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Nel terzo millennio il diritto alla salute rimane per l’uomo la questione fondamentale. I ritmi pressanti, le lavorazioni altamente nocive non sono né scomparsi né diminuiti, come non sono diminuiti gli infortuni e le malattie professionali. L’uomo fin da quando si è sviluppato il lavoro industriale ha sentito il bisogno di dotarsi di leggi e norme preposte alla tutela della salute, adeguandole ai cambiamenti sociali, alle nuove tecnologie e alle nuove realtà lavorative, assumendo quale criterio fondamentale quello della prevenzione. La terza edizione del manuale curato dagli esperti dell’Inca nazionale, vuole essere uno strumento utile per migliorare la capacità di intervento degli operatori e delle Istituzioni nel campo della tutela dei diritti dei lavoratori che subiscono un infortunio sul lavoro o una malattia professionale. Esso costituisce una raccolta ragionata e commentata degli strumenti legislativi in vigore per la prevenzione e la tutela degli infortuni e delle malattie professionali a disposizione di tutti gli operatori di Patronato, per i delegati e i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Grande attenzione è stata riservata alle novità introdotte dalla Finanziaria 2007, ai nuovi orientamenti relativi alla tematica delle revisioni/aggravamenti del danno da infortunio sul lavoro e malattia professionale, nonché agli elenchi delle patologie di probabile origine lavorativa pubblicate con il decreto ministeriale del 27 aprile 2004.
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Studiando lo sviluppo della Resistenza tra le masse operaie in Toscana, soprattutto nel periodo che va dalla primavera del ’43 alla primavera del ’44, l’autrice documenta casi di opposizione civile che si svolgono al di fuori e con caratteristiche peculiari rispetto all’esperienza maturata nelle grandi fabbriche del triangolo industriale in quell’anno così decisivo per le sorti del fascismo e della guerra. Ne scaturisce una storia plurale, storia di gruppi più che di singoli, anche se spiccano alcune vicende singolari per la loro eccezionalità, come quella di tre operai ebrei che, già in piena legislazione razziale, in uno stabilimento livornese organizzarono uno sciopero contro il feroce sfruttamento al quale erano sottoposti. In questa storia ci sono luoghi di lavoro tutti al femminile, lavori scomparsi come quello del minatore, i luoghi classici della conflittualità operaia, come le grandi fabbriche metallurgiche e metalmeccaniche, città importanti e comuni di montagna dell’Appennino. Ma ci sono soprattutto le vicende di uomini e di donne che, in un contesto di guerra e di persecuzione politica feroce, seppero opporsi ai fascisti prima e ai nazifascisti poi, spesso a costo del licenziamento, dell’arresto, della deportazione.
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A fronte di una riscoperta generalizzata del ruolo che le società e le economie urbane giocano oggi nei processi di sviluppo, la struttura urbana del Mezzogiorno si presenta ancora molto arretrata. Forme di emarginazione e di ineguaglianza - quali la presenza di condizioni di povertà diffuse e persistenti e l’esclusione dal mercato del lavoro di settori importanti della popolazione, a partire dai giovani e dalle donne - si accompagnano all’inadeguatezza delle politiche pubbliche e dell’offerta dei servizi, al disordine urbanistico ed edilizio, alla crisi ecologica e della mobilità e a fenomeni diffusi di illegalità grande e piccola che sempre di più coinvolgono giovani e minori. Le città meridionali non riescono così a giocare fino in fondo quel ruolo di guida dei processi di sviluppo di cui il Mezzogiorno ha urgente bisogno. Per queste ragioni - è la tesi della Cgil, illustrata nel volume - risulta quindi essenziale mettere al centro dell’impegno del sindacato, dell’impresa e dell’azione di governo, il tema delle politiche urbane, in quanto solo attraverso un netto e visibile miglioramento della qualità della vita urbana potrà essere riconosciuto alle città meridionali quel ruolo di motori dell’innovazione politica, sociale e produttiva che compete loro. Contributi di: Barbanente, Barcellona, Braucci, Coppola, Del Fattore, Donolo, Donzelot, Garufi, Epifani, Laino, Lamanna, Nerozzi, Raimondo, Tocco.
