• Dopo più di un decennio di deciso abbattimento delle rigidità (presunte ed effettive) del mercato del lavoro italiano, non sembrano evidenti quegli effetti positivi che avevano pronosticato i fautori della flessibilità del lavoro. Anche i media, che al suo affacciarsi sulla scena raccontavano la flessibilità come la strada «necessaria» per raggiungere la piena occupazione, pongono ormai l’accento sull’altro volto del fenomeno, ossia quello della precarietà del lavoro, e sul «furto del futuro» a cui stiamo condannando intere generazioni. Il propagarsi della crisi finanziaria mondiale all’economia reale, già a partire dalla seconda metà del 2008, sta producendo un nuovo incremento del numero dei disoccupati, fenomeno che non si verificava da quindici anni. Ciò apre nuovi interrogativi a cui i policy makers sono chiamati a rispondere nel breve e nel medio periodo e, se ce ne fosse bisogno, conferma il primato dell’economia nella creazione di lavoro rispetto alla legislazione del lavoro. Il tema della flessibilità viene trattato nel volume attraverso un approccio multidimensionale del fenomeno: dalle dinamiche del mercato del lavoro al quadro empirico che emerge da una serie di ricerche realizzate dall’IRES nell’ultimo decennio, alla scansione delle tappe normative, alla giungla delle tutele sia di tipo contrattuale che di welfare, fino alla dimensione culturale e comunicativa.
  • Il libro narra le vicende storiche della sinistra sindacale, un’area eterogenea del sindacalismo italiano, trasversale alle tre principali Confederazioni, presente soprattutto in alcune categorie industriali e in alcune strutture territoriali, e portatrice di istanze radicali sia sul piano rivendicativo che organizzativo. La ricerca ricostruisce circa un ventennio di storia politica, economica, sociale e sindacale italiana, compreso tra i primi anni sessanta e la fine degli anni settanta, utilizzando un’ampia documentazione inedita d’archivio e un ricco materiale a stampa. Nel corso della sua parabola, la sinistra sindacale ha attraversato più fasi. Gli anni sessanta sono stati quelli della formazione culturale e politica, giunta a maturazione alla fine del decennio, quando, durante il più ampio ciclo di mobilitazione collettiva della storia repubblicana, la sinistra sindacale «storica» raggiunse il momento di maggiore visibilità e forza politica. Nei primi anni settanta, dopo il fallimento dell’unità sindacale organica e dopo la firma del Patto federativo, quest’area entrò in una fase «nuova»: essa perde influenza nel sindacato, ma mantiene un ruolo importante nell’ambito della sinistra extraparlamentare, soprattutto attraverso le iniziative e le analisi del CENDES. Dopo l’omicidio Moro nel 1978 e la sconfitta della Nuova Sinistra Unita nelle elezioni dell’anno successivo, la sinistra sindacale decide di istituzionalizzarsi all’interno della sola CGIL, dando vita alla «Terza componente», promotrice, insieme ai settori più radicali di CISL e UIL, della riunione degli autoconvocati di Firenze, nell’aprile 1980, che rappresentò l’ultima concreta manifestazione della sinistra sindacale in Italia.
  • Questo libro raccoglie le posizioni assunte dalla Cgil sulle riforme istituzionali durante il periodo che va dalla modifica del Titolo V della Costituzione, effettuata dal centrosinistra, alla richiesta di referendum a difesa della Costituzione avanzata dopo l’approvazione della legge di modifica della sua Parte II, voluta dal governo di centrodestra. -Vengono così in evidenza sia la coerenza, sia l’autonomia che hanno distinto riflessioni e proposte avanzate criticamente dalla confederazione, nei confronti del centrosinistra prima, e poi rispetto all’affondo portato al Patto costituzionale da parte del centrodestra. Posizioni maturate, come sottolinea nella prefazione Paolo Nerozzi, segretario confederale della Cgil, nella convinzione del legame inscindibile che deve connettere i diritti sociali ai diritti civili previsti nell’ordinamento costituzionale e a quelli nuovi che lo sviluppo della società è venuto via via proponendo. -Costituzione, quindi, come futuro e come programma per l’avvenire: è questa l’indicazione di fondo che il volume fornisce e mette a fondamento dell’impegno per la difesa dello stesso dettato costituzionale.
