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Un borghese che si definisce progressista assiste casualmente allo sbarco di una delle tante carrette del mare cariche di disperati che approdano sulle coste del nostro Sud. Un anno dopo lo ritroviamo in volo per Nuevo Laredo, Messico. Lavorerà in una missione di religiosi scalabriniani nel deserto al confine con gli Usa, la «Casa del migrante», che assiste uomini, donne, bambini che ogni giorno tentano di scavalcare il muro della morte o di guadare il Rio Bravo per entrare in Texas. Sarà un lungo, intenso ed emozionante periodo, in cui proverà a comprendere il problema dell’emigrazione, le sue cause e origini, andando a vivere dall’altra parte della barricata. Compagni di quei giorni saranno loro, i migranti. Emergono, attraverso alcuni ritratti, le loro piccole storie ricavate dalle interviste raccolte sul posto, vite esemplari che danno voce alle migliaia che voce non hanno. Dopo aver concluso una fase di quell’esperienza, il protagonista ritorna in quei luoghi. Si misurerà con l’arroganza delle guardie di frontiera nord-americane e con la loro ignoranza; conoscerà la disperazione della favela di Nuevo Laredo dove assiste delle bambine cerebrolesi; insieme ai religiosi della missione denuncerà calunnie ed ipocrisie rivolte ai migranti, piantando sulla barriera della morte 66 croci bianche in ricordo degli altrettanti migranti morti affogati nel Rio Bravo nei primi nove mesi del 2009. Un ventaglio di riflessioni etiche, politiche e religiose nate dall’osservazione dei tanti modi diversi in cui può diffondersi lo stesso messaggio evangelico, unite da un filo di indignazione e di speranza.
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Il responso elettorale, a partire dal 1994, ha regolarmente modificato gli equilibri politici precedenti e ha configurato nuove maggioranze, più o meno coese, più o meno stabili. Secondo molti studiosi, esiti così diversi sono generati dalla crisi di quei partiti politici che avevano per lungo tempo congelato il mercato elettorale italiano e dal corrispondente aumento del numero di cittadini disponibili a modificare la propria scelta di voto da una consultazione all’altra. La ricerca descritta in questo volume si propone di individuare le principali determinanti del comportamento di voto degli italiani nelle elezioni politiche del 2006 e del 2008: le caratteristiche socio-demografiche, la partecipazione a reti associative e il coinvolgimento in attività politiche. E l’attuale fase politica è più chiara se si tiene conto dell’evoluzione, tra il 2006 e il 2008, della rilevanza di questi fattori nella strutturazione della scelta di voto. Di fronte a un comportamento di voto dei ceti popolari che spesso si risolve in consenso a politiche che tutelano interessi di altri gruppi sociali, infatti, la ricerca evidenzia che i cittadini socialmente periferici ed isolati tendono ad assumere decisioni più appropriate alla loro condizione quando non vengono esclusi, ma sono inseriti in reti sociali, politicamente influenti.
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Per le verità allora nascoste e i depistaggi che ne seguirono, la strage di Portella della Ginestra del Primo maggio 1947 continua ad essere ancora oggi oggetto di dibattito storiografico. Il volume di Francesco Petrotta, frutto di un’attenta e minuziosa ricerca archivistica animata da una profonda passione civile, colloca la drammatica vicenda nel contesto locale in cui ebbe a maturare, facendo una volta per sempre piazza pulita di tutte le fantasiose congetture che periodicamente, anche in buona fede, vengono offerte al giudizio dei lettori. In particolare, viene definitivamente smentito il coinvolgimento del governo americano nella pretesa lotta antibolscevica portata avanti dal bandito Giuliano, e in pari tempo acquista maggiore risalto il ruolo svolto dalla mafia di Piana degli Albanesi, guidata dal boss Ciccio Cuccia, come uno dei principali mandanti dell’azione delittuosa che terrorizzò per lungo tempo quella parte del territorio palermitano epicentro delle gesta del cosiddetto «re di Montelepre».
