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È il mondo delle voci e dei suoni, con al centro la radio, l’oggetto di questo libro eccentrico quanto può esserlo la prospettiva dell’ascolto. Una cronaca in due tempi dove convergono elementi diversi per raccontare trasformazioni e possibilità di uno strumento alleato della complessità e delle domande dell’uomo, capace di formare comunità, inventarle, distruggerle, consolarle. Un primo movimento in studio, negli ambienti fantasmatici delle sale di registrazione, riflette sul senso dell’ascolto, oggi, in Occidente, a partire dall’esplorazione sonora del paesaggio italiano a opera dei maggiori scrittori delle ultime generazioni, per approdare alle scene di un radiodramma vivente incontrato negli scompartimenti di un treno o nell’istallazione sonora di un albergo dove rivive lo splendore acustico del passato. La seconda parte in viaggio, quando dalla provincia italiana l’autore allarga la sua esplorazione fino alle strade della Bosnia, agli slum di Nairobi, all’India dei musicisti itineranti. Come se allontanandosi, ci avverte, andando in luoghi dove l’ascolto è meno corrotto, tutto diventi più evidente e possa venire a depositarsi sui fondali del nostro desiderio di capire in maniera permanente. La scrittura di Pavolini, concentrata sulla ritmica discreta dell’ascolto, trae sostanza e forma proprio nello smarcarsi dall’autocompiacimento, tenendo però fermo il punto di partenza autobiografico e interiore. Questo è avvenuto per Accanto alla tigre, poi nel memoir Tre fratelli magri, e ora in questo nuovo libro dove ricuce intorno ad alcune esperienze del suo lavoro quotidiano ai programmi di Radio3 il destino più ampio dei mestieri intellettuali: «Un impasto in cui sembrano fondersi senza sforzo la finezza dei vecchi letterati con l’acribia dell’analisi e della documentazione» come scrive Goffredo Fofi nella postfazione.
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Il saggio fa il punto sullo stato dei diritti socio-educativi alla prima infanzia e di quelli educativi nel sistema italiano, mostrando come, da un lato, nel corso dei decenni si siano accumulati molti problemi complessi, dall’altro, sia in atto negli ultimi anni un processo di forte innovazione potenziale almeno sotto il profilo della programmazione. In particolare, a partire dalla seconda parte del decennio passato e, in maniera più decisa, a partire dall’inizio di quello attuale, l’Italia sembra voler investire molte risorse in tali servizi e nei diritti educativi dei minori. Allo stesso tempo a fronte di obiettivi ambiziosi e condivisibili, riportati soprattutto in atti di programmazione come Pnrr e Pangi, il saggio mette in luce quali sono i motivi per cui vi è il serio rischio di mancare tali obiettivi.
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Le autrici analizzano la trasformazione in corso nel mondo del lavoro, contrassegnata dall’emersione di nuove competenze e di nuovi fattori di rischio. La trattazione dei temi, non rivolta ai soli operatori del settore, è esposta con chiarezza e ricostruisce in modo rigoroso la realtà giuridica, dando conto della complessità delle questioni affrontate. Nella prima parte, il libro si occupa del tema della sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori quale componente essenziale del processo educativo della persona, alla luce dei grandi cambiamenti del lavoro. Il tema è esaminato con una particolare attenzione ai giovani, sulla base della convinzione che il contrasto al lavoro insicuro, sommerso e alle nuove forme di schiavismo richieda un’effettiva presa di coscienza di tutti i cittadini. Nella seconda parte del testo vengono esposti alcuni aspetti più strettamente connessi con il rapporto di lavoro. Nello specifico, il trattamento dei dati personali, in particolare quelli biometrici; gli algoritmi in grado di gestire le prestazioni lavorative attraverso piattaforme digitali. Da ultimo, il libro riflette sulla questione relativa al sostentamento del lavoratore, come conseguenza della sostituzione algoritmica del suo ruolo.
