• L’economia, le politiche sui redditi e quelle sociali, le trasformazioni del mercato del lavoro e la precarietà diffusa, la sicurezza e la nocività sui luoghi di lavoro, il welfare e il diritto alla salute, lo sfruttamento minorile, il lavoro e il sindacato nel mondo, le nuove e vecchie povertà, il carcere e la giustizia, il volontariato, il Terzo settore e l’economia solidale, i diritti dei consumatori e degli utenti, la finanza etica e i nuovi stili di vita, la decrescita e il consumo responsabile, le libertà e i nuovi diritti, le migrazioni e i rifugiati, i nuovi movimenti e la globalizzazione, gli armamenti e le geopolitiche, le guerre infinite e i terrorismi globali, i diritti umani e le discriminazioni, le turboeconomie e le violazioni, l’Europa politica e quella sociale, lo stato del pianeta, lo sviluppo e le diseguaglianze, le politiche ambientali nel mondo e in Italia: sono alcuni dei tanti temi trattati nel Rapporto sui diritti globali 2008, giunto alla sua sesta edizione. Un volume unico a livello internazionale per ampiezza dei contenuti, che propone una lettura dei diritti come interdipendenti. È uno strumento fondamentale di informazione e formazione per quanti operano nella scuola, nei media, nella politica, nelle amministrazioni pubbliche, nel mondo del lavoro, nelle professioni sociali, nelle associazioni. Il Rapporto, realizzato dalla Associazione SocietàINformazione, è promosso dalla CGIL nazionale in collaborazione con ActionAid, Antigone, ARCI, Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza (CNCA), Forum Ambientalista, Gruppo Abele, Legambiente, vale a dire con le associazioni italiane tra le più autorevoli, rappresentative e territorialmente diffuse che sono concretamente impegnate sulle problematiche trattate dal Rapporto. In ognuno dei 12 capitoli viene definito il punto della situazione e vengono delineate le prospettive del 2008. L’analisi e la ricerca sono corredate da ampie cronologie dei fatti, da approfondite schede tematiche, dai dati statistici più aggiornati, da un accurato glossario, dai riferimenti bibliografici e web, dalle sintesi dei capitoli e dall’indice dei nomi e delle organizzazioni citate. Prefazione di Guglielmo Epifani, introduzione di Sergio Segio. Interventi di Paola Agnello Modica, Lucio Babolin, Paolo Beni, Carla Cantone, Walter Cerfeda, Franco Chittolina, Luigi Ciotti, Vittorio Cogliati Dezza, Luca De Fraia, Marco De Ponte, Sandro Del Fattore, Raffaele Del Giudice, Patrizio Gonnella, Maurizio Gubbiotti, Eric Gutierrez, Mauro Guzzonato, Collins Magalasi, Marigia Maulucci, Raffaele Minelli, Filippo Miraglia, Nicola Nicolosi, Maso Notarianni, Mauro Palma, Ciro Pesacane, Nicoletta Rocchi, Ramesh Singh, Lorenzo Trucco, Lucia Venturi, Everjoice J. Win, Grazia Zuffa.
  • L’inserimento dei lavoratori immigrati nel mercato del lavoro italiano ha assunto una centralità politica e sociale crescente nel corso degli ultimi anni. Il V rapporto su «Immigrazione e sindacato» pubblicato dall’Ires si propone come un interessante strumento di analisi e documentazione rispetto ad un fenomeno così ricco di suggestioni e potenzialità, ma anche di forti contraddizioni e paradossi. L’obiettivo del rapporto è stato quello di analizzare il mondo del lavoro attraverso l’ottica delle centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori stranieri che hanno scelto l’Italia come paese in cui vivere e lavorare. Le riflessioni e le inchieste che sono riportate nel volume mostrano un mercato del lavoro strettamente vincolato alla presenza di manodopera proveniente dall’estero ma anche fortemente segmentato e discriminante. Il differenziale retributivo, l’alta incidenza di infortuni e morti bianche, le discriminazioni razziali e religiose sui luoghi di lavoro, il fenomeno del lavoro irregolare, la cosiddetta «segregazione occupazionale», che vede la maggior parte dei lavoratori stranieri confinati in determinati ambiti e a determinati livelli di qualifiche, sono alcune delle problematiche affrontate. In un contesto così complesso e articolato, in cui da un lato emerge un mondo del lavoro dove la realtà immigrata è sempre più consolidata e in cui si scorgono percorsi di inclusione e integrazione, mentre dall’altro continuano ad evidenziarsi comportamenti discriminatori ed escludenti, questo volume fornisce una riflessione sullo stato attuale della condizione lavorativa degli immigrati.