  • In questo volume sono pubblicate due ricerche realizzate per iniziativa della Camera del lavoro di Imperia sul territorio della provincia del ponente ligure e rivolte ad individuare spazi d'intervento e soluzioni per l'avanzamento, in quel territorio, delle quattro grandi priorità che, con il suo congresso, la Cgil indica per la riprogettazione dello sviluppo dell'intero paese: il lavoro, i diritti, i saperi, la libertà. Si completa così, per il momento e nell'occasione del suo congresso provinciale, un percorso di ricerca e di elaborazione sui temi del lavoro che negli ultimi cinque anni ha visto fortemente impegnata la Camera del lavoro di Imperia. -La prima ricerca, Imperia sotto la lente, è costituita dal "Rapporto 2004-2005" elaborato dall'Ufficio economico della Cgil Liguria con la Camera del lavoro di Imperia, con il quale viene effettuata un'attenta lettura critica dei dati riferiti alla popolazione, ai settori economici e al mercato del lavoro. Emergono così i terreni d'intervento prioritari e le scelte necessarie che la Camera del lavoro propone a tutti i propri interlocutori istituzionali ed economici, sociali e politici, affinché si possano individuare le opzioni condivise utili per far decollare un nuovo modello di crescita radicato nel territorio, aperto alla dimensione regionale e nazionale e ai processi di innovazione globale. -L'altra ricerca, I tempi di vita e di lavoro della donne, riferita alle iscritte alla Camera del lavoro, fornisce elementi di grande interesse per l'ardua ricerca della possibile conciliazione. Il tentativo effettuato è stato infatti quello di non fotografare soltanto la situazione esistente sotto l'aspetto lavorativo e familiare, ma di tentare anche di offrire soluzioni ai problemi emersi. Insieme agli esiti della ricerca e ai bisogni e alle aspettative delle donne coinvolte, vengono pubblicati anche i risultati di un focus group che, realizzando un momento di intensa partecipazione, ha permesso alle donne di confrontarsi facendo emergere una richiesta corale di intervento rivolta a tutti i livelli del sindacato.
  • Tutto nasce dalla convinzione che la storia di una fabbrica la facciano soprattutto i lavoratori. Per questo, nell’anno del centenario della Perugina, azienda che rappresenta un pilastro fondamentale non solo della città di Perugia ma anche dell’esperienza sindacale italiana, si è voluto realizzare questo libro costruendolo attraverso le testimonianze di lavoratori che dal dopoguerra ad oggi hanno appunto dato vita alla storia di questa azienda per tanti aspetti emblematica. Sedici storie di lavoratori impegnati in fabbrica nell’attività produttiva e nell’attività sindacale vengono così a comporre un quadro unitario che abbraccia una vicenda di oltre cinquant’anni. Storie di lotte, di scioperi, di paure, di tensioni, di sconfitte, ma anche di grandi conquiste e importanti risultati che si intrecciano a doppio filo con la vita della città, della regione e delle loro istituzioni, legandosi inestricabilmente al percorso compiuto dal movimento dei lavoratori in Italia nella seconda metà del Novecento. Arricchisce e completa il volume un’ampia selezione di materiale fotografico e archivistico per oltre cento immagini di lavoratori, della fabbrica, di volantini, manifesti e articoli.
  • Combattere la precarietà, intervenendo sulla tassazione del lavoro per rendere l’assunzione a tempo indeterminato un’opzione realmente vantaggiosa per le imprese; garantire maggiori opportunità a donne e giovani per liberare risorse fresche e indirizzarle alla crescita dell’intera collettività; mettere le famiglie in grado di avere figli senza l’assillo di un domani troppo incerto, valorizzare il contributo di quei milioni di «giovani anziani» sempre più longevi, attivi, potenzialmente utili alla società; realizzare finalmente una rete di tutele e di ammortizzatori sociali per chi perde il posto di lavoro; assicurare un’assistenza di qualità ai disabili e ai non autosufficienti. In sintesi, scommettere sul futuro, guardando a quell’interesse generale di cui sembra non curarsi più il governo, che, forte di una maggioranza solida e di un consenso ancora molto elevato, gonfia, con una potente azione mediatica, la modesta sostanza del suo operato. Il volume, presentando un’importante raccolta di proposte di legge del Partito Democratico, vuole cominciare a render conto delle attività dell’opposizione sul terreno del welfare. Riuscire a costruire un welfare stabile sul piano finanziario, efficiente e moderno nell’erogazione dei servizi e delle prestazioni, giusto nella promozione di vecchi e nuovi diritti, costituisce l’obiettivo forse più importante per una forza politica che ha le possibilità e l’ambizione di diventare realmente maggioritaria nel Paese.
