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Il Diritto d’impresa è in competizione con il Diritto del lavoro da più di un secolo e la curva dei diritti dei lavoratori sembra essere inversamente proporzionale a quella dell’impresa; venuto meno il rischio di una rivoluzione socialista, diminuisce il potere, anche solo evocativo, dei lavoratori. Il nuovo secolo si apre con l’indiscusso potere sovranazionale delle imprese globali che impongono un diritto «liberamente» stabilito dalle stesse: la società civile viene sostituita in tutto e per tutto dal mercato, la legislazione nazionale entra in crisi. - È il trionfo della lex mercatoria, il cittadino cede il posto al consumatore, la persona torna a essere tutelata quasi esclusivamente da relazioni contrattuali. La dimensione economica sovrasta le altre con una mole incomparabilmente più imponente; ritorna l’idea che nello scambio i contraenti si trovino su un sostanziale piano di parità e che da esso traggano entrambi la massima soddisfazione possibile. Ma lo scenario futuro non è poi così scontato.
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Quella di Taylor, senza Ford, sarebbe probabilmente rimasta una teoria inapplicabile. Il lavoratore non si sarebbe fatto meccanizzare di sua spontanea volontà, come sperava il fondatore dello scientific management; ma se contemporaneamente si afferma un metodo tecnico di produzione che impone il ritmo, allora la teoria diviene realtà. È passato quasi un secolo dalla comparsa del taylor-fordismo, eppure l’influenza di quest’organizzazione del lavoro è ancora così preponderante che sembra impossibile cominciare lo studio del pensiero organizzativo senza partire da essa. Lo studio dello scientific management e della catena di montaggio comincia - in questo libro - dall’analisi del contesto socio-economico dell’America e dell’Europa pre-industriale e industriale. Conoscere le questioni di fondo permette di intendere le cause dell’affermazione dei principi dell’organizzazione scientifica del lavoro e delle idee che ispirarono Ford nella creazione della prima automobile prodotta in serie; ma il taylor-fordismo conteneva in sé anche alcuni lati oscuri che in breve tempo sarebbero divenuti evidenti e avrebbero portato al suo superamento.
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Dalla Campania - e in particolare dalla provincia di Salerno - partono storicamente i primi emigranti meridionali verso l’America del Nord e, successivamente, verso l’America del Sud nell’ambito della «grande emigrazione» della seconda metà dell’Ottocento. I flussi emigratori riprendono negli anni cinquanta e si dirigono anche verso i paesi europei: Francia e Belgio, poi Svizzera e soprattutto Germania. L’Alto Sele (confinante con l’Irpinia, epicentro del terremoto del 1981) rappresenta, come tutta l’area circostante, uno dei poli maggiori di emigrazione. Il volume focalizza l’attenzione sull’area che comprende i comuni di Valva, di Buccino e di Contursi, ricostruendo - anche attraverso le testimonianze dei protagonisti - le dinamiche migratorie dei suoi abitanti. Ma nell’ultimo decennio l’Alto Sele è divenuto anche area di immigrazione, in quanto a fianco di micro-flussi di emigranti che partono ancora per la Germania (ma anche per l’Emilia Romagna e il Veneto) appaiono, al contempo, micro-flussi in entrata di immigrati di origine straniera: marocchini, cinesi, rumeni e polacchi.
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I lavoratori precari sono in continua crescita nel nostro paese. Alcuni di loro, come i lavoratori agricoli e gli stagionali degli altri settori produttivi con almeno 78 giornate di occupazione all’anno, godono di un articolato sistema di tutele contro la disoccupazione nonché per la malattia, la maternità e gli infortuni. Gli altri, invece, come i co.co.co. o i lavoratori somministrati, intermittenti, a coppia ecc., hanno per gli stessi eventi una tutela molto più debole o del tutto inesistente. Sia gli uni che gli altri, tuttavia, difficilmente godranno in futuro di un trattamento pensionistico superiore all’assegno sociale riconosciuto a tutti i cittadini poveri. All’interno di questo scenario, il libro analizza, con riguardo sia alla previdenza agricola che a quella dei cosiddetti 78isti, l’evoluzione della tutela nell’ultimo decennio e le ipotesi di riforma sul tappeto; esamina se e con quali limiti i lavoratori occupati con le nuove tipologie contrattuali disciplinate dal decreto legislativo 276/2003 possano accedere alle tutele previste per i lavoratori con occupazione standard; si interroga su quale welfare riconoscere ai lavoratori precari, optando per una soluzione non «compassionevole» ma che premi e incentivi il lavoro.
