• Nel terzo millennio il diritto alla salute rimane per l’uomo la questione fondamentale. I ritmi pressanti, le lavorazioni altamente nocive non sono né scomparsi né diminuiti, come non sono diminuiti gli infortuni e le malattie professionali. L’uomo fin da quando si è sviluppato il lavoro industriale ha sentito il bisogno di dotarsi di leggi e norme preposte alla tutela della salute, adeguandole ai cambiamenti sociali, alle nuove tecnologie e alle nuove realtà lavorative, assumendo quale criterio fondamentale quello della prevenzione. La terza edizione del manuale curato dagli esperti dell’Inca nazionale, vuole essere uno strumento utile per migliorare la capacità di intervento degli operatori e delle Istituzioni nel campo della tutela dei diritti dei lavoratori che subiscono un infortunio sul lavoro o una malattia professionale. Esso costituisce una raccolta ragionata e commentata degli strumenti legislativi in vigore per la prevenzione e la tutela degli infortuni e delle malattie professionali a disposizione di tutti gli operatori di Patronato, per i delegati e i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Grande attenzione è stata riservata alle novità introdotte dalla Finanziaria 2007, ai nuovi orientamenti relativi alla tematica delle revisioni/aggravamenti del danno da infortunio sul lavoro e malattia professionale, nonché agli elenchi delle patologie di probabile origine lavorativa pubblicate con il decreto ministeriale del 27 aprile 2004.
  • Studiando lo sviluppo della Resistenza tra le masse operaie in Toscana, soprattutto nel periodo che va dalla primavera del ’43 alla primavera del ’44, l’autrice documenta casi di opposizione civile che si svolgono al di fuori e con caratteristiche peculiari rispetto all’esperienza maturata nelle grandi fabbriche del triangolo industriale in quell’anno così decisivo per le sorti del fascismo e della guerra. Ne scaturisce una storia plurale, storia di gruppi più che di singoli, anche se spiccano alcune vicende singolari per la loro eccezionalità, come quella di tre operai ebrei che, già in piena legislazione razziale, in uno stabilimento livornese organizzarono uno sciopero contro il feroce sfruttamento al quale erano sottoposti. In questa storia ci sono luoghi di lavoro tutti al femminile, lavori scomparsi come quello del minatore, i luoghi classici della conflittualità operaia, come le grandi fabbriche metallurgiche e metalmeccaniche, città importanti e comuni di montagna dell’Appennino. Ma ci sono soprattutto le vicende di uomini e di donne che, in un contesto di guerra e di persecuzione politica feroce, seppero opporsi ai fascisti prima e ai nazifascisti poi, spesso a costo del licenziamento, dell’arresto, della deportazione.
  • A fronte di una riscoperta generalizzata del ruolo che le società e le economie urbane giocano oggi nei processi di sviluppo, la struttura urbana del Mezzogiorno si presenta ancora molto arretrata. Forme di emarginazione e di ineguaglianza - quali la presenza di condizioni di povertà diffuse e persistenti e l’esclusione dal mercato del lavoro di settori importanti della popolazione, a partire dai giovani e dalle donne - si accompagnano all’inadeguatezza delle politiche pubbliche e dell’offerta dei servizi, al disordine urbanistico ed edilizio, alla crisi ecologica e della mobilità e a fenomeni diffusi di illegalità grande e piccola che sempre di più coinvolgono giovani e minori. Le città meridionali non riescono così a giocare fino in fondo quel ruolo di guida dei processi di sviluppo di cui il Mezzogiorno ha urgente bisogno. Per queste ragioni - è la tesi della Cgil, illustrata nel volume - risulta quindi essenziale mettere al centro dell’impegno del sindacato, dell’impresa e dell’azione di governo, il tema delle politiche urbane, in quanto solo attraverso un netto e visibile miglioramento della qualità della vita urbana potrà essere riconosciuto alle città meridionali quel ruolo di motori dell’innovazione politica, sociale e produttiva che compete loro. Contributi di: Barbanente, Barcellona, Braucci, Coppola, Del Fattore, Donolo, Donzelot, Garufi, Epifani, Laino, Lamanna, Nerozzi, Raimondo, Tocco.
  • C’è una ragione speciale che ha indotto la Camera del Lavoro di Brescia e il suo Archivio storico a coronare le celebrazioni del centenario della CGIL con una ricerca sulla strage di piazza della Loggia. Essa risiede nel fatto che quell’episodio rappresenta non soltanto - dal punto di vista storico e politico - il punto culminante della strategia stragista, dell’offensiva materialmente e simbolicamente più tracotante ed efferata portata contro la democrazia, ma anche il luogo dove straordinariamente forte e cosciente di sé si erse la risposta popolare e, in essa, di una classe operaia matura e capace, per diversi giorni, di farsi «Stato», di destituire e sostituire sul campo - perché sola autorità morale riconosciuta - i rappresentanti delle istituzioni, nei quali si individuarono, con immediato istinto politico, i responsabili di inerzie, tolleranze o, peggio, depistaggi, collusioni, nel cui brodo aveva potuto attecchire e alimentarsi l’attacco eversivo. (Dalla prefazione di Dino Greco)
  • Il revival delle memorie conosce oggi una straordinaria stagione editoriale. Diari, testimonianze, autobiografie degli scampati al gulag, delle vedove dei massacri nazifascisti, dei superstiti della guerra totale, sono diventati libri da leggere. E i dirigenti dei grandi partiti di massa risorti nell’immediato dopoguerra o i semplici militanti di base nel partito e nel sindacato raccontano la loro esperienza. La loro "memoria della politica". Sono storie che ci parlano di un passato in cui la militanza politica riempiva spesso tutta la vita, sino al sacrificio di sé, o in cui la storia faceva irruzione nel quotidiano con tutta la violenza e la devastazione che la guerra porta con sé. Ma ci parlano anche di grandi ideali, del difficile intreccio fra pubblico e privato, della politica come emancipazione. Il rapporto fra queste memorie e la società di oggi è un filo molto sottile, ma straordinariamente forte. Riannoda un "passato che non passa" al mondo globale. Il bisogno di senso alla smemorata e superficiale società mediatica. Nel volume, curato e introdotto da Lucia Motti e Fiamma Lussana, i saggi (contributi di riflessione e ricerche storiche), vedono alcuni fra i maggiori studiosi italiani alternarsi a giovani ricercatori e ricercatrici impegnati sul difficile crinale del rapporto tra memoria e storia, in un poco frequentato intreccio tra fonti tradizionali e fonti soggettive: Ersilia Alessandrone, Sandro Bellassai, Mauro Boarelli, Gabriella Bonacchi, Graziella Bonansea, Anna Bravo, Antonio Canovi, Giovanni Contini, Giovanni De Luna, Costantino Di Sante, Emma Fattorini, Dianella Gagliani, Sara Galli, Linda Giuva, Vito Antonio Leuzzi, Simona Lunadei, Fiamma Lussana, Leonardo Paggi, Alessandro Portelli, Vanessa Roghi, Albertina Vittoria, Marina Zancan, Paola Zappaterra.