  • Questo quarto e ultimo volume della storia del sindacato in Italia nel ’900, diretta da Adolfo Pepe, ripercorre tutto il periodo che va dalla fine degli anni cinquanta a tutti i settanta. Un periodo che costituisce l’apertura di un ciclo che cambia in profondità la natura della società italiana. Qui il sindacato diviene protagonista assoluto, e in certi momenti unico, del conflitto sociale, tanto da rappresentare la principale istanza di mediazione e composizione. Nei primi due saggi del volume vengono in particolare indagati i cambiamenti sociali ed economici che precedono e seguono il grande slancio del ’59-63, ricostruendo in tal modo i meccanismi dello scontro sociale che portano all’«autunno caldo» e che determinano la crescita di un nuovo soggetto sindacale unitario, in grado di proporsi come interlocutore permanente nell’ambito delle scelte di politica economica. Nell’ultimo saggio, invece, l’attenzione si sposta sulla complessità dei problemi, ancora poco indagati dalla storiografia, dei «lunghi anni ottanta» che aprono una stagione di crisi e di rinnovamento del sindacato. Il piano dell’opera: Volume I: La CGdL e l’età liberale; Volume II: La CGdL e lo Stato autoritario; Volume III: La CGiL e la costruzione della democrazia); Volume IV: Il sindacato nella società industriale. I quattro volumi ricostruiscono l’intero arco delle vicende sindacali nel Novecento, dal dibattito politico-ideologico agli aspetti organizzativi, dalle relazioni industriali a quelle con lo Stato e alla politica economica, dalla contrattazione alla conflittualità, dalle diversità territoriali alle specificità federali, dai rapporti coi partiti a quelli unitari, dai temi sociali a quelli della cultura del mondo del lavoro.
  • Gli scritti qui raccolti di Bruno Trentin si cimentano con la grande questione dei diritti e della rappresentanza del lavoro, che si ripropone oggi imperiosa. Per un cinquantennio l’autore ne è stato un protagonista in Italia e in Europa, come leader sindacale e come studioso autorevole. Da questa antologia - curata da Michele Magno - emerge l’attualità del suo pensiero, in un passaggio di secolo che ha decretato la cesura tra il capitalismo novecentesco e le nuove forme della produzione e dell’organizzazione sociale. Il lettore non farà fatica a rintracciarne il filo rosso nell’idea che - nel sistema dei valori sommi della sinistra - la libertà viene prima dell’eguaglianza, per parafrasare il titolo del suo ultimo libro. All’osservazione di Norberto Bobbio, secondo cui bisogna sempre precisare cosa si intende per libertà, Trentin risponde che essa non può che essere la libertà della persona nel rapporto di lavoro. Perché è la libertà rimasta «minore» nelle democrazie postbelliche e nelle stesse culture storiche del movimento operaio. Una posizione critica che motiva la sua ricerca appassionata di un «socialismo possibile», fondato sulla vitalissima tensione dei salariati ad ampliare gli spazi di autonomia e di creatività nel lavoro. La straordinaria biografia politica e intellettuale di Trentin, come mostra anche il suo dialogo inedito con Vittorio Foa e Andrea Ranieri, è tutta dentro questa prospettiva progettuale. Una prospettiva in cui dare corpo alle istanze e all’iniziativa delle classi subalterne, per realizzare anzitutto il loro diritto alla conoscenza e al sapere, che per Trentin costituiscono la vera ricchezza delle nazioni nel mondo globalizzato.
