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La crisi dei mercati internazionali esplosa negli USA nell’ottobre del 2008, con la recessione di portata mondiale che quella crisi ha innestato, impone di impostare con urgenza le politiche economiche necessarie per impedire che le economie italiana, europea e mondiale si avvitino in una spirale recessivo-deflattiva. Il volume esamina pertanto le conseguenze e le prospettive della crisi e cerca di fornire proposte utili per difendere le condizioni di vita e di lavoro delle fasce più deboli, dei lavoratori che rischiano di perdere il posto di lavoro, dei precari senza protezioni sociali, salvaguardando i redditi più bassi sia da lavoro che da pensione. Dal Rapporto emerge come proprio l’aumento delle diseguaglianze di reddito rappresenti la ragione di fondo dell’esplosione della crisi finanziaria che scuote il mondo: si è tentato infatti di surrogare la caduta della domanda determinata dalla caduta dei redditi reali del mondo del lavoro, con una crescita della domanda fondata sul debito privato nel caso del modello USA, e di quello pubblico nel caso italiano. Con la crisi del 2008 si chiude rovinosamente la lunga egemonia delle politiche neoliberiste e di deregulation, inaugurate dall’era Reagan e Thatcher e portate avanti dai governi della destra negli USA e in Europa. Si è così aperta oggettivamente nella storia del mondo una fase in cui dovranno essere costruiti nuovi paradigmi e regole dello sviluppo economico e sociale tanto nei singoli paesi che a livello globale.
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L’obiettivo del volume, che coniuga lo stile diretto di un pamphlet con le riflessioni analitiche di studiosi dei media e dei processi politici, è mettere a fuoco le ragioni che hanno contribuito alla sconfitta delle sinistre, offrendo stimoli utili per rivedere le categorie con le quali le scienze sociali hanno tradizionalmente interpretato la società italiana e che oggi si rivelano inefficaci nel comprendere il mutamento in atto. Le ultime elezioni sono ricostruite criticamente attraverso alcuni snodi problematici: le ipotesi strategiche adottate dai soggetti politici che non hanno retto alla prova dei fatti; le scelte comunicative all’insegna del buonismo e del bon ton; la costruzione mediatica di un senso generalizzato di insicurezza. Gli autori esplorano poi le convinzioni, i giudizi, i consumi culturali degli elettori «indecisi», in particolare di sinistra, e cercano di rispondere a domande cruciali: quante Italie emergono dal voto? Quali contrapposizioni si cementano e quali si annullano? Che peso ha avuto il radicamento sul territorio? E quali scenari si aprono sul futuro, per recuperare il terreno perduto?
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«"Spezza il tuo bisogno e la tua paura di essere schiavo, il pane è libertà, la libertà è pane". Già Luciano Lama indicava nei versi di Albert R. Parsons, dirigente di primo piano del sindacalismo statunitense, "la definizione più pura e più universale del significato del Primo Maggio". In effetti, le parole proclamate da uno dei "martiri di Chicago", di fronte ad un tribunale che lo condannava all’impiccagione per essere stato a capo del movimento per le otto ore, racchiudono il senso che ancora oggi, a centoventitré anni di distanza da quel drammatico 1° maggio 1886, comunemente attribuiamo alla Festa internazionale del lavoro: una celebrazione che per oltre un secolo, da quando venne istituita nel 1889, ha ribadito i valori della pace, della fratellanza e della solidarietà internazionale, del progresso sociale ed economico, della lotta per l’emancipazione e contro lo sfruttamento dei lavoratori, che rappresentano il patrimonio culturale e civile del movimento operaio… «Dobbiamo ancora una volta essere grati a Francesco Renda per avere messo a disposizione di tutti noi la sua competenza scientifica e la sua sensibilità umana, con l’obiettivo di ricostruire in modo rigoroso e puntuale le vicende storiche sviluppatesi intorno alla Festa del lavoro, dalle origini ad oggi... il cammino è stato, è e sarà tortuoso, difficile, irto di ostacoli; le conquiste, una volta ottenute, vanno difese con la forza, con la lotta, con il diritto… «...occorre agire in modo ancora più deciso che in passato per rilanciare il 1° maggio quale simbolo del valore sociale del lavoro, di quel lavoro che oltre sessant’anni fa i costituenti vollero mettere a fondamento della Repubblica democratica"». (Dalla prefazione di Guglielmo Epifani)
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Duecentoquarantanove archivi audiovisivi censiti, con relativi recapiti e contatti, e con informazioni sul patrimonio, i criteri di catalogazione, le condizioni di accesso, i diritti e gli argomenti principali inerenti al materiale conservato. Una mappa completa dell’intero sistema e delle sue specializzazioni settoriali e tematiche. Completano questo prezioso strumento tre saggi sull’esperienza e le prospettive del sistema degli archivi audiovisivi italiani.