  • L’Iran, con la sua politica nucleare e con le minacciose parole del suo presidente Ahmadinejad, è ora divenuto un problema mondiale. Improvvisamente la comunità internazionale, i governi, i massmedia e l’opinione pubblica si sono accorti di doversi confrontare con le velleità nucleari del potente stato persiano. L’agile approfondimento curato da Maurizio Simoncelli - esperto di Geopolitica dei conflitti -, guardando oltre la cortina mediatica, vuole trovare le ragioni profonde dello scontro e fornire alcuni strumenti di lettura della questione nucleare e dell’attuale politica iraniana, riconducibile agli interessi e agli equilibri geopolitici dell’area che da anni guidano lo scenario del riarmo internazionale. Inoltre, ripercorrendo l’itinerario storico della proliferazione nucleare, si delinea l’evoluzione politica dei Paesi ufficialmente in possesso dell’arma atomica (Usa, Francia, Gran Bretagna, Cina, Russia) e di quelli successivamente aggregatisi al club del nucleare (Israele, India, Pakistan e Corea del Nord); nonché le possibilità per un’azione mediatrice dell’Unione europea su un tema sempre più scottante.
  • Questo libro è un giro in nove tappe intorno al mondo immobiliare. Un mondo tondo, com’è tonda la bolla che ha gonfiato i prezzi delle case e ha svuotato i portafogli di chi ci abita. A cominciare dai grandi esclusi dal gioco della proprietà: gli inquilini, tartassati da un mercato inabitabile e dimenticati dalle politiche per la casa. Ma non è andata meglio ai forzati del mutuo, prima allettati dai tassi bassi e poi strangolati dai tassi alti: i proprietari poveri, nuova realtà del piccolo mondo immobiliare. È andata benissimo invece ai grandi mercanti, agli speculatori, detti immobiliaristi. Ogni tappa del libro è una storia, ogni storia è un abitante. Paolo, Franco, Andrea, Galina, Roberta, Bruno, Valeria, Giuliana, Pat. Sono loro i protagonisti, è loro la voce che introduce dati e fatti dell’inchiesta scritta da Roberta Carlini: l’affitto senza rete, i mutui a rischio, le rate fisse dei giovani flessibili, il mercato degli stranieri, il business delle agenzie, il grande scandalo delle vendite delle case pubbliche. Perché sulla questione delle case i più competenti sono quelli che ci vivono dentro. Come Pat Carra, fumettista. Che qui racconta la sua storia e la sua lotta di abitante, facendo «politica di pianerottolo» a colpi di vignette e strisce. Bollicine di buonumore sono sparse nel libro e si moltiplicano, effervescenti e satiriche, fino alle ultime pagine.
  • Ordinato in quattro parti, insieme a un’ampia raccolta di testimonianze e a una ricca sezione iconografica, il volume propone una lettura puntuale della vicenda delle donne nella CGIL del Lazio, ne ripercorre luoghi e forme della rappresentanza, dà conto dei momenti importanti del dibattito che ha attraversato la loro esperienza, come quello fra «emancipazioniste» e «liberazioniste», documenta le tante conquiste raggiunte e il contributo significativo dato alla loro affermazione nazionale. Le donne della Cgil Lazio hanno concorso in modo significativo e a volte esemplare ai percorsi nazionali e territoriali di lotta per il cambiamento: dalla grande stagione popolare dell’occupazione delle terre incolte alle battaglie per la riduzione dell’orario di lavoro, per la parità salariale, per la difesa del posto di lavoro, per la scuola materna e i consultori; dal nuovo diritto di famiglia ai referendum sul divorzio e a difesa della - maternità consapevole - e, in seguito, alle leggi sulle pari opportunità e sui congedi parentali, alle lotte per il superamento di una precarietà senza diritti. Alle battaglie si è sempre affiancata una forte azione per la promozione di quadri femminili negli organismi dirigenti come grande questione di democrazia e di rappresentatività nell’organizzazione. Le donne della Cgil del Lazio sono state dunque animatrici e protagoniste della storia sindacale, sociale, politica e democratica italiana e regionale. Fuori dall’ombra documenta e illumina episodi e circostanze di questo protagonismo, dando conto anche di una forte continuità generazionale: «un percorso che può essere di aiuto nel vivere il presente in modo consapevole - come spiega Francesca Santoro nell’introduzione - benché i cambiamenti del ventesimo secolo ci abbiano condotto in una realtà enormemente distante dal Novecento».
  • I racconti pervenuti in risposta al concorso letterario indetto dalla Camera del Lavoro di Padova, di cui qui si propongono i ventuno finalisti, costituiscono un vasto materiale narrativo sullo stato dell’Italia, dei suoi problemi epocali, dei suoi mutamenti. I mutamenti sono sempre in atto, la storia non si ferma mai. Ci sono però momenti in cui essa accelera, e oggi l’accelerazione si è fatta vorticosa. Tutto ne risente: la fabbrica, l’azienda, la scuola, la città, la religione, insomma la civiltà. E naturalmente la lingua, che non è un involucro della vita, ma è la vita che prende coscienza di sé e si esprime. Il quadro che questi racconti compongono è un documento di prima mano sulla storia che stiamo attraversando: ne viene rappresentata un’Italia diversa da quella che ci raccontano i giornali, un mondo più vicino, una società molto più problematica. Sono infatti, tutti, racconti di problemi irrisolti, di traumi, di ingiustizie, di scoperte, di rivelazioni. È tutto nuovo ciò che qui appare: quando si parla di una città italiana, Milano, Torino, Bologna, essa è molto diversa da come ci è sempre apparsa; quando si parla dei paesi in guerra, Afghanistan, Iraq, e di bombardamenti, il tono è quello di chi sta sul luogo, osserva e descrive; quando si parla della malattia e della morte, queste sono sempre sovraccaricate dell’incomprensione, della discriminazione. Sono racconti-denuncia. E come tali ci riguardano e ci chiamano in causa. (Dalla prefazione di Ferdinando Camon)
  • Mario Trozzi

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    «Civiltà vuol dire Socialismo», scriveva nel 1919 Mario Trozzi, una figura di altissimo rilievo troppo a lungo sottovalutata dalla storiografia locale e nazionale: dagli esordi nella vivacissima sezione socialista di Sulmona fino al doppio mandato parlamentare nelle file del Partito socialista (1919 e 1921), Trozzi sviluppò un’intensa azione politica che lo vide durissimo oppositore della guerra di Libia e poi di quella mondiale. Fu infaticabile organizzatore - nell’arretrata realtà abruzzese del tempo, la stessa descritta da Silone nei suoi romanzi - del partito e del sindacato tra il nascente proletariato regionale, e pugnace propagandista del socialismo in gremiti comizi e sulla stampa dell’epoca. Durante la guerra fu esponente tra i più influenti del campo massimalista nel dibattito interno al Psi; un massimalismo, il suo, nutrito di un profondo spirito unitario che lo portò a non seguire i comunisti al congresso di Livorno del 1921. Nel 1924 si ritirò sostanzialmente dalla vita politica per dedicarsi alla sua professione di avvocato - difendendo spesso i più deboli, i ferrovieri licenziati, i perseguitati dal fascismo - e alla scrittura di testi storici, politici e letterari.
