• Tra gli anni Sessanta e Settanta il Sannio ha subìto, in poco più di un decennio, una repentina trasformazione passando da società prevalentemente agricola a società postindustriale. Un cambiamento radicale e accelerato che ha polverizzato molto spesso la memoria di ciò che era stato prima e ha bruciato tappe e scansioni di modelli economici tradizionali, lasciando poco spazio alla sedimentazione del tessuto sociale e producendo forti elementi di lacerazione, come l’intenso flusso migratorio dai piccoli centri rurali. In questo volume si ripercorre la storia di questo rapido mutamento attraverso la lente di ingrandimento del lavoro, utilizzando un’ottica interdisciplinare. L’analisi storica, economica e sociologica si intreccia così all’etnomusicologia, l’iconografia e la cinematografia, per recuperare esperienze tradizionalmente escluse dalla narrazione storica ufficiale.
  • Dopo sessanta anni di war on drugs è evidente il fallimento delle politiche proibizioniste sulle droghe. Queste sono sempre di più, prodotte in maggior quantità e consumate da un numero di persone che cresce a ritmo doppio rispetto alla popolazione mondiale. A partire dalle violazioni dei diritti umani, l’evidenza dei danni diretti e indiretti della repressione, sinora al centro delle politiche pubbliche sulle droghe, ha incrinato il fronte proibizionista. Riconducendosi all’obiettivo delle convenzioni sulle droghe, la tutela della salute, alcuni Stati hanno avviato politiche di regolamentazione legale della cannabis, ritenendolo un modo migliore di controllare la sostanza più diffusa e consumata. Uruguay, Canada, 19 Stati Usa e più recentemente Malta hanno avviato politiche che mirano a sottrarre alle narcomafie il mercato della cannabis, garantire la qualità della sostanza per coloro che la consumano e prevenire in modo più efficace gli usi problematici della stessa. I primi risultati sono positivi, sia in termini di salute e sicurezza pubblica, che dal punto di vista economico. La legalizzazione della cannabis non può più considerarsi un salto nel vuoto ma una alternativa efficace alla repressione.
  • L’articolo si concentra sulle ragioni sociali e politiche che hanno spinto a proporre il referendum per la cannabis legale, e risponde alle obiezioni della Corte Costituzionale che lo ha dichiarato inammissibile. In particolare, sono discussi i vincoli che deriverebbero dalle Convenzioni internazionali al cambiamento della normativa, per via referendaria e per via parlamentare. Infine, si indicano le prospettive politiche per la più vasta riforma delle politiche di contrasto a (tutte) le droghe, dietro la spinta del movimento per la legalizzazione della cannabis.
  • L’emergere di un’economia basata sulla produzione e sulla circolazione di conoscenza è considerato uno dei fatti fondamentali della società attuale. Il contributo approfondisce il rapporto tra impresa e società che si configura nel «capitalismo della conoscenza» e le sue ambivalenze principali: quelle tra mercato e cooperazione, tra partecipazione e verticalizzazione dei processi decisionali, tra autonomia del lavoro e neotaylorismo. In secondo luogo analizza le caratteristiche principali delle mobilitazioni nell’ambito dei settori della conoscenza avvenute in Italia in questi anni, ponendole in relazione con queste ambivalenze. Se la conoscenza è un elemento rilevante del capitalismo contemporaneo, infatti, i lavoratori della conoscenza ne sono l’elemento chiave, la cerniera tra settori tradizionalmente ad alto contenuto di conoscenza e gli altri settori. L’analisi del rapporto tra impresa e società nell’economia della conoscenza declinato attraverso i «lavoratori della conoscenza» – e in particolare i lavoratori dell’università e dello spettacolo – mostra che le rivendicazioni, l’autonarrazione e i frame proposti incorporano una specifica analisi del ruolo della conoscenza nelle dinamiche produttive delle società contemporanee, e si collocano al centro delle ambivalenze di tali dinamiche.