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Dalla firma del rinnovo del contratto nazionale dei lavoratori della gomma del febbraio 1968 fino alla firma dell’accordo aziendale sul cottimo del dicembre dello stesso anno, nel grande complesso industriale milanese della Pirelli si susseguono mesi di conflittualità operaia che mettono in discussione modi di produzione e organizzazione del lavoro connaturati al sistema di fabbrica del fordismo maturo. In questa lotta, per molti versi paradigmatica dell’iniziativa operaia del secondo biennio rosso del Novecento, si possono leggere le grandi novità che avrebbero caratterizzato il più intenso ciclo conflittuale dell’Italia repubblicana: un rinnovato protagonismo dei lavoratori, una conflittualità di fabbrica diffusa e capace di sperimentare forme di lotta innovative, nuove strutture di rappresentanza operaia, l’ampliamento progressivo dei diritti sindacali in fabbrica, nuove metodologie nelle trattative e nuove forme contrattuali. Tutte caratteristiche che rendono il 1968 l’Autunno caldo della Pirelli. In queste vicende il sindacato gioca un ruolo di primo piano, contribuendo in modo determinante a provocare quelle lotte, ad estenderle e a dare forma contrattuale alle conquiste che i rapporti di forza in fabbrica sanciscono, spesso attraverso la rottura di tradizionali modi di pensare e di organizzare la lotta e il rapporto con i lavoratori.
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Ha senso parlare di difesa dei diritti umani durante i conflitti armati? E se ha senso, a chi si dovrebbe chiedere di difenderli? E da chi? A queste domande cerca di dare una risposta il libro di Emanuele Russo, che, partendo da una definizione teorica del concetto di diritti umani, procede all’analisi delle Convenzioni internazionali esistenti e delle tecniche di guerra adottate dai paesi occidentali, mettendo a fuoco due dei principali protagonisti dei conflitti armati odierni: i soldati privati e i «bambini soldato». Lungi da voler fornire una risposta univoca a questioni che nascondono universi complessi, questo libro cerca di costruire piuttosto una mappa dei problemi con i quali deve confrontarsi chi voglia impegnarsi nella difesa dei diritti umani.
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Nel cosiddetto «pacchetto sicurezza» è stato introdotto il reato di immigrazione clandestina, cioè di ingresso o permanenza irregolari nel nostro territorio. Il passaggio dall’area dell’illecito amministrativo a quella penale ha notevoli ripercussioni sul piano etico, sociale e giuridico ed è in netto contrasto con la tradizione e la cultura italiane. Ma oltre a costituire un motivo di disonore per il nostro paese, la legge in questione è affetta da gravi imprecisioni tecniche, da numerose violazioni costituzionali, da un elevato costo a carico dello Stato e dalla sua sostanziale inapplicabilità sul piano concreto. A peggiorare le cose è sopravvenuta l’iniziativa del cosiddetto «respingimento collettivo», facendo così venire meno il diritto d’asilo, diritto unanimemente riconosciuto dalla tradizione dei popoli civili e dal diritto internazionale. L’Autore si sofferma infine sulla ambigua sanatoria delle cosiddette «badanti», dalla dubbia legittimità costituzionale e dalle molteplici difficoltà applicative, confermate dal ridotto numero di richieste presentate alla scadenza del termine previsto.
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Donne che decidono di migrare, che fanno dell’andare altrove un progetto di vita, sia che partano da sole sia che vogliano ricongiungersi ai propri familiari. Nei complessi scenari delle odierne migrazioni internazionali, il protagonismo femminile costituisce uno dei tratti più rilevanti. Ma fino a che punto ciò rappresenta una novità rispetto al passato? Quali sono le continuità e i mutamenti rintracciabili nei percorsi delle lavoratrici migranti di ieri e di oggi? I saggi contenuti in quest’opera a più mani provano a rispondere a questi interrogativi, attraverso una riflessione tutta centrata sul ruolo giocato dal lavoro nella mobilità geografica femminile storica e attuale. Studiata in questa prospettiva, la vicenda migratoria femminile appare come un tema gravido di questioni e interrogativi che riguardano tutte le donne, mettendo a nudo una realtà dove permangono disuguaglianze nell’accesso al mercato del lavoro, disparità di diritti e di salari, politiche che sostengono e legittimano la divisione sessuale del lavoro.
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Federico Fellini, una storia lunga, di grande respiro. Il regista è scomparso nel 1993, a settantatré anni, e tuttavia il tempo che è passato dal giorno della scomparsa si estende, scavalca il presente, va verso il futuro. Una guida fra le nebbie. Rimini, Roma, Cinecittà e oltre: le stazioni di un unico viaggio che continua grazie ai film e all’interesse che ancora circonda il grande regista. Tappe di spostamenti, di ricordi che superano il titolo di un suo celebre film, «Amarcord», e di emozioni che non finiscono con «La voce della luna», ultima opera. Non ci sarà un’ultima fermata per Federico. Italo Moscati, in questo suo nuovo libro sul cinema, parte da un’intervista alla tv rilasciata da Fellini sul finire della carriera, in cui il regista dichiarò che non avrebbe mai voluto scrivere la parola «fine» in fondo ai suoi film, perché trovava insopportabile l’idea che i suoi personaggi potessero salutare con un addio i loro spettatori e lui stesso. Moscati riapre il film di una vita, di una carriera; rimuove la parola «fine» e racconta a tutto tondo Fellini e i suoi personaggi in cammino. Un pianeta di avventure. A novant’anni dalla nascita.
