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Il volume espone i risultati di una grande inchiesta sui cambiamenti del lavoro, sicuramente la più rilevante per dimensioni realizzata negli ultimi anni con i suoi circa 23 mila questionari raccolti. La ricerca, promossa dai Democratici di sinistra e da l’Unità, è stata condotta da un gruppo di studiosi ed esperti, e ha indagato gli atteggiamenti, le opinioni e le aspettative di un ampio spaccato di lavoratori italiani, molti dei quali hanno risposto al questionario on line. I risultati che qui vengono presentati forniscono dati di grande interesse e stimolano ulteriori riflessioni: i lavoratori coinvolti si dicono in media soddisfatti del loro lavoro, ma si sentono più insicuri rispetto al passato; il lavoro migliora nei contenuti e nella qualità, anche se non in modo omogeneo in tutti i comparti produttivi; nello stesso tempo crescono ansie diffuse e insicurezze verso il futuro che riguardano tanto la stabilità del posto di lavoro quanto la stabilità sociale del lavoro stesso e il suo spazio nella società italiana. Ne emerge un ritratto vario e mosso, che vede in transizione il mondo del lavoro, caratterizzato da evoluzioni positive, come quelle della maggiore scolarità e formazione, ma anche da nuovi disagi e dalla persistenza di una irrisolta questione alariale. Un mondo del lavoro - o piuttosto dei «lavori» plurali - analizzato con le sue ansie e le sue speranze, che sul piano politico si indirizzano prevalentemente verso le prospettive di successo del centro-sinistra. In sintesi la ricerca costituisce un vero e proprio censimento dei problemi e delle domande che vengono dai lavoratori e che chiamano in gioco il ruolo e l’azione dei soggetti di rappresentanza sociale e politica.
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I millenni trascorsi non sono stati sufficienti ad affrancare l’uomo dalla schiavitù. Essa assume ancora forme camaleontiche tali da nascondersi persino tra le pieghe del diritto e dei principi di libertà e solidarietà su cui poggiano le proprie basi le moderne democrazie. Il filo conduttore dell’argomento affrontato nel volume ruota attorno al concetto di massimo utilizzo di oggetti, di animali, di piante e di esseri umani fin da quando ne viene percepita l’utilità da parte dei possessori a qualsiasi titolo. Sparita la percezione di utilità, con vari sistemi si pone in essere un’attività finalizzata all’unico obiettivo di disfarsi dell’inutile. Sia esso oggetto, pianta, animale od essere umano, schiavo per l'occasione nella migliore delle ipotesi. L’autore non ha la presunzione di proporre soluzioni universali. Si limita ad un invito a riflettere e ad acquisire consapevolezza circa i pericoli che corre l'umanità se si continuano ad esasperare le tendenze al dominio di pochi su tanti.
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Il lavoro ben organizzato, oltre a produrre reddito, diventa una componente importante del welfare, in quanto assicura benessere ai singoli, donne e uomini, dando stabilità ai legami sociali e fiducia nel futuro. La guida propone alcune linee di intervento che attengono al welfare, ponendosi dal lato delle imprese e guardando soprattutto agli attori impegnati a creare benessere organizzativo. L’esperimento consiste nell’adottare un’ottica di genere per aprirsi a una visione sociale del lavoro, a vantaggio di donne e uomini. Dopo aver mostrato come la produzione di benessere all’interno delle organizzazioni trovi rispondenza nel contesto locale, si offrono chiavi di lettura per scoprire i tratti maschili, falsamente neutri, della cultura organizzativa, portando esempi di interventi nel settore pubblico e privato nei quali risalta il ruolo attivo delle donne, dirigenti e amministratrici di enti locali. L’attenzione si sposta poi sulla qualità del territorio, passando dai miglioramenti nelle aziende a quelli per la vivibilità fuori dal lavoro. La guida suggerisce come collocare le iniziative per rendere «gradevole» il lavoro nel contesto unitario del territorio; una sorta di «piano dei piani» per lavorare con piacere.
