sullo stato attuale della condizione lavorativa degli immigrati.
  • Tra il precedente Rapporto, Salari in crisi, e questo attuale la recessione ha colpito pesantemente l’apparato produttivo italiano e le condizioni materiali delle famiglie e dei lavoratori, determinando un ritorno, in termini di reddito disponibile, occupazione e prodotto lordo, alle posizioni di un decennio fa. Con la crisi l’Italia perde ulteriori posizioni, accentuando quanto di negativo già era emerso nei precedenti Rapporti, a causa di una bassa crescita e di una produttività stagnante. Nel Rapporto si osserva come le risposte alla caduta della domanda aggregata, provocata dalla contemporanea caduta degli investimenti e dei redditi reali di grandi segmenti della popolazione – risposte affidate ad una supposta capacità taumaturgica della finanza –, si siano rivelate più costose per i bilanci pubblici delle dimenticate politiche keynesiane. L’irrisolta «questione salariale» si integra con la questione fiscale, e resta un nodo fondamentale da cui ripartire per sanare le debolezze strutturali del sistema-paese e per riprendere a crescere. Il Rapporto, che come sempre conduce le analisi su una prospettiva temporale ampia, mette in evidenza, da una parte, gli impatti occupazionali della recessione ed i suoi effetti sulla disponibilità di reddito, e illustra, dall’altra, come l’aumento delle diseguaglianze e della povertà, la stagnazione delle retribuzioni reali, lorde e nette, siano tendenze che hanno segnato il governo dell’economia in una prospettiva decennale, al di là della crisi dell’ultimo biennio. Ha collaborato Riccardo Sanna.
  • Il Rapporto sui diritti globali è uno studio annuale, unico a livello internazionale, che analizza i processi connessi alla globalizzazione e alle sue ricadute, sotto i vari profili economici, sociali, geopolitici e ambientali, osservati in un’ottica che vede i diritti come interdipendenti. La struttura del Rapporto, giunto alla sua tredicesima edizione, è articolata in capitoli tematici, suddivisi in una panoramica generale e in Focus di approfondimento su alcune delle problematiche più rilevanti e attuali dell’anno. L’analisi e la ricerca sono corredate da cronologie dei fatti, dati statistici, riferimenti bibliografici e web. Il Rapporto sui diritti globali, contenente le analisi più approfondite, le cifre più aggiornate, il quadro più ampio, si è confermato come uno strumento fondamentale di informazione e formazione per quanti operano nella scuola, nei media e nell’informazione, nella politica, nelle amministrazioni pubbliche, nel mondo del lavoro, nelle professioni sociali, nelle associazioni. Ideato e realizzato dall’Associazione Società INformazione ONLUS, è promosso dalla CGIL nazionale, con la partecipazione di: ActionAid, Antigone, ARCI, Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza (CNCA), Fondazione Basso-Sezione Internazionale, Forum Ambientalista, Gruppo Abele, Legambiente interventi di Gilbert ACHCAR, Danilo BARBI, Marco BELLINGERI, Giuseppe BRONZINI, Francesca CHIAVACCI, Luigi CIOTTI, Marco DE PONTE, Monica DI SISTO, Federica FERRARIO, Samara JONES, Stefano LIBERTI, Christian MARAZZI, Bálint MISETICS, Giuseppe ONUFRIO, Mauro PALMA, Felice Roberto PIZZUTI, Cécile TOUBEAU. COMITATO SCIENTIFICO: Aldo Bonomi, Massimo Cacciari, Massimo Campedelli, Francesco Ciafaloni, Franco Corleone, Chiara Daniele, Andrea Di Stefano, Guglielmo Epifani, Davide Galliani, Maurizio Gubbiotti, Maria Luisa Mirabile, Mauro Palma, Livio Pepino, Andrea Pugiotto, Marco Revelli, Claudio Sarzotti, Gianni Tognoni, Guido Viale, Danilo Zolo REDAZIONE: Orsola Casagrande, Antonio Chiocchi, Roberto Ciccarelli, Monica Di Sisto, Valerio Renzi, Susanna Ronconi, Alberto Zoratti, Sergio Segio (coordinatore)
  • Il V Rapporto Agromafie e caporalato a cura dell’Osservatorio Placido Rizzotto/ Flai-Cgil fotografa la situazione degli ultimi due anni (ottobre 2018-ottobre 2020) concernente lo sfruttamento lavorativo nel settore agro-alimentare e le criticità dei rapporti di lavoro dovute a contratti ingannevoli e a raggiri perpetuati a danno dei lavoratori. Inganni e raggiri sono distribuiti diversamente in tutti gli ambiti produttivi che nel loro insieme costituiscono la filiera di valore dell’intero settore.

