-
Il profilarsi di un’alleanza clerico-fascista alle elezioni comunali di Roma del 1952, la cosiddetta operazione Sturzo, è all’origine della candidatura di Giuseppe Di Vittorio nella Lista cittadina promossa da Francesco Saverio Nitti, che risulterà la più votata. Grazie al meccanismo degli apparentamenti la maggioranza dei seggi va tuttavia al blocco centrista voluto da De Gasperi. Di Vittorio ottiene il maggior numero di preferenze, che onorerà con un’assidua presenza in Campidoglio sempre attenta e partecipe dei problemi cittadini. La prima parte del volume ricostruisce il percorso politico che porta alla formazione della lista unitaria di sinistra, l’accesa campagna elettorale e la controversa ricandidatura del leader della Cgil alle comunali del 1956, causa di un forte attrito con i vertici del Pci. La seconda parte approfondisce l’attività consiliare di Di Vittorio e il suo intenso rapporto con la città e con il mondo del lavoro romano.
-
Per lunghi anni alla crisi del sistema produttivo, sociale e politico imperniato sulla grande fabbrica fordista si è accompagnato un progressivo vuoto di analisi sui tentativi dei vari capitalismi di cercare nuove strade anche sfruttando il ciclone Internet. Dentro la crisi le questioni di fondo sono diventate la speculazione finanziaria e Wall Street. Sul «postfordismo» ha invece soffiato con forza il vento dell’Est, non solo perché la Cina è diventata l’officina del mondo, ma soprattutto perché la lunga stagione del metodo Toyota, della lean production, del just in time, della partecipazione in via gerarchica ha cambiato le culture manageriali e imposto un nuovo aziendalismo nel rapporto con il sindacato. Ha influito sulla trasformazione delle forme organizzative dei partiti e delle culture politiche ormai «né di destra, né di sinistra». È mutata la stessa condizione esistenziale delle persone, sempre più flessibile e precaria. Nella quotidiana pratica sindacale non sono mai venuti meno i tentativi di indicare alternative a questi processi, ma tante sono state le occasioni perse. In Italia c’è stata l’anomalia del più grande partito comunista dell’Occidente; oggi c’è l’anomalia della mancanza di un partito che faccia del lavoro il fondamento del suo programma. Ricostruire il percorso che ha portato a questo esito e farlo dal punto di vista delle persone che lavorano nelle manifatture come nel web può contribuire a trovare soluzioni per una rinnovata azione sindacale e politica.
-
Le parole di Giuseppe Di Vittorio sono le parole contenute nella Relazione sul diritto di associazione e sull’ordinamento sindacale (1946) presentata alla Terza Sottocommissione sui temi economici e sociali per la definizione della Costituzione (1948). Sono parole fondative della Repubblica Italiana che rappresentano un fatto inedito, non riscontrabile nella formazione delle Costituzioni dei paesi europei, e identitario della composizione della Carta Fondamentale. Sono parole prime. I saggi che compongono il libro offrono un’interpretazione interdisciplinare (sociologica, storica, giuridica) della relazione, in un testo in cui l’approccio ermeneutico degli autori si rivela scientificamente attento e che, diversamente da una comprensione formalmente rigorosa, manifesta anche il grande interesse di studiosi catturati dal potere delle parole di Di Vittorio. Ne emerge così la qualificazione del diritto di associazione come il presidio più sicuro della libertà della persona, rilevando anche il ruolo fondamentale di Di Vittorio nella definizione del caposaldo lavoristico della Costituzione, e la natura della CGIL. È valutato l’impatto della relazione sulle norme dedicate ai temi del diritto sindacale nonché sul complessivo sistema costituzionale, e il ruolo chiave svolto dal mondo del lavoro nella definizione del Patto costituzionale. Sono, quelle di Giuseppe Di Vittorio, parole prese dalla memoria che, invece di risolversi nell’irrevocabilità di un ricordo, dispiegano ancora tutta la loro forza nella complessa attualità sociale e sindacale.