  • Luciano Romagnoli, nato nel 1924 ad Argenta, in provincia di Ferrara, appartiene a quella generazione di giovani che iniziò la militanza politica negli anni della seconda guerra mondiale, prima della caduta del fascismo. Aderisce al Partito comunista nel 1942, svolge attività antifascista fra gli studenti universitari e liceali di Bologna. Capo partigiano dopo l’8 settembre del 1943, tra i principali organizzatori della lotta armata e delle lotte sociali nelle campagne del triangolo Bologna-Ferrara-Ravenna, è artefice del grande sciopero generale delle mondine del giugno 1944, che ebbe un peso decisivo per il rafforzamento e l’estensione della Resistenza. Il 26 gennaio 1948, al primo Congresso della Federbraccianti, svoltosi a Ferrara, fu eletto segretario generale del più grande sindacato italiano. Segretario confederale della Cgil nel 1957, deputato del Pci nel 1958 e nel 1963, muore a Roma la mattina del 19 febbraio 1966, a soli 42 anni, vittima di un male incurabile. «... un forte e generoso figlio della vostra terra, un eminente dirigente del movimento operaio e contadino dell’Emilia rossa, dell’Emilia democratica e civile, che è stato una delle figure centrali del movimento operaio e contadino italiano, un costruttore del sindacato unitario e della democrazia italiana... protagonista, con le masse, nella lotta per la costruzione di un nuovo Stato... dirigente comunista e uomo della nuova Italia sorta dalla Resistenza...». (Dalla commemorazione di Emanuele Macaluso ad Argenta, nel decennale della scomparsa di Luciano Romagnoli)
  • La memoria storica del sindacato intesa come patrimonio documentale disponibile nelle sue varie forme: da quella scritta a quella orale, dai documenti archivistici alle fonti giornalistiche, dagli archivi pubblici a quelli privati. È questo il fulcro del presente volume, che vuol essere un contributo di riflessione a più voci sulla tematica delle fonti per l’identità storica del movimento sindacale e popolare in Abruzzo. Questa tematica, in particolare riguardo agli archivi sindacali, era molto viva a livello nazionale quando dieci anni fa si scelse di dedicarvi un convegno di studi nella ricorrenza del novantesimo della fondazione della Camera del Lavoro dell’Aquila, di cui questo volume raccoglie gli atti. I contributi presenti, pur se è passato del tempo, non sembrano tuttavia aver perso d’attualità, stante anche la fervida stagione di studi storici nella ricorrenza centenaria della fondazione della CGIL e delle varie strutture collegate. Ma, al di là del momento, si intende offrire uno strumento di lavoro valido per trasmettere alle future generazioni di sindacalisti e di studiosi la conoscenza di un patrimonio documentale frutto della concreta azione sindacale per la dignità del lavoro e lo sviluppo della società abruzzese e italiana.
  • L’incremento della partecipazione delle donne al mercato del lavoro ha innescato cambiamenti sociali orientati all’affermazione di un’uguaglianza di genere. Questo volume fornisce una riflessione sullo stato attuale delle asimmetrie tra uomini e donne nella conciliazione tra sfera pubblica e privata a partire dalla ricostruzione del quadro offerto dalle fonti statistiche ufficiali. Attraverso una complessa indagine sul campo, effettuata mediante questionari e interviste in profondità, è stata ascoltata la voce delle lavoratrici e dei lavoratori, per fare emergere le nuove strategie di coppia orientate alla condivisione del lavoro, ma anche il persistere dei pregiudizi e i vincoli che il sistema Italia pone alla diffusione di una cultura di parità. La cultura del nostro paese è stata osservata anche nella sua espressione simbolica, mediante l’analisi dell’immaginario legato alla famiglia proposto dai mass media, in particolare da riviste «femminili» e «maschili». Il termine di confronto utilizzato per comprendere meglio le criticità italiane e suggerire possibili soluzioni è l’Europa: di alcuni paesi sono state esaminate in dettaglio le normative e le agevolazioni economiche tese a favorire un riequilibrio di genere nella distribuzione dei lavori che il vivere sociale comporta.
  • Ernesto Nathan - questo sindaco «anomalo» per la città di Roma, perché inglese di nascita, ebreo e massone - impresse alla sua attività di amministratore i tratti di una integrità morale che gli veniva riconosciuta da amici e avversari. [...] Nei sei anni in cui Roma venne governata dalla giunta democratica da lui diretta, si delinearono nuove scelte urbanistiche e si realizzarono importanti innovazioni nei servizi pubblici e nel campo dell’istruzione e dell’edilizia scolastica, ma credo che lascito fondamentale di quegli anni rimanga il processo di democratizzazione che per la prima volta investì la città. (Dalla prefazione di Walter Veltroni) Il libro, delineando il percorso di vita di Ernesto Nathan, mette in luce l’evoluzione del suo pensiero politico e del suo impegno nel quadro delle vicende dell’Italia post-unitaria e di Roma capitale. Dalle prime esperienze nel movimento democratico e nei tentativi unitari dell’Estrema Sinistra, si passa alle attività di assessore della Giunta capitolina del 1889/90, di fondatore della Società «Dante Alighieri», di protagonista del Patto di Roma, di consigliere provinciale a Pesaro, di candidato alle elezioni politiche e di gran maestro della Massoneria, in un fitto intreccio con la storia politica italiana e con i suoi protagonisti: dalla «rivoluzione parlamentare» di Depretis all’epoca crispina, dalla nascita dei primi partiti politici allo scandalo della Banca Romana e alle lotte di fine secolo. Sono quindi illustrate le iniziative di Nathan, sindaco di Roma negli anni 1907/1913, nel quadro dell’età giolittiana e dell’evoluzione della politica dei «blocchi popolari», concludendo sugli ultimi anni di vita, animati dai dibattiti del periodo della prima guerra mondiale e del primo dopoguerra.