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La Bella Addormentata fa l’operaia tessile e crolla di sonno all’arcolaio, Cenerentola e Biancaneve sono governanti a tempo pieno, Cappuccetto Rosso è fattorina. Le donne lavorano sempre, nelle favole e nella realtà, dal buongiorno alla buonanotte e dalla buonanotte al buongiorno. Si sono riunite qui, in un convegno a fumetti, per raccontare i loro sogni e i risvegli, i desideri e le contraddizioni, le catene dell’emancipazione e le pigrizie della libertà. Buon divertimento.
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La vita di Giuseppe Di Vittorio è stata una bellissima avventura di un «eroe» del nostro tempo, di un eroe del movimento sindacale italiano e mondiale che si presta ad essere raccontata con tutti i mezzi di espressione; gli storici e gli scrittori hanno scritto molto di lui, autori teatrali hanno messo in scena le sue gesta, molti cineasti hanno tra i loro progetti futuri la vita di questo grande personaggio. Come è stato per altri strumenti in passato, il fumetto rappresenta l’espressione più spontanea e diretta della cultura popolare dei nostri tempi. Raccontare a fumetti la vita di Giuseppe Di Vittorio è perciò anche il modo più immediato e appassionante per raccontare un eroe popolare. La narrazione ha il ritmo di una solida sceneggiatura cinematografica. Inizia con un flashback: due giovani donne ritrovano in una vecchia valigia la fotografia di Di Vittorio, grande amico del loro nonno. Da questa foto con la scritta «Una vita al servizio del popolo» si snoda la straordinaria avventura politica e umana del personaggio, con pagine che coinvolgono e commuovono. -È un susseguirsi di dure fatiche e di azioni coraggiose, tra scioperi, denunce e arresti. Un’altalena drammatica tra sconfitte ed entusiasmanti vittorie. Dignità e orgoglio. Di Vittorio, da ragazzo bracciante lui stesso, raccontava sovente: «...insistevo perché i braccianti imparassero a non togliersi la ‘coppola’ per salutare gli agrari». Così il libro ci propone la lettura di un lungo tratto della nostra storia, di personaggi ed eventi che non vanno dimenticati, ma, al contrario, proposti e fatti conoscere alle nuove generazioni.
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Il volume presenta, in ordine cronologico e coordinate tra loro, le principali proposte della Cgil per una piena, buona e stabile occupazione. Come superare la legge 30, come e perché abrogare il decreto legislativo 368/2001 che ha liberalizzato i contratti a termine, quali strumenti mettere in campo per una seria lotta al lavoro nero e all’economia sommersa: questi (e non solo) i punti «caldi» dell’attuale dibattito tra le forze del centro sinistra. Dibattito nel quale la Cgil si trova direttamente coinvolta, perché per prima ha contrastato le iniziative del centrodestra delineando possibili interventi legislativi concreti e praticabili. -Il libro è quindi testimonianza di una stagione di lotte e di elaborazioni di cui si rivendica a pieno la valenza, ma è soprattutto la sintesi di una scommessa per il futuro: per ridare al lavoro riconoscimento, politico e culturale, oltre che normativo, in una società in cui, oggi più di ieri, si ha bisogno di maggiori diritti, maggiore partecipazione, maggiore democrazia.