-
Gli appalti pubblici in Italia sono stati utilizzati, storicamente, come un modo per soddisfare interessi privati, sia delle imprese sia di amministratori e burocrati, permettendo alle mafie di fare grandi affari, soprattutto nel settore delle costruzioni, inquinando il mercato del lavoro e provocando distorsioni nel meccanismo di domanda e offerta. Una risposta concreta è arrivata dal CCASGO, il Comitato di Coordinamento per l’Alta Sorveglianza delle Grandi Opere, e dalle organizzazioni sindacali degli edili di CGIL, CISL e UIL, che sono riusciti a fare emergere l’inquinamento mafioso, utilizzando la tracciabilità finanziaria, la gestione legale e trasparente dei cantieri e il monitoraggio dei flussi di manodopera. Questa esperienza, realizzatasi attraverso le Linee Guida Antimafia e i Protocolli di Legalità, ha determinato non solo un avanzamento della «legislazione di prevenzione», ma anche una serie di procedure che i soggetti firmatari devono attuare. Pertanto, con i Protocolli di Legalità si sa chi, quando e come deve realizzare le azioni prescritte. Il sindacato è certo che questa attività di prevenzione attiva allargherà il sol-co tra quanti alimentano il sistema di illegalità e quanti, forti dei principi costituzionali, vogliono vincere una guerra civile strisciante che dura dall’Unità d’Italia ad oggi. Il testo raccoglie importanti contributi di Ivan Cicconi, Bruno Frattasi, Alessandra Guidi, Salvatore Lo Balbo, Leonardo Miconi, Sara Spartà.
-
Da oltre trent’anni la criminalità organizzata rappresenta in Italia un argomento molto discusso e approfondito, sia dai policy makers che dagli studiosi. Si è sviluppata anche una produzione mediatica, che spazia dalla letteratura popolare alla realizzazione di specifici format televisivi. Infine, nella società civile, si sono sviluppate vere e proprie forme di professionalità legate al contrasto delle organizzazioni criminali. La mafia e l’antimafia sono così diventate due campi attraversati da conflitti politici e culturali, all’in-terno dei quali il contrasto del fenomeno si sovrappone alla costruzione e alla riproduzione di rendite di posizione, che chiamano in causa il sistema politico, i rapporti di produzione, il sistema giudiziario e le garanzie del sistema penale. Vincenzo Scalia, da anni attivo nello studio dei fenomeni mafiosi, ci propone una lettura delle mafie e delle antimafie basata su due cardini: il primo riguarda la trama costitutiva delle organizzazioni mafiose, che l’au-tore vede speculare alle trasformazioni produttive; il secondo riguarda la necessità di osservare i fenomeni mafiosi senza tralasciare l’aspetto della tutela dei diritti individuali e collettivi. Se si vuole contrastare le mafie, suggerisce l’autore, si tratta piuttosto di ripartire proprio da una società attenta alle garanzie individuali e al-l’emancipazione sociale.
-
Il declino negli anni Ottanta del PCI, maggior partito di massa in Italia, non fu soltanto legato alle contraddizioni del comunismo mondiale e alla preclusione che le forze della guerra fredda opposero a un percorso di integrazione democratica di quel partito. La vicenda di quel declino rivela aspetti generali di mancato sviluppo democratico delle democrazie come tali: nuove soggettività politiche, partecipazione di cittadini competenti e autonomi, rispetto della dignità delle persone, nuovi bisogni, allargamento dei sistemi politici. Tutto questo si manifestò in quel decennio, e tutto fu respinto, la guerra tornò sulla scena del mondo, il Sud d’Europa e soprattutto il Mediterraneo furono abbandonati a esiti tragici. Questi temi furono colti e segnalati con grande anticipo in una singolare esperienza di ricerca promossa dal CRS, Centro Studi del PCI, che per quindici anni con la direzione di Pietro Ingrao provò a orientare il par-tito verso riforme del sistema politico e a contribuire da sinistra alla costruzione europea. La chiusura del partito a quei temi e a quelle proposte è un aspetto particolare del suo declino. Oggi l’interesse per quella vicenda, che l’autore ricostruisce dall’interno per il ruolo svolto nel CRS, è dato anche dall’attualità delle questioni irrisolte: le riforme istituzionali e costituzionali, l’unione politica dell’Eu-ropa, forme e ruolo delle nuove soggettività.
-
I primi settant’anni dell’UDI (1945-2015) coincidono, non a caso, con i primi settant’anni della Repubblica italiana, con la sua storia, della quale la storia delle donne è parte costitutiva e integrante. Questo libro raccoglie le relazioni e gli interventi, rielaborati dalle stesse autrici, delle protagoniste del convegno Fare storia, custodire memoria, svoltosi il 7 ottobre 2015 nella Sala Aldo Moro della Camera dei deputati, organizzato dall’Unione donne in Italia, per ricostruire e riflettere collettivamente su questi due compleanni vicini, che legano la storia del movimento delle donne a quella del paese e ci ricordano del contributo enorme – sebbene troppo spesso colpevolmente sottaciuto – da loro offerto alla Liberazione e al progresso dell’Italia. Ricerche storiche, memorie e testimonianze che rilevano fatti e aspetti inediti della storia del periodo che va dalla Resistenza all’oggi; riflessioni sul «daltonismo» degli storici che non colgono la significatività della presenza delle donne nella storia. Un confronto sui temi dell’oggi, sulla politica non tanto per le donne, ma delle e con le donne, sullo storico dilemma tra uguaglianza e differenza.
