• Il contratto collettivo - accanto alla legge - è il principale strumento di tutela del lavoratore dipendente; il lavoratore infatti, in un rapporto diretto col datore di lavoro, raramente riuscirebbe a strappare condizioni di lavoro paragonabili a quelle garantite dal contratto collettivo. Il sindacato pertanto, stipulando il contratto collettivo e cercando di ottenerne la concreta applicazione in azienda, svolge una fondamentale funzione protettiva: attenua, a vantaggio del lavoratore, lo squilibrio di potere - sociale, economico e giuridico - esistente tra lavoratore e datore. Nel volume si descrivono le modalità attraverso cui il contratto collettivo regolamenta il rapporto individuale, precisando che cosa prevede, quando e a chi si applica, come opera se i datori di lavoro rifiutano di applicarlo oppure se si manifesta il dissenso dei lavoratori. Ci si sofferma inoltre sui rapporti esistenti tra contratti collettivi di livelli diversi (nazionale interconfederale, nazionale di categoria, aziendale) o anche del medesimo livello: nelle dinamiche di relazioni industriali infatti il contratto collettivo non sta mai da solo ma si lega ad altri, dando vita al sistema della contrattazione collettiva.
  • Le donne della Lebole avevano un sogno. Alla fine degli anni cinquanta erano giovanissime: tra i 14 e i 20 anni. Volevano un lavoro, uno stipendio, una vita autonoma, possibilmente diversa da quella che aveva visto i loro genitori spezzarsi la schiena nei campi. L’opportunità venne offerta dai fratelli Mario e Giannetto Lebole, che puntarono sulla produzione delle confezioni in serie. I sogni di tutti non durarono molto. Le operaie furono costrette a fare i conti con ritmi esasperati e con un’organizzazione del lavoro assolutamente nuova per loro: «ci chiedevano di non pensare e di muovere, sempre più velocemente, le mani». Nel 1972 i Lebole dovettero comprendere che una fase storica dell’industria dell’abbigliamento si era chiusa e passarono la mano all’Eni. Idrocarburi e tessile insieme? Un altro sogno, stavolta di Enrico Mattei. Lo Stato s’improvvisò sarto, ma con pessimi risultati, e nel 1987 cedette tutto a Marzotto. I pacchetti azionari cambiavano ancora di mano, mentre le operaie restavano le stesse: sempre meno giovani e sempre più stanche di dover difendere il loro lavoro. Le 5.362 addette del 1969 si ridussero progressivamente fino ad arrivare, nel 2002, a 245. Furono le ultime: «L’energia elettrica negli stabilimenti viene staccata il 12 aprile 2002. Le porte degli uffici chiuse il 30 giugno. Una morte silenziosa. L’ultimo gesto è del portiere che riconsegna le chiavi dello stabilimento. Le donne si tolgono la spolverina blu e tornano a casa. È finita». Oggi nessuno sogna più in via Ferraris. Rimangono, per migliaia di donne, i ricordi delle amicizie, degli affetti, delle lotte e dei sacrifici. Rimane, per Arezzo, il ricordo di una fabbrica mai amata fino in fondo.
  • "Dalle pagine del libro emerge l’enorme patrimonio di valori comunitari, di culture antropologiche e professionali, di correnti ideali e politiche che questo comparto del mondo del lavoro ha espresso per oltre un secolo. La ricerca evidenzia inoltre il ruolo del sindacato nella definizione, nella difesa e nello sviluppo di un forte senso di appartenenza e di una radicata identità territoriale, fondata sui princìpi della giustizia sociale, dell’uguaglianza, della libertà: in sintesi sui princìpi della democrazia" (Sergio Cofferati). "L’antifascismo intransigente e le culture libertarie sono elementi ben presenti in questa ricerca, in considerazione del fatto che hanno fortemente influenzato la stessa vicenda sindacale. Donne e uomini delle miniere hanno immolato la loro vita nella lotta e nel lavoro, o sono caduti vittime innocenti delle stragi, nelle prigioni fasciste. Qualcuno è morto in paesi lontani, oppure combattendo per la libertà di altri popoli" (Enzo Brogi). "Dall’analisi storica emerge una realtà complessa, segnata da intense lotte e da conflitti di classe aspri, che però non annullano, anzi producono le mediazioni e i compromessi che danno origine ai primi concordati e allo sviluppo della contrattazione collettiva; emerge inoltre un vero e proprio "modello" di sindacato, molto conflittuale, a volte estremo, ma sempre portatore di ideali egualitari, solidaristici, di riscatto e di giustizia sociale" (Adolfo Pepe).