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Tre Camere del lavoro della Cgil (Ferrara, Mantova e Verona), sostenute dai rispettivi segretari organizzativi regionali e accompagnate operativamente da Ires Veneto, hanno avviato nel 2007 un’ampia ricerca sui propri funzionari, tesa a indagare le caratteristiche socio-anagrafiche, l’articolazione delle attività e i conseguenti livelli di soddisfazione/insoddisfazione lavorativa, le competenze e l’evoluzione professionale dei sindacalisti. Sono stati raccolti 303 questionari (90 per cento del totale distribuito) e si sono svolte 36 interviste semi-strutturate al personale politico...
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«Mannaggia la miserìa», con l’accento sulla seconda «i», è un’imprecazione ricorrente tra gli immigrati marocchini che vivono nel ghetto di San Nicola Varco, un mercato ortofrutticolo abbandonato nel cuore della Piana del Sele, vicino a Salerno. In quel mercato non si comprano né si vendono i prodotti della terra. C’è altra merce. Ci sono braccia, tante braccia. Con un linguaggio teso e una narrazione incalzante il testo denuncia le condizioni di vita e di lavoro estremamente degradate di un nucleo di settecento immigrati marocchini occupati in agricoltura. Storie raccontate in prima persona, descrizioni impietose di una quotidianità fatta di situazioni abitative disumane, in tuguri senza luce e senza acqua, e segnata da fatica e sfruttamento nelle campagne dominate dal caporalato e dal lavoro nero. Ricorrendo alla forma del racconto, il libro dà voce alle storie personali di una comunità inconsapevole di essere diventata tale. Prendono corpo così tante vite invisibili e sbriciolate, ma anche la voglia e il tentativo di delineare proposte e percorsi utili per la costruzione di un progetto di riscatto.
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In vaste aree del territorio italiano la delinquenza organizzata condiziona lo sviluppo, «affama» i soggetti più deboli, crea emarginazione, impedisce ogni forma di vita associativa e nega ai giovani la speranza del futuro. Con la strage di sei giovani ghanesi a Castel Volturno si è raggiunto l’apice di un clima di violenza e di terrore, che ha portato alla ribalta dell’opinione pubblica una delle mafie più potenti del territorio casertano, quella dei cosiddetti «casalesi». Eppure in quelle realtà sono anche in campo esperienze diffuse di resistenza civile e di cittadinanza attiva rivolte a far progredire, attraverso l’educazione permanente, una cultura della legalità che possa realizzare un vero argine sociale di contrasto e di lotta ai modelli finora vincenti della camorra. L’autore racconta alcune di quelle esperienze facendoci constatare, con la memoria e l’aiuto di tanti protagonisti, come anche in un territorio così difficile sia possibile ricostruire percorsi di liberazione e messaggi di speranza. La sfida è assai ardua, ma è la sola che possa restituire prospettive di futuro e di dignità ai giovani e ad intere popolazioni di Terra di Lavoro e di grandi aree del Mezzogiorno. Le storie narrate nel volume dimostrano che oggi è possibile combattere e vincere la criminalità organizzata se, in questa battaglia, alle istituzioni si uniscono le strutture organizzate della società civile. menzione speciale Premio Sele d’Oro Mezzogiorno - XXV ed.ne
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Gli anni dell’università di Padova sono stati molto importanti per Bruno Trentin. A meno di due mesi dal suo rientro dalla Francia, dove fino ad allora aveva vissuto con il padre Silvio e la sua famiglia fuoriusciti a causa del fascismo, il 1° novembre del 1943 Trentin si iscrive alla Facoltà di giurisprudenza, dove si laurea il 16 ottobre 1949. In questo volume viene pubblicata per la prima volta la sua tesi di laurea, relatore Enrico Opocher, che reca il titolo «La funzione del giudizio di equità nella crisi giuridica contemporanea (con particolare riferimento all’esperienza giuridica americana)». Tra l’inizio e la conclusione della sua esperienza universitaria ci sono la guerra partigiana che Bruno Trentin combatte nel Veneto e a Milano nelle file di Giustizia e Libertà, e l’impegno politico come responsabile nazionale dei giovani del Partito d’Azione. Dopo lo scioglimento del PdA nel 1947 continua a fare politica, ma senza tessera. Si iscriverà poi al Partito Comunista e lo farà presumibilmente nel 1950. È allegato al volume un Dvd che ricostruisce il suo corso di studi e contiene la sua testimonianza sull’appello agli studenti contro il fascismo lanciato dal rettore Concetto Marchesi. Nel libro è presente, inoltre, un vero gioiello: una lettera inedita di Bruno Trentin a Gaetano Salvemini del 1952. Si tratta di una lunga lettera, che trae spunto da un articolo del professore, amico di suo padre e che Bruno aveva conosciuto a New York nel 1947, sul caso Angelo Tasca, accusato di doppiogiochismo e che Salvemini invece assolve e giustifica, al contrario di Bruno e dei suoi fratelli. Nella lettera Trentin, oltre a contestare la posizione di Salvemini su Tasca, illustra la sua visione della Resistenza, il suo stato d’animo nei confronti della guerra fredda già in atto nel mondo e annuncia la sua adesione al Partito Comunista.