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Nel nuovo dialogo e confronto che si sono aperti tra donne e uomini permangono snodi cruciali solo sfiorati, e ciò che è iniziato a cambiare rischia di trasformarsi in nuovo stereotipo se non se ne riprende in mano la complessità, se non ci si assume il rischio di rimettere ancora in discussione quello che appare già conquistato. Vi sono quindi ambiti, aree di attenzione su cui appare necessario non solo continuare il lavoro di confronto e ricerca, ma riprenderlo anche con lo sguardo più critico, soprattutto là dove alcuni progressi, alcune sensibilità si sono mosse e una sottolineatura appagante di tutto questo rischia di fermare i processi di cambiamento. Ma vi sono anche situazioni così radicate nell’immaginario sociale di genere che non sono state per nulla toccate dal cambiamento degli ultimi decenni e non solo perpetuano recinti di segregazione, ma legittimano – se non sottoposte a critica – le culture che li hanno creati. L’esempio che viene più naturale ricordare è l’assenza maschile nell’educazione, ma anche le categorie a cui si ricorre nel contrasto della violenza o le forme con cui si reagisce alla rappresentazione del corpo femminile e del desiderio maschile schiacciati nella falsa alternativa tra rischio del «moralismo» e fuga nell’indifferenza. Nell’uno e nell’altro caso il volume si propone di identificare alcune tematiche che appaiono particolarmente significative o paradigmatiche e avviare su ciascuna una riflessione problematica, affidandola ogni volta a una donna o a un uomo, o ad ambedue, perché ne sappiano rivelare, anche esasperandole, le criticità e crucialità, al di fuori di ogni retorica accreditata anche dai più recenti mutamenti.
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I contributi di Carlo Ghezzi, Laura Pennacchi e Andrea Margheri ricostruiscono la figura di Silvano Andreani, politico ed economista italiano, e sono il frutto di un seminario organizzato dalla Cgil nazionale nel gennaio 2014. Se nell’intervento di Carlo Ghezzi emerge la ricchezza del profilo biografico e della sua biografia politico-sindacale; la testimonianza di Laura Pennacchi, nel ripercorrere gli anni della sua collaborazione al Cespe, analizza i tratti innovativi della sua cultura economica. Ai molteplici temi al centro delle sue riflessioni come militante e intellettuale è, invece, dedicato l’intervento di Andrea Margheri a partire dalle sue analisi geopolitiche, sino alle riflessioni sulla questione settentrionale, e alla crisi della rappresentanza democratica.
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Il datore di lavoro può proibire ad un’impiegata di fede islamica di indossare il velo nell’ambiente lavorativo? Può un ente locale tramite ordinanza imporre obbligatoriamente l’esposizione di un simbolo religioso nei suoi locali? Fino a che punto i lavoratori appartenenti a fedi minoritarie nel paese possono rivendicare orari di lavoro compatibili con le proprie esigenze di culto e festività religiose? Quali sono i precetti dell’Islam e quali le richieste che i suoi fedeli pongono alla società italiana? Quale modello di società e di relazione tra cittadini e migranti stiamo costruendo in Italia e in Europa? Come reagire giuridicamente alle discriminazioni per motivi religiosi? Sono queste solo alcune delle molte domande che con sempre maggiore frequenza emergono a fronte della trasformazione della società italiana in senso multiculturale e multireligioso. I saggi raccolti nel volume affrontano in maniera interdisciplinare questa complessa sfida posta al mondo del lavoro e alla società italiana nel suo divenire.
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Il pensiero di Simone Weil si è dimostrato, in questi anni, non solo di straordinaria attualità, ma persino in grande anticipo sui tempi. Quali idee potrebbero aiutarci allora a interpretare i cambiamenti del mondo contemporaneo e prefigurare i futuri possibili? Cosa ha da dirci Simone Weil sulle trasformazioni del lavoro sotto la pressione dell’automazione tecnologica, sulle crescenti disuguaglianze sociali, sul rapporto dell’essere umano con la natura o sulle più recenti teorie filosofiche che cercano di interpretare la realtà? Quali prospettive dischiude il pensiero di Weil relativamente alle questioni del senso religioso, dell’esperienza estetica, dello statuto della soggettività umana? Questo libro è una sorta di breviario per l’umanità che si avven- tura nelle regioni inesplorate del domani, e che può trovare nelle idee di Simone Weil una guida in grado di illuminare il cammino.