  • ... non è un po’ assurda la mappa di partiti e partitini che coprono il campo dell’opposizione (e oggi sono anche membri del governo), e sono ciascuno ostinatamente attaccato alla sua bandiera, che a volte è solo un nome più che una organizzazione? Che senso ha? Che significato ha questa frammentazione? Io non la capisco e non la giustifico. È un mio residuo di stalinismo? Penso di no... (da Intervista a Pietro Ingrao) Il Centro di studi e iniziative per la Riforma dello Stato, luogo fondamentale di elaborazione politica e culturale della sinistra italiana, è stato un prezioso laboratorio di studi, iniziative, ricerche, interventi, analisi e proposte. Le carte d’archivio, recuperate, sistemate e messe a disposizione degli studiosi, sono una fonte preziosa per approfondire l’indagine sul ruolo degli intellettuali e degli istituti culturali e sul loro rapporto con il PCI. Oggi, di fronte a una crisi del sistema politico che sembra segnare anche la scomparsa di ogni cultura politica, è importante tenere viva la tradizione e la memoria di questi luoghi di ricerca e di elaborazione, di riconoscimento e di appartenenza. Ricostruire la storia del CRS - a partire dalla sua fondazione nel 1972, ad opera di Umberto Terracini, fino alla lunga presidenza di Pietro Ingrao, terminata nel 1993 - significa dunque riproporre il tema cruciale del rapporto tra cultura e politica. Questa storia, ricostruita attraverso l’analisi di Cotturri, i ricordi di Ingrao e le carte dell’archivio, ripercorre l’ultimo trentennio della vicenda italiana fino alla fase della transizione tra la prima e la seconda Repubblica, intrecciando il difficile percorso di ricerca di autonomia del CRS con le rapide trasformazioni avvenute sulla scena nazionale e internazionale.
  • Il dibattito sulla produttività è una costante della polemica economica e sindacale. I motivi sono diversi, e molti dovuti al fatto che la produttività è stata assunta in sistemi complessi, come quelli concernenti la politica dei redditi, e alla sua stessa relazione con la struttura contrattuale adottata con il protocollo del 23 luglio 1993. I cambiamenti d’impresa e dell’organizzazione del lavoro fanno della produttività del lavoro un tema sempre più centrale. Essa viene infatti ad indicare come la trasformazione dell’oggetto e del rapporto di lavoro, nella sua relazione con la qualità del prodotto, non possa prescindere dall’attività della persona. Questi cambiamenti peraltro aprono a due diverse collocazioni della persona nel lavoro. La prima assume la centralità dell’impresa come regola interpretativa del cambiamento, subordinando ai principi aziendali le relazioni industriali, le norme contrattuali e l’esercizio del potere aziendale nei confronti dei lavoratori. La seconda invece, anche attraverso compiti inediti delle politiche contrattuali, fa leva sulla valorizzazione della persona nel lavoro in quanto centro di attribuzione di diritti, di prerogative, di libertà, e su un nuovo fondamento della rappresentanza sindacale.
  • Tutto nasce dalla convinzione che la storia di una fabbrica la facciano soprattutto i lavoratori. Per questo, nell’anno del centenario della Perugina, azienda che rappresenta un pilastro fondamentale non solo della città di Perugia ma anche dell’esperienza sindacale italiana, si è voluto realizzare questo libro costruendolo attraverso le testimonianze di lavoratori che dal dopoguerra ad oggi hanno appunto dato vita alla storia di questa azienda per tanti aspetti emblematica. Sedici storie di lavoratori impegnati in fabbrica nell’attività produttiva e nell’attività sindacale vengono così a comporre un quadro unitario che abbraccia una vicenda di oltre cinquant’anni. Storie di lotte, di scioperi, di paure, di tensioni, di sconfitte, ma anche di grandi conquiste e importanti risultati che si intrecciano a doppio filo con la vita della città, della regione e delle loro istituzioni, legandosi inestricabilmente al percorso compiuto dal movimento dei lavoratori in Italia nella seconda metà del Novecento. Arricchisce e completa il volume un’ampia selezione di materiale fotografico e archivistico per oltre cento immagini di lavoratori, della fabbrica, di volantini, manifesti e articoli.
  • Combattere la precarietà, intervenendo sulla tassazione del lavoro per rendere l’assunzione a tempo indeterminato un’opzione realmente vantaggiosa per le imprese; garantire maggiori opportunità a donne e giovani per liberare risorse fresche e indirizzarle alla crescita dell’intera collettività; mettere le famiglie in grado di avere figli senza l’assillo di un domani troppo incerto, valorizzare il contributo di quei milioni di «giovani anziani» sempre più longevi, attivi, potenzialmente utili alla società; realizzare finalmente una rete di tutele e di ammortizzatori sociali per chi perde il posto di lavoro; assicurare un’assistenza di qualità ai disabili e ai non autosufficienti. In sintesi, scommettere sul futuro, guardando a quell’interesse generale di cui sembra non curarsi più il governo, che, forte di una maggioranza solida e di un consenso ancora molto elevato, gonfia, con una potente azione mediatica, la modesta sostanza del suo operato. Il volume, presentando un’importante raccolta di proposte di legge del Partito Democratico, vuole cominciare a render conto delle attività dell’opposizione sul terreno del welfare. Riuscire a costruire un welfare stabile sul piano finanziario, efficiente e moderno nell’erogazione dei servizi e delle prestazioni, giusto nella promozione di vecchi e nuovi diritti, costituisce l’obiettivo forse più importante per una forza politica che ha le possibilità e l’ambizione di diventare realmente maggioritaria nel Paese.