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Il libro raccoglie una serie di saggi e interventi di urbanisti e sindacalisti. Nella prima parte si esaminano le caratteristiche di fondo delle trasformazioni attuali della città e del lavoro, le due vittime principali del neoliberismo, così come sono emerse alla fine del 2008 dall’European social forum di Malmö. Nella seconda parte del volume vengono poi esplorati alcuni aspetti nodali della situazione italiana: i processi di espulsione e di segregazione, la questione drammatica della casa, i problemi della dimensione sovracomunale, e alternative possibili allo «sviluppo» in atto. Nella terza parte si illustrano infine le esperienze di lavoro sulla città e sul territorio compiute dalle Camere del lavoro di Bologna, Modena, Reggio Emilia, Ferrara, Padova, Venezia, Vicenza e Roma. Si tratta di esperienze assai significative, realizzate coinvolgendo gli abitanti dei diversi territori e affrontando le varie problematiche che, dagli sfratti all’assenza degli spazi pubblici, spesso in modo drammatico, vengono proposte ai cittadini e ai lavoratori dall’incalzare degli attuali meccanismi economici e di potere. Conclude il volume l’esposizione dei contenuti necessari a un’idea alta di pianificazione del territorio che, assicurando risposte adeguate ai diritti dei lavoratori e degli abitanti, riconduca la politica alla responsabilità dei cittadini, insieme con il documento approvato al Forum sociale europeo di Malmö.
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Dopo il tramonto della Guerra fredda, il panorama internazionale è rapidamente mutato. Nell’ultimo ventennio disgregazioni statali, globalizzazione, guerre asimmetriche, sicurezza energetica, potenze militari ed economiche emergenti hanno dato vita ad uno scenario nuovo e in continua evoluzione, prevalentemente nel continente eurasiatico. La posizione di Europa e Stati Uniti appare oggi meno solida che in passato. I problemi di forte dipendenza energetica e la rinascita politico-economica di Mosca sono tra le principali cause di questa nuova precarietà: la Russia riscopre la sua identità eurasiatica e cerca di acquisire potere e influenza sia in Europa, dove controlla i rifornimenti energetici ed esercita forti influenze economiche e politiche soprattutto ad Est, sia in Asia, dove, insieme ad altre potenze nucleari come Cina, India e Pakistan, tenta di contrastare il ruolo internazionale della Nato e degli Stati Uniti. Il libro ricostruisce e descrive il mutamento degli equilibri internazionali, lo spostamento del baricentro geopolitico da Occidente a Oriente, dimostrato anche dai tentativi di allargamento del G8, e le forti resistenze al processo in atto, che coinvolge più continenti in un gioco complesso e articolato i cui esiti sono ancora tutti da definire.