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Il libro analizza i caratteri e le peculiarità del sindacalismo italiano nei primi anni del Novecento, con particolare riguardo al pluralismo culturale e all’articolazione organizzativa delle diverse esperienze. Fu durante l’epoca giolittiana, infatti, che il movimento sindacale divenne una presenza influente nel quadro politico ed economico nazionale, sia come interlocutore autorevole (nelle sue componenti più moderate), sia come avversario indomito (nelle sue componenti più radicali) delle classi dirigenti. I diversi sindacalismi (riformista, rivoluzionario, anarchico, repubblicano e cristiano) composero uno scenario complesso, arricchito da ulteriori divisioni all’interno di ciascuna organizzazione e da interessanti contaminazioni tra le numerose correnti. Le soluzioni organizzative adottate e le scelte rivendicative avanzate furono molteplici, spesso radicalmente alternative, soprattutto quando entravano in relazione con il mondo della politica e delle istituzioni. Nello stesso tempo, il sindacalismo dell’epoca mostrò anche alcune significative tendenze comuni, nel rapporto con i lavoratori e con le imprese, con le associazioni e con i partiti. Inoltre, per la prima volta a livello nazionale, si manifestò in modo evidente e trasversale la natura duplice e ambivalente del sindacato, insieme soggetto di contestazione del sistema economico e politico, ma anche agente d’integrazione delle masse popolari nello Stato liberale e democratico.
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La Cgil è in una fase di passaggio delicata, che impone una verifica della sua capacità di rappresentanza sociale, connessa a condizioni di vita e di lavoro diverse dal passato. I cambiamenti in essere nel lavoro e nella società civile mettono a dura prova la tutela collettiva, l'assetto sociale, l'azione sindacale, il primato della regolazione negoziale In questo quadro il Sindacato si trova a dover far fronte a mutamenti rapidi, profondi e incessanti. Da ciò una ricerca promossa dalla Direzione generale e dal Dipartimento di organizzazione della Cgil, realizzata dall'Istituto Superiore per la Formazione (ISF), in preparazione al XIV congresso nazionale della Confederazione (Rimini, 6 - 9 febbraio 2002). L'indagine, condotta sulla base di un questionario strutturato a cui hanno risposto circa 22.000 persone, ha privilegiato quali destinatari della rilevazione i delegati ai Congressi della Camere del lavoro e si è proposta di conoscere valutazioni e giudizi su come, in sede sindacale, si ritiene possano essere affrontate trasformazioni di diversa natura, anche al fine di allargare la rappresentanza, elaborare una strategia condivisa, costruire un'organizzazione coerente, progettare una qualificazione efficace di delegati, quadri e dirigenti.
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Nel 1991 l’Ocse pubblicò una ricerca sulle tendenze delle adesioni al sindacato nel corso degli anni settanta e ottanta (Visser, 1991). La conclusione principale fu che i tassi di sindacalizzazione erano crollati nel decennio precedente in quasi tutte le economie industriali di mercato, capovolgendo la tendenza del dopoguerra in Europa. Dati più recenti dimostrano che il declino è proseguito durante gli anni novanta. Non tutti i paesi hanno condiviso il declino in maniera uguale, e la già ampia variazione nei livelli di sindacalizzazione tra i diversi paesi...
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La costruzione di coalizioni tra organizzazioni sindacali e altre forze sociali è diventata un fenomeno sempre più rilevante e dibattuto in letteratura. Diversi contributi hanno mostrato come queste pratiche siano più diffuse in alcuni contesti nazionali rispetto ad altri e che ciò deriva in misura preponderante dal livello di radicamento istituzionale dei sindacati all’interno di ogni sistema di relazioni industriali. Partendo da un’analisi della recente campagna «Fight for $15!» portata avanti da una coalizione di sindacati e organizzazioni delle comunità locali per organizzare e migliorare le condizioni di lavoro dei lavoratori dei fast-food negli Stati Uniti, il presente contributo riflette sulle ragioni che spingono i sindacati a costruire coalizioni con altri soggetti e analizza il rinnovato emergere di tali pratiche anche nel contesto italiano.