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Il revival delle memorie conosce oggi una straordinaria stagione editoriale. Diari, testimonianze, autobiografie degli scampati al gulag, delle vedove dei massacri nazifascisti, dei superstiti della guerra totale, sono diventati libri da leggere. E i dirigenti dei grandi partiti di massa risorti nell’immediato dopoguerra o i semplici militanti di base nel partito e nel sindacato raccontano la loro esperienza. La loro "memoria della politica". Sono storie che ci parlano di un passato in cui la militanza politica riempiva spesso tutta la vita, sino al sacrificio di sé, o in cui la storia faceva irruzione nel quotidiano con tutta la violenza e la devastazione che la guerra porta con sé. Ma ci parlano anche di grandi ideali, del difficile intreccio fra pubblico e privato, della politica come emancipazione. Il rapporto fra queste memorie e la società di oggi è un filo molto sottile, ma straordinariamente forte. Riannoda un "passato che non passa" al mondo globale. Il bisogno di senso alla smemorata e superficiale società mediatica. Nel volume, curato e introdotto da Lucia Motti e Fiamma Lussana, i saggi (contributi di riflessione e ricerche storiche), vedono alcuni fra i maggiori studiosi italiani alternarsi a giovani ricercatori e ricercatrici impegnati sul difficile crinale del rapporto tra memoria e storia, in un poco frequentato intreccio tra fonti tradizionali e fonti soggettive: Ersilia Alessandrone, Sandro Bellassai, Mauro Boarelli, Gabriella Bonacchi, Graziella Bonansea, Anna Bravo, Antonio Canovi, Giovanni Contini, Giovanni De Luna, Costantino Di Sante, Emma Fattorini, Dianella Gagliani, Sara Galli, Linda Giuva, Vito Antonio Leuzzi, Simona Lunadei, Fiamma Lussana, Leonardo Paggi, Alessandro Portelli, Vanessa Roghi, Albertina Vittoria, Marina Zancan, Paola Zappaterra.
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Dal 1944 al 1962 la provincia di Ragusa vide il sorgere e poi il consolidarsi di una forte Cgil. Lo sviluppo delle campagne e delle industrie, il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori, delle lavoratrici e dei pensionati furono al centro delle lotte organizzate dai gruppi dirigenti provinciali e dalle Camere del lavoro dei dodici Comuni della provincia negli anni difficili e ricchi di passione dell’immediato dopoguerra e fino agli inizi del boom economico. Sulla base di materiali in grandissima parte inediti tratti dall’Archivio di Stato di Ragusa, l’autore ricostruisce quasi giorno per giorno gli eventi di un ventennio ricco di avanzate, di sviluppo, ma anche di errori e passi indietro, tracciando il quadro degli scioperi e delle manifestazioni che portarono la Cgil a diventare una grande realtà in tutto il territorio della provincia. Si salvano così dall’oblio non solo fatti che contribuirono al profondo cambiamento economico e sociale della realtà ragusana, ma anche i nomi di decine e decine di dirigenti e militanti che con passione e dedizione contribuirono alla costruzione del sindacato, subendone a volte le dure conseguenze negli anni.
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La memoria storica del sindacato intesa come patrimonio documentale disponibile nelle sue varie forme: da quella scritta a quella orale, dai documenti archivistici alle fonti giornalistiche, dagli archivi pubblici a quelli privati. È questo il fulcro del presente volume, che vuol essere un contributo di riflessione a più voci sulla tematica delle fonti per l’identità storica del movimento sindacale e popolare in Abruzzo. Questa tematica, in particolare riguardo agli archivi sindacali, era molto viva a livello nazionale quando dieci anni fa si scelse di dedicarvi un convegno di studi nella ricorrenza del novantesimo della fondazione della Camera del Lavoro dell’Aquila, di cui questo volume raccoglie gli atti. I contributi presenti, pur se è passato del tempo, non sembrano tuttavia aver perso d’attualità, stante anche la fervida stagione di studi storici nella ricorrenza centenaria della fondazione della CGIL e delle varie strutture collegate. Ma, al di là del momento, si intende offrire uno strumento di lavoro valido per trasmettere alle future generazioni di sindacalisti e di studiosi la conoscenza di un patrimonio documentale frutto della concreta azione sindacale per la dignità del lavoro e lo sviluppo della società abruzzese e italiana.
