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Ernesto Nathan - questo sindaco «anomalo» per la città di Roma, perché inglese di nascita, ebreo e massone - impresse alla sua attività di amministratore i tratti di una integrità morale che gli veniva riconosciuta da amici e avversari. [...] Nei sei anni in cui Roma venne governata dalla giunta democratica da lui diretta, si delinearono nuove scelte urbanistiche e si realizzarono importanti innovazioni nei servizi pubblici e nel campo dell’istruzione e dell’edilizia scolastica, ma credo che lascito fondamentale di quegli anni rimanga il processo di democratizzazione che per la prima volta investì la città. (Dalla prefazione di Walter Veltroni) Il libro, delineando il percorso di vita di Ernesto Nathan, mette in luce l’evoluzione del suo pensiero politico e del suo impegno nel quadro delle vicende dell’Italia post-unitaria e di Roma capitale. Dalle prime esperienze nel movimento democratico e nei tentativi unitari dell’Estrema Sinistra, si passa alle attività di assessore della Giunta capitolina del 1889/90, di fondatore della Società «Dante Alighieri», di protagonista del Patto di Roma, di consigliere provinciale a Pesaro, di candidato alle elezioni politiche e di gran maestro della Massoneria, in un fitto intreccio con la storia politica italiana e con i suoi protagonisti: dalla «rivoluzione parlamentare» di Depretis all’epoca crispina, dalla nascita dei primi partiti politici allo scandalo della Banca Romana e alle lotte di fine secolo. Sono quindi illustrate le iniziative di Nathan, sindaco di Roma negli anni 1907/1913, nel quadro dell’età giolittiana e dell’evoluzione della politica dei «blocchi popolari», concludendo sugli ultimi anni di vita, animati dai dibattiti del periodo della prima guerra mondiale e del primo dopoguerra.
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Il sequestro del presidente della Dc Aldo Moro durò cinquantacinque giorni; il 9 maggio 1978 fu ucciso dalle Brigate rosse, lasciando il principale partito italiano senza l’unico dirigente che aveva una strategia nella fase dell’unità nazionale. L’agonia di Enrico Berlinguer avvenne durante la campagna per le elezioni europee, durò quattro giorni, dal 7 all’11 giugno 1984, privando il principale partito comunista dell’Occidente del segretario che lo stava portando alla percentuale più alta mai raggiunta, con la nuova strategia dell’alternativa democratica. In quegli anni fu parte della vita politica italiana ed europea un piccolo partito della sinistra, il Partito di unità proletaria per il comunismo che, fondato nel 1974, confluì poi nel Pci alla fine del 1984. Ne era segretario Lucio Magri. La prima parte del volume ripercorre le origini del partito negli anni sessanta e settanta, il Sessantotto e il gruppo del Manifesto, la strategia della tensione e il terrorismo rosso. La seconda parte prende in esame la vita politica e il contributo del Pdup dal 1978 al 1983, il pacifismo, gli albori dell’ecologismo contro il nucleare, l’affermazione dei diritti civili, la vertenza Fiat e il terremoto dell’Irpinia, lo scontro sull’aborto e la lotta contro i missili. La terza parte si concentra sul 1984, su quanto avvenne trent’anni fa a partire dallo scontro sulla scala mobile e dall’improvvisa scomparsa di Berlinguer, fino alla confluenza. Completano il volume una ricca bibliografia e un’appendice biografica di molti dei dirigenti nazionali e regionali del Pdup protagonisti di quegli anni.