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Il volume illustra i risultati della ricerca svolta da Cgil Toscana e Fondazione Devoto sul clima lavorativo percepito dai dipendenti di alcune aziende distribuite nel territorio della Toscana. A partire da una descrizione del mobbing come evidenziato nella letteratura scientifica, il fenomeno viene analizzato dalla ricerca in un’ottica di prevenzione e promozione della salute nei contesti lavorativi, e affrontato nei suoi aspetti legali e giuridici. La somministrazione anonima dei questionari ha consentito una raccolta sistematica delle variabili che caratterizzano il mondo del lavoro. Nelle conclusioni si discute se quanto emerso dalla ricerca possa essere considerato mobbing, secondo le definizioni non sempre univoche presenti in letteratura. La valorizzazione delle risorse e delle potenzialità del lavoratore viene indicata infine come una delle strategie di intervento possibili per far fronte al problema.
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Il lavoro minorile, se non adeguatamente contrastato, è un fenomeno destinato a crescere anche nel nostro paese. Questioni di natura economica (il bisogno) si intrecciano a situazioni di degrado culturale: l’aumento del livello di povertà in molte zone d’Italia, che comporta l’esplosione di un’offerta di lavoro precoce rivolto al sostegno materiale delle famiglie più deboli; le regolarizzazioni degli immigrati extracomunitari, che, così come normate dalla Bossi-Fini, non garantiscono il riconoscimento di cittadinanza all’intera famiglia del lavoratore immigrato, presupposto essenziale di tutela del figlio minore; l’aumento dell’abbandono scolastico, destinato a incrementare l’attività lavorativa di bambini e adolescenti. Il volume fornisce un’analisi mirata delle varie tipologie di lavoro minorile in tre aree metropolitane: Milano, Roma e Napoli. A Milano l’indagine si è incentrata sulla relazione tra lavoro precoce e dispersione scolastica individuando i ragazzini e le ragazzine che, fino alla scuola dell’obbligo, lavorano e vanno a scuola, per poi abbandonare il percorso formativo superiore, rischiando di restare incastrati in circuiti di esclusione sociale. A Roma si è studiato il lavoro precoce tra i minori immigrati: le storie di bambine e bambini cinesi o provenienti dall’Europa dell’Est hanno permesso di indagare le esperienze di lavoro minorile in diverse culture etniche. A Napoli, infine, l’analisi si è concentrata sul lavoro dei minori in relazione alle situazioni di povertà familiare e territoriale. I risultati qui presentati configurano un importante approfondimento delle diverse culture territoriali che determinano condizioni favorevoli allo sviluppo del lavoro minorile, portatrici talvolta di destini difficilmente reversibili.
