• La riforma Fornero non è stata né equa né sostenibile. Non è stata equa perché ha fatto pagare ai lavoratori a basso reddito un prezzo spropositato tra prolungamento della permanenza al lavoro e prelievo contributivo: i lavoratori, quelli manuali ma non solo, non ce la faranno a lavorare fino a un’età così avanzata e le aziende preferiranno liberarsene. Si prospetta un futuro terribile per milioni di lavoratori: ben altro che gli esodati! D’altra parte ha lasciato sacche di privilegio e ha persino migliorato i requisiti per l’accesso alla pensione dei lavoratori della fascia più alta di reddito. Dunque a pagare sono soprattutto le donne, gli operai, i parasubordinati, i precari e i lavoratori stranieri. E non è sostenibile perché non ha messo in sicurezza i conti dell’INPS non avendo risanato i fondi in passivo cronico e avendo scaricato sull’INPS il debito accumulato dalla gestione pubblica, non per colpa dei dipendenti ma delle amministrazioni, a cominciare dallo Stato, che per decenni non hanno versato i contributi. Infine non è stata neanche una riforma «europea»: la previdenza e l’assistenza in Germania sono gestite molto diversamente, in particolare per gli stati di bisogno, di cura, di maternità e di disoccupazione. Occorre quindi riformare profondamente il sistema tenendo conto dei mutamenti demografici, della nuova famiglia e delle caratteristiche del mercato del lavoro. La solidarietà, anche alla luce dei profondi mutamenti avvenuti nelle famiglie, non potrà che essere pubblica, pena l’insostenibile abbandono degli anziani a se stessi. L’Europa ci mostra esempi, a cominciare dalla Germania, per ripensare un welfare equo e sostenibile.
  • Nell’Unione europea, ogni anno, circa un milione e duecentomila persone muoiono di cancro. Si stima che tra 65.000 e 100.000 di queste morti siano direttamente causate dalle condizioni di lavoro, mentre molti altri tumori sono dovuti all’inquinamento ambientale provocato dalle attività delle imprese.Non si tratta di fatalità. Sono morti che possono essere evitate.Salvo in pochi casi, come la condanna e poi l’annullamento del processo all’ex proprietario dell’Eternit, per la produzione di cemento-amianto, i tumori professionali non vanno in prima pagina. Certo, il loro corteo di sofferenze, di angoscia e di vite spezzate, colpisce principalmente gli operai e i lavoratori più precari, in moltissimi settori in cui sono usate sostanze cancerogene: dalle costruzioni, all’industria manifatturiera e ai servizi, alle pulizie. Si tratta di una delle più grandi ingiustizie sociali della nostra epoca, da combattere come qualsiasi altra ineguaglianza. L’azione sindacale è la leva di una lotta efficace contro i tumori legati al lavoro, ma si rivela difficile perché si scontra con potenti interessi. Questa pubblicazione vuole contribuire al dibattito pubblico e fornire strumenti di analisi e d’intervento per aiutare i lavoratori e le loro organizzazioni a far indietreggiare il flagello dei tumori occupazionali.
  • È in corso un’ampia riflessione giuridica sulle norme penali volte a punire la violazione del diritto delle donne di vivere libere dalla violenza, ma essa rimane ancora distante dai luoghi di riproduzione dei rapporti tra i sessi e, forse ancor di più, dalle donne che tentano di destrutturarli nelle loro singole vite. Questo libro prova ad accorciare tale distanza domandandosi, attraverso la narrazione dei casi concreti decisi dalle autorità giudiziarie nazionali e internazionali, se e in che misura il diritto possa rappresentare un possibile strumento di trasformazione della vita delle donne. In particolare, indaga gli effetti dell’irruzione delle donne quale «soggetto imprevisto» dell’ordinamento giuridico e illustra come esse, sia in quanto persone offese dal reato sia in quanto giuriste, contribuiscano alla ricostruzione di pezzi di realtà e di conseguenza del discorso giuridico, sottraendo terreno agli stereotipi sessisti e impedendo che la reazione degli uomini e dell’ordinamento possa contrastare la loro libertà e autonomia.