  • Il libro raccoglie le interviste e le riflessioni di Bruno Trentin sulla sua esperienza nella guerra partigiana e negli anni successivi alla Liberazione, insieme alle relazioni e alle testimonianze presentate in occasione del convegno tenutosi a Treviso a dicembre 2007. Pagina dopo pagina scorrono i passaggi fondamentali di una formazione giovanile straordinaria: due compleanni in carcere, a causa della sua attività antifascista; la morte del padre Silvio, leader riconosciuto della Resistenza veneta. Poi la scelta di combattente partigiano, prima in Veneto, sul Grappa e nella zona pedemontana trevigiana, quindi a Milano, accanto ai capi di Giustizia e Libertà, Leo Valiani, Riccardo Lombardi e Vittorio Foa, fino alla liberazione della città con la Brigata Rosselli da lui comandata. Dopo la Liberazione la laurea a Padova, con una tesi sulla funzione del giudizio di equità che lo porta a passare alcuni mesi nell’Università di Harvard. Ma non rinuncia all’impegno politico: prima nel Partito d’Azione fino al suo scioglimento, e poi accanto ai comunisti. Si iscrive al Pci solo alla fine del 1949, dopo il suo ingresso nell’Ufficio studi della Cgil di Di Vittorio. Sono questi gli anni, dal 1943 al 1950, in cui si realizza la formazione culturale e politica di Bruno Trentin, e si radicano in lui quell’amore per la libertà, la giustizia e la democrazia e quel legame con il movimento operaio - «con la sua sete di conoscenza e di libertà» - che non lo abbandoneranno mai più.
  • Sapere per

    12.00 
    Un’analisi approfondita dei temi relativi al valore dell’apprendimento in questa fase dello sviluppo che si è soliti definire «età della conoscenza». Un lavoro a più voci che propone al lettore numerosi elementi di riflessione, di valutazione, di conoscenza. Che affronta insieme le opportunità e i limiti delle politiche e dei processi che hanno fino ad oggi caratterizzato l’educazione e la formazione «lungo tutto l’arco della vita». Sullo sfondo il tentativo di considerare i processi di apprendimento come la via fondamentale per sostenere i cittadini di ogni età nei loro sforzi tesi a consolidare e sviluppare le proprie facoltà critiche, la capacità di pensare sul lungo periodo, di avere autonomi punti di vista nell’ambito dello spazio pubblico. E di offrire ragioni e motivazioni per imparare, per fare, per partecipare, non solo attraverso il consumo ma anche attraverso la produzione e lo scambio di contenuti e informazioni reso possibile dallo sviluppo delle nuove tecnologie della comunicazione. Sapere, dunque, per essere più consapevoli, più partecipativi, più liberi. Sapere per vivere vite più degne di essere vissute.
  • Il volume "Assenze dal lavoro per motivi di salute - Guida ai diritti dei lavoratori" illustra in modo semplice e di facile consultazione i diritti spettanti ai lavoratori nel nostro paese in caso di assenza dal lavoro per motivi di salute, approfondendo le diverse tipologie, i singoli aspetti e le situazioni specifiche, e offrendo ai lavoratori stessi, nonché a tutti gli operatori del Patronato, uno strumento importante per muoversi nella complessità di norme spesso di non agevole comprensione. Allegato al volume, un CD-ROM che contiene il testo della Guida con i riferimenti legislativi e normativi relativi all’argomento trattato.
  • Spine rosse

    16.00 
    Il primo congresso nazionale della Cgil con due documenti contrapposti - uno della maggioranza e uno di minoranza - è stato quello del 1991. Nel corso degli anni novanta la scena si è ripetuta più volte, fino al congresso del 2002 partito con due documenti e chiuso con documento unitario. Con il XV Congresso del 2006 maggioranza e minoranza hanno stabilito un nuovo patto, ma nella Cgil le tensioni politiche tra l’area maggioritaria e le aree di minoranza sono ancora forti. Come si può definire oggi una minoranza di sinistra in un sindacato come la Cgil? Quali sono state le battaglie di opposizione nel più grande sindacato confederale italiano da parte della minoranza «programmatica» che ha preso il posto della Terza componente? E quali sono le regole valide (e praticate) della democrazia interna? Questo libro vuole essere un tentativo di fornire alcune risposte a questi interrogativi, attraverso la ricostruzione dell’esperienza della minoranza di «Democrazia consiliare» (oggi «Lavoro società - Cambiare rotta») e delle sue alleanze tattiche con altre sinistre interne, come quella che fu guidata da Fausto Bertinotti. Il racconto di quasi trent’anni di storia della minoranza della Cgil attraverso le testimonianze dei protagonisti, i documenti e le ricostruzioni giornalistiche: dalla «svolta» dell’Eur del 1978, passando per la crisi dei partiti storici della sinistra, la sconfitta alla Fiat, la fine delle componenti, il crollo del Muro di Berlino, la morte di Berlinguer, la «scesa in campo» di Berlusconi, la scomposizione del mondo del lavoro e infine i governi del centrosinistra.