-
Un mercato clandestino, dove immigrati rivendono cose di seconda mano e provenienti da circuiti informali su lenzuola stese a terra, si sviluppa da vent’anni nel cuore della città di Genova a due passi dal Porto antico. Oggetto di vessazioni e sequestri continui, il mercato è stato mal tollerato con un’escalation di xenofobia e attacchi politici che lo hanno fatto sparire agli occhi dei genovesi nell’aprile 2015, alla vigilia delle elezioni regionali, vinte poi dal centro-destra. Nell’autunno 2015 il Comune di Genova ha quindi promosso un progetto di mediazione dal nome «Chance» che ha portato all’emersione di un gruppo di emigrati con una nuova collocazione sotto le mura di Sarzano, a duecento metri dai luoghi scelti in passato, ma una parte del vecchio mercato resiste di notte nei portici di Sottoripa. L’inchiesta di tipo etnografico tra gli immigrati trovarobe racconta i percorsi a caccia di oggetti, la percezione della discriminazione di questo lavoro che diventa spesso camera di compensazione in periodi di disoccupazione. Le parole degli altri attori coinvolti (abitanti, commercianti, amministrazione e polizia) ci interrogano sulle dinamiche migratorie, sulla precarietà del mondo del lavoro in Italia, sul diritto all’utilizzo delle città da parte di nuovi e vecchi abitanti e sulle nuove povertà.
-
La logistica è qualcosa di più delle funzioni di trasporto e distribuzione cui è solitamente associata. Le trasformazioni del processo produttivo, la diffusione su larga scala del container e dei principi dell’intermodalità e della multimodalità, l’intensificazione dei processi di digitalizzazione e la formazione di nuovi spazi infrastrutturali hanno portato ciò che ruota intorno alla logistica a conquistare un ruolo di primo piano nell’economia e nella politica globali. Porti, zone economiche speciali e corridoi sono così divenuti snodi cruciali all’interno di una nuova mappa del potere. Attingendo da molteplici fonti e approcci disciplinari, questo libro sostiene che la logistica sia da considerare tra gli elementi costitutivi della globalizzazione e – introducendo la categoria di «politica dei corridoi» – analizza il modo in cui essa è diventata un fatto politico che promuove nuove modalità di governo e decisione, spingendo a ripensare la forma Stato e le forme dell’agire politico.
-
Gli autori, partendo dal racconto delle proprie «storie», spiegano, descrivono ed analizzano la «precondizione» che è alla base del fenomeno Mafia Capitale: lo sfruttamento pesante, fatto di retribuzioni bassissime ed assenza di tutele e diritti, dei lavoratori e delle lavoratrici che operano nell’ambito di quelle cooperative sociali «centrali e nevralgiche» nel sistema economico e criminale «Carminati-Buzzi». In questo contesto, alcune recenti modifiche legislative imposte dal Governo, attraverso il Jobs Act e la riforma del terzo settore, stanno determinando un ulteriore peggioramento delle condizioni del lavoro, accompagnato da un consistente aumento degli «utili» per le attività di cooperative che, in questo modo, risultano ancora più esposte a fenomeni d’illegalità diffusa. Sono temi che interessano non solo Roma bensì l’intera nazione, segnata, negli ultimi trent’anni, dall’affermazione di quella cultura «liberista» che ha portato verso la privatizzazione di servizi pubblici ed universali e, insieme, ha finito con il contaminare in maniera pesante e negativa anche quell’esperienza della «cooperazione» nata con ben altro spirito e ideale. Una realtà che, a giudizio degli autori, va modificata radicalmente attraverso interventi strutturali e profondi capaci di «riscattare il lavoro» da ogni forma di sfruttamento e di schiavitù. Solo un lavoro dotato di tutele, diritti ed equa retribuzione può garantire la qualità delle prestazioni e dei servizi in una delicata e complessa sfera come quella delle attività socio-sanitarie e assistenziali. Ridare centralità e dignità al lavoro rappresenta l’unico modo per aggredire alle fondamenta l’illegalità e creare le condizioni affinché fenomeni come quello di Mafia Capitale non si possano ripetere.