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Siamo di fronte a un punto di svolta nel sistema dell’istruzione 0-18 in Italia?
Il saggio fa il punto sullo stato dei diritti socio-educativi alla prima infanzia e di quelli educativi nel sistema italiano, mostrando come, da un lato, nel corso dei decenni si siano accumulati molti problemi complessi, dall’altro, sia in atto negli ultimi anni un processo di forte innovazione potenziale almeno sotto il profilo della programmazione. In particolare, a partire dalla seconda parte del decennio passato e, in maniera più decisa, a partire dall’inizio di quello attuale, l’Italia sembra voler investire molte risorse in tali servizi e nei diritti educativi dei minori. Allo stesso tempo a fronte di obiettivi ambiziosi e condivisibili, riportati soprattutto in atti di programmazione come Pnrr e Pangi, il saggio mette in luce quali sono i motivi per cui vi è il serio rischio di mancare tali obiettivi.
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Il disagio abitativo tra i minori in Italia
La casa è uno dei pilastri fondamentali per le chances di inclusione sociale degli individui. Per i minori, la mancanza di una sistemazione abitativa adeguata influisce sulle opportunità e sulle traiettorie educative, sulla vita relazionale e sulle dinamiche di sviluppo fisico e mentale così come sulla salute in senso lato. Il presente contributo, attraverso un’analisi secondaria di dati e di documenti, esplora le dimensioni della povertà abitativa dei minori in Italia, identificando le soluzioni abitative non adeguate in cui i minori sono coinvolti maggiormente e le conseguenze sulle loro chances di inclusione sociale.
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La situazione dei minorenni con background migratorio, le vulnerabilità e i problemi di accesso ai sistemi di welfare
In Italia le persone minorenni con background migratorio sono più di 1,3 milioni. Nella stragrande maggioranza sono nate e nati nel nostro paese e più di 300 mila di loro hanno già acquisito la cittadinanza italiana. Vivono in tutto il territorio, ma si concentrano soprattutto nell’Italia centro-settentrionale, nelle grandi città e nelle aree periurbane. Affrontare il tema del loro accesso ai sistemi di welfare significa distinguere tra il piano formale e quello sostanziale: sul piano formale l’Italia ha assunto gli obblighi di tutela dei diritti dei minori con background migratorio derivanti dalle convenzioni internazionali, mentre sul piano sostanziale si registrano ancora elementi critici riconducibili a volontà politiche, a orientamenti e atteggiamenti della società, alle concrete condizioni economiche e sociali. L’accesso ai sistemi di welfare è affrontato in modo particolare per quanto riguarda il diritto alla salute e il diritto all’istruzione.
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Adolescenza e disabilità: tra diritti e pratiche sociali
L’adolescenza è il tempo della transizione alla vita adulta segnata dall’acquisizione di autonomie nel reddito, nell’abitazione, nella rete relazionale e affettiva. Questo lavoro esplora il tema dei diritti, delle politiche e delle pratiche rivolte agli adolescenti con disabilità in Italia. I dati e le testimonianze presentati mostrano una contraddizione tra un contesto regolativo altisonante caratterizzato da diritti e centrato sulla persona, sull’ascolto, sulla partecipazione dell’adolescente, compreso quello con disabilità al pari di tutti gli adolescenti, e un insieme di pratiche mortificanti dell’adolescenza stessa: un gap marcato tra i diritti sulla carta e i diritti di fatto, tra diritti formali e diritti sostanziali. I risultati evidenziano un sistema di welfare italiano che mostra sempre di più la sua dimensione di «trappola» istituzionale. Adolescenti, compresi quelli con disabilità, incagliati nella strada verso l’adultità, nelle maglie molto larghe di un welfare pubblico latitante o, meglio, incapace di riformarsi, che per decenni ha delegato alle famiglie le risposte a quei problemi strutturali.
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La crisi del Ssn richiede un cambiamento nelle scelte di politica sanitaria: il caso del rapporto tra ospedale e territorio
Il Servizio sanitario nazionale italiano sta vivendo una profonda crisi causata in primo luogo da fenomeni quantitativi, legati soprattutto alla carenza di finanziamento e ai tetti di spesa per il personale imposti alle Regioni. Il presente articolo affronta invece il problema dell’incidenza sulla crisi delle scelte programmatorie e organizzative. In particolare, viene condotta un’analisi di dettaglio dell’eccesso di offerta di ospedali in Italia, causa di inefficienze nell’utilizzo delle risorse con conseguente ridotta capacità operativa, aumento delle liste di attesa e fuga dei professionisti nel privato. Un possibile rimedio sta nel creare una nuova cultura sia tra i politici, che tra gli operatori e i cittadini che privilegi i servizi territoriali come principale strumento di contrasto alle malattie croniche, il fenomeno oggi epidemiologicamente più rilevante.