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Il volume ricostruisce la storia del concetto di meritocrazia dal momento in cui fu coniata la parola (la seconda metà de gli anni cinquanta del Novecento) ai giorni nostri, guardando sia alle elaborazioni teoriche della filosofia e del pensiero sociale (da Young a Della Volpe, Hayek, Arendt, Rawls, Bell, Bourdieu, Walzer, Sen, Lasch, Sennet, Giddens) sia al linguaggio politico (da Martelli a Blair e Renzi) e al senso comune diffuso. Il percorso proposto mostra come il termine nasca con un significato negativo, a identificare una prefigurazione distopica, che continuerà a caratterizzare il suo utilizzo nel vecchio continente per alcuni decenni; e come negli Stati Uniti il lemma assuma invece da subito un significato anche positivo, all’interno di un’ideologia tecnocratica proiettata nella nuova civiltà postindustriale. È solo all’inizio del nuovo millennio che con la Terza Via l’ideologia meritocratica diventa parte dei valori della cultura politica progressista europea, sempre più sussunta dalla governance postfordista. La meritocrazia diventa perciò una parola-chiave del neoliberalismo, giustificando le crescenti diseguaglianze dovute ai processi di finanziarizzazione, delocalizzazione e privatizzazione. Anche dopo la crisi del 2008, la meritocrazia resta uno snodo fondamentale della narrazione neopopulista, a documentare il profondo legame fra quest’ultima e il neoliberalismo.
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L’articolo esplora gli effetti del processo di regolamentazione in atto sulle pratiche di Centri antiviolenza (Cav) e case rifugio (Cr), in particolare di quelli gestiti dall’associazionismo femminile e femminista, inquadrandolo all’interno del dibattito teorico sul «riconoscimento». A partire dalle narrazioni di operatrici antiviolenza sulle rappresentazioni e le pratiche adottate nei loro interventi, analizziamo 1) la specificità della metodologia di accoglienza dei Cav basata sulla co-costruzione dei percorsi di fuoriuscita dalla violenza con le donne accolte, 2) il tema dei finanziamenti e 3) il ruolo delle operatrici. Si intende così approfondire come le pratiche di Cav e Cr si integrino nel sistema istituzionale antiviolenza in Italia, configurandosi come politica sociale di genere. L’analisi conferma come le politiche antiviolenza rappresentino un unicum all’interno del sistema delle politiche pubbliche nel loro complesso, specificatamente caratterizzate da un approccio di genere, intersezionale e multidimensionale. Infine, l’articolo mette in luce come il dibattito che attraversa il percorso di regolamentazione riveli sia i vincoli, sia, talvolta, alcuni spazi di opportunità per interpretare le esigenze di Cav e Cr e delle donne.
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Durante gli anni difficili della sua giovinezza, in un entroterra siciliano devastato e depresso, l’autrice, donna del popolo lavoratore, affida alla carta avvenimenti, emozioni e riflessioni: la guerra, l’amore, l’impegno sociale e politico, le prime rivendicazioni femminili. Presto responsabile di diverse associazioni di donne comuniste e di sinistra, è compagna di un dirigente politico e sindacale, Luigi Infuso, con cui condivide la passione e la tenacia di un’esistenza di lotte. I diari, più volte ripresi e rimaneggiati, sono stati ora definitivamente ordinati per non disperdere un importante patrimonio fatto di vita vissuta, di battaglie, conquiste sociali e testimonianze minute, che si snodano dal secondo dopoguerra fino agli anni sessanta, nella provincia di Caltanissetta. Ed è grazie all’intreccio costante della dimensione personale con quella storico-politica, andando anche oltre il mondo comunista nisseno, che il testo di Enrichetta Angela Casanova Infuso allarga il fuoco, facendosi autobiografia e storia insieme.
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L’Iran, con la sua politica nucleare e con le minacciose parole del suo presidente Ahmadinejad, è ora divenuto un problema mondiale. Improvvisamente la comunità internazionale, i governi, i massmedia e l’opinione pubblica si sono accorti di doversi confrontare con le velleità nucleari del potente stato persiano. L’agile approfondimento curato da Maurizio Simoncelli - esperto di Geopolitica dei conflitti -, guardando oltre la cortina mediatica, vuole trovare le ragioni profonde dello scontro e fornire alcuni strumenti di lettura della questione nucleare e dell’attuale politica iraniana, riconducibile agli interessi e agli equilibri geopolitici dell’area che da anni guidano lo scenario del riarmo internazionale. Inoltre, ripercorrendo l’itinerario storico della proliferazione nucleare, si delinea l’evoluzione politica dei Paesi ufficialmente in possesso dell’arma atomica (Usa, Francia, Gran Bretagna, Cina, Russia) e di quelli successivamente aggregatisi al club del nucleare (Israele, India, Pakistan e Corea del Nord); nonché le possibilità per un’azione mediatrice dell’Unione europea su un tema sempre più scottante.
