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Il decennio alle nostre spalle ha riproposto domande laceranti sul destino del lavoro. Sulla sua capacità, innanzitutto, di mantenere le antiche promesse di sicurezza, di cittadinanza, di reddito. Complice la crisi del vecchio compromesso fordista tra sicurezza e subordinazione del lavoro, che ha scompaginato sistemi di impresa, di relazioni industriali, di welfare. Complici, inoltre, storiche fragilità del capitalismo domestico e la miopia delle sue classi dirigenti. Non potendo più svalutare la moneta, si è scelto di svalutare il lavoro, rendendolo più precario. Contribuendo per questa via ad aggravare il declino competitivo del paese. Un'offensiva conservatrice che ha spiazzato il campo riformista, il quale è rimasto sulla difensiva. Per le numerose ragioni esaminate da Michele Magno - dirigente della Cgil prima e ora dei Democratici di Sinistra - tra cui ne spicca una: il rapporto non risolto tra lavoro e sviluppo, tra innovazione e giustizia sociale, nelle diverse culture politiche del riformismo italiano. In questo senso, come sottolinea Alfredo Reichlin nella prefazione, con il libro di Magno il problema del lavoro torna a interrogare la sinistra e il sindacato sui loro fondamenti sociali come sui loro valori e sulle loro prospettive strategiche.
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In questo libro sono raccolte venti conversazioni con madri, figlie, sorelle e mogli, che ci riportano le figure di sindacalisti, magistrati, giornalisti, uomini delle forze dell’ordine e persone comuni, tutte per sempre costrette al silenzio per mano di mafia. È un percorso nella memoria storica siciliana che si compie in un momento difficile, come l’attuale, in cui da troppe parti si sostiene che parlare di mafia nuoce alla Sicilia e alla sua immagine. Le donne raccontano e si raccontano, andando al di là del dolore e affrontando anche temi di stringente attualità: l’impegno per la legalità e la convivenza civile, la difesa dei diritti di libertà e giustizia, la lotta alla connivenza e all’omertà. Poi da queste storie emergono anche emozioni diverse, con ricordi e aneddoti che ci fanno conoscere qualche cosa in più dell’aspetto umano e privato delle persone ricordate. È un racconto corale, con diverse protagoniste, nel quale, come sul palcoscenico di un teatro, ognuna aggiunge un tassello alla storia di tutte, cercando di colmare il vuoto di memoria che purtroppo accompagna tante di queste drammatiche vicende. Accanto alle parole delle donne, ci sono poi le fotografie che le ritraggono, spesso con oggetti e ricordi delle persone che non ci sono più. L’idea del libro è nata dall’incontro determinante avuto nel maggio 2003 dall’autrice con Felicia Bartolotta, madre di Peppino Impastato. A lei, in particolare, il libro è dedicato.
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L’istituto delle primarie, tipicamente americano, è ormai approdato su quest’altra sponda dell’Atlantico, anche nel nostro paese. Se dovesse espandersi esso non modificherebbe solo la modalità di selezione dei candidati, ma l’intero funzionamento del sistema democratico. Infatti, l’attrattiva che le primarie esercitano deriva dal fatto di essere viste come una possibilità di partecipazione più diretta dei cittadini alla vita politica. Ma siamo sicuri che queste aspettative siano ben riposte? E' proprio l’esperienza americana che dovrebbe invitare a una maggiore cautela. Servendosi di una documentazione di prima mano, questo libro ricostruisce appunto il contesto, le ragioni e le modalità che un secolo fa diedero luogo negli Stati Uniti alla prima comparsa delle primarie, per iniziativa del movimento progressista. E mostra come gli effetti di quest’innovazione abbiano deluso molte delle aspettative, provocando piuttosto una drammatica smobilitazione dei partiti e della partecipazione di massa. In base all’analisi di quest’esperienza, quindi, il libro avanza indirettamente una serie di domande sulle problematiche che l’uso delle primarie propone al di fuori del contesto originario in cui furono concepite.