  • L’imprenditoria degli immigrati costituisce un percorso particolare di inserimento sociale ed economico che sta assumendo progressivo rilievo anche in Italia. Troppo spesso, però, la letteratura scientifica e il senso comune identificano nelle specificità culturali, «etniche», degli immigrati stessi l’unica origine di questo fenomeno. Lo studio presentato in questo volume parte invece dal presupposto che l’imprenditoria degli immigrati non possa essere disgiunta dalle caratteristiche dell’economia che la ospita. A partire da una riflessione teorica sul rapporto fra economia, società e diversità, il volume si occupa del ruolo dell’imprenditoria degli immigrati nei sistemi produttivi locali, con l’analisi dei dati camerali e interviste a testimoni privilegiati. La ricerca su alcuni distretti industriali evidenzia proprio la significatività del rapporto fra economie locali e scelte imprenditoriali degli immigrati: dunque, la collocazione di questi «nuovi imprenditori» costituisce anche la base per interrogativi e spunti di riflessione sugli assunti, le caratteristiche e gli sviluppi possibili dell’economia italiana di piccola impresa.
  • Nato originariamente come relazione morale e finanziaria per il III Congresso nazionale della FIOM (Bologna, 1907), I metallurgici d’Italia nel loro sindacato costituisce - come afferma nell’ampio saggio introduttivo Maurizio Antonioli, tra i massimi esperti della storia del movimento sindacale italiano - una fonte essenziale per la conoscenza dei primi anni di vita della FIOM, nonché una efficace sintesi del pensiero del sindacalismo di matrice riformista, i cui principali esponenti, da Rinaldo Rigola ad Angiolo Cabrini, da Felice Quaglino a Fausto Pagliari, furono protagonisti della fondazione della CGdL nell’ottobre 1906. Tra questi nomi si deve annoverare, in una posizione di primo piano, anche quello di Ernesto Verzi, primo segretario della FIOM, fondata a Livorno nel 1901. I metallurgici d’Italia nel loro sindacato offre quindi una testimonianza diretta sulle origini dell’organizzazione dei lavoratori metalmeccanici, ricostruendo inoltre la vicenda sindacale in stretto rapporto con lo sviluppo dell’industria meccanica e siderurgica nei primi anni del XX secolo e ripercorrendo le vicende organizzative e contrattuali (il primo contratto collettivo nell’industria italiana fu siglato dalla FIOM con l’azienda automobilistica torinese Itala, nel 1906) di quella che è stata, fin dai suoi primi passi, una delle più importanti realtà nella storia del movimento operaio italiano. Il volume è a cura di Maurizio Antonioli.
  • L’incontro che ha dato vita ai contributi raccolti in questo volume è nato dalla constatazione che il fenomeno delle malattie da lavoro (intendendo per tali sia quelle «tabellate» che quelle correlate al lavoro, ma per le quali è necessaria la prova del nesso di causalità) è certamente sottovalutato e sottostimato. Si parla molto (finalmente!) degli infortuni sul lavoro, ma assai meno delle malattie da lavoro, che pure costituiscono un problema non meno grave ed allarmante sia qualitativamente che quantitativamente. Problematica, peraltro, destinata ad aggravarsi, sia perché per alcune malattie di lunga latenza il picco più consistente pare destinato a realizzarsi solo tra il 2015 e il 2020, sia perché le più recenti acquisizioni dimostrano che le cosiddette «costrittività» nei luoghi di lavoro (persecuzioni, violenze morali, mobbing, molestie sessuali, ecc.) sono suscettibili di determinare non solo disturbi psicologici ma anche vere e proprie patologie, sia, infine, perché l’esposizione alle nanoparticelle ed alle particelle ultrafini determinata dalla crescita delle nanotecnologie è, con ogni probabilità, fattore di rischio anche di grave entità. Da qui nasce la necessità di approfondire il tema, sotto il profilo della tutela e della prevenzione, sul piano civilistico e su quello penalistico, oltre che su quello della medicina del lavoro. La raccolta di saggi è completata da un’ampia ricerca sull’intera materia nonché dalla pubblicazione della parte generale del recentissimo Testo Unico della sicurezza sul lavoro (d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81).
