• Il libro si propone come strumento didattico sulla storia del sindacato in Italia dalle origini ai giorni nostri, con un approccio sintetico che guarda con occhio comparativo sia ai modelli che alle principali esperienze storiche in campo europeo. La prima parte si concentra sulle formulazioni teoriche elaborate da Marx, Lenin, Sorel, dai coniugi Webb e dagli americani Perlman e Tannenbaum, che forniscono il quadro in cui si sono affermati i differenti modelli organizzativi: dal peculiare modello britannico al modello rivoluzionario e a quello riformista, con un focus sulle esperienze corporativistiche tipiche dei regimi dittatoriali e totalitari (Italia, Spagna, Francia e Germania). Prosegue con l’analisi della fase che va dalla nascita delle federazioni di mestiere e delle Camere del lavoro in Italia, all’affermazione del modello confederale, con la fondazione nel 1906 della CGdL, mentre nel Paese matura il processo di industrializzazione. La seconda parte del libro è invece dedicata alle vicende sindacali dell’Italia repubblicana alla luce dei principali avvenimenti storici, dalla ricostruzione al miracolo economico, dalla grande mobilitazione del ’68-69 alla crisi degli anni ’80, sino ai giorni nostri, contraddistinti dalla massiccia immissione della flessibilità e della precarietà nel mercato del lavoro. Il volume si propone come uno strumento di facile consultazione, non tralasciando nell’esigenza della sintesi le principali interpretazioni storiografiche e gli indispensabili riferimenti bibliografici.
  • Parlamenti

    10.00 
    Paolo Volponi è stato un grande scrittore «di complemento»: dirigente olivettiano e poi parlamentare, le sue pagine nascono come verifica della realtà del paese. Dall’esperienza industriale, com’è noto, ha tratto Memoriale (1962) e Le mosche del capitale (1989), romanzi tra i più rilevanti del secondo Novecento italiano. Eletto al Senato, nel 1983, i suoi discorsi parlamentari sono straordinari esempi di passione civile e di perizia argomentativa, nata dall’urgenza, «in situazione», di dotarsi di uno strumento di invenzione figurale. Mentre s’impegnava strenuamente contro i tagli alla scala mobile, il duopolio televisivo o la Guerra nel Golfo, scriveva, sulle stesse carte del Senato, appunti, poesie, intere sequenze di romanzi. Tra queste carte si trovano i materiali di un romanzo parlamentare-epistolare «su Palazzo Madama», concepito da Volponi in dialogo con il senatore del Pci Edoardo Perna. Il testo, inedito, a forte connotazione grottesca e parodica, è incentrato sulle misteriose apparizioni di un «Senatore Segreto» che, dalla monarchia in poi, ha sempre abitato come uno spettro le quinte del Parlamento, riuscendo a votare a favore dei trasformismi e delle maggioranze più vili e corrotte. Contro questa fissità, «segretezza» e «devozione», Volponi ci attesta come un’altra Italia sarebbe stata possibile se solo avessero trovato ascolto l’onestà culturale, i progetti e le tensioni ideali di cui la sua molteplice esperienza industriale, politica e letteraria è il più prezioso documento.
  • Palmiro

    10.00 
    Si immagini una cittadina delle Marche nell’immediato dopoguerra, Fermo, e si immagini una locale sezione del Pci, fra manovali e contadini, giocatori di carte, comizianti improvvisati, ritratti di Stalin, di Gramsci e del compagno segretario del Partito, Palmiro Togliatti: si immagini infine, là dentro, un proletario adolescente, bocciato dalla scuola fascista che però si proclama poeta, mezzo bracciante e mezzo muratore, ironico e insolente, una specie di Socrate anarchico, da tutti sfottuto e mal tollerato. Palmiro (1986), che torna in libreria dopo decenni di clandestinità, è il romanzo di formazione di uno dei maggiori poeti contemporanei, Luigi Di Ruscio, ed è un libro avvincente, travolgente. Scritto dal basso verso l’alto, guardando alla vita come sopravvivenza, il romanzo ha il ritmo tragicomico di un’epopea picaresca dove il protagonista ne viene combinando di tutti i colori ma rivolge di continuo a se stesso le domande più essenziali: ce la farò a sfangarla e a trovare un lavoro? chi sarà la mia donna? e la rivoluzione, quando scoppia la rivoluzione? Scritto con la felicità inventiva e la cadenza orale che peraltro è tipica della poesia di Di Ruscio, Palmiro ha già avuto lettori d’eccezione come Italo Calvino che ne parla in una lettera come di un fratello del Bardamu di Louis-Ferdinand Céline o del Buon soldato Sc’vèik di Hasek. Il piccolo eroe, infatti, gira a vuoto, continua a non avere né un lavoro né una donna e di rivoluzione neanche se ne parla. Decide dunque di emigrare e prende il treno, così finisce a Oslo a fare l’operaio: è lì che incontra la sua musa-moglie e si inoltra, suo malgrado, nel beato paradiso dei socialdemocratici.