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L’articolo presenta una comparazione delle politiche di reddito minimo in alcuni paesi europei focalizzandosi sulle differenze nell’accesso, sui livelli di condizionalità previsti, sulla generosità e sulle innovazioni introdotte negli ultimi anni, in particolare nel passaggio da singole misure di reddito minimo a sistemi integrati di vari trasferimenti monetari. La tesi sostenuta è che nel contrasto alla povertà si stia passando a misure di reddito minimo fortemente condizionate, ma sempre più integrate a strumenti di altra natura. Con l’ausilio dei dati Eu-Silc è stato valutato in che modo i sistemi di trasferimento hanno reagito alla crisi economica, mettendo in luce le differenze esistenti tra alcuni paesi europei in termini di composizione della spesa e di efficacia nel contrasto alla povertà. I risultati mostrano grandi differenze tra i diversi paesi, sia dal punto di vista strutturale sia come risposta agli effetti prodotti dalla crisi. Ciò che emerge, in generale, è il ruolo marginale assunto dai trasferimenti finalizzati al contrasto della povertà e dell’esclusione sociale in senso stretto, da cui l’importanza di una visione allargata a un insieme più ampio di trasferimenti.
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Andrea Carraro è uno dei più interessanti narratori degli ultimi anni, autore di molti libri tra i quali Il branco, da cui Marco Risi ha tratto l’omonimo film, ma anche di altre narrazioni che non sono certo sfuggite ai lettori più attenti, come L’erba cattiva, La lucertola, Non c’è più tempo. Ma non è solo un narratore tout court. Infatti, nel tempo, ha affiancato la sua attività di romanziere a quella di acuto reporter, osservatore impietoso della società italiana, soprattutto per l’Unità e Diario, di cui è stato redattore assieme a un altro autore al quale lo lega una comune idea di letteratura, Sandro Onofri. Entrambi, infatti, hanno da sempre affabulato e cercato di attualizzare, in una sorta di riposizionamento linguistico e memoriale, i luoghi e i temi per eccellenza pasoliniani, con uno stile dal registro rigidamente realista. Anche questo libro – che ha il titolo ironico del «falso movimento» Da Roma a Roma, dove si spazia dal centro alle periferie della città alla ricerca dei nuovi portati di senso antropologico e delle trasformazioni urbanistiche – si apre e si chiude con il ricordo di Pier Paolo Pasolini, che, come scrive Carraro, della periferia romana «fu il primo cantore». Si parte dalla stele in memoria di Pasolini all’Idroscalo di Ostia e si finisce, dopo un lungo viaggio a zig zag, nella Torre di Chia, un rudere medievale, prossimo a Bomarzo, acquistato dallo scrittore nel 1970. In mezzo, le chiese di Centocelle, una scuola di Passo Corese, i tossici di Ostia e la Roma Bene dell’Olgiata e di via Due Ponti, oscure feste di piazza a Torvaianica e performance artistiche nel retroterra romano, e tanti altri luoghi nominati dalle cronache ma sconosciuti a molti di noi. Questi luoghi Andrea Carraro ora ce li fa conoscere con un racconto di prima mano, onesto e rigoroso; li attraversa con l’occhio curioso del viaggiatore, con quello impietoso del sociologo e quello visionario dello scrittore; li sviscera, rimettendo in circolo motori dell’immaginario come film, libri, fatti di cronaca; per ricomporre, infine, nel magma complesso di un mosaico, le trasformazioni avvenute in quella terra che sta ai margini di Roma, dove pulsa il cuore impazzito della contemporaneità.
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Quella di Taylor, senza Ford, sarebbe probabilmente rimasta una teoria inapplicabile. Il lavoratore non si sarebbe fatto meccanizzare di sua spontanea volontà, come sperava il fondatore dello scientific management; ma se contemporaneamente si afferma un metodo tecnico di produzione che impone il ritmo, allora la teoria diviene realtà. È passato quasi un secolo dalla comparsa del taylor-fordismo, eppure l’influenza di quest’organizzazione del lavoro è ancora così preponderante che sembra impossibile cominciare lo studio del pensiero organizzativo senza partire da essa. Lo studio dello scientific management e della catena di montaggio comincia - in questo libro - dall’analisi del contesto socio-economico dell’America e dell’Europa pre-industriale e industriale. Conoscere le questioni di fondo permette di intendere le cause dell’affermazione dei principi dell’organizzazione scientifica del lavoro e delle idee che ispirarono Ford nella creazione della prima automobile prodotta in serie; ma il taylor-fordismo conteneva in sé anche alcuni lati oscuri che in breve tempo sarebbero divenuti evidenti e avrebbero portato al suo superamento.
