• Le disuguaglianze di genere sul mercato del lavoro rimangono significative in molti paesi. L'impatto diseguale della nascita di un figlio su uomini e donne sembra esserne una delle cause principali. Le politiche familiari possono incoraggiare l'offerta di lavoro femminile e rendere più semplice la conciliazione di vita e lavoro. La maggiore offerta di asili nido e di servizi per la prima infanzia e la disponibilità di congedi parentali risultano strumenti efficaci per aumentare l'offerta di lavoro delle donne. L'introduzione di congedi di paternità può incentivare una migliore distribuzione del carico familiare, promuovendo una più equa condivisione della genitorialità. In Italia, l'introduzione del congedo obbligatorio di paternità non ha raggiunto l'intera platea di beneficiari potenziali né ha portato un maggior uso da parte dei padri del congedo facoltativo. Il Bonus Infanzia, introdotto per incoraggiare congedi parentali più brevi, non sembra aver apportato benefici di lungo periodo alle beneficiarie, né in termini di offerta di lavoro né di retribuzioni. D'altra parte, l'analisi suggerisce che il Bonus abbia ridotto il rischio di abbandono del mercato del lavoro.
  • Le mappe della disuguaglianza. Una geografia sociale metropolitana di K. Lelo, S. Monni e F. Tomassi (2019) fornisce un’istantanea di rara efficacia che permette di rappresentare l’attuale situazione sociale ed economica di Roma. Il testo rappresenta un’ottima occasione per riflettere sul tema delle disuguaglianze in ambito urbano. In questo articolo – muovendo dall’analisi di alcuni dei dati presentati nel libro – si offre una chiave di lettura delle disuguaglianze e un’interpretazione delle stesse basata sull’analisi della strategia di accumulazione che si è sviluppata storicamente a Roma.
  • In Italia le disuguaglianze crescono senza sosta dagli anni novanta. Aumenta il numero di persone in povertà, assoluta e relativa, e allo stesso tempo aumenta il numero dei miliardari. Ma le disuguaglianze non sono soltanto di natura economica, patrimoniale o retributiva. Disuguaglianze significative, infatti, si registrano anche nell’accesso allo studio e ai saperi, all’energia, alle cure mediche, nelle condizioni ambientali di vita e di lavoro, nella quantità e qualità del tempo libero e in altre dimensioni ancora. Le disuguaglianze, soprattutto, non sono solo una questione di quantità e gli indicatori numerici, per quanto indispensabili e preziosi, non riescono da soli a rappresentare la complessità di questi fenomeni. E le conseguenze non ricadono solo sulle per sone e le famiglie che le vivono o le subiscono, ma hanno ripercussioni economiche e sociali sull’intero sistema paese. Il presente volume, frutto del lavoro dei ricercatori della Fonda zio ne Giuseppe Di Vittorio e dell’Istituto di Studi Politici «S. Pio V», intende trattare il tema tanto sul piano economico quanto su quello sociologico, storico, filosofico, dando rilevanza alla dimensione quantitativa usando i dati come mezzo e non come fine e inserendola in una sfera ben più ampia, di natura prevalentemente politica. A partire da una lettura storica che utilizza come filo conduttore i tre eventi giubilari degli ultimi cinquant’anni (1975-2000-2025), e passando per una rigorosa analisi dei dati, il volume avanza alcune proposte con l’ambizione di contribuire al dibattito su come dare corpo e sostanza alla «speranza» di migliorare l’esistente.
  • L’articolo è un commento dell’ultimo lavoro di Guido Baglioni La disuguaglianza e il suo futuro nei paesi ricchi. Dopo aver discusso la contrapposizione tra differenze e disuguaglianze, rilevando il ruolo decisivo della valutazione sociale, la tesi della relativa autonomia delle disuguaglianze nelle condizioni di vita dalla disuguaglianza economica viene messa in relazione con il filone di ricerche sul benessere sociale, secondo il quale la qualità della vita non dipende semplicemente dal Pil pro capite. Questo nuovo approccio, elaborato dal noto rapporto di Stiglitz, Sen e Fituossi (2009) e adottato anche da Oecd e Istat, fornisce un sostegno anche alla tesi di una tendenza all’avvicinamento delle diseguaglianze nelle condizioni di vita. Tendenza che però sembra destinata ad arrestarsi, se non a invertirsi, per la crescente polarizzazione della struttura occupazionale, che frena la mobilità sociale ascendente e provoca anche rischi di mobilità discendente.