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C’è una ragione speciale che ha indotto la Camera del Lavoro di Brescia e il suo Archivio storico a coronare le celebrazioni del centenario della CGIL con una ricerca sulla strage di piazza della Loggia. Essa risiede nel fatto che quell’episodio rappresenta non soltanto - dal punto di vista storico e politico - il punto culminante della strategia stragista, dell’offensiva materialmente e simbolicamente più tracotante ed efferata portata contro la democrazia, ma anche il luogo dove straordinariamente forte e cosciente di sé si erse la risposta popolare e, in essa, di una classe operaia matura e capace, per diversi giorni, di farsi «Stato», di destituire e sostituire sul campo - perché sola autorità morale riconosciuta - i rappresentanti delle istituzioni, nei quali si individuarono, con immediato istinto politico, i responsabili di inerzie, tolleranze o, peggio, depistaggi, collusioni, nel cui brodo aveva potuto attecchire e alimentarsi l’attacco eversivo. (Dalla prefazione di Dino Greco)
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Il revival delle memorie conosce oggi una straordinaria stagione editoriale. Diari, testimonianze, autobiografie degli scampati al gulag, delle vedove dei massacri nazifascisti, dei superstiti della guerra totale, sono diventati libri da leggere. E i dirigenti dei grandi partiti di massa risorti nell’immediato dopoguerra o i semplici militanti di base nel partito e nel sindacato raccontano la loro esperienza. La loro "memoria della politica". Sono storie che ci parlano di un passato in cui la militanza politica riempiva spesso tutta la vita, sino al sacrificio di sé, o in cui la storia faceva irruzione nel quotidiano con tutta la violenza e la devastazione che la guerra porta con sé. Ma ci parlano anche di grandi ideali, del difficile intreccio fra pubblico e privato, della politica come emancipazione. Il rapporto fra queste memorie e la società di oggi è un filo molto sottile, ma straordinariamente forte. Riannoda un "passato che non passa" al mondo globale. Il bisogno di senso alla smemorata e superficiale società mediatica. Nel volume, curato e introdotto da Lucia Motti e Fiamma Lussana, i saggi (contributi di riflessione e ricerche storiche), vedono alcuni fra i maggiori studiosi italiani alternarsi a giovani ricercatori e ricercatrici impegnati sul difficile crinale del rapporto tra memoria e storia, in un poco frequentato intreccio tra fonti tradizionali e fonti soggettive: Ersilia Alessandrone, Sandro Bellassai, Mauro Boarelli, Gabriella Bonacchi, Graziella Bonansea, Anna Bravo, Antonio Canovi, Giovanni Contini, Giovanni De Luna, Costantino Di Sante, Emma Fattorini, Dianella Gagliani, Sara Galli, Linda Giuva, Vito Antonio Leuzzi, Simona Lunadei, Fiamma Lussana, Leonardo Paggi, Alessandro Portelli, Vanessa Roghi, Albertina Vittoria, Marina Zancan, Paola Zappaterra.
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L’Iran, con la sua politica nucleare e con le minacciose parole del suo presidente Ahmadinejad, è ora divenuto un problema mondiale. Improvvisamente la comunità internazionale, i governi, i massmedia e l’opinione pubblica si sono accorti di doversi confrontare con le velleità nucleari del potente stato persiano. L’agile approfondimento curato da Maurizio Simoncelli - esperto di Geopolitica dei conflitti -, guardando oltre la cortina mediatica, vuole trovare le ragioni profonde dello scontro e fornire alcuni strumenti di lettura della questione nucleare e dell’attuale politica iraniana, riconducibile agli interessi e agli equilibri geopolitici dell’area che da anni guidano lo scenario del riarmo internazionale. Inoltre, ripercorrendo l’itinerario storico della proliferazione nucleare, si delinea l’evoluzione politica dei Paesi ufficialmente in possesso dell’arma atomica (Usa, Francia, Gran Bretagna, Cina, Russia) e di quelli successivamente aggregatisi al club del nucleare (Israele, India, Pakistan e Corea del Nord); nonché le possibilità per un’azione mediatrice dell’Unione europea su un tema sempre più scottante.