  • Basato su una vasta documentazione sulla portata e le caratteristiche delle attuali migrazioni internazionali, il libro affronta in maniera originale una tematica spinosa: il diritto di migrare. Cioè non solo il diritto di uscire dal proprio paese ma anche il diritto di avere un rifugio o semplicemente di cercarsi una collocazione (un lavoro, una nuova vita) in un paese diverso. Da tempo ormai nelle moderne democrazie il diritto di emigrare è in generale riconosciuto. E di questo diritto i paesi del Nord del mondo si fanno anche paladini, denunciandone l’assenza nei regimi autoritari e totalitari. Ma i governi di questi paesi sono ben lungi dal riconoscere effettive possibilità di ingresso nel loro territorio per chi proviene invece dai paesi poveri, da quelli a elevata pressione migratoria. Questa contraddizione e le possibili vie di uscita sono oggetto dell’analisi della de Wenden.
  • La terziarizzazione del sistema produttivo e la continua destrutturazione del welfare pubblico hanno indubbiamente trasformato il mercato del lavoro italiano, incrementando la domanda di lavoro nell’amplissimo bacino dei servizi. In particolare il nostro paese ha seguito una strada che ha portato alla concentrazione della domanda di lavoro in quello che viene comunemente definito come il terziario povero o arretrato. Lavori e mestieri umili, con poca prospettiva di crescita e spesso sottopagati, ma decisivi per la tenuta del nostro sistema di produzione così come del nostro modello di welfare. La FILCAMS, da sempre, rappresenta soprattutto questa parte del mondo del lavoro. I lavoratori che aderiscono a questa sigla operano nel commercio, nella ristorazione, nel settore alberghiero, nelle multiservizi industriali, ma anche nel lavoro domestico e di cura. La presenza dei lavoratori immigrati, ormai diventata strutturale, ha coperto una parte significativa di questa domanda di manodopera ed è coinvolta soprattutto nei lavori e nelle posizioni meno appetibili per la componente autoctona. Il volume, che intende fornire un utile strumento di analisi e approfondimento non solo alla FILCAMS ma a tutti gli operatori dei settori coinvolti, raccoglie nella prima sezione un’analisi statistica sulle caratteristiche della componente immigrata nell’articolato e complesso quadro del comparto; la seconda sezione riporta i risultati emersi da un’indagine ad hoc realizzata dall’Associazione Bruno Trentin sui lavoratori migranti occupati nei McDonald’s di Milano.
  • Debito e colpa

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    «Austerità» è stata la parola d’ordine che ha prevalso nelle politiche economiche europee degli ultimi anni guidate dal «modello tedesco», promotore di una visione «colpevolizzante» dei paesi indebitati. Ma cos'è il debito? Uno strumento della governance globale. Il debito generalizzato non è altro che la manifestazione di una forma di potere capillare, non solo coercitivo e repressivo, fondato su un sistema di esclusione in cui Stato e mercato sono coimplicati. «L’indebitamento non è semplicemente una condizione da emendare. È uno stato che viene continuamente riprodotto e alimentato perché è ciò su cui è possibile investire unicamente oggi. Un debito infinito che proviene da forme ossessive di consumo». La questione del debito è sempre più di scottante attualità. Elettra Stimilli intende mettere a nudo i nodi teorici contenuti nella relazione semantica tra “debito” e “colpa”, attraverso un confronto con i più recenti studi sul debito. Seguendo la scia di ricerche già note – come quella classica di Max Weber