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Potenziare il Servizio sanitario nazionale per tutelare il diritto alla salute
La grave crisi in cui versa il Servizio sanitario nazionale pone in discussione la tutela stessa della salute, nonché i princìpi di universalità, uguaglianza ed equità su cui si fonda. Il contributo si sofferma sui correttivi necessari per rilanciare il Servizio sanitario pubblico e universale, sottolineando la necessità di una radicale inversione di rotta in termini di spesa pubblica con l’obiettivo di una maggiore valorizzazione, qualificazione e incremento del personale sanitario, della promozione dell’assistenza territoriale, della realizzazione dell’integrazione socio-sanitaria, a partire dalla piena attuazione del Pnrr.
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Osservazioni sul disegno di legge «Calderoli» di attuazione dell’autonomia differenziata
Il contributo si propone di analizzare il disegno di legge quadro in materia di autonomia differenziata alla luce della Costituzione, al fine di evidenziare le criticità derivanti dall’attuazione di tale istituto sul piano dell’unità e della solidarietà, nonché su quello finanziario, economico e sociale. L’analisi, in particolare, rileva come la differenziazione non possa prescindere dalla definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni, dal pieno riconoscimento delle prerogative parlamentari e da un sistema di garanzia dei diritti (sociali) su tutto il territorio nazionale, sottolineando le aporie presenti all’interno dello stesso disegno di legge.
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QRS N. 2/2023
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Perché misurare le associazioni datoriali
La rappresentatività sindacale a dieci anni dal Testo Unico
Sindacato e iscritti: la Camera del Lavoro di Milano
Lavoro e insicurezza in una società divisa
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Le associazioni di rappresentanza datoriali tra misurazione della rappresentanza, nuove sfide e vecchi dilemmi. Introduzione
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L’associazionismo datoriale in Europa
Le pressioni per la de-regolazione e per una maggiore flessibilità che la crescente interconnessione economica internaziona-le ha innescato, necessitano di una riflessione sulle azioni e strategie degli attori sociali. Tra questi le associazioni degli imprenditori che non sempre attraggono l’attenzione degli studiosi di relazioni industriali. Gli ambiti tradizionali di azione di queste associazioni sono mutati in maniera differente tra i vari paesi Europei. Schmitter e Streeck (1999) mo-strano come il ruolo delle associazioni dei datori di lavoro sia modellato da due logiche compresenti, «appartenenza» e «influenza». In questo articolo esploreremo come le associazioni datoriali europee si muovono, e si adattano ai mutamenti sociali ed economici, all’interno di queste due logiche. Il principale elemento che emerge dalla disamina è che le differenze tra i paesi persistono all’interno però di un generale allargamento dei confini della rappresentanza.
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Associazionismo datoriale e contrattazione collettiva: due facce di una stessa medaglia?
Obiettivo di questo articolo è verificare se associazionismo e contrattazione continuino a essere le facce di una stessa medaglia ovvero se continui a verificarsi la tradizionale coincidenza tra la scelta di iscriversi ad una associazione di categoria e quella di applicare un contratto collettivo, in particolare settoriale. A partire da un recente lavoro svolto per le imprese tedesche, dopo aver inquadrato la questione in letteratura e utilizzando il ricco set di variabili misurate a livello di impresa dell’indagine Ril-Inapp, stimiamo quale tipo di relazione esiste tra le caratteristiche d’impresa e la probabilità che la stessa impresa sia contemporaneamente associata e applichi la contrattazione collettiva.
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Il costo del volontarismo negoziale. (Mancata) misurazione della rappresentatività datoriale e dumping contrattuale
Il contributo analizza le connessioni tra mancata misurazione della rappresentanza datoriale e dumping contrat-tuale. Dopo aver rilevato che, lungi dal potersi descrivere come episodici effetti collaterali del volontarismo contrat-tuale, le possibilità di moltiplicazione (e shopping) negoziale sembrano ormai costituirne i principali elementi di appeal, l’A. si sofferma sull’alternativa tra criteri qualitativi e quantitativi di misurazione della rappresentanza datoriale. Nella parte conclusiva della trattazione, l’analisi verte anche sul costo «economico» del dumping contrattuale e in particolare sulle sue connessioni con il tema del lavoro povero o sotto-remunerato – connessioni ri-enfatizzate nel dibattito a margine dell’adozione della Direttiva dell’Ue su salari minimi adeguati e, da ultimo, nel dibattito in corso, nell’ordinamento interno, sulla possibile adozione di strumenti legali di tutela dei minimi salariali.
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