  • Nel Novecento italiano le classi lavoratici hanno espresso - a partire da concrete condizioni di vita e di lavoro - specifici patrimoni culturali, e cioè insiemi di idee, di valori e di giudizi sugli uomini e sulle cose. In particolare, hanno dato vita a culture del lavoro e a culture sindacali e politiche che sono diventate parte costitutiva del bagaglio ideologico del movimento dei lavoratori e dei partiti della sinistra, influenzandone fortemente scelte e strategie. Questo gioco di influenze non è naturalmente stato a senso unico, perché a loro volta i quadri e i dirigenti sindacali hanno consapevolmente o meno legittimato alcuni tratti (e non altri) del profilo sociale e culturale delle classi lavoratrici di riferimento. Ciò spiega, ad esempio, la relativa variabilità interna e persino i profili contraddittori della cultura politica dei sindacati e del movimento operaio, che fanno riferimento ora all’una ora all’altra delle anime costitutive della loro tradizione. Il volume offre una serie importante di contributi su questo versante poco esplorato, mettendo in campo studi, ricerche e interpretazioni di diversa provenienza disciplinare, dalla storia sociale all’antropologia culturale, dalla sociologia alla medicina del lavoro, e facendo riferimento a differenti metodologie di ricerca, dalla storia orale alle autobiografie, dalla documentazione grigia ai materiali audiovisivi. Le analisi sui tre fronti che stanno al centro di questo libro (culture operaie e del lavoro, identità sindacali, culture territoriali e politiche) alimentano poi un ricco e serrato confronto finale sulla modernità, guardando alle esperienze di questo viaggio mirato nell’Italia del Novecento per valutare il presente e il futuro del lavoro e il suo complesso e mutante significato sociale.
  • Tempi duri per l’urbanistica. Quelli più recenti sono stati anni di disinteresse e, peggio, di diffidenza per la disciplina che dovrebbe disegnare e governare correttamente la città e il territorio abitato. E non a caso, negli stessi anni, si osserva una crescente inesorabile squalificazione del paesaggio e una sempre maggiore difficoltà a garantire la necessaria efficienza delle strutture insediative. Per tentare di superare questa gravissima situazione non c’è che sostenere le ragioni dell’urbanistica, tanto più in quelle sedi (in special modo quelle politiche) dove meno se ne parla. Questo è il proposito (forse non poco ambizioso) di questo libro, nel quale sono delineate le vicende dell’Istituto nazionale di urbanistica (INU), dalla nascita alla fine del secolo da poco terminato. Su di esse, proprio oggi, sembra necessario tornare per comprendere a fondo la «crisi» della disciplina e per confermarne le ragioni. Alle quali, a giudizio dell’autore, sarà anche opportuno (e forse necessario) riconoscere una fondamentale dimensione estetica, non revocabile in dubbio se si vuole avere un ambiente insediativo fatto ad arte, ben ordinato, funzionale e quindi, in definitiva, vivibile e bello.
  • Il volume raccoglie i risultati di una ricerca svolta sul tema della conciliazione dei tempi di lavoro e di cura della famiglia per le donne migranti. Partendo dal progetto migratorio e dall’analisi della condizione occupazionale sono stati approfonditi i bisogni, le aspettative e le difficoltà che le donne migranti sperimentano nel conciliare vita professionale e vita privata familiare. Sono aspetti che influenzano le scelte, i modi, i tempi del percorso migratorio e il tipo di relazione che si instaura con la società italiana. L’indagine è stata svolta nell’area napoletana e ha coinvolto donne migranti scelte fra le comunità più rappresentative insediate in questo territorio, insieme a vari testimoni privilegiati.