    Il V Rapporto si compone di quattro parti, ciascuna focalizzata ad esplorare specifici ambiti che nell’insieme contribuiscono ad illuminare il fenomeno dello sfruttamento lavorativo.

    Lo stretto legame tra lavoro e legalità è ancora una volta il carattere costitutivo di questa pubblicazione che ha ormai assunto un ruolo importante come fonte di comprensione e riflessione su questi fenomeni.

    Con questa edizione la Flai-Cgil rinnova la volontà di contribuire attraverso la ricerca e l’indagine non solo alla conoscenza del lavoro agricolo e delle forme di sfruttamento in esso presenti, ma anche di stimolare le tante forze positive del nostro Paese per una battaglia comune per la legalità e l’affermazione dei diritti.

  • Nella visione di Bruno Trentin, l’azione sindacale deve puntare innanzitutto all’affermazione della persona e della sua libertà dentro al processo lavorativo, contro tutte le eteronomie alienanti e spersonalizzanti. Muovendo da questo presupposto, l’ultima fase della sua vita lo ha visto interrogare quelle correnti eretiche del socialismo che, carsicamente, hanno attraversato l’intera vicenda del movimento operaio. È solo a partire dal confronto con questo caleidoscopio politico-culturale che si può spiegare il carattere originale, eterodosso e sincretistico della sua elaborazione più matura, irrequieta e insoddisfatta verso le tradizioni maggioritarie della sinistra. Nel quadro di una vera e propria genealogia teorica e intellettuale, questo numero degli Annali della Fondazione Giuseppe Di Vittorio si propone di toccare e approfondire alcune delle principali fonti di ispirazione del bagaglio culturale trentiniano.
  • Ordine nuovo

    17.50 
    Ordine Nuovo fu un movimento neofascista ispirato al pensiero della filosofia della Tradizione di Julius Evola. Il gruppo, che in una prospettiva nazional-rivoluzionaria si opponeva al sistema democratico e partitico, nacque nei primi anni Cinquanta come centro studi all’interno del Movimento Sociale Italiano e se ne distaccò nel 1956, pur mantenendo con esso a fasi alterne rapporti che talvolta erano finalizzati a un possibile rientro, il quale avvenne nel 1969. Questo studio indaga gli aspetti politico-culturali di un importante movimento del neofascismo italiano, attraverso l’analisi di documenti di polizia, riviste e materiali prodotti dal gruppo. Il motto «Il nostro onore si chiama fedeltà», ripreso dalle SS naziste, esprime l’identità e lo stato d’animo, nelle sue espressioni culturali e antropologiche prima che politiche, di quel microcosmo dei vinti di Salò, che si sentiva legato a un passato «glorioso» e in nome del quale intendeva riconfermare la scelta compiuta anni prima. Il volume, muovendo dall’analisi del contesto segnato dal paradosso dell’essere «fascisti in democrazia», ricostruisce lo sviluppo di questo movimento tra i primi anni Cinquanta e la metà degli anni Settanta, delineando un percorso oscillante tra spinte all’integrazione politica e derive radicali che condussero una parte di esso verso la clandestinità, dopo il suo scioglimento, avvenuto nel 1973.
