• L’articolo dopo aver inquadrato la nozione funzionale di rappresentatività sindacale qualificata analizza l’evoluzione dell’ordinamento intersindacale in materia di regole pattizie di misurazione della rappresentatività sindacale e datoriale. In particolare, l’Autore si sofferma sul sistema di regole di qualificazione della rappresentatività sindacale poste dal Te-sto Unico sulla rappresentanza del 2014, mettendo in luce punti di novità ma anche di debolezza dell’intesa. L’articolo prosegue illustrando i più recenti tentativi evoluzione e implementazione del sistema operati dall’Accordo interconfederale del 2017 e dal Patto della Fabbrica 2018. L’articolo si conclude con la constatazione della non rinviabilità di un inter-vento eteronomo di sostegno che incarichi le maggiori confederazioni sindacali e datoriali di disegnare gli ambiti di misu-razione (i cd. «perimetri») e gli indici quantitativi di rappresentatività sindacale e datoriale da recepire poi in legge.
  • Il contributo presenta un’analisi dell’attuale situazione italiana che concerne il pluralismo contrattuale collettivo, proponendo una serie di riflessioni su come, a legislazione invariata, il Cnel possa esercitare il potere di selezionare Ccnl per fini di certezza pubblica. Il che determinerebbe una razionalizzazione del sistema di relazioni industriali che è prodromica a qualsiasi altra misura, anche riferita all’introduzione eventuale del salario minimo legale.
  • L’autrice si sofferma sui criteri adottati dall’ordinamento francese per selezionare le organizzazioni dei datori di lavoro che possono costituire occasioni di riflessione anche nel nostro ordinamento, evidenziando l’importanza non soltanto dei criteri quantitativi, ma soprattutto di quelli volti ad accertare l’autonomia dell’organizzazione secondo un principio di trasparenza.
  • In un contesto politico e sociale in buona parte dominato dalle idee e dai valori di centrodestra possono assumere grande importanza il ruolo della Cgil e dei suoi iscritti. La ricerca sui tesserati alla Camera del Lavoro di Milano ha messo in evidenza gli orientamenti condivisi e le pratiche più diffuse. È quasi unanime la richiesta di misure per ridimensionare le differenze di reddito fra i cittadini e l’impegno per un ruolo più importante delle donne nella politica. Vengono d’altra largamente rifiutati i pregiudizi diffusi contro gli immigrati, riconoscendo il loro contributo per l’economia italiana. Questi orientamenti si ricollegano spesso con una personale identificazione rispetto alla sinistra. La maggioranza dei lavoratori tesserati attiva in diverse occasioni contatti diretti con il sindacato, in particolare quando emergono problemi relativi al proprio lavoro. Ed è elevata la disponibilità a partecipare alle iniziative e al-le mobilitazioni sindacali. I pensionati tesserati condividono orientamenti sociali e politici ricollegabili alla tradizione della Cgil, anche se ov-viamente è più limitata la loro partecipazione attiva. Esiste però un’area minoritaria di iscritti, composta soprattutto dagli operai più giovani, che attribuiscono importanza so-prattutto al livello troppo basso dei salari. Questi tesserati sono probabilmente influenzati dalle idee più diffuse nell’opi-nione pubblica su temi come la crescita dell’immigrazione e la criminalità. Può essere perciò molto importante per la Cgil impegnarsi per coinvolgere in particolare i tesserati più giovani e meno istruiti nelle iniziative e nelle mobilitazioni.
  • Il sindacato è in difficoltà in tutte le grandi città, nonostante le aree metropolitane fossero state il motore della ri-presa della sindacalizzazione a fine anni sessanta e negli anni settanta, ma anche nonostante esse siano al centro delle grandi trasformazioni economiche e sociali contemporanee. Il sondaggio di Biorcio sugli orientamenti politici degli iscritti alla Camera del lavoro di Milano ci aiuta capire alcune delle ragioni di questo impasse, a partire da una composizione degli iscritti e dai loro orientamenti politici forse troppo distanti dall’universo che si vorrebbe rappresentare. Il confronto con quanto avvenuto nelle province medie e piccole del Centro-nord suggerisce una possibile risposta in chiave di sistema di offerta sindacale e di strumenti organizzativi di presenza sul territorio che sono stati sperimentati per dare risposta alla domanda su come si esercita concretamente la tutela dei lavoratori e dei cittadini.
  • Per millenni ogni forma di discordia è stata considerata una patologia del «corpo politico». Ma attraverso il conflitto sociale i soggetti discriminati e subalterni hanno espresso i propri bisogni e le proprie istanze, rivendicando libertà, inclusione, uguaglianza, riconoscimento delle proprie identità. Nel corso del Novecento la società si è divisa in campi separati dalla loro posizione nell’ambito della produzione e lungo questa linea si sono articolate le differenti dimensioni del conflitto, che si è rivelato fattore di coesione sociale, condizione della democrazia e dei diritti.