  • Nel terzo millennio si rivela sempre più valida la scelta, operata nel gennaio del 1945 da Giuseppe Di Vittorio, dalla segreteria della Cgil e da Aladino Bibolotti, di dar vita ad uno specifico strumento, l’Inca, Istituto Nazionale Confederale di Assistenza, il Patronato sindacale della Cgil, per assicurare assistenza medico-legale e tecnico-amministrativa qualificata e gratuita al singolo lavoratore - senza discriminazione alcuna di sesso, razza, concezione religiosa - iscritto o no che sia al sindacato, ascoltandone le domande, facilitandone e organizzandone il rapporto con le istituzioni e gli enti previdenziali ed assistenziali, al fine di garantire effettività alla difesa dei suoi diritti previdenziali. Infatti il sindacato, che organizza i lavoratori per esercitare la contrattazione collettiva a tutti i livelli e sviluppare la rappresentanza nel rapporto con il padronato, con il governo ed il Parlamento per incidere sulle scelte di politica economica e costruire un moderno welfare state, ha la necessità permanente di assicurare, in ogni caso, la piena fruizione dei diritti individuali dei lavoratori e di promuoverne l’estensione. L’Inca ha dimostrato, in oltre sessant’anni di esistenza, con l’impegno e la professionalità dei suoi funzionari e dirigenti, di saper assolvere questo fondamentale compito attraverso il rapporto con milioni di lavoratrici e lavoratori, di giovani, donne, pensionati, e di saper promuovere su questa base l’estensione e la modernizzazione dell’assistenza e della previdenza sociale in una società in profondo cambiamento.
  • «I lavoratori di fronte ad una azione diretta a promuovere la rinascita economica e civile dell’Italia, e pur trovandosi nelle condizioni che sappiamo, pur essendo essi i più sacrificati della società, sono giunti oggi nel nostro Paese ad un grado di maturità tale, ad un grado di sensibilità così elevata verso gli interessi generali della società nazionale, che questi lavoratori, pur soffrendo, sono disposti ad accollarsi un sacrificio supplementare per portare un proprio contributo al successo del Piano lanciato dalla Cgil... esso richiede uno sforzo da parte di tutti i cittadini proporzionale alle loro possibilità e quindi uno sforzo più elevato da coloro che hanno accumulato maggiori ricchezze... uno sforzo che deve portare l’Italia ad un nuovo risorgimento economico ha bisogno dell’entusiasmo e della volontà attiva delle masse popolari, ha bisogno di un governo che sappia mobilitare questo entusiasmo creatore delle masse popolari... In queste condizioni cosa diverrebbe il nostro Piano? Esso diverrebbe oltre che la leva principale per la rinascita economica dell’Italia anche la base per una vasta unione, e non solo per una distensione, effettiva e profonda di tutti i rapporti sociali, sindacali e politici, la base per un nuovo potenziamento nazionale che sarebbe nell’interesse di tutti gli italiani, nell’interesse generale del popolo... Vorrei dire alle classi dirigenti: Signori, liberatevi dalle vostre assurde prevenzioni, tanto queste prevenzioni non possono fermare il corso della storia. Apprezzate questa offerta che vi fanno i lavoratori, offerta morale, materiale, sociale e politica...». (Giuseppe Di Vittorio, 1950)
  • Fiat 1955

    7.00 
    ...Sarebbe tuttavia un grave errore se noi, individuando e denunciando l’azione illegale e ricattatoria del grande padronato sottovalutassimo la gravità del colpo inferto alla FIOM e alla CGIL nelle recenti elezioni della FIAT; se noi, cioè, tentassimo di scagionare ogni nostra responsabilità nella sconfitta. Ciò non sarebbe degno di una grande organizzazione come la CGIL la quale affonda le sue radici in tutta la gloriosa tradizione del movimento sindacale italiano, ne rappresenta la continuità storica ed ha tutto l’avvenire davanti a sé... ...Una nostra responsabilità, pertanto, vi è certamente nella sconfitta subita alla FIAT. Il compito nostro è quello di scoprire, assieme a tutti i lavoratori della FIAT, quali sono stati i nostri errori, le nostre lacune, le nostre debolezze... Alla FIAT, dunque, hanno vinto momentaneamente i padroni, ha vinto la paura della fame... Nessuno si illuda che l’insuccesso del 29 marzo abbia inflitto un colpo decisivo alla CGIL. La più grande organizzazione, libera e unitaria, dei lavoratori italiani si è temprata e sviluppata nelle alterne vicende della lotta per l’emancipazione del lavoro. Essa è stata scalfita da vari insuccessi ma non è mai stata vinta... (Da «La "vittoria democratica" della FIAT», editoriale di Giuseppe Di Vittorio sul n. 15, del 10 aprile 1955, di «Lavoro», settimanale della CGIL).
  • Incuriosito dal protagonismo femminile, l’autore ha deciso di intervistare donne di diverse età con l’intento di conoscere più da vicino la loro esperienza, di scoprire come vivano il lavoro e i cambiamenti del mercato del lavoro, come si rappresentino se stesse e la vita, quali risposte e quale immaginario avanzino con loro. Avviato il percorso, è però accaduto che lo scambio e le relazioni con le donne intervistate abbiano lasciato il segno sulla linea di ricerca dell’autore mettendo in discussione concetti e categorie ritenuti inossidabili circa il lavoro, la vita, le motivazioni e i desideri. Ma lo scambio ha anche svelato come lo sguardo che cercava di capire cosa stesse capitando fosse quello di un uomo che stava provando a dialogare con donne, a mettersi in gioco, in un confronto non facile e spesso spiazzante, in tempi di ormai finalmente consolidata libertà femminile. Il libro è così cresciuto con le donne, con le protagoniste dei racconti e con alcune testimoni che, a partire dalla propria, hanno interrogato una generale esperienza femminile. Ed è questa esperienza che parla nel volume e che ha guidato, nella relazione stabilita dall’autore con le donne, il dipanarsi di tracce rilevanti di lavoro e di vita.
  • Nel 2009 la provincia di Modena compie centocinquant’anni. L’ordinamento dell’Istituzione Provincia, così come quello delle amministrazioni comunali, risale infatti al Regno d’Italia, che ne formulò una prima organizzazione fra il 1859 e il 1865. Sebbene tali istituzioni vengano spesso dipinte come soggetti votati alla conservazione, i mutamenti degli scenari socio-politici hanno in verità prodotto, di volta in volta, profonde modificazioni sulla loro natura. Così sembra essere stato anche per la provincia di Modena, la cui storia viene qui ripercorsa nel contesto dell’Italia liberale, fascista e repubblicana. L’indagine, curata dall’Istituto storico di Modena, si muove su piani diversi cercando di analizzare, oltre ai ruoli e alle funzioni dell’Ente, la cultura degli amministratori e le politiche che hanno caratterizzato la finanza locale, i servizi sociali, l’istruzione, la creazione di infrastrutture, i rapporti tra centro e periferia, i nuovi bisogni posti dai processi di modernizzazione in relazione alla specificità del territorio.