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Il processo lavorativo senza soggetto che ha contraddistinto i due secoli passati, in forza degli attuali mutamenti organizzativi e produttivi, tende a caratterizzarsi con la ripersonalizzazione del lavoro. L’attività lavorativa come atto d’essere della persona è sempre di più considerata come il dato di valorizzazione e qualificazione della nuova modernità del lavoro. In questo essere della persona sono contenuti il tempo reale delle tecnologie, i saperi e le esperienze, con modalità della prestazione di relazioni e informazioni, di polivalenza e di polifunzionalità che, distanziandosi dalla prestazione taylorista, segnano oggi i rapporti di lavoro industriali. Il sindacato è chiamato a rappresentare questo cambio d’epoca. In gioco è infatti un processo, secondo la tendenza delle aziende, di colonizzazione dell’anima e delle capacità cognitive delle persone, oppure l’occasione perché si affermi una personalità produttiva che si evidenzia con la libertà nel lavoro, con il tempo, con le possibilità della persona. Franco Farina, della Fondazione Metes della Flai-Cgil, traccia un quadro in cui il rigore e il segno innovativo dell’analisi si muovono in un intreccio originale tra aspetti conoscitivi, esperienze concrete e considerazioni sui temi sindacali, quali la professionalità, la produttività, il tempo di lavoro. Una elaborazione che si offre come un contributo all’attuale dibattito sindacale e scientifico sul futuro del lavoro.
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Trent’anni dall’omicidio di Pier Paolo Pasolini e già si sente il rullare dei tamburi intorno a lui, alla sua tragica morte, al suo lavoro di poeta e di regista, alla sua appassionata capacità di intervento sui temi più acuti non solo italiani. È un rullare che spesso è soffocato dai toni sinistri e scandalistici delle cronache postume sulle circostanze della morte e da una difficoltà a chiarire molti aspetti della triste vicenda avvenuta il 2 novembre del 1975, ancora avvolta da dubbi e da sospetti. È una vicenda che resta aperta in attesa di parole serie e definitive, mentre la Tv, dando voce al suo assassino Pelosi, ha rilanciato l’ipotesi di un agguato omicida perpetrato da più persone. Ma chi era, anzi chi è, Pier Paolo Pasolini? Italo Moscati, che ha già studiato e raccontato il grande personaggio - amato soprattutto dai giovani senza distinzioni ideologiche, ma anche odiato e vilipeso da chi non gli perdona di avere sempre ubbidito al forte bisogno di cercare una parola di verità su cui discutere senza pregiudizi -, torna ad occuparsene, proponendosi di cogliere la lezione pasoliniana. Una lezione che consiste nel continuare a interrogarsi e a interrogare, senza rinunciare a prendere posizione. Quante volte, pensando a Pasolini, ci si è chiesti e ci si chiede: cosa penserebbe lui, lui autore dei mordenti «scritti corsari», della vita di oggi, dei temi della clonazione, della crisi della politica, del terrorismo internazionale, della guerra, anzi delle guerre, e così via. Avvolta da brume cupe, la storia del poeta e del regista diventa trasparente se la si esamina con il distacco del tempo e con l’onestà di riconsiderare e approfondire il personaggio e la sua storia.
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Con questo volume, attraverso la sistemazione, la raccolta e l'utilizzo delle differenti fonti a disposizione, ci si è proposti di ricostruire e documentare la storia delle leghe contadine dei Castelli Romani e la memoria di chi le diresse, evidenziandone il ruolo svolto nelle lotte per la terra all’indomani del secondo conflitto mondiale e fino alla conclusione degli anni cinquanta. Il libro connette la ricostruzione e l’analisi locale con i tratti propri della contestuale vicenda nazionale sia sul piano politico e sindacale, sia rispetto grande alla trasformazione del mondo contadino e bracciantile che sotto la spinta di un radicale processo di modernizzazione industriale i Castelli Romani, il Lazio, Roma e l'Italia tutta si stavano avviando a conoscere. Trasformazione che in quegli anni vede il ribaltamento definitivo dell’asse rappresentato dal mondo dell’agricoltura e dei contadini a favore del comparto industriale e che conseguentemente, nello stesso settore agricolo, influenza una inevitabile progressiva trasformazione delle lotte, dei loro metodi e dei loro contenuti. La conclusione del grande ciclo delle battaglie per la terra e delle occupazioni avviene infatti con l’apertura di nuovi scenari e l’ingresso di nuovi protagonisti: l’avvio delle lotte volte alla conquista dei diritti sociali e di un quadro contrattuale stabile e definito, il protagonismo delle donne nel lungo percorso verso la parità salariale, la centralità dell’azione sindacale e politica messa in campo dai piccoli contadini produttori figli della legislazione di riforma varata a cavallo tra gli anni quaranta e cinquanta.