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Gli italiani, grazie alla loro grande capacità di risparmio, hanno accumulato un patrimonio che li colloca tra i ricchi del mondo. Sotto una situazione mediamente buona si scoprono tante disuguaglianze e situazioni di vera sofferenza. Negli ultimi 15 anni sono cresciute, più che in altri paesi, le differenze sociali. Gli operai, che continuano a essere la classe sociale più rilevante, non progrediscono dal 1992. L’Italia, vocata all’investimento immobiliare, è stata contagiata dal virus della finanza facile. L’abnorme peso della finanza è una delle ragioni dei bassi tassi di sviluppo del Paese dalla crisi del 1992-93. Nella bassa crescita i più ricchi vogliono mantenere alti margini, a danno di tutti gli altri. È già aperto il conflitto, su chi pagherà i costi della crisi. È iniziato l’assalto alla CGIL ostacolo alla riduzione delle retribuzioni e delle pensioni. La sinistra è in profonda crisi d’identità e di rappresentanza, mentre gli operai l’abbandonano. Il vuoto lasciato dai partiti di massa è riempito da una oligarchia sempre più ricca, proprietaria dei mezzi di comunicazione, che condiziona partiti sempre più mediatici. L’Europa potrebbe diventare il motore di un nuovo modello di sviluppo nella pace, capace di affrontare le grandi sfide demografiche, ambientali e sociali. Il libro, partendo da una rigorosa analisi dei dati oggettivi, traccia un quadro realistico della situazione individuando ricchezza e povertà in Italia e tenendo alta l’attenzione sulle diseguaglianze e sulle mistificazioni della finanza e dell’informazione che sono alla base dell’ultima gravissima crisi economica. Attraverso i numeri e le percentuali, porta a galla problematiche concrete alle quali vengono opposte alcune interessanti soluzioni.
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La crisi dei mercati internazionali esplosa negli USA nell’ottobre del 2008, con la recessione di portata mondiale che quella crisi ha innestato, impone di impostare con urgenza le politiche economiche necessarie per impedire che le economie italiana, europea e mondiale si avvitino in una spirale recessivo-deflattiva. Il volume esamina pertanto le conseguenze e le prospettive della crisi e cerca di fornire proposte utili per difendere le condizioni di vita e di lavoro delle fasce più deboli, dei lavoratori che rischiano di perdere il posto di lavoro, dei precari senza protezioni sociali, salvaguardando i redditi più bassi sia da lavoro che da pensione. Dal Rapporto emerge come proprio l’aumento delle diseguaglianze di reddito rappresenti la ragione di fondo dell’esplosione della crisi finanziaria che scuote il mondo: si è tentato infatti di surrogare la caduta della domanda determinata dalla caduta dei redditi reali del mondo del lavoro, con una crescita della domanda fondata sul debito privato nel caso del modello USA, e di quello pubblico nel caso italiano. Con la crisi del 2008 si chiude rovinosamente la lunga egemonia delle politiche neoliberiste e di deregulation, inaugurate dall’era Reagan e Thatcher e portate avanti dai governi della destra negli USA e in Europa. Si è così aperta oggettivamente nella storia del mondo una fase in cui dovranno essere costruiti nuovi paradigmi e regole dello sviluppo economico e sociale tanto nei singoli paesi che a livello globale.
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L’obiettivo del volume, che coniuga lo stile diretto di un pamphlet con le riflessioni analitiche di studiosi dei media e dei processi politici, è mettere a fuoco le ragioni che hanno contribuito alla sconfitta delle sinistre, offrendo stimoli utili per rivedere le categorie con le quali le scienze sociali hanno tradizionalmente interpretato la società italiana e che oggi si rivelano inefficaci nel comprendere il mutamento in atto. Le ultime elezioni sono ricostruite criticamente attraverso alcuni snodi problematici: le ipotesi strategiche adottate dai soggetti politici che non hanno retto alla prova dei fatti; le scelte comunicative all’insegna del buonismo e del bon ton; la costruzione mediatica di un senso generalizzato di insicurezza. Gli autori esplorano poi le convinzioni, i giudizi, i consumi culturali degli elettori «indecisi», in particolare di sinistra, e cercano di rispondere a domande cruciali: quante Italie emergono dal voto? Quali contrapposizioni si cementano e quali si annullano? Che peso ha avuto il radicamento sul territorio? E quali scenari si aprono sul futuro, per recuperare il terreno perduto?