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Questo libro è un giro in nove tappe intorno al mondo immobiliare. Un mondo tondo, com’è tonda la bolla che ha gonfiato i prezzi delle case e ha svuotato i portafogli di chi ci abita. A cominciare dai grandi esclusi dal gioco della proprietà: gli inquilini, tartassati da un mercato inabitabile e dimenticati dalle politiche per la casa. Ma non è andata meglio ai forzati del mutuo, prima allettati dai tassi bassi e poi strangolati dai tassi alti: i proprietari poveri, nuova realtà del piccolo mondo immobiliare. È andata benissimo invece ai grandi mercanti, agli speculatori, detti immobiliaristi. Ogni tappa del libro è una storia, ogni storia è un abitante. Paolo, Franco, Andrea, Galina, Roberta, Bruno, Valeria, Giuliana, Pat. Sono loro i protagonisti, è loro la voce che introduce dati e fatti dell’inchiesta scritta da Roberta Carlini: l’affitto senza rete, i mutui a rischio, le rate fisse dei giovani flessibili, il mercato degli stranieri, il business delle agenzie, il grande scandalo delle vendite delle case pubbliche. Perché sulla questione delle case i più competenti sono quelli che ci vivono dentro. Come Pat Carra, fumettista. Che qui racconta la sua storia e la sua lotta di abitante, facendo «politica di pianerottolo» a colpi di vignette e strisce. Bollicine di buonumore sono sparse nel libro e si moltiplicano, effervescenti e satiriche, fino alle ultime pagine.
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Ordinato in quattro parti, insieme a un’ampia raccolta di testimonianze e a una ricca sezione iconografica, il volume propone una lettura puntuale della vicenda delle donne nella CGIL del Lazio, ne ripercorre luoghi e forme della rappresentanza, dà conto dei momenti importanti del dibattito che ha attraversato la loro esperienza, come quello fra «emancipazioniste» e «liberazioniste», documenta le tante conquiste raggiunte e il contributo significativo dato alla loro affermazione nazionale. Le donne della Cgil Lazio hanno concorso in modo significativo e a volte esemplare ai percorsi nazionali e territoriali di lotta per il cambiamento: dalla grande stagione popolare dell’occupazione delle terre incolte alle battaglie per la riduzione dell’orario di lavoro, per la parità salariale, per la difesa del posto di lavoro, per la scuola materna e i consultori; dal nuovo diritto di famiglia ai referendum sul divorzio e a difesa della - maternità consapevole - e, in seguito, alle leggi sulle pari opportunità e sui congedi parentali, alle lotte per il superamento di una precarietà senza diritti. Alle battaglie si è sempre affiancata una forte azione per la promozione di quadri femminili negli organismi dirigenti come grande questione di democrazia e di rappresentatività nell’organizzazione. Le donne della Cgil del Lazio sono state dunque animatrici e protagoniste della storia sindacale, sociale, politica e democratica italiana e regionale. Fuori dall’ombra documenta e illumina episodi e circostanze di questo protagonismo, dando conto anche di una forte continuità generazionale: «un percorso che può essere di aiuto nel vivere il presente in modo consapevole - come spiega Francesca Santoro nell’introduzione - benché i cambiamenti del ventesimo secolo ci abbiano condotto in una realtà enormemente distante dal Novecento».
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I racconti pervenuti in risposta al concorso letterario indetto dalla Camera del Lavoro di Padova, di cui qui si propongono i ventuno finalisti, costituiscono un vasto materiale narrativo sullo stato dell’Italia, dei suoi problemi epocali, dei suoi mutamenti. I mutamenti sono sempre in atto, la storia non si ferma mai. Ci sono però momenti in cui essa accelera, e oggi l’accelerazione si è fatta vorticosa. Tutto ne risente: la fabbrica, l’azienda, la scuola, la città, la religione, insomma la civiltà. E naturalmente la lingua, che non è un involucro della vita, ma è la vita che prende coscienza di sé e si esprime. Il quadro che questi racconti compongono è un documento di prima mano sulla storia che stiamo attraversando: ne viene rappresentata un’Italia diversa da quella che ci raccontano i giornali, un mondo più vicino, una società molto più problematica. Sono infatti, tutti, racconti di problemi irrisolti, di traumi, di ingiustizie, di scoperte, di rivelazioni. È tutto nuovo ciò che qui appare: quando si parla di una città italiana, Milano, Torino, Bologna, essa è molto diversa da come ci è sempre apparsa; quando si parla dei paesi in guerra, Afghanistan, Iraq, e di bombardamenti, il tono è quello di chi sta sul luogo, osserva e descrive; quando si parla della malattia e della morte, queste sono sempre sovraccaricate dell’incomprensione, della discriminazione. Sono racconti-denuncia. E come tali ci riguardano e ci chiamano in causa. (Dalla prefazione di Ferdinando Camon)