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Il volume espone i risultati di una grande inchiesta sui cambiamenti del lavoro, sicuramente la più rilevante per dimensioni realizzata negli ultimi anni con i suoi circa 23 mila questionari raccolti. La ricerca, promossa dai Democratici di sinistra e da l’Unità, è stata condotta da un gruppo di studiosi ed esperti, e ha indagato gli atteggiamenti, le opinioni e le aspettative di un ampio spaccato di lavoratori italiani, molti dei quali hanno risposto al questionario on line. I risultati che qui vengono presentati forniscono dati di grande interesse e stimolano ulteriori riflessioni: i lavoratori coinvolti si dicono in media soddisfatti del loro lavoro, ma si sentono più insicuri rispetto al passato; il lavoro migliora nei contenuti e nella qualità, anche se non in modo omogeneo in tutti i comparti produttivi; nello stesso tempo crescono ansie diffuse e insicurezze verso il futuro che riguardano tanto la stabilità del posto di lavoro quanto la stabilità sociale del lavoro stesso e il suo spazio nella società italiana. Ne emerge un ritratto vario e mosso, che vede in transizione il mondo del lavoro, caratterizzato da evoluzioni positive, come quelle della maggiore scolarità e formazione, ma anche da nuovi disagi e dalla persistenza di una irrisolta questione alariale. Un mondo del lavoro - o piuttosto dei «lavori» plurali - analizzato con le sue ansie e le sue speranze, che sul piano politico si indirizzano prevalentemente verso le prospettive di successo del centro-sinistra. In sintesi la ricerca costituisce un vero e proprio censimento dei problemi e delle domande che vengono dai lavoratori e che chiamano in gioco il ruolo e l’azione dei soggetti di rappresentanza sociale e politica.
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I millenni trascorsi non sono stati sufficienti ad affrancare l’uomo dalla schiavitù. Essa assume ancora forme camaleontiche tali da nascondersi persino tra le pieghe del diritto e dei principi di libertà e solidarietà su cui poggiano le proprie basi le moderne democrazie. Il filo conduttore dell’argomento affrontato nel volume ruota attorno al concetto di massimo utilizzo di oggetti, di animali, di piante e di esseri umani fin da quando ne viene percepita l’utilità da parte dei possessori a qualsiasi titolo. Sparita la percezione di utilità, con vari sistemi si pone in essere un’attività finalizzata all’unico obiettivo di disfarsi dell’inutile. Sia esso oggetto, pianta, animale od essere umano, schiavo per l'occasione nella migliore delle ipotesi. L’autore non ha la presunzione di proporre soluzioni universali. Si limita ad un invito a riflettere e ad acquisire consapevolezza circa i pericoli che corre l'umanità se si continuano ad esasperare le tendenze al dominio di pochi su tanti.
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Il lavoro ben organizzato, oltre a produrre reddito, diventa una componente importante del welfare, in quanto assicura benessere ai singoli, donne e uomini, dando stabilità ai legami sociali e fiducia nel futuro. La guida propone alcune linee di intervento che attengono al welfare, ponendosi dal lato delle imprese e guardando soprattutto agli attori impegnati a creare benessere organizzativo. L’esperimento consiste nell’adottare un’ottica di genere per aprirsi a una visione sociale del lavoro, a vantaggio di donne e uomini. Dopo aver mostrato come la produzione di benessere all’interno delle organizzazioni trovi rispondenza nel contesto locale, si offrono chiavi di lettura per scoprire i tratti maschili, falsamente neutri, della cultura organizzativa, portando esempi di interventi nel settore pubblico e privato nei quali risalta il ruolo attivo delle donne, dirigenti e amministratrici di enti locali. L’attenzione si sposta poi sulla qualità del territorio, passando dai miglioramenti nelle aziende a quelli per la vivibilità fuori dal lavoro. La guida suggerisce come collocare le iniziative per rendere «gradevole» il lavoro nel contesto unitario del territorio; una sorta di «piano dei piani» per lavorare con piacere.
