• Mondo animale

    12.00 
    In questo libro Angelika Riganatou, scrittrice e, per mestiere, veterinaria on the road, racconta il suo viaggio quotidiano nel mondo (… animale?), a metà tra memoir e reportage. Visita con scrupolo i mattatoi – «un curioso mix di ospedale e fabbrica, se si guardano le tute bianche, le guidovie, le piastrellature fino al soffitto, e, naturalmente, se si escludono dalla vista i laghi di sangue» –, da osservatrice partecipe ma forzosamente fredda vede sfilare le carcasse, fa esami trichinoscopici, ritrae con verosimiglianza i corpulenti macellatori intenti agli squartamenti, così come registra gli «al lupo al lupo!» degli allevatori, fa le autopsie ai vitelli, macinando chilometri con la sua automobile alla ricerca delle fattorie nelle campagne marchigiane; ed è una puntuale lotta con un logorante senso di impotenza. Con un tono sapientemente agrodolce, sempre giocato tra il comico e il grottesco, con una prosa leggera e divertita che riesce a illuminare un universo a molti di noi sconosciuto, l’autrice racconta con rara bravura la bellezza e insieme l’orrore, sotterraneo e selvaggio, dell’esistenza. Dal libro «Non posso dire cosa provasse esattamente – ma chi può dirlo di un altro, quando non lo sa mai neppure di se stesso? Però mi è sembrato plausibile, in quel momento, riconoscere la saldezza di chi osserva l’oggetto del suo amore, e l’incontrastabile consapevolezza che è alla base di tante follie umane: quel ragazzo gli appartiene. È suo, il suo amante, la sua fonte di vita e la meta di tutti i suoi sentimenti, il suo tutto. Gente, ho provato rispetto. Lui non tentenna: quel maiale lo sa, che cos’è questo Amore».
  • I periodici di informazione politica sono stati utilizzati, nella lunga storia del movimento operaio, non solo a fini di propaganda ma anche come mezzo di aggregazione e di organizzazione. Anche «Mondo Nuovo» nasce con questi obiettivi. Fondato nel 1959 come portavoce della Sinistra socialista, nel gennaio 1964 diventa il giornale del Psiup. Cesserà le pubblicazioni nel 1972, in seguito alla sconfitta elettorale del partito alle elezioni politiche e al suo scioglimento. Il volume, attraverso la lettura degli editoriali politici di «Mondo Nuovo», ripercorre dapprima il dibattito e gli avvenimenti che, con la formazione del governo di centro-sinistra, portarono la sinistra del Psi alla costituzione del Psiup nel gennaio del 1964. Attraverso gli editoriali dal 1964 al 1967 viene poi esaminata la definizione del progetto politico del nuovo partito nel quadro più ampio del deludente esito finale del progetto riformista di programmazione economica, propugnato dal Psi, che si conclude nel luglio del 1967 con l’approvazione del «Piano Pieraccini», esaurendosi del tutto alla vigilia del Sessantotto e con l’avvento di una fase che riscontrerà drammaticamente l’incapacità della coalizione di centro-sinistra di governare i processi di trasformazione della società italiana. Arricchiscono il volume le interviste a Vittorio Foa e a Fausto Bertinotti.
  • La ricerca di Christian G. De Vito, compiuta attingendo a un notevole patrimonio umano e documentario di memoria, analizza la relazione fra Comunità dell’Isolotto e mondo operaio come momento emblematico del cambiamento di paradigma relativo al rapporto fra l’ambito operaio e la sfera cattolica: dall’estraneità aspramente contrappositiva alla reciproca positiva contaminazione. In quello storico mutamento essa individua lo snodo fondamentale per la definizione dell’identità della Parrocchia/Comunità dell’Isolotto nell’intero periodo dal 1954 al 2010. Scorrono così in successione nelle pagine del libro i molteplici significati assunti dall’esperienza di comunità: quella missionaria ed ecumenica degli anni Cinquanta, alla quale succedono prima la «Chiesa dei poveri», del periodo conciliare e del Sessantotto, e via via la comunità quartiere degli anni 1969-72, la comunità di base degli anni successivi, fino alla comunità in ricerca di fronte alle trasformazioni indotte dalla globalizzazione e al rapporto con i nuovi movimenti sociali dei giorni nostri. La ricerca di De Vito analizza l’esperienza specifica dell’Isolotto, ma supera intenzionalmente la frattura tra storia religiosa e storia sociale, traendo ispirazione e confrontandosi idealmente con la tradizione degli studi che a livello internazionale hanno indagato la questione del rapporto tra la storia delle classi subalterne e la religiosità popolare.