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Il Rapporto, realizzato dalla Associazione SocietàInformazione, è promosso dalla CGIL nazionale in collaborazione con il Coordinamento nazionale delle Comunità di accoglienza (CnCa), con ARCI, Legambiente, Antigone e Forum ambientalista, vale a dire con le associazioni italiane tra le più autorevoli, rappresentative e territorialmente diffuse che sono impegnate sulle problematiche trattate dal Rapporto. Fotografa lo stato dei diritti e analizza le politiche utili per una loro maggiore affermazione a livello locale e globale, italiano e mondiale. È diviso in quattro sezioni, Diritti economico-sindacali; Diritti sociali; Diritti umani, civili e politici; Diritti globali ed ecologico-ambientali, articolate in diciassette capitoli. In ognuno dei capitoli viene analizzato e definito il punto della situazione e vengono delineate le prospettive del 2005. L’analisi e la ricerca sono corredate da ampie cronologie dei fatti, da approfondite schede tematiche, dai dati statistici più aggiornati, da un accurato glossario, dai riferimenti bibliografici e web e dall’indice dei nomi citati. Il Rapporto, unico nel suo genere, è uno strumento fondamentale per arricchire la formazione e supportare l’attività quotidiana di quanti operano nella scuola, nell’informazione, nella politica, nel mondo del lavoro, delle professioni sociali, del volontariato e del non profit. Contributi di: Antigone, Arci, Cgil, CnCa, Forum ambientalista, Legambiente.
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1° maggio 1947 verso le dieci del mattino, è la strage di Portella della Ginestra, trentotto tra morti e feriti, tra essi donne e bambini. La vicenda è nota: il Primo maggio, per la festa dei lavoratori, gli abitanti di tre paesi siciliani avevano l’abitudine di riunirsi nell’ampio pianoro tra le montagne dell’interno: qualcuno sparò sulla folla inerme e uccise. Il pianoro, di una rara bellezza naturale, era un punto di confluenza perfetto per fare ritrovare la gente dei paesi limitrofi. In quegli anni in Sicilia c’era stata l’occupazione delle terre e nelle campagna si respirava un’aria di festa, di liberazione, i siciliani con le loro lotte si schieravano sempre di più per il rispetto dei loro diritti, per il lavoro e la libertà. La strage, insieme al massacro di ottanta sindacalisti, segna per quegli anni la fine di ogni speranza. La Sicilia, lasciata alla mafia, ripiomba nella prigionia, nell’abbandono e comincia la grande emigrazione che impoverirà l’isola. A poco a poco la strage di Portella della Ginestra diventa per i siciliani un racconto del mito, una sorta di avventura del dolore fuori dal tempo e da ogni luogo, segna la caduta. Ed è questo sentimento di sconfitta che il poema di Beatrice Monroy, palermitana e scrittrice di teatro, ripropone nel tentativo di riprendere in mano una storia i cui mandanti sono ancora ufficialmente ignoti. Alcune foto realizzate dall’autrice vogliono segnare come pagine di un diario il volto attuale della Sicilia.
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Il 2004 è stato occasione di ricorrenze di molti ed importanti eventi che in modo diverso hanno segnato la storia sociale e politica d'Italia lungo il Novecento. Con la loro celebrazione, la Fondazione Giuseppe Di Vittorio ha inteso rileggerne criticamente genesi e impatto, allo scopo di contribuire, attraverso la ricostruzione della memoria, alla migliore e netta comprensione dei fondamenti dell'identità democratica del nostro paese. Il volume raccoglie i contributi e gli approfondimenti sviluppati per alcune delle iniziative più significative realizzate dalla Fondazione, le quali, per il dipanarsi lungo il corso del secolo degli avvenimenti ed anche delle tragedie a cui si riferiscono, forniscono una chiave di lettura unitaria di passaggi chiave del grande movimento sociale che si è espresso nel Novecento. Cominciando dal 1904, secondo scansioni decennali, vengono così presi in esame l'eccidio di Buggerru e la proclamazione del primo sciopero generale in Italia, la settimana rossa di Ancona e l'assassinio di Giacomo Matteotti, risalendo progressivamente lungo il secolo fino a scavare nell'operato di grandi personalità sindacali e politiche del nostro paese, quali Giorgio La Pira, Oreste Lizzadri e Agostino Novella.