  • Il volume, che raccoglie relazioni e contributi di due specifiche giornate di studio, indaga il rapporto che si sta costituendo tra il capitalismo finanziario globale e la democrazia in Europa, agendo in un campo di ricerca che si può definire sia in negativo che in positivo. In negativo: esso si colloca fuori e contro la lettura del rapporto tra democrazia, economia e società alimentata dall’ideologia dominante, che ha potuto proporre una scissione tra i diritti individuali, considerati formalmente come inalienabili, e i diritti sociali che, invece, dovrebbero farsi dipendenti dall’andamento dell’economia della concorrenza e della competitività. Da qui, la predisposizione ad un assetto post-democratico e al ritorno al primato delle élites in nome della governabilità. Si potrebbe parlare di una costituzionalizzazione del neo-liberismo. In positivo: la ricerca intende disvelare il rapporto distruttivo tra la natura specifica di questo capitalismo finanziario e la democrazia, non negando l’esistenza di una relazione tra la democrazia, i diritti e l’economia, bensì contestando in radice il carattere storicamente necessitato del dominio di questo tipo di economia sui diritti e la democrazia e mettendo in luce la sua possibile reversibilità. Si intende così riprendere il lascito più consistente del pensiero politico che ha ispirato le Costituzioni democratiche nate in Europa e dei padri costituenti italiani, nei quali è stata esplicita l’esigenza di superare l’orizzonte delle pur grandi Costituzioni liberali per approdare a una concezione programmatica che delineasse un’idea di società aperta ma ispirata all’eguaglianza, affidandone il perseguimento alla stessa Repubblica. Contributi di: Mario Agostinelli, Amos Andreoni, Silvano Andriani, Etienne Balibar, Andrea Baranes, Riccardo Bellofiore, Sergio Bellucci, Marco Berlinguer, Fausto Bertinotti, Heinz Bierbaum, Raffaella Bolini, Federico Bonadonna, Salvatore Bonadonna, Aldo Bonomi, Emiliano Brancaccio, Giuseppe Bronzini, Alberto Burgio, Emilio Carnevali, Walter Cerfeda, Enrico Cisnetto, Pier Virgilio Dastoli, Monica Di Sisto, Emmanuele Emanuele, Luigi Ferrajoli, Carlo Formenti, Maurizio Franzini, Andrea Fumagalli, James Kenneth Galbraight, Francesco Garibaldo, Catia Eliana Gentilucci, Vladimiro Giacchè, Alfonso Gianni, Claudio Gnesutta, Nicola Grasso, Enrico Grazzini, Giorgio La Malfa, Maurizio Landini, Laura Marchetti, Giacomo Marramao, Roberto Musacchio, Monica Pasquino, Laura Pennacchi, Tonino Perna, Franco Piperno, Nicoletta Pirotta, Felice Roberto Pizzuti, Ilaria Possenti, Marco Revelli, Gianni Rinaldini, Maurizia Russo Spena, Mario Sai, Anna Simone, Giovanna Vertova, Guido Viale.
  • Il contributo sviluppa una riflessione sulle prospettive di sviluppo dei diversi modelli di capitalismo europei di fronte alle grandi sfide contemporanee. Muovendo dall’importante contributo di Burroni (2016), gli autori discutono all’interno di un quadro teorico di impronta polanyiana il concetto di «sviluppo insostenibile» come elemento intrinseco del capitalismo. Il capitalismo in generale, ma in modo ancora più evidente quello europeo, si dimostra sempre più in difficoltà nel rendere compatibili esigenze diverse ma essenziali come la crescita, la protezione sociale, la partecipazione democratica. Gli autori approfondiscono poi il caso italiano, mostrando le difficoltà di rigenerazione del sistema sociale ed economico di un paese caratterizzato da limiti intrinseci del proprio sviluppo, a partire dal dualismo Nord/Sud.
  • Nel nostro contributo analizzeremo il fenomeno delle cosiddette badanti, nella sua complessità e specificità rispetto al lavoro di cura, i fattori che sono all’origine di tale presenza, i cambiamenti e gli impatti che tale figura determinano sulla relazione di cura, sul welfare e sulle dinamiche familiari, cercando, all’interno di queste questioni, di evidenziare alcune linee di politica sociale. Per comprendere appieno le peculiarità del fenomeno badante in Italia, oltre ad analizzare le peculiarità dei flussi migratori, è necessario capire inoltre le caratteristiche...
  • Caro Peppino

    9.00 
    L’iniziativa promossa dalla Camera del Lavoro di Reggio Emilia e dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio si è posta l’obiettivo di avvicinare le giovani generazioni al tema del lavoro e della sua storia nel nostro paese, attraverso la figura di Giuseppe Di Vittorio, la cui vita incarna la stessa evoluzione storica che il valore «lavoro» ha seguito nel secolo scorso, quale fattore di emancipazione, di progresso e di estensione della democrazia nel nostro paese. Semianalfabeta, si istruì da solo cogliendo la carica di liberazione insita nel sapere e nella cultura; lavorando nei campi sin da bambino, intuì che solo attraverso la rivendicazione di migliori condizioni di lavoro poteva aprirsi una prospettiva di dignità sociale e di libertà concreta per tutti i lavoratori. Di Vittorio rappresenta ancora oggi una grande figura di riferimento non solo per la CGIL ma anche per l’Italia. Eletto nel PCI all’Assemblea Costituente, si adoperò affinché nella Carta costituzionale fossero trasfusi i valori del lavoro e della democrazia economica. I valori che Di Vittorio ha sostenuto e messo in pratica nella sua vita personale e sindacale aiutano a comprendere e a fornire risposte anche alla condizione difficile e complessa che incontrano oggi i giovani. (Dall’introduzione di Mirto Bassoli, segretario generale della CGIL Reggio Emilia)