  • Maurizio Laini: «La CGIL di Monza e Brianza ritiene che con o senza interfaccia istituzionale la dimensione del sistema socio-economico territoriale andrà presidiata e rafforzata. Di sicuro un tratto identificativo del territorio che ha contribuito a fare la storia di Monza e Brianza è la cultura della sua gente, la gerarchia dei suoi valori, detti e praticati, il costume. L’identità del brianzolo è largamente costruita attorno alla propensione per il lavoro; quello manuale, quello che costruisce, quello che trasforma». Luigi Losa: «È calato il sipario sulle Province, anzi sulla Provincia di Monza e Brianza. In maniera ineluttabile, senza alcun sussulto, quasi si trattasse di un soggetto con encefalogramma piatto, ormai senza speranze, al qua-le si aspettava solo di staccare la spina, non si sa nemmeno quanto dolorosamente, posto che ormai tutti se n’erano fatti una ragione». Domenico Guerriero: «Cosa resterà di questa esperienza amministrativa? Cosa ha fatto la Provincia in questi cinque anni in termini di investimenti, opere pubbliche, strategie di lungo termine? È stato un sentiero stretto, molto complicato, si poteva e si doveva osare di più. È mancato il coraggio di guardare oltre l’orizzonte delle convenienze e delle autoreferenzialità». Dario Allevi: «Anche grazie alla Provincia la Brianza delle imprese ha dimostrato di saper resistere ed innovare, la Brianza dei lavoratori di reinventarsi il futuro, la Brianza della scuola di riprogrammare l’offerta formativa in base alle necessità del mercato, la Brianza della cultura di crescere vivace nonostante i tanti tagli, la Brianza della mobilità di lavorare insieme sul tema delicato delle infrastrutture, la Brianza della solidarietà di confermarsi campionessa del volontariato e tanto, tanto altro ancora». Gli autori sono politici, amministratori, sindacalisti e giornalisti.
  • «Volevo scrivere un libro sugli ultimi, su quelli che sono diventati gli ultimi con questa crisi e non ce la fanno più; oppure vanno avanti, inventandosi strategie di sopravvivenza. Volevo osservare, raccontare, non dare risposte, parlare di condizioni concrete, di donne e uomini concreti, provare a individuare alcune suggestioni. Volevo fare una denuncia delle classi dirigenti e di questa politica che non si occupa delle persone. Lo so, è qualcosa che mi riguarda, molto. È stata la mia personale strategia per resistere, fino a qui». Con queste parole, l’autrice introduce un punto di vista differente sulla crisi economica, quello delle persone che ne sono colpite, denunciando le politiche di rigore dell’Unione Europea che strangolano le economie dei paesi e peggiorano le condizioni di vita dei cittadini, minandone la salute psico-fisica. L’indagine sulla percezione soggettiva della crisi, proposta attraverso la tecnica del focus group, è applicata alle situazioni italiana e spagnola/catalana, permettendone una lettura comparata, da cui emergono similitudini, peculiarità e differenze di comportamento rispetto a politiche che producono sofferenza e umiliazione nelle popolazioni, incontrando rabbia nelle piazze e disperazione nell’isolamento. Fino al suicidio, come risposta individuale che si fa collettiva e riempie di sé la cronaca degli ultimi anni. Mentre si strutturano strategie singole e di gruppo messe in atto dalle persone per resistere.