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Gli Annali della Fondazione Giuseppe Di Vittorio si propongono come strumento per l'analisi del mondo del lavoro. Un'analisi condotta in primo luogo sul piano storico che si integra con l'indagine economica e giuridica e si arricchisce con la strumentazione propria delle scienze sociali. Gli Annali hanno una struttura monografica flessibile che si articola in diverse sezioni. Questo primo numero si misura con il tema del welfare, nodo centrale del dibattito politico e sindacale attuale, ma al tempo stesso anche osservatorio privilegiato per ripercorrere, alla luce della comparazione tra i diversi modelli sociali esistenti, la storia del rapporto tra Stato, lavoratori e cittadini. Il numero comprende una lunga intervista in cui Bruno Trentin propone un ripensamento del Piano Beveridge in un'ottica di lettura del passato con lo sguardo al presente. Laura Pennacchi analizza poi l'economia e il welfare degli ani Novanta in Europa e negli Stati Uniti, confutando la tesi neoliberista di una crisi generalizzata del modello sociale europeo. Grande rilievo è assunto dalla comparazione internazionale delle diverse esperienze di welfare che, affidata a specialisti di prim'ordine dei diversi paesi, attraverso specifici saggi viene riferita a Gran Bretagna, Olanda, Belgio, Francia, Germania, Spagna, paesi scandinavi, paesi in via di transizione dell'ex Unione Sovietica e Stati Uniti. Completano gli Annali tre lavori che rispettivamente forniscono una rilettura della produzione bibliografica sul welfare negli anni Ottanta e Novanta, la mappatura dei fondi sindacali che raccolgono documentazione sulle politiche di welfare, la costruzione di una puntuale sitografia sul welfare in Europa e negli Stati Uniti. Le sezioni degli Annali e gli autori dei saggi: Tra memoria e quotidianità: Alba Orti Verso un modello sociale europeo: Bruno Trentin, Laura Pennacchi Fili da tessere: John Monks, Richard Exell, Anton Hemerijck, Ian Olsonn, Katharina Müller, Carme Molinero, Marie Gottschalk Strumenti: Gianni Silei, Teresa Corridori, Maria Paola Del Rossi, Francesco Giasi.
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Ritrovare l’Istria, raccontare tutta la storia di questa terra e guardare al futuro. È possibile fare tutte e tre queste cose insieme? Forse oggi la risposta è finalmente positiva. Caduti i muri della guerra fredda, le pagine bianche della nostra storia recente cominciano ad essere conosciute più largamente. E si possono affrontare il dramma delle foibe, l’esodo dei giuliano-dalmati, ma anche la guerra di aggressione alla Jugoslavia e la repressione fascista. Ma l’Istria è una sfida anche per il nostro presente. Come altre terre di confine nel nostro continente, questa regione può oggi tornare ad essere luogo di incontro pacifico tra popoli e culture diversi. Con l’integrazione europea i confini non si spostano con le armi: devono invece perdere sempre di più il loro significato di barriera e di esclusione. Riusciremo a costruire una riconciliazione piena che guardi al futuro e non sia smemorata? Le voci raccolte in queste pagine dedicate all’Istria dicono di sì: e il fatto che lo facciano con toni e ragioni diverse fa ben sperare. Sono stati intervistati: Giorgio Benvenuto, Silva Bon, Marina Cattaruzza, Gianni De Michelis, Riccardo Devescovi, Galliano Fogar, Roberto Gualtieri, Riccardo Illy, Predrag Matvejevi´c, Raoul Pupo, Gianni Oliva, Sergio Romano, Giacomo Scotti, Lucio Toth, Maurizio Tremul, Nevenka Troha, Luciano Violante, Demetrio Volcic.
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Questa Guida Inca tratta la frammentata e contraddittoria materia dell’invalidità civile per offrire uno strumento di facile consultazione non solo agli operatori del settore ma a tutti coloro che vogliono saperne di più sia sulle prestazioni economiche sia sugli altri diritti esigibili da parte dei cittadini italiani e stranieri. Con particolare attenzione si individuano i soggetti aventi diritto alle prestazioni e si esaminano le varie fasi dell’iter amministrativo e il contenzioso giurisprudenziale. L’importante richiamo al processo di decentramento amministrativo di compiti e funzioni dallo Stato alle Regioni rende la guida uno strumento di grande attualità. Allegato al volume un CD rom che contiene un’ampia appendice legislativa.