  • È davvero così difficile elaborare un modo laico e liberale di affrontare il problema della rinuncia all’accanimento terapeutico? O è possibile riconoscere, senza infingimenti, che esiste un diritto all’autodeterminazione personale, che esiste il principio dell’autonomia del singolo individuo? Medici, giuristi, storici, scrittori, teologi e sindacalisti discutono su un tema appassionante come quello del cosiddetto testamento biologico, denso di implicazioni religiose, morali, culturali, giuridiche, costituzionali. Nell’ottica del riconoscimento di una sovranità personale che consenta libertà di decisione e anche eventualmente di rinuncia alle cure, emerge un punto di contatto tra laici e cattolici che si rinviene nel paradigma del rispetto della persona umana. In questa nuova luce finisce con il diventare secondaria quella distinzione che invece viene oggi drammatizzata nel dibattito e che costituisce oggetto di una contrapposizione quasi violenta anche nelle proposte di legge in discussione, e cioè la differenza tra trattamento medico in senso stretto e strumenti cosiddetti di sostegno, come l’idratazione e l’alimentazione artificiale.
  • La crisi finanziaria globale e i rischi del protezionismo, l’economia, le politiche sui redditi e quelle sociali, le trasformazioni del mercato del lavoro e la precarietà diffusa, la sicurezza e la nocività sui luoghi di lavoro, il welfare e il diritto alla salute, lo sfruttamento minorile, il lavoro e il sindacato nel mondo, le nuove e vecchie povertà, la coesione sociale e il diritto all’inclusione, il carcere e la giustizia, i conflitti sul territorio e la sicurezza, le ronde e il neoautoritarismo, il volontariato, il Terzo settore e l’economia solidale, i diritti dei consumatori e degli utenti, il nuovo mutualismo e la cittadinanza attiva, la finanza etica e i nuovi stili di vita, la decrescita e il consumo responsabile, le libertà e i nuovi diritti, le migrazioni e i rifugiati, la multiculturalità e la cultura delle differenze, i nuovi movimenti e la globalizzazione, gli armamenti e le geopolitiche, le guerre infinite e i terrorismi globali, i diritti umani e le violazioni, i conflitti religiosi e le discriminazioni, l’Europa politica e quella sociale, lo stato del pianeta, lo sviluppo e le diseguaglianze, le politiche ambientali nel mondo e in Italia: sono alcuni dei tanti temi trattati nel Rapporto sui diritti globali 2009, giunto alla sua settima edizione. Un volume unico a livello internazionale per l’ampiezza dei contenuti, che propone una lettura dei diritti come interdipendenti. È uno strumento fondamentale di informazione e formazione per quanti operano nella scuola, nei media, nella politica, nelle amministrazioni pubbliche, nel mondo del lavoro, nelle professioni sociali, nelle associazioni. Il Rapporto, realizzato dalla Associazione SocietàINformazione, è promosso dalla CGIL nazionale in collaborazione con ActionAid, Antigone, ARCI, Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza (CNCA), Forum Ambientalista, Gruppo Abele, Legambiente, vale a dire con le associazioni italiane tra le più autorevoli, rappresentative e territorialmente diffuse che sono concretamente impegnate sulle problematiche trattate dal Rapporto. In ognuno degli 11 capitoli viene definito il punto della situazione e vengono delineate le prospettive del 2009. L’analisi e la ricerca sono corredate da ampie cronologie dei fatti, da approfondite schede tematiche, dai dati statistici più aggiornati, da un accurato glossario, dai riferimenti bibliografici e web, dalle sintesi dei capitoli e dall’indice dei nomi e delle organizzazioni citate. Prefazione di Guglielmo Epifani, introduzione di Sergio Segio, interventi di Lucio Babolin, Paolo Beni, Susanna Camusso, Walter Cerfeda, Franco Chittolina, Luigi Ciotti, Vittorio Cogliati Dezza, Emilio Gabaglio, Patrizio Gonnella, Maurizio Gubbiotti, Vera Lamonica, Agostino Megale, Raffaele Minelli, Filippo Miraglia, Enrico Panini, Ciro Pesacane, Morena Piccinini, Nicoletta Rocchi, Fabrizio Solari, Iacopo Viciani.
  • La CGIL e le categorie della FP (Funzione Pubblica) e FLC (Lavoratori della conoscenza), unitamente alla Consulta giuridica, hanno voluto predisporre un primo materiale di commento «scientifico» ad una legge destinata ad influenzare negativamente non solo il sistema di contrattazione nei settori pubblici, ma anche una linea di azione che, dagli anni ’90, ha caratterizzato in modo innovativo l’agire del sindacato nel sistema delle Pubbliche amministrazioni con la «privatizzazione» del rapporto di lavoro. Il ritorno ad un passato fatto di negazione dei diritti del lavoro e di subordinazione delle amministrazioni alla volontà della politica, e un neocentralismo istituzionale sono gli effetti che si perseguono con un disegno destinato a peggiorare l’efficacia delle Amministrazioni pubbliche in un momento nel quale tutti i paesi investono nella qualità delle politiche pubbliche per affrontare la crisi economica e sociale.
  • Vita attiva?