  • Questo articolo focalizza l’attenzione sui divari territoriali nel sistema di welfare italiano alla luce degli incastri istituzionali che collegano il mercato del lavoro, l’offerta di prestazioni sociali e le funzioni economiche della spesa sociale. L’analisi condotta offre un panorama di situazioni altamente diversificate a livello nazionale, tra un gruppo di regioni (Centro-Nord) in cui i sistemi di welfare orientati supportano il mercato del lavoro e lo sviluppo di servizi orientati all’Investimento sociale (Is) e le regioni del Mezzogiorno, in cui emerge una persistente dipendenza dai trasferimenti nazionali e l’offerta di servizi più debole e limitata. In questo contesto, emerge una variabilità nella capacità dei contesti locali di implementare istituzioni efficaci che si traducano in maggiori opportunità di crescita per le persone e per i territori. Riguardo alla spesa compensativa, se da un lato non svolge funzione attivante od orientata alla qualificazione dell’offerta di lavoro e dei sistemi produttivi territoriali, dall’al-tro contribuisce a sostenere i redditi di chi o è ai margini del mercato del lavoro o in condi-zione di forte dipendenza dai trasferimenti per garantirsi una qualche forma di integrazione nella società. Queste tendenze acuiscono le fratture interne ai sistemi di welfare regionali italiani, tra aree del paese che si sentono minacciate dai tagli alle politiche redistributive e all’assistenza, ma che rappresentano una componente fondamentale ai fini della tenuta della domanda interna, oltre che per fronteggiare i maggiori rischi associati alla endemica bassa crescita, e aree più forti che beneficiano delle strategie di ricalibratura.
  • Negli ultimi anni il tema della tutela ambientale è stato al centro nel dibattito politico nazionale e internazionale. Vi sono oggi regolamentazioni precise per fronteggiare i cambiamenti climatici, in un’ottica di trasformazione dei sistemi di produzione dell’energia, di salvaguardia del territorio e di sensibilizzazione della popolazione. Ed è in questo contesto che si osserva lo sviluppo di movimenti impegnati nella cura e protezione dell’ambiente: a livello locale, si tratta di associazioni e di comitati di quartiere sempre più attivi e sensibili a questa tematica. Un fenomeno interessante, perché si inserisce in un clima sociale e politico del tutto particolare, tra una società sempre più «individualizzata» (Bauman, 2001) e un sistema politico incapace di ridurre la distanza tra cittadini e istituzioni. Di qui l’emergere di un rinnovato senso comunitario, che cerca di opporsi al logoramento dei legami sociali attraverso nuove forme di impegno dei cittadini. Questo articolo si propone descrivere queste nuove forme di partecipazione orientate alla cura e alla protezione dell’ambiente; lo scopo è quello di riflettere sul loro modus operandi, di far emergere la loro capacità di promuovere la coesione sociale, nonché di ridisegnare il rapporto tra istituzioni e cittadini, compensando le carenze dell’intervento pubblico con la creazione di nuovi legami e reti di cooperazione a livello locale.
  • Le forme di azione collettiva si modificano con il mutamento della società. Così, nel terzo decennio del XXI secolo, i movimenti sociali urbani e le azioni dirette presentano caratteristiche tanto peculiari quanto ambigue: frammentazione, depoliticizzazione, ricerca del consenso più che di conflitto, professionalizzazione della partecipazione. Il presente contributo, seguendo un’ipotesi originale di costruzione tipologica fondata sul doppio binomio «consenso-conflitto» e «società-comunità», offre una prospettiva di analisi di alcune, recenti, esperienze di azione diretta, mettendone in luce proprio la loro «natura ibrida».
  • Nel corso dell’ultimo decennio si è imposto all’attenzione mediatica mondiale un movimento di opposizione alla globalizzazione neoliberista determinato a mettere in discussione il dominio delle elite politiche, finanziarie e culturali vigenti proponendo, attraverso un insieme d’iniziative differenziate a livello locale quanto globale, un modello alternativo di globalizzazione, nella convinzione che «un mondo diverso è possibile». ...