  • Oggi i concetti di giusta causa, giustificato motivo, licenziamento illegittimo, reintegrazione nel posto di lavoro sono frequentemente richiamati nei discorsi dei commentatori e degli uomini politici, ma non sempre con una conoscenza piena del loro significato. Il volume si propone di far acquisire, a chi voglia approfondire tali argomenti, una competenza su tutte le tematiche collegate al problema dell’estinzione del rapporto di lavoro - alla luce della più recente normativa e delle ultime interpretazioni da parte della giurisprudenza - comprese le deroghe all’articolo 18 previste dalla legge delega e dal Patto per l’Italia del 5 luglio 2002. Pur essendo rivolto, in particolare, a funzionari e delegati sindacali (nonché agli operatori giuridici e ai funzionari delle direzioni provinciali del lavoro), esso può quindi essere consultato anche dai semplici lavoratori, i quali - grazie a un linguaggio che si è voluto rendere il meno tecnico possibile - potranno ricavare dal testo le nozioni fondamentali in materia, eventualmente tralasciando le quasi cinquecento note dedicate invece a quanti vorranno verificare, confrontare e citare le fonti, nell’esercizio della propria specifica attività.
  • Attraverso la tecnica degli interrogativi e delle risposte, il libro fornisce una informazione compiuta della"questione kurda", rintracciandone le radici storiche, politiche, culturali, e correggendo le molte distorsioni che anche il difficile reperimento di fonti affidabili è venuto via via producendo. La ricostruzione della storia politica del Kurdistan - assieme alla disamina della sua geografia, della sua economia, dell’origine del popolo kurdo, della sua lingua e della sua cultura - conduce così al bivio oggi più che mai aperto per la questione kurda: la realizzazione dell’indipendenza nazionale o, in alternativa, la continuazione del dominio turco, persiano e arabo su quel popolo e sul suo territorio diviso. Eppure dalla soluzione della questione kurda passa anche la realizzazione di molte delle condizioni necessarie per restituire stabilità e pace all’intero Medio Oriente, e per dare risposta a grandi problemi concreti dell’intera regione, come quelli relativi al crescente contrasto sulle fonti idriche rispetto al quale il Kurdistan, da dove scaturiscono i principali corsi d’acqua, ha un’importanza strategica. Questa esigenza appare oggi più avvertita in primo luogo fra le forze politiche dell’Europa, e molti sono anche i fattori nuovi, interni alla regione kurda e internazionali, che premono - com’è negli auspici dell’autore - per il rispetto dell’identità nazionale del popolo kurdo e del suo diritto all’autodeterminazione, per la realizzazione di un sistema politico democratico e pluralista di base e garanzia alla costituzione di uno Stato kurdo sovrano e indipendente.