    13.00 18.00 
    La vita si è allungata e con essa anche la vecchiaia è divenuta più estesa e sfaccettata, imponendo alla ricerca sociale, alla politica e al sindacato una ridefinizione del ruolo economico e sociale degli anziani. Anche per questo nell’ultimo quindicennio le pressioni per un allungamento della vita lavorativa si sono imposte nel discorso pubblico, tendendo ad oscurare le numerose ragioni che nel nostro paese si frappongono alla realizzazione di questo obiettivo, non ultimi la persistente marginalizzazione della manodopera adulta e il ricorso delle imprese alle uscite anticipate. Non solo. Nella stessa società i profili della vecchiaia – anagrafico, biologico, sociale, funzionale – tendono a diversificarsi in base alle condizioni di salute, alla regolazione istituzionale del corso di vita, allo status. Per questo le lunghe durate lavorative (ovvie e in qualche misura «irrinunciabili» per le fasce della popolazione più in alto nella scala sociale e professionale) sono divenute argomento ricorrente dei dibattiti sulla riforma del welfare con termini evocativi quali attivazione e occupabilità. Meno incisivi i richiami per un ruolo socialmente utile degli anziani, che comunque rappresentano la componente generazionale più consistente nel volontariato e nelle attività partecipative. Un apporto dato in un contesto regolativo e di offerta pubblica ancora da sviluppare, che ancor oggi in Italia vive largamente di una capacità organizzativa scarsamente incentivata. Il libro raccoglie e rielabora una fitta serie di risultati di ricerca realizzati dall’Ires grazie alla costante collaborazione con lo Spi e con altri istituti e network di ricerca. Dalle analisi pubblicate emerge preoccupazione per una nuova declinazione del rischio sociale della «seconda metà della carriera», mentre si sottolinea il ruolo di pubblica utilità svolto dagli anziani attraverso le attività volontarie e partecipative.
  • Malapolitica

    10.00 
    A partire dagli anni cinquanta, e di fatto fino ai nostri giorni, si è affermata in Calabria una visione distorta della politica intesa come leva decisiva, se non unica, del superamento dei gravi problemi della regione. Gaetano Lamanna, che vi è stato dirigente del PCI e della CGIL, ripercorre alcuni momenti significativi della storia recente di un territorio che ha vissuto mutamenti molteplici, e racconta le tappe che hanno segnato l’instaurazione di un sistema politico e di potere tanto forte quanto di basso profilo civile e morale. Se la Calabria, ancora oggi, è in testa nei primati negativi e ultima nelle graduatorie positive, la ragione di fondo va cercata nei limiti di un ceto politico che ha assunto direttamente la rappresentanza degli interessi, costruendo una fitta rete di controllo finalizzata ad elargire favori e a raccogliere voti. I calabresi, a questo punto, per imboccare una strada diversa, dovrebbero liberarsi da ogni forma di tutela e di «dipendenza», ridare alla politica dignità e, insieme, un ruolo meno invasivo. È necessario suscitare una battaglia delle idee, credere nei giovani, promuovere cultura e innovazione in tutti i settori. Il presupposto di tutto ciò è però un «salto», una discontinuità vera, non solo proclamata.
  • Il volume raccoglie contributi originali di ricerca e di studio dedicati al percorso intellettuale e politico di uno dei maggiori protagonisti della storia della sinistra italiana e internazionale del Novecento. Insieme e oltre ai temi e ai periodi storici trattati, il dato di originalità è rappresentato dal punto di osservazione degli autori: tutti appartenenti a una giovane generazione che non ha vissuto i contesti culturali e politici della biografia di Lelio Basso. Ciò ha permesso uno sguardo più libero che si confronta con maggiore forza con le domande del presente. La seconda parte del volume è dedicata all’esperienza dei Comitati di solidarietà democratica, dal 1948 impegnati nel patrocinio dei processi penali e civili intentati contro i partigiani, di cui Basso fu protagonista e di cui si offre una prima importante guida archivistica. Promosso dalla Fondazione Basso, il volume è curato da Giancarlo Monina e contiene contributi di Claudio Corradetti, Sergio Falcone, Antonio Fanelli, Andrea Mulas, Tommaso Nencioni, Michela Ponzani, Ilaria Romeo.
  • Dopo più di un decennio di deciso abbattimento delle rigidità (presunte ed effettive) del mercato del lavoro italiano, non sembrano evidenti quegli effetti positivi che avevano pronosticato i fautori della flessibilità del lavoro. Anche i media, che al suo affacciarsi sulla scena raccontavano la flessibilità come la strada «necessaria» per raggiungere la piena occupazione, pongono ormai l’accento sull’altro volto del fenomeno, ossia quello della precarietà del lavoro, e sul «furto del futuro» a cui stiamo condannando intere generazioni. Il propagarsi della crisi finanziaria mondiale all’economia reale, già a partire dalla seconda metà del 2008, sta producendo un nuovo incremento del numero dei disoccupati, fenomeno che non si verificava da quindici anni. Ciò apre nuovi interrogativi a cui i policy makers sono chiamati a rispondere nel breve e nel medio periodo e, se ce ne fosse bisogno, conferma il primato dell’economia nella creazione di lavoro rispetto alla legislazione del lavoro. Il tema della flessibilità viene trattato nel volume attraverso un approccio multidimensionale del fenomeno: dalle dinamiche del mercato del lavoro al quadro empirico che emerge da una serie di ricerche realizzate dall’IRES nell’ultimo decennio, alla scansione delle tappe normative, alla giungla delle tutele sia di tipo contrattuale che di welfare, fino alla dimensione culturale e comunicativa.
  • Il libro narra le vicende storiche della sinistra sindacale, un’area eterogenea del sindacalismo italiano, trasversale alle tre principali Confederazioni, presente soprattutto in alcune categorie industriali e in alcune strutture territoriali, e portatrice di istanze radicali sia sul piano rivendicativo che organizzativo. La ricerca ricostruisce circa un ventennio di storia politica, economica, sociale e sindacale italiana, compreso tra i primi anni sessanta e la fine degli anni settanta, utilizzando un’ampia documentazione inedita d’archivio e un ricco materiale a stampa. Nel corso della sua parabola, la sinistra sindacale ha attraversato più fasi. Gli anni sessanta sono stati quelli della formazione culturale e politica, giunta a maturazione alla fine del decennio, quando, durante il più ampio ciclo di mobilitazione collettiva della storia repubblicana, la sinistra sindacale «storica» raggiunse il momento di maggiore visibilità e forza politica. Nei primi anni settanta, dopo il fallimento dell’unità sindacale organica e dopo la firma del Patto federativo, quest’area entrò in una fase «nuova»: essa perde influenza nel sindacato, ma mantiene un ruolo importante nell’ambito della sinistra extraparlamentare, soprattutto attraverso le iniziative e le analisi del CENDES. Dopo l’omicidio Moro nel 1978 e la sconfitta della Nuova Sinistra Unita nelle elezioni dell’anno successivo, la sinistra sindacale decide di istituzionalizzarsi all’interno della sola CGIL, dando vita alla «Terza componente», promotrice, insieme ai settori più radicali di CISL e UIL, della riunione degli autoconvocati di Firenze, nell’aprile 1980, che rappresentò l’ultima concreta manifestazione della sinistra sindacale in Italia.