  • L’obiettivo del libro è aprire una riflessione sulle forme di insubordinazione che si stanno estendendo nel mondo contro il saccheggio neoliberista: iniziato negli anni Settanta in America Latina, oggi ha portato l’intero globo all’interno della logica occidentale della finanziarizzazione; ancora una volta le ex colonie sono state un laboratorio di processi politici più avanzati rispetto alle ex metropoli (Miguel Mellino, Ambra Pirri). È in questa ottica postcoloniale che appare rilevante guardare agli effetti che i rivolgimenti nel Maghreb e nel Mashreq cominciano ad avere sul regime europeo e dei «confini esterni» dell’Unione, ricostruendone i caratteri che si sono fondati sull’attivo coinvolgimento di regimi come quello libico di Gheddafi e quello tunisino di Ben Ali (Sandro Mezzadra). Alla luce dei cambiamenti sociopolitici che si stanno verificando nell’area libica si guarda anche alle ripercussioni sulla lotta al traffico di esseri umani (Oria Gargano con Francesca De Masi, Carla Quinto e Francesca Esposito). Viene analizzato in particolare il ruolo dell’isola di Lampedusa, spartiacque di un Mediterraneo che rischia di diventare un’area di insediamento di istituzioni di reclusione (Alessandra Sciurba). Anche questi stravolgimenti sono alla base dei processi rivoluzionari in corso, insieme all’enorme asimmetria che continua a dividere le due sponde del mare nostrum. Queste ribellioni si possono definire decisamente post-islamiche in Nord Africa e postmoderne in Occidente, anche grazie alla significativa presenza femminile (Renata Pepicelli, Anna Curcio) e giovanile e per il ruolo giocato da Internet, da Twitter e dalla rete tutta in un paese in cui i giovani rappresentano il 60-70% della popolazione (Giuliana Serra). Le rivolte nordafricane hanno rotto l’equilibrio su cui, fino a pochi mesi fa, si fondava l’ingiusto ordine mondiale, e rappresentano una sfida, raccolta dall’Occidente, al processo di integrazione europea (Annamaria Rivera) ma soprattutto al neoliberismo e alla finanziarizzazione del globo (Mellino, Pirri).
  • La vertiginosa crescita delle incarcerazioni nell’ultimo ventennio ha fatto esplodere il problema del sovraffollamento penitenziario, e con esso quello della qualità della pena nel rispetto della dignità della persona detenuta. Tra timide riforme e occasionali provvedimenti deflattivi, la costruzione di nuove carceri e la saturazione di quelle esistenti continuano a dominare l’agenda politica. La struttura architettonica, la qualità edilizia e la collocazione urbanistica del penitenziario corrispondono alla sua funzione e al modo di interpretare la pena privativa della libertà. Chi si propone di riformare la pena non può rinunciare, quindi, a ripensare lo spazio penitenziario, almeno fino a quando il carcere resterà dominante nelle nostre culture e nelle nostre pratiche punitive. Testi di Sebastiano Ardita, Vittorio Borraccetti, Cesare Burdese, Alessandro De Federicis, Patrizio Gonnella, Francesco Maisto, Corrado Marcetti, Alessandro Margara, Mauro Palma, Sonia Paone, Eligio Resta, Leonardo Scarcella, Adriano Sofri, Maria Stagnitta, Grazia Zuffa.
  • In apertura di ogni pagina del diario: l’avvenimento sindacale e sociale più rilevante accaduto quel giorno nel corso dei 150 anni di unità del nostro paese. In apertura di ogni mese: il riepilogo delle scadenze previdenziali e fiscali. Un’agenda solidale: per ogni esemplare acquistato 1 euro viene destinato al finanziamento di una scuola per bambini in uno dei paesi africani più poveri.