  • Simona Baldanzi, nata in una famiglia di lavoratori del tessile, scrive un libro che è un percorso di studio e di ricerca che la porterà nel cuore della «condizione operaia» del Mugello, nei cantieri dell’Alta velocità prima, della Variante di valico poi. Sono le grandi opere che si snodano tra la Toscana e l’Emilia Romagna, in un territorio tra i più strategici e critici del Paese, in cui la maggior parte della tratta ferroviaria e autostradale è fatta di gallerie. Passa mesi nei campi base, laddove vivono i trasfertisti, a raccogliere dati, voci, volti, storie, polvere, solitudine; e ascolta i dialetti, soprattutto del Sud, traduce gli sradicamenti, studia il lavoro di questi nuovi minatori moderni, le squadre, la struttura dei campi base, il tempo libero. «Mentre prendevo coscienza che il mio territorio era danneggiato irrimediabilmente, decisi che la tesi l’avrei fatta sui lavoratori. Nelle gallerie rimanevano invisibili proprio come le falde e, forse, proprio perché nessuno li prendeva in considerazione, erano a rischio anche loro», racconterà in un passo. Oggi quella ricerca è questo libro esemplare, che ha il pregio di raccontarci un mondo sommerso di grande forza espressiva, riconnettendosi idealmente con due antenati scrittori, Luciano Bianciardi e Carlo Cassola, autori di un classico, I minatori della Maremma, fatto anche quello di città sotterranee, infortuni e morti, come una maledizione che si ripete. Perché, come scrisse George Orwell, «più di ogni altro, forse, il minatore può rappresentare il prototipo del lavoratore manuale (…) perché è così virtualmente necessario e insieme così lontano dalla nostra esperienza, così invisibile, per modo di dire, che siamo capaci di dimenticarlo come dimentichiamo il sangue che ci scorre nelle vene».
  • Napoli bene

    10.00 
    Dopo anni di intensa attività, un anziano professore inglese di Scienza politica va in pensione, costringendo il suo assistente universitario al precariato. Appena prima di partire per l’Inghilterra, il maestro decide di lasciare al suo discepolo un divano bianco. Il giovane comincia così un viaggio nei salotti della Napoli bene, in cerca di una degna sistemazione per l’oggetto ereditato. La ricerca diventa l’occasione per rileggere alcuni capitoli della storia sociale e politica napoletana: da Lauro a Gava, agli «opachi anni ottanta», per finire con il disincanto della Iervolino e il disastro dei rifiuti. Se Saviano ci ha accompagnato nel ventre delle periferie degradate e del sistema della camorra, Iaccarino ci racconta un’altra Napoli, quella istituzionale, quella del potere politico. Scrutando nelle maglie più nascoste della città, il libro - che si sviluppa in modo ibrido tra narrativa, finzione e dettagliato reportage sociale, una sorta di memoir di formazione intellettuale - illustra i motivi di complicità che legano la società civile all’illegalità, riflettendo sulle debolezze politiche e sulle possibili vie per risollevare le sorti della città. «La politica campana, rinchiudendosi nel salotto, aveva finito per sottovalutare la portata reale dei problemi. I cittadini avvertivano la crescente distanza, come se il personale politico avesse smesso di calpestare i suoli della città. [...] Le politiche pubbliche nell’era dei rifiuti sembravano soffrire della "sindrome del sassolino". Tutte le volte che provavamo a scrivere dei processi decisionali nella nostra regione, menzionando il nome del governatore campano, il computer lo correggeva automaticamente con "sassolino". Come se, dinanzi alla tragedia della spazzatura, ogni altra decisione, persino la più valida, si dovesse tramutare in un sassolino caduto nello stagno.»
  • Il volume ricostruisce la storia dei principali momenti di crisi che hanno percorso l’Italia meridionale lungo tutto l’Ottocento, il secolo degli Stati-nazione. Procedendo dall'analisi dello spazio politico tra élites e gruppi sociali subalterni, l’obiettivo è di inserirsi in nuovi sentieri di ricerca riguardanti le idee politiche e i sistemi di potere nel sud d’Italia, prima e dopo l’Unità. Le vicende della formazione dello Stato unitario si intrecciano con una rilettura dei Quaderni del carcere di Antonio Gramsci, messa in tensione con le ridefinizioni dei concetti di nazione e identità elaborate dagli studi postcoloniali. Con questi strumenti di indagine è possibile rintracciare il ruolo chiave assunto da quei soggetti troppo spesso rimasti ai margini di letture storiche parziali e incentrate sull'egemonia dei gruppi dominanti. A emergere nelle vicende del Mezzogiorno sono allora le tracce della storia degli esclusi dalle grandi narrazioni, nelle quali si ritrovano gli echi non più sopiti di una nuova coscienza politica.