• Un Di Ruscio scatenato, furibondamente vitale, comico e caustico allo stesso tempo, irriverente al massimo, torna nelle pagine di questo libro con una lingua graffiante ed eversiva che, come scrisse Italo Calvino: «Ricorda Céline, per la volontà di scaricare nel flusso delle parole una cupa aggressività». Attuale e potente come pochi per la forte capacità di testimonianza, oltre che per l’indiscusso valore stilistico, La neve nera di Oslo cresce lungo una narrazione fluviale in prima persona, e in presa diretta, che lo scrittore fa avanzare tra bizzarre considerazioni politiche e filosofiche, intrecciate al vivere sociale e quotidiano, alle aspirazioni e ai sogni di un emigrato italiano. Argomenti della narrazione so no la privata quotidianità, l’odissea della vita di fabbrica e l’orgoglio di far parte di una classe operaia che va oltre l’ap partenenza diventando condizione uma na universale. Intorno il ma linconico ed esistenzialissimo pae saggio lunare di Oslo, che il nostro attraversa in bicicletta o a piedi, una metropoli tra i ghiacci che sentirà per sempre straniera. Ottantenne, molto amato da Franco Fortini, Paolo Volponi, Salvatore Quasimodo – che lo definì «uomo d’avanguardia nel senso positivo, cioè della fede nell’attualità e per la violenza del discorso» –con questo nuovo libro,forse tra i suoi il più bello e lirico, Luigi Di Ruscio sembra chiudere un’esperienza letteraria durata oltre mezzo secolo dove vita e scrittura s’incontrano per diventare una cosa sola, mostrandoci qui cosa significa per uno scrittore emigrare in Scandinavia e vivere in un isolamento linguistico e sociale che è da sempre quello di tutti i migranti.
  • Diario operaio

    2.99 10.00 
    Hanno presidiato le fabbriche, hanno fatto lo sciopero della fame, hanno occupato strade, stazioni e vecchie carceri, sono saliti sui tetti e sulle gru. Trascurati dalle tv e dai giornali, abbandonati dal governo e dalla politica, delusi dalla sinistra e a volte lontani anche dai sindacati, milioni di lavoratori, garantiti e no, hanno cercato in questa lunga e dolorosa crisi italiana di farsi sentire e di farsi vedere, di testimoniare con il loro impegno il diritto a difendere un’occupazione, un reddito dignitoso, una speranza di cambiamento. Hanno combattuto, e combattono, una battaglia forse fuori dal tempo, in un paese che non riconosce più il lavoro come un valore su cui costruire una società giusta e solidale. Le loro storie rappresentano l’altra faccia, quella vera, di un’Italia smarrita e delusa dalle promesse berlusconiane.
  • Il comico della politica

    5.99 15.00 
    Nella comunicazione politica di Berlusconi ha assunto una funzione sempre più prevalente il momento retorico del comico. Non solo figure, situazioni, immagini e argomenti comici entrano a far parte del suo discorso politico, così spesso sui generis sul piano dei contenuti, dello stile, della recitatio. Ma, quando parla in pubblico, assorbe egli stesso, nella sua actio, movenze comiche e atteggiamenti attoriali che sembrano annullare irreparabilmente la specificità della comunicazione politica. Scherza, gesticola, imita, corre per strada inseguito dalle telecamere e rivolge una raffica di domande retoriche alla folla ricevendo sempre le risposte prefissate secondo un copione. Svuotata di ogni senso la politica ridotta a chiacchiericcio del tutto irriflessivo, per il ritrovamento dei significati pubblici bisogna rivolgersi altrove, al mondo dell’azienda, del denaro, degli interessi particolari. Il nichilismo del comico, che sbeffeggia la rappresentanza politica tradizionale, evoca dunque l’aziendalismo di un imprenditore che si propone agli elettori come il supremo decisore monocratico infastidito dagli stanchi riti della separazione dei poteri.
  • Da Roma a Roma