o quella più recente di Michel Foucault – e ritornando sulle profetiche parole di un frammento di Walter Benjamin sul capitalismo come «culto indebitante», questo lavoro intende collocare il problema del debito in un contesto più articolato rispetto a quello strettamente tecnico della scienza economica, nel tentativo di condurre un’indagine in cui l’economia riacquisti il respiro più ampio che le spetta. Le forme di consumo illimitato basate sull’indebitamento privato sono diventate per lungo tempo il motore principale dell’economia americana, e non solo. Dal 2009, quando la crisi aveva ormai chiaramente coinvolto l’economia globale, si è poi assistito a una progressiva e gigantesca trasformazione: i problemi inizialmente legati a un inedito aumento del debito privato hanno coinvolto il debito pubblico di molti paesi economicamente avanzati. Fino ad arrivare ai debiti sovrani, l’ultimo stadio della “militarizzazione del capitalismo”. Se una forma di indebitamento planetario risulta alla base degli ingranaggi dell’economia mondiale, vale allora la pena chiedersi che cosa è in gioco in essa e perché la figura centrale che emerge ai nostri giorni è diventata quella del debito come colpa. Secondo l’autrice il paradigma del debito non è altro che un sistema in cui le soggettività vengono totalmente coinvolte: un dispositivo attraverso cui si esercita il potere neoliberista. La finanziarizzazione della vita quotidiana, ovvero la “democratizzazione” del credito, ha prodotto uno stato di indebitamento generalizzato che non è altro che il segno più evidente della violenza perpetrata da un sistema di potere e di esclusione. Ognuno è diventato “imprenditore di sé”, sia come lavoratore - o “risorsa umana” - sia come consumatore, diventando, così, debitore all’interno di un sistema che alimenta il potere assoluto del mercato. Il capitalismo è un culto che non consente espiazione, bensì produce colpa e debito (WALTER BENJAMIN 1921)
  • I tempi ci hanno abituati a valutazioni politiche, sociali e giuridiche sul riconoscimento della coppia di persone dello stesso sesso, sul matrimonio egualitario, sulle unioni registrate, sui PACS, sulle civil partnership, ecc., ma non abbastanza si sa e si discute sulla condizione di figli e figlie delle rainbow family, mentre il benessere del bambino è centrale nel diritto internazionale, costituzionale e privato ed è proprio il principio della salvaguardia del minore ad avere forza dirompente a sostegno di queste nuove famiglie. Il volume – che può essere considerato un testo pilota per giuristi – analizza la dimensione giuridica delle famiglie omoparentali all’interno della UE e le difficoltà che queste incontrano nello spostarsi da uno Stato all’altro, dato che il riconoscimento di status familiare, l’accesso alle tecniche di fecondazione assistita, l’adozione e la tutela giuridica di figli e figlie variano in maniera rilevante all’interno dell’Unione. Esso propone quindi un’analisi delle fonti del diritto discriminatorio nella UE e degli strumenti di soft law, dei principi di Yogyakarta, della sicurezza sociale e della tutela del lavoro nei vari Stati, delle nuove policy aziendali, soffermandosi sul ruolo delle organizzazioni sindacali nazionali ed europee con i diversi livelli di contrattazione. Alla stesura del libro, che si apre con le testimonianze delle più importanti associazioni di interesse nel nostro Paese e in Europa, hanno collaborato, tutti senza compenso, giuristi del lavoro, accademici, esperti di previdenza e responsabili di importanti settori della CGIL, che ringraziamo.