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Il lavoro in risaia, durante la prima metà del secolo scorso, ha coinvolto migliaia di donne. La scelta di rapportarsi storiograficamente a quell’esperienza attraverso un campione di testimoni nasce non tanto dall’esigenza di ricostruire la storia del lavoro in risaia, quanto dalla consapevolezza che il recupero della memoria soggettiva del lavoro può contribuire alla salvaguardia di una cultura e di una sensibilità civile oggi a rischio di fronte ai mutamenti epocali presenti anche nel mondo lavorativo. Le testimonianze sono state organizzate nel testo quasi a voler creare un racconto corale, come corale era il canto che dalle risaie si levava alto sulla fatica delle donne ricurve sull’acqua. Un racconto corale che ci ripropone quella trasmissione di esperienze che legava come filo invisibile la vita delle donne più giovani alle numerose madri simboliche da cui ricevevano l’esperienza, il coraggio e la forza affettiva per andare avanti. Filo che permetteva, infine, di sopportare le nostalgie di lontananze pesanti attraverso una fitta rete di solidarietà femminili antiche.
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La CGIL e le categorie della FP (Funzione Pubblica) e FLC (Lavoratori della conoscenza), unitamente alla Consulta giuridica, hanno voluto predisporre un primo materiale di commento «scientifico» ad una legge destinata ad influenzare negativamente non solo il sistema di contrattazione nei settori pubblici, ma anche una linea di azione che, dagli anni ’90, ha caratterizzato in modo innovativo l’agire del sindacato nel sistema delle Pubbliche amministrazioni con la «privatizzazione» del rapporto di lavoro. Il ritorno ad un passato fatto di negazione dei diritti del lavoro e di subordinazione delle amministrazioni alla volontà della politica, e un neocentralismo istituzionale sono gli effetti che si perseguono con un disegno destinato a peggiorare l’efficacia delle Amministrazioni pubbliche in un momento nel quale tutti i paesi investono nella qualità delle politiche pubbliche per affrontare la crisi economica e sociale.
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A partire dagli anni cinquanta, e di fatto fino ai nostri giorni, si è affermata in Calabria una visione distorta della politica intesa come leva decisiva, se non unica, del superamento dei gravi problemi della regione. Gaetano Lamanna, che vi è stato dirigente del PCI e della CGIL, ripercorre alcuni momenti significativi della storia recente di un territorio che ha vissuto mutamenti molteplici, e racconta le tappe che hanno segnato l’instaurazione di un sistema politico e di potere tanto forte quanto di basso profilo civile e morale. Se la Calabria, ancora oggi, è in testa nei primati negativi e ultima nelle graduatorie positive, la ragione di fondo va cercata nei limiti di un ceto politico che ha assunto direttamente la rappresentanza degli interessi, costruendo una fitta rete di controllo finalizzata ad elargire favori e a raccogliere voti. I calabresi, a questo punto, per imboccare una strada diversa, dovrebbero liberarsi da ogni forma di tutela e di «dipendenza», ridare alla politica dignità e, insieme, un ruolo meno invasivo. È necessario suscitare una battaglia delle idee, credere nei giovani, promuovere cultura e innovazione in tutti i settori. Il presupposto di tutto ciò è però un «salto», una discontinuità vera, non solo proclamata.
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Il volume raccoglie contributi originali di ricerca e di studio dedicati al percorso intellettuale e politico di uno dei maggiori protagonisti della storia della sinistra italiana e internazionale del Novecento. Insieme e oltre ai temi e ai periodi storici trattati, il dato di originalità è rappresentato dal punto di osservazione degli autori: tutti appartenenti a una giovane generazione che non ha vissuto i contesti culturali e politici della biografia di Lelio Basso. Ciò ha permesso uno sguardo più libero che si confronta con maggiore forza con le domande del presente. La seconda parte del volume è dedicata all’esperienza dei Comitati di solidarietà democratica, dal 1948 impegnati nel patrocinio dei processi penali e civili intentati contro i partigiani, di cui Basso fu protagonista e di cui si offre una prima importante guida archivistica. Promosso dalla Fondazione Basso, il volume è curato da Giancarlo Monina e contiene contributi di Claudio Corradetti, Sergio Falcone, Antonio Fanelli, Andrea Mulas, Tommaso Nencioni, Michela Ponzani, Ilaria Romeo.