  • Una riflessione della Cgil di Roma e del Lazio sul «Modello Roma», sulle trasformazioni dell’area metropolitana romana e delle sue periferie, a partire dalle varie forme di disagio urbano, sociale e culturale che si manifestano a causa dei processi di trasformazione dei sistemi produttivi e della frantumazione della grande impresa; dei processi di deindustrializzazione e di terziarizzazione dell’economia urbana; del crescente disagio abitativo; della precarizzazione del lavoro; della crescita dei flussi migratori. Un’indagine sulla nuova configurazione urbana e sulla diffusione della città nel territorio; sul rapporto tra rendita finanziaria, rendita immobiliare ed espansione urbana; su quello tra processi di valorizzazione immobiliare, crisi alloggiativa e caro-fitti; sulla trasformazione multietnica della città, sulle politiche di accoglienza degli immigrati e sui conflitti che provocano con le popolazioni residenti; sulle pratiche partecipative dei cittadini e sul governo di prossimità. Le trasformazioni economiche e sociali delle grandi aree urbane in Italia e in Europa come sfida e occasione per rielaborare una rinnovata funzione di rappresentanza sociale del sindacalismo confederale nel territorio nell’epoca della globalizzazione.
  • Più che una classica biografia che ripercorre la vita privata e sindacale di G.B. Aldo Trespidi, questo libro è un percorso tematico che affronta alcune fasi significative della storia della Filcep e della Filcea, partendo dall’angolo visuale privilegiato di un grande dirigente. Tre gli aspetti specifici su cui è caduta la scelta dei contenuti da approfondire: le partecipazioni statali nell’esperienza del settore chimico, la fase contrattuale dalla fine degli anni sessanta alla fine degli anni settanta e la stagione dell’unità sindacale. Le ragioni sono facilmente comprensibili specie per quanto riguarda gli ultimi due aspetti, legati direttamente all’impegno di Trespidi come dirigente sindacale. Essi costituirono il cuore della sua attività e lo videro direttamente protagonista come segretario della Filcep e della Filcea e come uno dei sostenitori più convinti dell’esperienza unitaria della Fulc. Il tema dell’unità rappresentò un vero e proprio valore di riferimento da sostenere, difendere, concretizzare. La scelta della fase contrattuale è stata dettata dall’importanza che per tutto il movimento sindacale rivestì il periodo a cavallo tra gli anni sessanta e settanta, stagione fra le più alte del sindacalismo italiano che coincise con il momento in cui Trespidi assolse incarichi di maggiore responsabilità. L’esame della questione delle partecipazioni statali investe, invece, una delle più importanti vicende del capitalismo italiano del dopoguerra privilegiando le riflessioni del mondo sindacale, in particolare nell’ambito forse maggiormente coinvolto da quelle stesse vicende: il settore chimico.
  • La legge 194 ha compiuto trent’anni. Dalla sua approvazione la questione dell’aborto non ha mai smesso di essere un nervo scoperto del dibattito pubblico italiano, pronto a farsi sentire a ogni delicato passaggio della vita politica e culturale del nostro paese. A partire da una rilettura dei testi femministi e del dibattito politico e istituzionale dell’epoca, questo libro ricostruisce il processo di elaborazione del principio di autodeterminazione da parte delle donne e le vicende che portarono nel 1978 all’approvazione della legge sull’interruzione volontaria di gravidanza. Sin da allora la questione dell’aborto rese evidente lo scarto tra la nuova coscienza della donne e le norme che avrebbero dovuto riconoscerla. L’autrice riparte da questo scarto e dalla diversità di piani tra le riflessioni del movimento femminista e il dibattito tra le forze politiche per offrire una rilettura di trent’anni di conflitti che hanno al centro il riconoscimento della soggettività femminile, della sua libertà e responsabilità.