  • Massimo Paci, professore emerito di Sociologia economica alla Sapienza, già presidente dell’Inps, autore di studi pionieristici nell'ambito della sociologia del mercato del lavoro, si racconta in questo libro e, raccontando di sé e della sua esperienza fuori dall’università, ci restituisce un ritratto della politica e dell’amministrazione pubblica italiana, per poi aprirsi a uno sguardo più intimo sul mondo che ci circonda. Si raccontano qui tre stagioni della vita del protagonista: le prime due (L’autunno della politica e L’inverno della burocrazia) costituiscono nel loro insieme un «Diario pubblico» mentre la terza (L’estate interiore) è propriamente un «Diario privato». I fatti narrati nel «Diario pubblico» si situano tra gli ultimi mesi del governo Prodi e i primi di quello Berlusconi, quando si consuma il tentativo di governo del paese da parte della sinistra. Il protagonista, muovendosi su questo sfondo, incrocia eventi e personaggi significativi, ma resta per sua scelta ai margini delle vicende narrate: è attratto dalla politica, alla quale non vuole rinunciare, ma nel contempo se ne ritrae perché teme di restarne deluso. Anche quando si risolve ad assumere una carica ufficiale alla guida di un grande ente pubblico nazionale, pur vivendo questa esperienza fino in fondo, con i suoi successi e suoi fallimenti, mantiene finché può verso di essa un atteggiamento interiore di distacco. Le vicende narrate nel «Diario privato», invece, si svolgono ai tempi nostri, quando il protagonista raggiunge quella pace con se stesso che gli era a lungo mancata e che accompagna adesso la sua incipiente vecchiaia. Le sue ansie e le sue incertezze infine si placano ed egli scopre dentro di sé, aiutato da una serie di messaggi inattesi provenienti «da altrove», che esistono nuove e importanti vie alla conoscenza del mondo intorno a noi. «Più tardi, in treno, sulla via del ritorno, ripensò a quelle parole e si chiese se la via dell’università l’avesse veramente “salvato” o non l’avesse cacciato invece proprio in quel ruolo ambivalente, tra impegno politico ed esilio intellettuale, che adesso soffriva e che lo faceva sentire, a volte, estraneo a se stesso… […] Sperimentò l’asprezza e la delusione che la responsabilità amministrativa pubblica (come quella politica) porta spesso con sé. Una esperienza questa che egli aveva a lungo , ma inutilmente, sperato di evitare» […] Quella sera, però ripensandoci si rese conto del senso della sua esistenza, quel suo sguardo estetico verso i fatti della vita, quella distanza dal mondo che lo segnava fin dalla gioventù».
  • La buona scuola, quella vera, ce la racconta Giovanni Accardo nel suo libro in uscita il 6 maggio per la collana Carta Bianca diretta da Angelo Ferracuti. Un “libro politico”, come lo definisce Eraldo Affinati nella prefazione. Un racconto sulla scuola così com’è e su come dovrebbe essere. Un libro che diverte e commuove, che vi farà vedere la scuola da una prospettiva nuova e insolita, lontana dai luoghi comuni e dalle immagini usurate e denigratorie. «Il vero insegnante è una persona che crede che l’insegnamento sia ancora una vocazione, e non una busta paga a fine mese» «La dimensione etica di questo diario scolastico assomiglia a un diamante prezioso […] La scuola è un luogo dove si consegna il testimone della tradizione, si formano le coscienze dei futuri cittadini e, se possibile, si impara a diventare adulti» (dalla prefazione di Eraldo Affinati) Oramai da alcuni anni la scuola è sotto assedio, minacciata da chi la dovrebbe curare, difendere e governare, ovvero dai ministri che si succedono uno dopo l’altro e che invece si limitano a tagliare fondi e al contempo, quasi per un paradosso, aumentano il carico di lavoro degli insegnanti. Nella percezione largamente diffusa predomina un’immagine caricaturale dell’insegnante: patetico, psicopatico, lavativo, grigio, triste, ignorante. Ma è davvero così? Davvero tutti gli insegnanti che avete incontrato nella vostra vita scolastica erano così? Non vi è mai capitato di incontrare uno o più insegnanti stimolanti, affettuosi, comprensivi, colti, allegri, esigenti? Esiste un’altra scuola, fatta di insegnanti che progettano percorsi innovativi, si prendono cura dei loro allievi, studiano, si aggiornano, costruiscono relazioni affettive. Ma di questa scuola nessuno parla, forse perché non fa scandalo o non fa ridere. Così come esiste una scuola di studenti intelligenti, curiosi e desiderosi di mettersi alla prova. Ci sono insegnanti che si dannano l’anima, che si svegliano la mattina all’alba per preparare le lezioni, che vanno a letto a notte fonda per correggere verifiche, che tentano in tutti i modi di appassionare al sapere e alla vita gli studenti, che si fanno carico dei loro dolori. Un’altra scuola è il diario verosimile di un anno scolastico che si può leggere come un romanzo. Verosimile perché non tutto è avvenuto nel medesimo anno e nello stesso istituto, ma quasi tutto è realmente accaduto in una scuola di confine, quella dell’Alto Adige, con le sue problematicità e le sue ricchezze. Ci troverete la solitudine e i dubbi dell’insegnante, le difficoltà degli studenti e dei loro genitori, ma anche le passioni, gli entusiasmi, i successi.