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La deportazione degli operai di Sesto San Giovanni all’indomani degli scioperi del marzo 1944 fu solo una delle azioni di reclutamento coatto di lavoratori italiani dopo il fallimento della politica di trasferimento volontario del Terzo Reich. Erano operai e quadri sindacali impiegati in produzioni ritenute strategiche per l’economia di guerra tedesca che andavano a sostituire i prigionieri russi decimati nei mesi precedenti e oppositori politici attivi nella resistenza operaia e nella lotta contro il nazismo e il fascismo. Con la complicità della proprietà delle fabbriche, la repressione repubblichina e azista determinò un flusso di deportati di migliaia di operai delle aree industriali e di contadini e braccianti. Il volume ricostruisce, nel quadro della tradizione antifascista dell’industria milanese, la resistenza in fabbrica sotto l’occupazione nazista e lo sciopero generale del 1° marzo 1944, per esaminare poi gli scioperi a Sesto San Giovanni, le retate dei lavoratori e le deportazioni dalle sue fabbriche. Completano l’opera un’analisi approfondita delle cifre della repressione dello sciopero operaio e della deportazione nella zona di Sesto, una ricca bibliografia ragionata sulla deportazione operaia e la testimonianza dell’operaio Enrico Longari, ex deportato della Breda.
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«Le forze del progresso nel mondo riescono ad avanzare soltanto se fanno sognare con l’utopia di un mondo migliore e se contemporaneamente tracciano una via che progressivamente possa essere seguita»: così Jacques Delors sintetizza la sfida posta da una globalizzazione senza regole, frutto avvelenato dell’ideologia neoliberale e dell’iniqua distribuzione dei poteri e della ricchezza. Con lui importanti personalità del mondo politico, sindacale, religioso e della società civile, italiane e di altri paesi, cercano una risposta alla minaccia rappresentata oggi dal fondamentalismo di mercato, dalla guerra e dal terrorismo, di fronte alla quale il sistema delle istituzioni multilaterali e sovranazionali si manifesta inadeguato. Solo un’alleanza di differenti culture, di forze e di volontà diffuse e diverse, potrebbe proporre un’alternativa sostenibile di sviluppo economico e sociale in grado di dare sostanza sul piano globale alla democrazia. Per il movimento sindacale in particolare gli obiettivi di una piena occupazione di qualità e dei diritti delle persone che lavorano sono il paradigma della qualità del vivere e dello sviluppo, nel quadro di una strategia globale volta a unificare gli interessi dei lavoratori del Nord e del Sud del mondo e a intrecciare la lotta per l’uguaglianza e l’equità sociale con la promozione della democrazia e della pace. Contributi di: Agnoletto, Alhadeff, Bellini, Benetollo, Borosage, Boshielo, Bovero, Bronzini, Cedrone, Cima, Dastoli, De Leeuw, de Zulueta, Delors, Di Salvo, Epifani, Fouad Allam, Gabaglio, Garcia, Guterres, Khouri, Kuhlmann, Marazziti, Migliore, Migone, Monks, Napolitano, Papisca, Pennacchi, Picco, Pistelli, Pontecorvo, Ryder, Sereni, Sternshuss, Trentin, Vaccari, Venier.
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La Cgil è in una fase di passaggio delicata, che impone una verifica della sua capacità di rappresentanza sociale, connessa a condizioni di vita e di lavoro diverse dal passato. I cambiamenti in essere nel lavoro e nella società civile mettono a dura prova la tutela collettiva, l'assetto sociale, l'azione sindacale, il primato della regolazione negoziale In questo quadro il Sindacato si trova a dover far fronte a mutamenti rapidi, profondi e incessanti. Da ciò una ricerca promossa dalla Direzione generale e dal Dipartimento di organizzazione della Cgil, realizzata dall'Istituto Superiore per la Formazione (ISF), in preparazione al XIV congresso nazionale della Confederazione (Rimini, 6 - 9 febbraio 2002). L'indagine, condotta sulla base di un questionario strutturato a cui hanno risposto circa 22.000 persone, ha privilegiato quali destinatari della rilevazione i delegati ai Congressi della Camere del lavoro e si è proposta di conoscere valutazioni e giudizi su come, in sede sindacale, si ritiene possano essere affrontate trasformazioni di diversa natura, anche al fine di allargare la rappresentanza, elaborare una strategia condivisa, costruire un'organizzazione coerente, progettare una qualificazione efficace di delegati, quadri e dirigenti.