  • La priorità della ricerca scientifica è ormai un mantra del dibattito politico italiano. Ma se fare politica della scienza non significa solo amministrare la scienza, curarne l’organizzazione istituzionale, sostenerla con investimenti pubblici e diffonderne i risultati; se nel rapporto con la politica la scienza entra come un soggetto capace di rivoluzionare il modo di pensare tradizionale, di mettere in discussione perfino le forme di vita, di sovvertire gli assetti sociali ed economici, di rompere le antiche gerarchie geopolitiche tra i diversi continenti, avremo una scienza che interpella la politica sui fondamenti del vivere in società, la scuote dal suo affaccendarsi meramente amministrativo. Fare politica della scienza, quindi, vuol dire svolgere un’azione politica all’altezza dei compiti e delle responsabilità posti dalla rivoluzione scientifica. Scienza e democrazia sono sottoposte ai medesimi condizionamenti. Oggi si vuole tornare ad imporre sia all’una sia all’altra un principio esterno: la tavola dei valori sopra la scoperta scientifica e l’identità di un popolo sopra il relativismo democratico. Dal modo in cui queste due potenze umane sapranno difendere e rinnovare il principio interno della libertà dipenderà il grado di civiltà delle società contemporanee.
  • L’arte di Gianni Carino è fortemente autoriale, benché qui si presentino due racconti disegnati i cui soggetti Carino ha derivato da altri autori letterari quali Tonino Guerra e Mario Rigoni Stern. «Un ragazzo di contrada» racconta una storia di altopiano, di guerra, morte e libertà. Riconosciamo l’universo di Rigoni Stern fin dal primo tratto di disegno. Ancora più silenziosa e scabra «La scala che va verso il cielo», dove un uomo e una donna sono colti in un rapporto delicato e misterioso, venato di impalpabili flash back in punta di matita, rappresentati in un panorama di quiete e silenzio estremi. (Dalla presentazione di Dario Voltolini)
  • Prima donna nella lunga storia del sindacato entrata a far parte nel 1980 della segreteria nazionale della Cgil su proposta di Luciano Lama e dell’intera segreteria confederale, Donatella Turtura è una delle figure di spicco del sindacalismo italiano. Lucida interprete dei profondi cambiamenti della società e del mondo del lavoro, il suo impegno nel sindacato è contrassegnato da una costante attenzione ai temi e alle politiche dello sviluppo. La sua intensa stagione politica e sindacale si intreccia con una parte importante della storia italiana del dopoguerra: a capo dell’Ufficio lavoratrici negli anni del boom economico, segretaria generale della Federbraccianti nella complessa fase del processo unitario, entra in segreteria confederale nel difficile tornante rappresentato dagli anni ottanta; ed è di nuovo a capo di una categoria, la Filt, in un momento cruciale per il sindacalismo confederale posto di fronte alla sfida dei sindacati autonomi, ma anche per l’Italia che si appresta ad entrare nell’Europa di Maastricht. La costituzione dell’Osservatorio socio-economico sulla criminalità del Cnel e la direzione del gruppo interdipartimentale «legalità economica» della Cgil la impegnano fino all’ultimo giorno della sua esemplare esistenza. Le analisi, le lotte e l’impegno appassionato di Donatella Turtura sono al centro delle riflessioni e delle testimonianze contenute nel volume, che si conclude con un’appendice documentaria in cui sono raccolti i suoi interventi e i contributi che ha apportato al sindacato, collaborando a ridisegnarne strategie, obiettivi e pratiche politiche.
  • Corciano

    12.00 
    Le domande che tempo fa poneva, da par suo, un grande scrittore come Italo Calvino sono una volta di più utili, oltre che intriganti, per la presentazione di un dibattito interdisciplinare, intenso e partecipato: «Cosa è, oggi, per noi la città? A chi serve? E qual è la sua funzione?». Gli interventi raccolti in questo volume costituiscono, per una parte, l’esito di un lavoro di selezione e rappresentazione di indizi sui caratteri di una trasformazione epocale che ha interessato un comune, piccolo ma strategicamente collocato nel territorio, e per la parte residua, ma non secondaria, il frutto di un dibattito spontaneo, vivace e appassionante. L’avere promosso un primo momento di riflessione sull’identità, il ruolo e le prospettive di Corciano, e l’aver poi deciso di serbarne la memoria con questa pubblicazione è da considerarsi auspicio per il lavoro di saggi e accorti amministratori, i quali, col dono di una visione strategica, sappiano promuovere un percorso di evoluzione della città e delle città che sia condiviso e realizzato dalla città e dalle città.