  • L’utilità di questo manuale sta nell’aver predisposto una raccolta ragionata degli elenchi delle malattie di probabile origine lavorativa per cui vige l’obbligo della segnalazione. Uno strumento prezioso che vuole rendere più facile il compito dei delegati sindacali e degli operatori del patronato, nell’individuazione delle patologie di probabile origine lavorativa che potrebbero essere riconosciute. Gli elenchi delle malattie di probabile origine lavorativa sono tre e con decreto del ministero del Lavoro del 10 giugno 2014 sono stati aggiornati: – lista 1 - malattie la cui origine lavorativa è di elevata probabilità; – lista 2 - malattie la cui origine lavorativa è di limitata probabilità; – lista 3 - malattie la cui origine lavorativa è possibile. Considerato che le malattie contenute negli elenchi sono centinaia, nel manuale le tre liste, mantenendo sempre la distinzione tra di loro attraverso tre diverse colorazioni, sono state però unificate in un’unica lista in cui tutte le malattie sono riportate in ordine alfabetico, segnalando per ognuna gli agenti e il codice identificativo. Ogni patologia può quindi essere immediatamente identificata e ricondotta alla lista di appartenenza e il manuale, così organizzato, si presenta come strumento di utile e facile consultazione per chiunque anche non esperto della materia.
  • L’attuale crisi economica e finanziaria globale ha stimolato un intenso dibattito scientifico, oltre che politico, sulle cause della crisi stessa e sulle possibili risposte. In questo quadro si è aperto un confronto sulle politiche orientate al mercato e alla competitività, con particolare riferimento alle caratteristiche e al destino del paradigma di azione pubblica di tipo neoliberista, che si è imposto nel mondo a partire dalla metà degli anni settanta del secolo scorso e che dura fino ad oggi. Ma quali tipi di politiche neoliberiste si sono affermate in Italia in questo stesso arco temporale? Con quali differenze e similitudini nei diversi settori di intervento? E cosa spiega la perdurante egemonia degli interessi e delle idee del neoliberismo in Italia? Al fine di rispondere a queste domande, il libro ricostruisce sistematicamente, con un’impostazione critica e di tipo comparativo, le forme assunte dal neoliberismo italiano in differenti ambiti e scale di azione pubblica: bilancio e finanza pubblica, mercato del lavoro, welfare state, istruzione, programmi per le smart city, uso dello spazio urbano, sicurezza nelle città.
  • Il sapere non è fatto per comprendere, ma per prendere posizione, diceva Michel Foucault. Questo libro raccoglie la sintesi di un lavoro teorico e operativo lungo oltre quarant’anni nei servizi di salute mentale. Una costante riflessione sul proprio agire quotidiano di medico e psichiatra di una donna che, a partire dall’esperienza triestina, ha messo alla prova il suo saper fare. Un sapere pratico e politico, consapevole che la salute di una persona con sofferenza psichica è una conquista della persona e non un dono dello psichiatra. Qui sono raccolti gli interventi più significativi, a cominciare dai rapporti tra questione di genere e psichiatria, di una delle principali protagoniste dell’esperienza di Franco Basaglia.