  • Nel terzo millennio si rivela sempre più valida la scelta, operata nel gennaio del 1945 da Giuseppe Di Vittorio, dalla segreteria della Cgil e da Aladino Bibolotti, di dar vita ad uno specifico strumento, l’Inca, Istituto Nazionale Confederale di Assistenza, il Patronato sindacale della Cgil, per assicurare assistenza medico-legale e tecnico-amministrativa qualificata e gratuita al singolo lavoratore - senza discriminazione alcuna di sesso, razza, concezione religiosa - iscritto o no che sia al sindacato, ascoltandone le domande, facilitandone e organizzandone il rapporto con le istituzioni e gli enti previdenziali ed assistenziali, al fine di garantire effettività alla difesa dei suoi diritti previdenziali. Infatti il sindacato, che organizza i lavoratori per esercitare la contrattazione collettiva a tutti i livelli e sviluppare la rappresentanza nel rapporto con il padronato, con il governo ed il Parlamento per incidere sulle scelte di politica economica e costruire un moderno welfare state, ha la necessità permanente di assicurare, in ogni caso, la piena fruizione dei diritti individuali dei lavoratori e di promuoverne l’estensione. L’Inca ha dimostrato, in oltre sessant’anni di esistenza, con l’impegno e la professionalità dei suoi funzionari e dirigenti, di saper assolvere questo fondamentale compito attraverso il rapporto con milioni di lavoratrici e lavoratori, di giovani, donne, pensionati, e di saper promuovere su questa base l’estensione e la modernizzazione dell’assistenza e della previdenza sociale in una società in profondo cambiamento.
  • «I lavoratori di fronte ad una azione diretta a promuovere la rinascita economica e civile dell’Italia, e pur trovandosi nelle condizioni che sappiamo, pur essendo essi i più sacrificati della società, sono giunti oggi nel nostro Paese ad un grado di maturità tale, ad un grado di sensibilità così elevata verso gli interessi generali della società nazionale, che questi lavoratori, pur soffrendo, sono disposti ad accollarsi un sacrificio supplementare per portare un proprio contributo al successo del Piano lanciato dalla Cgil... esso richiede uno sforzo da parte di tutti i cittadini proporzionale alle loro possibilità e quindi uno sforzo più elevato da coloro che hanno accumulato maggiori ricchezze... uno sforzo che deve portare l’Italia ad un nuovo risorgimento economico ha bisogno dell’entusiasmo e della volontà attiva delle masse popolari, ha bisogno di un governo che sappia mobilitare questo entusiasmo creatore delle masse popolari... In queste condizioni cosa diverrebbe il nostro Piano? Esso diverrebbe oltre che la leva principale per la rinascita economica dell’Italia anche la base per una vasta unione, e non solo per una distensione, effettiva e profonda di tutti i rapporti sociali, sindacali e politici, la base per un nuovo potenziamento nazionale che sarebbe nell’interesse di tutti gli italiani, nell’interesse generale del popolo... Vorrei dire alle classi dirigenti: Signori, liberatevi dalle vostre assurde prevenzioni, tanto queste prevenzioni non possono fermare il corso della storia. Apprezzate questa offerta che vi fanno i lavoratori, offerta morale, materiale, sociale e politica...». (Giuseppe Di Vittorio, 1950)
  • Fiat 1955

    7.00 
    ...Sarebbe tuttavia un grave errore se noi, individuando e denunciando l’azione illegale e ricattatoria del grande padronato sottovalutassimo la gravità del colpo inferto alla FIOM e alla CGIL nelle recenti elezioni della FIAT; se noi, cioè, tentassimo di scagionare ogni nostra responsabilità nella sconfitta. Ciò non sarebbe degno di una grande organizzazione come la CGIL la quale affonda le sue radici in tutta la gloriosa tradizione del movimento sindacale italiano, ne rappresenta la continuità storica ed ha tutto l’avvenire davanti a sé... ...Una nostra responsabilità, pertanto, vi è certamente nella sconfitta subita alla FIAT. Il compito nostro è quello di scoprire, assieme a tutti i lavoratori della FIAT, quali sono stati i nostri errori, le nostre lacune, le nostre debolezze... Alla FIAT, dunque, hanno vinto momentaneamente i padroni, ha vinto la paura della fame... Nessuno si illuda che l’insuccesso del 29 marzo abbia inflitto un colpo decisivo alla CGIL. La più grande organizzazione, libera e unitaria, dei lavoratori italiani si è temprata e sviluppata nelle alterne vicende della lotta per l’emancipazione del lavoro. Essa è stata scalfita da vari insuccessi ma non è mai stata vinta... (Da «La "vittoria democratica" della FIAT», editoriale di Giuseppe Di Vittorio sul n. 15, del 10 aprile 1955, di «Lavoro», settimanale della CGIL).