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In questo libro vengono raccolti alcuni scritti di Mario Tronti, dedicati specificamente al problema della sinistra e della ricostruzione della sua cultura politica. Perché, scrive Tronti, «non sarà il coro dei pentiti, degli atei devoti, dei borghesi laici, dei padroni illuminati a cancellare questa storia del grande Novecento». Anzi, «è venuto il momento di porci l’obiettivo di chiudere il dopo ’89, per superare la diaspora che ha diviso la sinistra a partire da quella data e ricomporla unitariamente, in grande, in avanti».
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Con questo libro Alfiero Grandi sviluppa l’impegno avviato con il precedente, Ripartire da Prodi, con il quale si era posto l’obiettivo di avviare una ricerca-verità sulla sconfitta del centro sinistra nel 2008 cercandone le ragioni nei limiti e negli errori dell’esperienza del secondo governo Prodi. La speranza era che anche altri contribuissero a questa ricerca partendo da un diverso punto di vista. Ma troppi di quelli che potevano spiegare, indagare, far capire hanno preferito il silenzio. Si spiega anche così l’enorme area di astensionismo prodottasi nell’elettorato di centro sinistra. Per tornare a vincere si propone di contribuire ad una fase già diversa, che vede in difficoltà la destra che ha vinto nel 2008, mentre una pesante crisi finanziaria ed economica ha appena iniziato a far pagare prezzi sociali pesantissimi. In questa situazione un nuovo centro sinistra potrebbe essere chiamato prima del previsto alla costruzione di un’alternativa politica per offrire una speranza a chi rischia di essere travolto. Alternativa da costruire qui ed ora per incalzare la destra in difficoltà, per affermare che le forze di progresso sono in campo e che possono tornare ad avere fiducia, che si può tornare a vincere.
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Il manuale, unendo al rigore dell’indagine storica l’agilità dell’esposizione e la vivacità offerta dal copioso materiale documentario e iconografico, racconta in modo sintetico e divulgativo la storia centenaria della Confederazione generale italiana del lavoro, collocandola all’interno della più generale vicenda italiana, fatta di avvenimenti politici, trasformazioni economiche, mutamenti sociali e culturali. Seguendo il filo conduttore della storia della CGIL il manuale esamina così il ruolo delle classi dirigenti politiche ed economiche, la natura delle istituzioni, l’evoluzione del sistema produttivo, la dialettica tra le classi sociali, le culture popolari, le identità territoriali e professionali. Al centro dell’affresco storico fornito dal volume, si pongono i due concetti costitutivi della CGIL: il valore sociale del lavoro, cioè la sua capacità di agire in modo organizzato e collettivo per ridurre le disuguaglianze e per promuovere le libertà; e il valore della confederalità, attraverso il quale il sindacato riesce pienamente a rappresentare e tutelare l’interesse generale delle classi lavoratrici. Il manuale si compone di quattro parti: La CGdL e l’età liberale, dall’Ottocento alla crisi dello Stato liberale nel primo dopoguerra; La CGdL e il fascismo, che esamina il ventennio della dittatura; La CGIL e la costruzione della democrazia, che ripercorre il secondo dopoguerra, fino agli anni sessanta; La CGIL nella crisi italiana e globale, che analizza le vicende di fine secolo, a partire dalla crisi degli anni settanta. Ogni parte si articola in tre capitoli, per un totale di dodici, ai quali si aggiungono le conclusioni, La CGIL del tempo presente, che rivisitano le cronache degli ultimi dieci anni. La narrazione viene inoltre arricchita con la riproduzione di interessanti documenti storici, nonché di brani di dirigenti o personaggi pubblici che espongono idee fondamentali del sindacalismo; il testo è impreziosito con foto, quadri, citazioni e schede di approfondimento; infine, al termine di ciascun capitolo, sono inserite pagine di storiografia e brevi bibliografie di orientamento, nelle quali sono indicati sia i “classici”, sia gli studi più recenti di storia del movimento sindacale. In totale il volume, interamente a colori, presenta 12 riproduzioni di quadri; 40 fotografie; 38 box con stralci di documenti; 24 schede relative a parole-chiave e ad approfondimenti specifici.