  • Gli storici hanno ricostruito con cura l’espandersi dell’uso non terapeutico degli stupefacenti a partire dall’inizio dell’Ottocento e gli interventi atti al suo controllo ad opera dei makers of history. Ma dove sono i soggetti di questi avvenimenti, i tossicodipendenti e quelli che, in base alle legislazioni restrittive, sono divenuti spacciatori? Che ne è stato di loro? Secondo il filosofo tedesco Hans Magnus Enzensberger, la risposta a questo genere di domande è da cercarsi nella letteratura, che è infatti una forma di storiografia, in quanto fornisce il punto di vista soggettivo da giustapporre all’oggettività degli avvenimenti narrati dagli storici. Questo libro si è posto l’obiettivo di ricostruire una storia soggettiva della tossicodipendenza, a partire dall’esame del la letteratura. Da De Quincey e Gautier, suscitatori di nuove curiosità, a Daudet e Rohmer, difensori di civiltà e imperi contro la minaccia stupefacente, la letteratura è stata puntuale ed efficace nel testimoniarci del mutare dello spirito del tempo. Caduta l’illusione di uno sradicamento definitivo del consumo di stupefacenti, sono stati poi numerosi gli autori che nel progredire del XX secolo hanno raccontato del persistere di tale consumo all’interno di vere e proprie controculture, mentre altri hanno saputo farsi anche anticipatori distopici di nuove possibili droghe, dal davamesk di Witkiewicz al dylar di De Lillo; fino ai testimoni dell’uso degli allucinogeni come strumenti di introspezione alla ricerca dei limiti della conoscenza umana.
  • Il processo di investimento delle mafie nell’imprenditoria del Nord Italia viene ancora considerato un fenomeno del tutto residuale, dal carattere «meramente» economico, avulso da ogni significato criminale. Ne consegue una sottovalutazione della profonda essenza di violenza che, invece, caratterizza sia l’origine dei capitali investiti, sia le modalità di interazione sistematicamente applicate nelle relazioni economiche. Molte attività imprenditoriali hanno accolto capitali di dubbia provenienza con l’esclusivo interesse di salvare o incrementare le attività economiche, in una sostanziale e diffusa alterazione dei principi sui quali si basa lo sviluppo economico. In questi casi, le imprese sono state utilizzate per veicolare capitali, mediante operazioni poste in essere da tecnici ed esperti, sedotti con lauti compensi o promesse di future collaborazioni. Il testo propone un approccio interdisciplinare, nel tentativo di far dialogare gli studi sociologici, per loro natura descrittivi, con le risposte della scienza giuridica, per definizione prescrittiva. Benché le due discipline si siano poste i medesimi interrogativi, sovente le risposte sono risultate differenti e talvolta inconciliabili. La prospettiva sociologico-giuridica ha permesso, in questo caso, di ricondurre le osservazioni tanto in una teoria generale del diritto, quanto in una teoria generale della società.
  • In che modo il sindacalismo europeo può ancora porsi come un protagonista assoluto sulla scena globale e in seno alle nostre società? Una risposta può venire dal sistema di regolazione lavoristica adottato dall’Unione Europea: per la sua specificità ordinamentale e per il crescente interesse rivolto ai temi della politica sociale, infatti, la UE sembra rappresentare oggi uno scenario ottimale per sperimentare un nuovo diritto del lavoro di livello sovranazionale, soprattutto per il ruolo riconosciuto all’autonomia collettiva delle parti sociali nella formazione di un diritto europeo del lavoro. Il libro passa in rassegna - con particolare riguardo per l’esperienza dei Comitati aziendali europei - sia il profilo formale e socio-giuridico della normativa, sia la qualità della sua applicazione pratica: un’indagine attenta delle dinamiche delle relazioni industriali nei grandi gruppi multinazionali, ma anche dei limiti di un’esperienza che a quasi dieci anni dal suo avvio non ha ancora realizzato il giusto aggancio tra procedure di informazione-consultazione e sviluppo conseguente dell’azione sindacale a livello sovranazionale di impresa. Con questa pubblicazione si offre ad esperti, operatori sociali, quadri sindacali e studenti un utile strumento di conoscenza e approfondimento, in grado di fornire importanti spunti di riflessione sulle tematiche dell’impresa internazionale di gruppo.