  • Net@twork

    10.00 
    Dalle ex lavoratrici della Omsa di Faenza alla madre di Federico Aldrovandi. Dai blogger e rapper che hanno incendiato la rivolta nei paesi del Maghreb alle grandi «inchieste umane» in Cina. Dai cassintegrati dell’Asinara ai giovani palestinesi di Gaza. Dai precari del call center Teleperformance al Popolo Viola. Questo libro racconta, attraverso la voce dei protagonisti, alcune delle storie che mediante la Rete sono riuscite a sfondare la cortina di ferro del mainstream. Uomini e donne che hanno affidato al mare magnum di Internet i loro messaggi, dopo essere stati ignorati o strumentalizzati dalla «grande» informazione, e sono così riusciti a farsi ascoltare da tutti, compresi quelli che prima li ignoravano. Tanti piccoli esempi delle infinite potenzialità della Rete e dei motivi per cui la protesta più isolata della faccia della terra, come quella dei lavoratori sardi della Vinyls, abbia superato per numero di telespettatori il Grande Fratello Mediaset. O come migliaia di giovani si siano dati appuntamento su Facebook dopo anni di censure e divieti per rovesciare la dittatura. Una lettura semplice e coinvolgente che vuole essere anche uno strumento di riflessione per tutti quelli che hanno sempre detto riguardo a Internet: questo strumento non mi convince!
  • Le imprese cooperative rappresentano oggi circa il 7% del PIL, contano 12 milioni di soci, oltre un milione e centomila occupati, e vantano posizioni di eccellenza in molti settori dell’economia nazionale. F. Fabbri ne ripropone le vicende attraverso i 150 anni della storia d’Italia. Vengono ricostruite le tappe che condussero alla fondazione (1886) della Federazione delle società cooperative (poi Lega), e quindi al pieno riconoscimento sociale e legislativo durante l’età giolittiana. Nel primo dopoguerra, al momento del massimo sviluppo, la Lega fu attaccata dallo squadrismo fascista e, il 14 novembre 1925, fu sciolta dal prefetto di Milano che avviò l’inarrestabile «fascistizzazione» del movimento. La Lega delle Cooperative fu ricostituita nel 1945. Si affermò allora la leadership del Partito Comunista, anche se, fin dal 1962, fu avviato quel lento processo che l’avrebbe trasformata in un organismo autonomo dai partiti. A metà degli anni Settanta, anche al di fuori delle «isole rosse», la «terza via» dell’economia si proponeva già in alternativa a quella privata come a quella pubblica. Dagli anni Ottanta, il «sistema» delle cooperative e dei loro Consorzi, con l’esecuzione di rilevanti opere pubbliche, si affermava ormai nella sfera nazionale ed internazionale. Dopo la crisi dei primi anni Novanta, superato il meccanismo della «cooperazione di partito», fu avviata quella definitiva trasformazione della struttura organizzativa, produttiva e finanziaria che, nell’arco di un ventennio, ha reso Legacoop uno dei protagonisti indiscussi nel campo della più avanzata e diffusa imprenditorialità, pur nel rispetto dei principi fondanti della partecipazione economica e del controllo democratico dei soci. Non a caso, nella seconda parte del volume, dedicata alla Memoria, l’A. collega idealmente presente e passato attraverso la storia di province e personaggi rappresentativi: N. Baldini, G. Massarenti, C. Prampolini, G. Miglioli, per non parlare delle tante cooperatrici, protagoniste meno note ma altrettanto importanti. Rilevante fu dunque la presenza del movimento cooperativo nel corso di oltre 150 anni, come documenta la specifica e ricca guida bibliografica su La storiografia dall’Unità ad oggi, con cui si conclude il volume.