  • Incuriosito dal protagonismo femminile, l’autore ha deciso di intervistare donne di diverse età con l’intento di conoscere più da vicino la loro esperienza, di scoprire come vivano il lavoro e i cambiamenti del mercato del lavoro, come si rappresentino se stesse e la vita, quali risposte e quale immaginario avanzino con loro. Avviato il percorso, è però accaduto che lo scambio e le relazioni con le donne intervistate abbiano lasciato il segno sulla linea di ricerca dell’autore mettendo in discussione concetti e categorie ritenuti inossidabili circa il lavoro, la vita, le motivazioni e i desideri. Ma lo scambio ha anche svelato come lo sguardo che cercava di capire cosa stesse capitando fosse quello di un uomo che stava provando a dialogare con donne, a mettersi in gioco, in un confronto non facile e spesso spiazzante, in tempi di ormai finalmente consolidata libertà femminile. Il libro è così cresciuto con le donne, con le protagoniste dei racconti e con alcune testimoni che, a partire dalla propria, hanno interrogato una generale esperienza femminile. Ed è questa esperienza che parla nel volume e che ha guidato, nella relazione stabilita dall’autore con le donne, il dipanarsi di tracce rilevanti di lavoro e di vita.
  • Nel 2009 la provincia di Modena compie centocinquant’anni. L’ordinamento dell’Istituzione Provincia, così come quello delle amministrazioni comunali, risale infatti al Regno d’Italia, che ne formulò una prima organizzazione fra il 1859 e il 1865. Sebbene tali istituzioni vengano spesso dipinte come soggetti votati alla conservazione, i mutamenti degli scenari socio-politici hanno in verità prodotto, di volta in volta, profonde modificazioni sulla loro natura. Così sembra essere stato anche per la provincia di Modena, la cui storia viene qui ripercorsa nel contesto dell’Italia liberale, fascista e repubblicana. L’indagine, curata dall’Istituto storico di Modena, si muove su piani diversi cercando di analizzare, oltre ai ruoli e alle funzioni dell’Ente, la cultura degli amministratori e le politiche che hanno caratterizzato la finanza locale, i servizi sociali, l’istruzione, la creazione di infrastrutture, i rapporti tra centro e periferia, i nuovi bisogni posti dai processi di modernizzazione in relazione alla specificità del territorio.
  • È davvero così difficile elaborare un modo laico e liberale di affrontare il problema della rinuncia all’accanimento terapeutico? O è possibile riconoscere, senza infingimenti, che esiste un diritto all’autodeterminazione personale, che esiste il principio dell’autonomia del singolo individuo? Medici, giuristi, storici, scrittori, teologi e sindacalisti discutono su un tema appassionante come quello del cosiddetto testamento biologico, denso di implicazioni religiose, morali, culturali, giuridiche, costituzionali. Nell’ottica del riconoscimento di una sovranità personale che consenta libertà di decisione e anche eventualmente di rinuncia alle cure, emerge un punto di contatto tra laici e cattolici che si rinviene nel paradigma del rispetto della persona umana. In questa nuova luce finisce con il diventare secondaria quella distinzione che invece viene oggi drammatizzata nel dibattito e che costituisce oggetto di una contrapposizione quasi violenta anche nelle proposte di legge in discussione, e cioè la differenza tra trattamento medico in senso stretto e strumenti cosiddetti di sostegno, come l’idratazione e l’alimentazione artificiale.