  • Nel nostro paese è lentamente diminuito il numero delle denunce di malattie professionali e conseguentemente dei riconoscimenti da parte dell’Inail; non è estranea a questo calo la paura di molti lavoratori delle reazioni dei datori di lavoro di fronte alle denunce né il fiscalismo spesso eccessivo dell’Inail. Tanto più utile risulta quindi l’aver predisposto con questo manuale una raccolta ragionata degli elenchi delle malattie di probabile origine lavorativa per cui vige l’obbligo della segnalazione. Uno strumento prezioso che vuole rendere più facile il compito dei delegati sindacali e degli operatori del patronato, nell’individuazione delle malattie di possibile origine lavorativa che potrebbero essere indennizzate. Gli elenchi delle malattie di probabile origine lavorativa sono tre: - lista 1 - malattie la cui origine lavorativa è di elevata probabilità - lista 2 - malattie la cui origine lavorativa è di limitata probabilità - lista 3 - malattie la cui origine lavorativa è possibile. Considerato che le malattie contenute negli elenchi sono centinaia, nel manuale le tre liste, mantenendo sempre la distinzione tra loro attraverso tre diverse colorazioni, sono state però unificate in un’unica lista in cui tutte le malattie sono riportate in ordine alfabetico, segnalando per ognuna gli agenti e il codice identificativo. Ogni malattia può così essere immediatamente identificata e ricondotta alla lista di appartenenza e il manuale, così organizzato, si presenta come strumento di utile e facile consultazione per chiunque anche non esperto della materia. Insieme al manuale un CD-ROM con l’intero testo degli elenchi e la modulistica necessaria ai lavoratori e alle aziende per la denuncia delle malattie all’Inail.
  • L’identità di un’organizzazione è l’esito di uno sviluppo storico, sociale, culturale. L’acquisizione di conoscenze e competenze è parte di tale processo. La formazione sindacale si pone esplicitamente in tale logica, collocandosi in una posizione intermedia tra definizione di saperi ed elaborazione di strategie concrete. Il volume ricostruisce, attraverso una ricerca, la dinamica con cui la Cgil è venuta definendo, nel tempo, la propria formazione, il proprio sistema di valori e la propria configurazione attuale. Ne emerge un quadro composito, dal quale si evidenzia come la produzione, l’elaborazione e lo sviluppo di una cultura avvengano attraverso «contaminazioni» e acquisizioni da esperienze di altre organizzazioni e istituzioni, in un’osmosi continua di conoscenze e criteri di giudizio. Su questo terreno è stato chiamato a misurarsi il sindacato, nel definire un originale profilo organizzativo, caratterizzandosi come un solido e specifico soggetto della rappresentanza sociale. Testi di: David Bidussa, Adolfo Braga, Marida Cevoli, Fabrizio Loreto, Francesca Mandato, Saul Meghnagi.
  • In questo libro vengono raccolti quattro saggi che cercano di dare risposta alla seguente domanda: come si ridefinisce la sinistra in rapporto ad un mondo che pone al suo centro la destra? Nella prima parte, l’autore affronta il problema delle due comunità, la vecchia questione di Gramsci, e di come sia oggi possibile tornare a collocarsi tra di esse per ricomporre quella divaricazione tra élite e popolo, tra settori protetti e settori non protetti della società, che è alle origini della crisi della sinistra. Con quale filosofia, con quale antropologia è possibile avviare tale processo? Intorno a queste domande ruota la seconda parte del libro, nella quale viene difeso il pragmatismo di Marx, in un’analisi che però lo trascina nelle immediate vicinanze delle sue insufficienze, e questo perché, secondo l’autore, ci si può davvero collocare tra le due comunità solo se si esce dalla problematica antropologica di Marx, in quanto una reale interdipendenza delle soggettività può darsi solo quando si incomincia ad avere un altro rapporto con il mondo e con gli altri. Solo così, forse, si potrebbe rompere, oggi, l’egemonia della destra, una egemonia non congiunturale ma strutturalmente fragile, perché chi cerca a destra una qualche sicurezza, spesso non la incontra, dal momento che non ci può essere sicurezza in un mondo monocromico che apre solo a un destino privo di speranza.