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L’articolo analizza le dinamiche e i contenuti delle riunioni del G20, soffermandosi sulla riunione di Cannes del 2011, che secondo l’autrice ha rappresentato un timido passo in avanti, anche se ancora tutto da verificare, nel senso della costruzione di una dimensione sociale della globalizzazione. E proprio quest'ultimo aspetto costituisce il tema fondamentale dell’articolo, sul quale convergono i suoi interrogativi; come quello sul ruolo che potrebbe/dovrebbe svolgere l’Unione europea nel momento peggiore per i diritti sociali e i redditi da lavoro.
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La rivolta studentesca del ’68 è un’onda che si diffonde ovunque in Italia, e così le lotte operaie. Un gruppo di studenti vive quegli anni in una delle formazioni più antagoniste: Potere operaio. E partecipa in prima persona alle discussioni, agli scontri con la polizia, ai successi, alle divisioni e delusioni. Finché tutto precipita nell’epoca che segnerà la fine del movimento e l’affermarsi del riflusso. L’incontro con i Consigli di fabbrica e i delegati consente ad alcuni di loro di continuare ad avere un’esperienza politica collettiva in cui credere. La Cgil rinnovata solleciterà la loro collaborazione per intervenire sulle trasformazioni del lavoro di quegli anni fino a farne dei sindacalisti a tempo pieno. Molti dirigenti del sindacato di oggi hanno attraversato un percorso simile a quello del protagonista del romanzo, Enrico Montorsi, e dei suoi amici. Dai banchi e dalle officine descrive i tanti lavori dell’Italia agricolo-industriale e poi quelli sindacali e politici degli anni settanta, arrivando fino al caso Moro e all’inizio della ristrutturazione industriale.
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In un contesto politico profondamente mutato, la questione dell’aborto continua ad essere – come fu negli anni Settanta del Novecento – questione cruciale per la libertà, soggettività e convivenza civile di tutte e tutti. In un panorama che sembra segnato dalla rottura di vecchi schemi gerarchici e dal trionfo neoliberale dei diritti individuali emergono con grande forza, in Italia e in molti paesi, forme di nostalgia per un passato governato dalle certezze patriarcali e sovraniste che incidono ancora una volta sui corpi delle donne. In molti paesi del mondo l’aborto torna ad essere oggetto di politiche criminalizzanti. Le donne però reagiscono, in forme politiche forti e interessanti. In questo volume, che pensiamo come strumento di riflessione e di attivismo, si racconta il protagonismo politico femminista in Spagna, Polonia, Irlanda, Brasile, Argentina e Cile, dove, attraverso forme di resistenza e sperimentazione inedite, è stato posto un freno a riforme reazionarie e sono state aperte brecce nell’ordinamento per la regolamentazione dell’aborto. Le esperienze maturate in Italia e nei diversi contesti sono narrate nella cornice del dibattito politico, giuridico e filosofico più articolato che si interroga sui modi di rappresentare la questione dell’aborto, la soggettività e l’autodeterminazione femminile, e non solo.
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L’evoluzione della disciplina del settore radiotelevisivo segue, in Europa, tre fasi distinte. La prima, quella del regime monopolistico, caratterizza la disciplina del sistema radiofonico a cavallo tra le due guerre ed è dettata anche da elementi di natura tecnica, dalla necessità di evitare che, tra gli impianti di trasmissione, si possano creare interferenze. Il modello monopolistico di gestione delle radiodiffusioni segue strade diverse: in Inghilterra e in Italia (rispettivamente nel 1926 e nel 1927) si formano società a prevalente capitale pubblico, mentre in Danimarca e in Belgio...