  • La nozione di mediazione civica è proposta dall’autore come ipotesi interpretativa per comprendere più correttamente alcuni aspetti delle moderne strutture democratiche e del sindacato. La competenza insita nella mediazione civica, in una realtà caratterizzata profondamente dalla frammentazione sociale, permette, alle organizzazioni e ai cittadini, di affrontare i problemi attraverso un processo di riconoscimento reciproco, nel quale si realizza una condivisione dei ruoli dell’ascoltare e del parlare. Attraverso quello che Rappl chiama l’agire dialogale si prefigura una più facile comprensione e risoluzione di situazioni problematiche. Tale approccio permette sia di comprendere meglio alcune delle modalità messe in atto dalle Camere del lavoro (la cui storia viene ricordata nel saggio), promosse dal sindacato, sia di fornire spunti di riflessione per scegliere con maggiore cognizione le strategie comunicative in sede di conflitto. La mediazione civica e la ricerca di nuove modalità di relazioni personali e istituzionali, le varie dimensioni mediali dell’agire dialogale, le relazioni mediate dal dialogo sono gli argomenti presi in esame nel saggio. Contributi di: Paolo Nerozzi, Nicoletta Rocchi, Bruno Roscano, Italo Stellon.
  • Mediterraneo

    12.00 
    Mediterraneo. I Romani lo chiamavano Mare nostrum. Oggi, in un mondo tanto allargato e tanto ristretto, "nostrum" non può che riferirsi a tutti i popoli rivieraschi che vi abitano e vivono dello stesso mare, al nord come al sud del Mediterraneo. Di qua, di là dal mare, i flussi migratori tra l'Italia e la Tunisia vedono prioritariamente gruppi di italiani attraversare il Mediterraneo ed emigrare in Tunisia per sfuggire alle leggi razziali. Con l'indipendenza della Tunisia, comincia invece, alle soglie degli anni sessanta, il flusso migratorio dei tunisini verso l'Europa e più tardi verso l'Italia. Quali sono le aspettative, i progetti, i programmi degli emigranti? Quali le possibilità di un ritorno e di un investimento costruttivo? Quale l'impatto del fenomeno migratorio sulla società, sull'economia, sulla cultura della Tunisia? Per quanto riguarda l'Italia, quali sono le condizioni di vita, di lavoro, le difficoltà dei tunisini immigrati? Quale l'influenza sulla società italiana? Sono alcuni dei punti messi a fuoco nel volume in un acceso e interessante confronto tra intellettuali e ricercatori delle due sponde del Mediterraneo.
  • Le norme della legge delega che traducono in articolato le proposte già contenute nel "Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia" vanno ben al di là dell’attacco all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, conferendo al governo, grazie a un uso abnorme della procedura della delega, la potestà di riscrivere l’intero diritto del lavoro al di fuori del controllo del Parlamento. La precarizzazione e la mercificazione dei rapporti di lavoro sono portate alle estreme conseguenze e vengono perseguite sia per la via del diritto sostanziale (modifica al regime dei licenziamenti, moltiplicazione dei rapporti atipici strutturalmente precari, liberalizzazione dell’interposizione di manodopera, amministrativizzazione dei rapporti tramite l’istituto della certificazione), sia per la via del diritto processuale (introduzione della procedura arbitrale equitativa, destrutturazione della giustizia del lavoro). Parallelamente si punta alla valorizzazione del rapporto individuale a scapito della norma collettiva, alla discriminazione del sindacato più rappresentativo, a una cogestione subalterna e costrittiva degli interessi in sostituzione della concertazione trasparente e verificabile delle politiche. I saggi proposti, esaminando l’effetto combinato delle norme, mostrano il carattere eversivo del progetto, che punta a demolire princìpi generali e istituti fondamentali di garanzia e di equità sedimentati in decenni di cultura giuridica e di relazioni industriali. Nel volume vengono altresì formulate linee guida per ipotesi di riforma che assicurino invece equilibrio e armonizzazione tra esigenze di rinnovamento e garanzie nei rapporti di lavoro. Contributi di: Andreoni, Angiolini, Casadio, Coccia, Ghezzi, Mariucci, Naccari, Roccella.
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    LOS EFECTOS NEGATIVOS DE LAS ORIENTACIONES DOMINANTES SOBRE LA NEUTRALIDAD TECNOLÓGICA Y LA TRANSICIÓN GRADUAL Transizione spagnolo - web