  • La struttura regionale del Sistema sanitario nazionale nato nel 1978 e l’aziendalizzazione nel 1993 hanno posto la necessità di un sistema di governo che sia capace di ridurre i divari istituzionali facendo leva sulle responsabilità politiche e gestionali attribuite dal Ministero a quegli ambiti decisionali. La leva è stata la creazione nel 2001 di un esteso sistema di valutazione dei risultati che ci permette oggi di affermare che il divario territoriale era consistente e che il sistema di sanzioni e incentivi ha ridotto le differenze di prestazioni gestionali ma in misura non sufficiente rispetto alle aspettative. La mobilità sanitaria da Sud a Nord sembra spiegata, più che da un chiaro deficit negli esiti clinici di singole specialità, da una minore coerenza delle prestazioni nella filiera della presa in carico che può aver danneggiato la reputazione di molti presidi, in prevalenza nel Mezzogiorno. Identifichiamo altri due fattori di differenziazione territoriale. Uno è la diversa densità abitativa, a causa della quale le aree interne o distanti dagli insediamenti principali soffrono di un deficit di offerta di tutti quei servizi per i quali l’ampiezza del bacino di utenza è una condizione essenziale di produttività. Infine, per ogni istituzione l’eredità della sua storia organizzativa è un fattore rilevante della capacità attuale di reagire positivamente alle difficoltà e agli incentivi che provengono dalle fonti di sostentamento e di legittimazione.
  • Nella prima parte dell’articolo si evidenziano i principali pregi dell’ultimo libro – Inequality: what can be done? – di Tony Atkinson, l’autore a cui, più di ogni altro, si deve il merito di aver portato il tema delle diseguaglianze al centro dell’attenzione degli economisti. In questo libro Atkinson, dopo aver chiarito come la diseguaglianza non sia determinata da un singolo fattore, ma discenda da un processo complesso con molteplici meccanismi, delinea un’articolata strategia di policy necessaria per ridurre sia le diseguaglianze che si formano nei mercati, sia quelle dei redditi disponibili (ovvero, tenendo conto anche dell’azione redistributiva pubblica). Prendendo spunto da alcuni insegnamenti contenuti nel libro, nella seconda parte dell’articolo si discutono criticamente alcuni «luoghi comuni» che spesso riecheggiano nel dibattito sulle diseguaglianze, anche nel nostro paese, e che andrebbero confutati per delineare le basi di una visione condivisa di contrasto alla diseguaglianza.
  • L’articolo concentra l’attenzione sui processi di dualizzazione nel mercato del lavoro della cura. Il lavoro nella cura e nei servizi di welfare è costantemente cresciuto in questi anni. Di fatto rappresenta uno dei settori che più stanno contribuendo a creare occupazione. Questa crescita è messa tuttavia sotto tensione dall’acuirsi di divari sociali e vincoli istituzionali che tendono a limitare l’azione delle organizzazioni di rappresentanza. L’articolo sottolinea come nell’analizzare la segmentazione, la dualizzazione, o più in generale le disuguaglianze nei mercati del lavoro, sia indispensabile valutare gli effetti dei divari sociali distinguendo in modo sistematico tra il livello macro delle politiche del mercato del lavoro, le relazioni industriali e gli istituti del welfare e il livello micro (e meso) legato alle condizioni di lavoro, ai diritti sociali dei lavoratori e alle strategie degli attori sociali, compresi i sindacati. Nella prima parte l’articolo prende le mosse da alcune considerazioni critiche sull’attuale dibattito socio-economico e sociopolitico in tema di segmentazione e dualizzazione. Prosegue fornendo le motivazioni che sono alla base della proposta di un approccio combinato macro-micro e micromacro. Nel concludere, propone alcune riflessioni metodologiche basate su un’analisi dei rapporti tra macro e micro-livelli.
  • L’articolo analizza la configurazione istituzionale dei sistemi di istruzione e formazione professionale (Vocational education and training-Vet) e di apprendistato in Italia e in Germania. Per quanto riguarda il caso italiano l’attenzione si concentra sulle recenti riforme che hanno cercato di costituire, attraverso l’alternanza scuola-lavoro e l’apprendistato, un «sistema duale» efficace nel combinare istruzione e lavoro. In seguito, l’articolo descrive le caratteristiche della formazione professionale e del sistema duale di apprendistato in Germania. I due paesi, e le relative forme di educazione «duale», sono posti a confronto, sottolineando le differenze nelle strutture istituzionali e nei conseguenti sviluppi di policy, al fine di chiarirne le diverse logiche sottostanti.