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A trent’anni dal varo del programma europeo Erasmus, il contributo si concentra sulle dinamiche e le destinazioni degli studenti che vi hanno partecipato. L’articolo parte dall’analisi della mobilità studentesca legata allo schema europeo, mettendo in luce come questo sia divenuto da un lato parte strutturale della formazione terziaria di migliaia di studenti europei e dall’altro una delle componenti significative della mobilità intraeuropea della popolazione dell’Unione. Non vi è dubbio che questo programma abbia rappresentato, e continui a farlo nella sua rinnovata veste Erasmus+, un modello di promozione dell’identità europea e di acquisizione di competenze linguistiche, sociali e culturali dei paesi ospitanti. Allo stesso tempo, in particolare per gli studenti dei paesi dell’area mediterranea, lo schema ha finito per rappresentare anche un trampolino per l’emigrazione verso mercati in grado di assorbire la loro offerta di lavoro. Le reti di relazioni e le competenze acquisite nel soggiorno di studio si sono rivelate, come documentato in molti studi e indagini recenti, un bagaglio indispensabile e abilitante l’emigrazione successiva alla fine degli studi.
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Sono ormai passati più di cinque anni dall’inizio della grande crisi finanziaria internazionale ed il bombardamento mediatico di concetti complessi ed astratti, lontani dall’esperienza quotidiana del cittadino, non ha aiutato certo la comprensione di quello che sta realmente accadendo, lasciando spazi alle più differenti e spesso semplicistiche se non errate interpretazioni. Questo lavoro nasce dunque dall’esigenza profonda di rendere comprensibile ai cittadini il mondo in cui stanno vivendo in quanto solo una migliore consapevolezza può aiutare il sistema democratico ad orientarsi verso una reale soluzione dei problemi. Vengono così illustrati in maniera elementare, facendo ampio utilizzo di esempi, anche numerici, e di numerosi grafici a colori, le relazioni tra finanza ed economia reale, il funzionamento dell’eurosistema e di come la moneta unica abbia modificato la nostra economia, la ricostruzione della crisi finanziaria e di come abbia alterato i meccanismi di trasferimento della ricchezza tra i diversi paesi europei. Si esplorano, quindi, le possibili soluzioni già presentate pubblicamente da esperti e no, partendo dalla peggiore delle ipotesi e cioè l’uscita dall’euro, offrendo una valutazione ragionata, e non di parte, dei pro e dei contro e di quali sarebbero i riflessi sulla vita dei cittadini. Infine viene illustrata una proposta originale che prevede interventi graduali nel tempo e compatibili con le differenze di vedute dei diversi paesi dell’eurozona in grado di sfruttare al meglio il ruolo di acceleratore che la finanza esercita sull’economia reale, nella convinzione che in tale relazione, che ha scatenato la crisi, vada cercata la chiave per la sua soluzione.
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Le economie europee sono in una fase di stallo persistente. Il ciclo economico positivo globale che nel 2014-2015 (grazie anche al basso prezzo del petrolio e all’Euro debole) ha tenuto a galla l’unione monetaria volge al termine con il rischio di una recessione alle porte di un’Europa frammentata e indebolita da squilibri strutturali. Rinunciare alla propria moneta senza un bilancio e un debito pubblico europeo fa dell’euro un regime di cambi fissi incompleto. Questa architettura è disfunzionale, come anche la Banca Centrale Europea oramai ammette. Il volume cerca di rendere accessibili al «cittadino medio» questi aspetti attraverso spiegazioni elementari, esempi, grafici e tabelle. Niente congetture; sono i dati a raccontare passato e presente del l’Unione monetaria. Ne esce fuori un ritratto complesso, dove spicca l’incapacità dell’euro-burocrazia di gestire l’integrazione economico-finanziaria, trasmettendo le motivazioni profonde, i principi e i valori che ne hanno ispirato l’istituzione. Il lettore è guidato in un viaggio del pensiero attraverso la gamma delle soluzioni possibili che è fiorita all’ombra della crisi. Il lavoro affronta con chiarezza i temi del «completamento» dell’Euro e della possibilità di un «altro Euro» meno incentrato sul rigore fiscale e sulla cessione di sovranità. Le realtà molteplici della crisi greca, del fallimento dell’austerità, dei problemi del sistema bancario, del debito pubblico e della Brexit stanno mostrando che il tempo guadagnato dalle «soluzioni-tampone» della BCE sta volgendo al termine. Una visione positiva e intellettualmente onesta è però ancora possibile, abbandonando ogni posizione fideistica e adottando un approccio pragmatico e razionale. Il futuro dell’Euro è ancora tutto da scrivere.