  • La concezione corretta di «sostenibilità dello sviluppo» è quella di un processo finalizzato ad obiettivi di miglioramento ambientale, economico, sociale ed istituzionale nella dimensione locale e globale. Questa interpretazione della sostenibilità, che lega in un rapporto complesso la tutela e valorizzazione delle risorse ambientali alle dimensioni economiche, sociali e istituzionali, è ricca di un insieme di implicazioni che sovente tendono ad essere superficialmente o opportunisticamente rimosse dai diversi protagonisti dello sviluppo. Ci sono quindi correzioni profonde da apportare e su più piani. La sostenibilità è infatti incompatibile non solo con il degrado delle risorse naturali, ma anche con la violazione della dignità e libertà umana, con la povertà e il declino economico, con metodi di governo autoritari, con il mancato riconoscimento dei diritti civili, politici e sindacali. Un percorso di sviluppo sostenibile - è questa la tesi di fondo degli esperti della Cgil che hanno curato il volume - deve perciò integrare e rappresentare l'insieme complesso dei vari elementi che lo qualificano e determinano: per questa ragione occorre ricercare sempre un punto di sintesi alto tra dimensioni che solo superficialmente potrebbero apparire in contrapposizione. Questa è oggi la sfida più grande per una cultura orientata al progressivo cambiamento degli attuali modelli di produzione e di consumo. Il volume e i materiali di formazione contenuti nel CD Rom - fornendo idee, strumenti ed esperienze - rappresentano una risposta importante alle domande che a questo riguardo sempre più frequentemente provengono da operatori sociali, tecnici, istituzioni, enti locali e cittadini.
  • Il volume ricostruisce le vicende dell’esercito italiano all’estero durante gli anni del secondo conflitto mondiale, prendendo in considerazione alcuni teatri bellici che ne hanno visto protagonisti i militari dal momento dell’invasione fino al periodo immediatamente successivo al crollo determinato dall’armistizio dell’8 settembre 1943. L’autore, utilizzando la documentazione originale e una vasta bibliografia, analizza in particolare il modificarsi del rapporto con la nazione e la guerra da parte dei soldati inviati a conquistare, occupare e resistere nei territori della penisola balcanica, in quelli dell’Egeo, in Turchia e nei campi alleati del Medio Oriente e dell’Egitto. Attraverso categorie interpretative ed elementi di differenziazione che pongono al centro l’importanza delle diverse esperienze di guerra compiute dai militari italiani si compone un quadro molto diversificato delle vicende (dalla violenza dell’occupazione all’incontro con le popolazioni e i «nuovi alleati» dopo l’armistizio, alla resistenza armata) e dell’evoluzione psicologica dei soldati, stante l’appartenenza a un esercito prima invasore e poi abbandonato, costretto alla resa e alla sconfitta, ma anche obbligato a scegliere se resistere, fuggire o arrendersi. La scelta di prendere in considerazione l’intero arco del conflitto, anziché il periodo delle guerre fasciste o la successiva fase del 1943-1945, ha consentito di leggere queste trasformazioni lungo l’intera guerra italiana, ponendo così in evidenza come siano esistiti fili di continuità e rotture direttamente collegate alla tipologia di guerra e al contesto geografico-militare nel quale il singolo e il reparto si sono trovati ad agire. Specificità e differenze che - a loro volta - si intrecciano con le politiche del regime, con le occupazioni e le violenze dell’esercito occupante, con la crisi dell’estate del 1943 e con la successiva evoluzione della partecipazione italiana alla guerra.
  • L’Ires presenta il suo secondo rapporto su contrattazione, retribuzioni e distribuzione del reddito in Italia e in Europa, dando in questo modo continuità al lavoro di monitoraggio sugli effetti delle politiche contrattuali avviato con il rapporto del 2003 (A. Megale, G. D’Aloia, L. Birindelli, La politica dei redditi negli anni ’90, Ediesse, 2003), e facendo dei suddetti temi uno dei cardini più qualificanti dell’attività di ricerca dell’Istituto. Il rapporto di quest’anno analizza le dinamiche fondamentali dell’economia e del lavoro – dall’andamento della produttività e della distribuzione del reddito al potere d’acquisto delle retribuzioni – e quelle della contrattazione nel tempo dell’euro, sia in Italia che in Europa, nel periodo compreso fra il 1998 e il 2004. In Italia la conclamata incapacità del governo di centrodestra di guidare il paese verso l’uscita dalla crisi più pesante degli ultimi decenni consegna al sindacalismo confederale, al sistema delle imprese, alle forze politiche del centrosinistra che credono nel valore della concertazione sociale l’inderogabile esigenza di definire un progetto per la rinascita nazionale e la dignità del lavoro. Obiettivi di tale portata possono realizzarsi solo ricostruendo un profilo alto del sistema delle relazioni industriali, in grado cioè di rilanciare, nel quadro di una nuova politica dei redditi, gli strumenti della concertazione, della partecipazione e della coesione sociale.