  • Questo libro raccoglie le posizioni assunte dalla Cgil sulle riforme istituzionali durante il periodo che va dalla modifica del Titolo V della Costituzione, effettuata dal centrosinistra, alla richiesta di referendum a difesa della Costituzione avanzata dopo l’approvazione della legge di modifica della sua Parte II, voluta dal governo di centrodestra. -Vengono così in evidenza sia la coerenza, sia l’autonomia che hanno distinto riflessioni e proposte avanzate criticamente dalla confederazione, nei confronti del centrosinistra prima, e poi rispetto all’affondo portato al Patto costituzionale da parte del centrodestra. Posizioni maturate, come sottolinea nella prefazione Paolo Nerozzi, segretario confederale della Cgil, nella convinzione del legame inscindibile che deve connettere i diritti sociali ai diritti civili previsti nell’ordinamento costituzionale e a quelli nuovi che lo sviluppo della società è venuto via via proponendo. -Costituzione, quindi, come futuro e come programma per l’avvenire: è questa l’indicazione di fondo che il volume fornisce e mette a fondamento dell’impegno per la difesa dello stesso dettato costituzionale.
  • In questo volume sono pubblicate due ricerche realizzate per iniziativa della Camera del lavoro di Imperia sul territorio della provincia del ponente ligure e rivolte ad individuare spazi d'intervento e soluzioni per l'avanzamento, in quel territorio, delle quattro grandi priorità che, con il suo congresso, la Cgil indica per la riprogettazione dello sviluppo dell'intero paese: il lavoro, i diritti, i saperi, la libertà. Si completa così, per il momento e nell'occasione del suo congresso provinciale, un percorso di ricerca e di elaborazione sui temi del lavoro che negli ultimi cinque anni ha visto fortemente impegnata la Camera del lavoro di Imperia. -La prima ricerca, Imperia sotto la lente, è costituita dal "Rapporto 2004-2005" elaborato dall'Ufficio economico della Cgil Liguria con la Camera del lavoro di Imperia, con il quale viene effettuata un'attenta lettura critica dei dati riferiti alla popolazione, ai settori economici e al mercato del lavoro. Emergono così i terreni d'intervento prioritari e le scelte necessarie che la Camera del lavoro propone a tutti i propri interlocutori istituzionali ed economici, sociali e politici, affinché si possano individuare le opzioni condivise utili per far decollare un nuovo modello di crescita radicato nel territorio, aperto alla dimensione regionale e nazionale e ai processi di innovazione globale. -L'altra ricerca, I tempi di vita e di lavoro della donne, riferita alle iscritte alla Camera del lavoro, fornisce elementi di grande interesse per l'ardua ricerca della possibile conciliazione. Il tentativo effettuato è stato infatti quello di non fotografare soltanto la situazione esistente sotto l'aspetto lavorativo e familiare, ma di tentare anche di offrire soluzioni ai problemi emersi. Insieme agli esiti della ricerca e ai bisogni e alle aspettative delle donne coinvolte, vengono pubblicati anche i risultati di un focus group che, realizzando un momento di intensa partecipazione, ha permesso alle donne di confrontarsi facendo emergere una richiesta corale di intervento rivolta a tutti i livelli del sindacato.
  • Il Diritto d’impresa è in competizione con il Diritto del lavoro da più di un secolo e la curva dei diritti dei lavoratori sembra essere inversamente proporzionale a quella dell’impresa; venuto meno il rischio di una rivoluzione socialista, diminuisce il potere, anche solo evocativo, dei lavoratori. Il nuovo secolo si apre con l’indiscusso potere sovranazionale delle imprese globali che impongono un diritto «liberamente» stabilito dalle stesse: la società civile viene sostituita in tutto e per tutto dal mercato, la legislazione nazionale entra in crisi. - È il trionfo della lex mercatoria, il cittadino cede il posto al consumatore, la persona torna a essere tutelata quasi esclusivamente da relazioni contrattuali. La dimensione economica sovrasta le altre con una mole incomparabilmente più imponente; ritorna l’idea che nello scambio i contraenti si trovino su un sostanziale piano di parità e che da esso traggano entrambi la massima soddisfazione possibile. Ma lo scenario futuro non è poi così scontato.
  • Quella di Taylor, senza Ford, sarebbe probabilmente rimasta una teoria inapplicabile. Il lavoratore non si sarebbe fatto meccanizzare di sua spontanea volontà, come sperava il fondatore dello scientific management; ma se contemporaneamente si afferma un metodo tecnico di produzione che impone il ritmo, allora la teoria diviene realtà. È passato quasi un secolo dalla comparsa del taylor-fordismo, eppure l’influenza di quest’organizzazione del lavoro è ancora così preponderante che sembra impossibile cominciare lo studio del pensiero organizzativo senza partire da essa. Lo studio dello scientific management e della catena di montaggio comincia - in questo libro - dall’analisi del contesto socio-economico dell’America e dell’Europa pre-industriale e industriale. Conoscere le questioni di fondo permette di intendere le cause dell’affermazione dei principi dell’organizzazione scientifica del lavoro e delle idee che ispirarono Ford nella creazione della prima automobile prodotta in serie; ma il taylor-fordismo conteneva in sé anche alcuni lati oscuri che in breve tempo sarebbero divenuti evidenti e avrebbero portato al suo superamento.
  • Dalla Campania - e in particolare dalla provincia di Salerno - partono storicamente i primi emigranti meridionali verso l’America del Nord e, successivamente, verso l’America del Sud nell’ambito della «grande emigrazione» della seconda metà dell’Ottocento. I flussi emigratori riprendono negli anni cinquanta e si dirigono anche verso i paesi europei: Francia e Belgio, poi Svizzera e soprattutto Germania. L’Alto Sele (confinante con l’Irpinia, epicentro del terremoto del 1981) rappresenta, come tutta l’area circostante, uno dei poli maggiori di emigrazione. Il volume focalizza l’attenzione sull’area che comprende i comuni di Valva, di Buccino e di Contursi, ricostruendo - anche attraverso le testimonianze dei protagonisti - le dinamiche migratorie dei suoi abitanti. Ma nell’ultimo decennio l’Alto Sele è divenuto anche area di immigrazione, in quanto a fianco di micro-flussi di emigranti che partono ancora per la Germania (ma anche per l’Emilia Romagna e il Veneto) appaiono, al contempo, micro-flussi in entrata di immigrati di origine straniera: marocchini, cinesi, rumeni e polacchi.