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«Civiltà vuol dire Socialismo», scriveva nel 1919 Mario Trozzi, una figura di altissimo rilievo troppo a lungo sottovalutata dalla storiografia locale e nazionale: dagli esordi nella vivacissima sezione socialista di Sulmona fino al doppio mandato parlamentare nelle file del Partito socialista (1919 e 1921), Trozzi sviluppò un’intensa azione politica che lo vide durissimo oppositore della guerra di Libia e poi di quella mondiale. Fu infaticabile organizzatore - nell’arretrata realtà abruzzese del tempo, la stessa descritta da Silone nei suoi romanzi - del partito e del sindacato tra il nascente proletariato regionale, e pugnace propagandista del socialismo in gremiti comizi e sulla stampa dell’epoca. Durante la guerra fu esponente tra i più influenti del campo massimalista nel dibattito interno al Psi; un massimalismo, il suo, nutrito di un profondo spirito unitario che lo portò a non seguire i comunisti al congresso di Livorno del 1921. Nel 1924 si ritirò sostanzialmente dalla vita politica per dedicarsi alla sua professione di avvocato - difendendo spesso i più deboli, i ferrovieri licenziati, i perseguitati dal fascismo - e alla scrittura di testi storici, politici e letterari.
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Luciano Romagnoli, nato nel 1924 ad Argenta, in provincia di Ferrara, appartiene a quella generazione di giovani che iniziò la militanza politica negli anni della seconda guerra mondiale, prima della caduta del fascismo. Aderisce al Partito comunista nel 1942, svolge attività antifascista fra gli studenti universitari e liceali di Bologna. Capo partigiano dopo l’8 settembre del 1943, tra i principali organizzatori della lotta armata e delle lotte sociali nelle campagne del triangolo Bologna-Ferrara-Ravenna, è artefice del grande sciopero generale delle mondine del giugno 1944, che ebbe un peso decisivo per il rafforzamento e l’estensione della Resistenza. Il 26 gennaio 1948, al primo Congresso della Federbraccianti, svoltosi a Ferrara, fu eletto segretario generale del più grande sindacato italiano. Segretario confederale della Cgil nel 1957, deputato del Pci nel 1958 e nel 1963, muore a Roma la mattina del 19 febbraio 1966, a soli 42 anni, vittima di un male incurabile. «... un forte e generoso figlio della vostra terra, un eminente dirigente del movimento operaio e contadino dell’Emilia rossa, dell’Emilia democratica e civile, che è stato una delle figure centrali del movimento operaio e contadino italiano, un costruttore del sindacato unitario e della democrazia italiana... protagonista, con le masse, nella lotta per la costruzione di un nuovo Stato... dirigente comunista e uomo della nuova Italia sorta dalla Resistenza...». (Dalla commemorazione di Emanuele Macaluso ad Argenta, nel decennale della scomparsa di Luciano Romagnoli)
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La memoria storica del sindacato intesa come patrimonio documentale disponibile nelle sue varie forme: da quella scritta a quella orale, dai documenti archivistici alle fonti giornalistiche, dagli archivi pubblici a quelli privati. È questo il fulcro del presente volume, che vuol essere un contributo di riflessione a più voci sulla tematica delle fonti per l’identità storica del movimento sindacale e popolare in Abruzzo. Questa tematica, in particolare riguardo agli archivi sindacali, era molto viva a livello nazionale quando dieci anni fa si scelse di dedicarvi un convegno di studi nella ricorrenza del novantesimo della fondazione della Camera del Lavoro dell’Aquila, di cui questo volume raccoglie gli atti. I contributi presenti, pur se è passato del tempo, non sembrano tuttavia aver perso d’attualità, stante anche la fervida stagione di studi storici nella ricorrenza centenaria della fondazione della CGIL e delle varie strutture collegate. Ma, al di là del momento, si intende offrire uno strumento di lavoro valido per trasmettere alle future generazioni di sindacalisti e di studiosi la conoscenza di un patrimonio documentale frutto della concreta azione sindacale per la dignità del lavoro e lo sviluppo della società abruzzese e italiana.