  • La crisi economica cominciata nel 2008, inizialmente caratterizzata per i suoi aspetti finanziari, ha avuto notevoli ripercussioni in materia di occupazione, inducendo gli Stati all’adozione di misure volte a far fronte ad un evento prevalentemente descritto come temporaneo e che, invece, ha assunto un carattere sempre più strutturale. Una ricerca sui provvedimenti legislativi adottati in Francia, Spagna ed Italia per far fronte agli effetti della crisi ha condotto a risultati del tutto differenti dall’ipotesi iniziale. A fronte di misure di carattere assistenziale e dichiaratamente transitorie, si è rilevato come assai più importanti siano state le riforme di carattere strutturale ispirate al modello della flessicurezza, ormai dominante nell’ambito dell’Unione Europea. Anche il sistema della contrattazione collettiva, sia per effetto delle riforme legislative adottate in Francia e Spagna, sia per l’aspro conflitto apertosi in Italia, si ispira alla linea di tendenza ideologicamente riconducibile al medesimo modello. La ricerca, realizzata con l’apporto di qualificati giuslavoristi dei tre paesi, a partire da una riflessione sul ruolo delle istituzioni dell’Unione Europea, offre un interessante quadro di sintesi e significativi dettagli sulle più recenti tendenze del Diritto del lavoro nei paesi dell’Europa mediterranea.
  • Quale significato ha oggi la parola riformismo, dopo che è diventata un cavallo di battaglia della destra in Europa? La domanda chiama in causa le culture politiche della sinistra italiana. Mentre il berlusconismo sta volgendo al tramonto, le forze progressiste non sono ancora riuscite ad elaborare una risposta credibile alla crisi del rapporto tra democrazia e lavoro, accelerata da una globalizzazione senza regole. Se questo è vero, c’è addirittura un contratto sociale da riscrivere, e c’è un’alleanza tra economia di mercato e welfare da ristabilire, che si prendano cura anzitutto dei perdenti nella lotteria della vita. Il dovere del riformismo è quello di progettare e di fare le riforme. Altrimenti, diventa solo un logo che dice da dove si viene, ma non dove si vuole andare. Tra le tante prediche che l’autore rivolge al mondo politico e sindacale italiano, è quella che in fondo le riassume un po’ tutte.
  • Piero Boni

    9.00 
    Piero Boni (1920-2009) è stato un protagonista della storia dell’Italia repubblicana. Socialista riformista, ha dedicato l’intera sua vita all’emancipazione dei lavoratori e, in particolare, a realizzare i due obiettivi per cui aveva lottato fin da giovane: gli ideali antifascisti della Resistenza e la costruzione dell’unità sindacale, a partire dalla CGIL. Il saggio di Marco Minardi affronta, con dovizia di documentazione, la vita partigiana di Piero: prima a Roma, in stretto contatto con la leadership socialista, poi, paracadutato nell’appennino parmense, come capo missione della famosa chain Goff delle OSS statunitensi con il nome di «agente Coletti». La partecipazione alla Resistenza gli valse la medaglia d’argento al valor militare. Andrea Ricciardi ripercorre, in modo puntuale e accurato, i lunghi anni trascorsi nella CGIL, in cui Boni ha ricoperto incarichi di grande responsabilità, sia a livello di categoria, nei chimici e nei metalmeccanici, con Luciano Lama e con Bruno Trentin, sia a livello confederale come segretario generale aggiunto, avendo costantemente di mira il rafforzamento e il rinnovamento dell’unità sindacale più larga possibile. Riflettendo sulla sua generazione Piero Boni ha detto: «Nessuno di noi è nato partigiano o sindacalista, ma ci anima la stessa passione e lo stesso impegno. L’aver fatto la Resistenza segna la differenza…».
  • Gli studenti delle scuole secondarie superiori del nostro Paese conoscono la Costituzione? Ne apprezzano i principi e i valori? È quanto ha voluto appurare un’indagine di «Proteo Fare Sapere», associazione di docenti e ricercatori, in collaborazione col CRS. L’inchiesta ha coinvolto oltre 7.000 studenti di licei, istituti tecnici e professionali di dieci regioni italiane. La riproposizione di quesiti utilizzati per un’analoga indagine condotta nel 1988 da A. Ardigò e C. Cipolla ha consentito confronti diacronici che mettono in evidenza i mutamenti intervenuti nel corso degli ultimi 23 anni nel rapporto tra universo giovanile e istituzioni, politica, modo d’intendere la cittadinanza. I risultati dell’inchiesta possono rivelarsi tanto più utili in seguito all’introduzione (con la legge n. 169 del 2008) nelle scuole di ogni ordine e grado dell’insegnamento di «Cittadinanza e Costituzione», offrendo agli insegnanti uno strumento in più affinché la «formazione del cittadino» si basi sulla conoscenza di ciò che effettivamente gli studenti italiani chiedono alla nostra democrazia. Ha collaborato Gennaro Lopez.