    2.99 10.00 
    Andrea Carraro è uno dei più interessanti narratori degli ultimi anni, autore di molti libri tra i quali Il branco, da cui Marco Risi ha tratto l’omonimo film, ma anche di altre narrazioni che non sono certo sfuggite ai lettori più attenti, come L’erba cattiva, La lucertola, Non c’è più tempo. Ma non è solo un narratore tout court. Infatti, nel tempo, ha affiancato la sua attività di romanziere a quella di acuto reporter, osservatore impietoso della società italiana, soprattutto per l’Unità e Diario, di cui è stato redattore assieme a un altro autore al quale lo lega una comune idea di letteratura, Sandro Onofri. Entrambi, infatti, hanno da sempre affabulato e cercato di attualizzare, in una sorta di riposizionamento linguistico e memoriale, i luoghi e i temi per eccellenza pasoliniani, con uno stile dal registro rigidamente realista. Anche questo libro – che ha il titolo ironico del «falso movimento» Da Roma a Roma, dove si spazia dal centro alle periferie della città alla ricerca dei nuovi portati di senso antropologico e delle trasformazioni urbanistiche – si apre e si chiude con il ricordo di Pier Paolo Pasolini, che, come scrive Carraro, della periferia romana «fu il primo cantore». Si parte dalla stele in memoria di Pasolini all’Idroscalo di Ostia e si finisce, dopo un lungo viaggio a zig zag, nella Torre di Chia, un rudere medievale, prossimo a Bomarzo, acquistato dallo scrittore nel 1970. In mezzo, le chiese di Centocelle, una scuola di Passo Corese, i tossici di Ostia e la Roma Bene dell’Olgiata e di via Due Ponti, oscure feste di piazza a Torvaianica e performance artistiche nel retroterra romano, e tanti altri luoghi nominati dalle cronache ma sconosciuti a molti di noi. Questi luoghi Andrea Carraro ora ce li fa conoscere con un racconto di prima mano, onesto e rigoroso; li attraversa con l’occhio curioso del viaggiatore, con quello impietoso del sociologo e quello visionario dello scrittore; li sviscera, rimettendo in circolo motori dell’immaginario come film, libri, fatti di cronaca; per ricomporre, infine, nel magma complesso di un mosaico, le trasformazioni avvenute in quella terra che sta ai margini di Roma, dove pulsa il cuore impazzito della contemporaneità.
  • Dopo più di un decennio di deciso abbattimento delle rigidità (presunte ed effettive) del mercato del lavoro italiano, non sembrano evidenti quegli effetti positivi che avevano pronosticato i fautori della flessibilità del lavoro. Anche i media, che al suo affacciarsi sulla scena raccontavano la flessibilità come la strada «necessaria» per raggiungere la piena occupazione, pongono ormai l’accento sull’altro volto del fenomeno, ossia quello della precarietà del lavoro, e sul «furto del futuro» a cui stiamo condannando intere generazioni. Il propagarsi della crisi finanziaria mondiale all’economia reale, già a partire dalla seconda metà del 2008, sta producendo un nuovo incremento del numero dei disoccupati, fenomeno che non si verificava da quindici anni. Ciò apre nuovi interrogativi a cui i policy makers sono chiamati a rispondere nel breve e nel medio periodo e, se ce ne fosse bisogno, conferma il primato dell’economia nella creazione di lavoro rispetto alla legislazione del lavoro. Il tema della flessibilità viene trattato nel volume attraverso un approccio multidimensionale del fenomeno: dalle dinamiche del mercato del lavoro al quadro empirico che emerge da una serie di ricerche realizzate dall’IRES nell’ultimo decennio, alla scansione delle tappe normative, alla giungla delle tutele sia di tipo contrattuale che di welfare, fino alla dimensione culturale e comunicativa.
  • Vita attiva?

    13.00 18.00 
    La vita si è allungata e con essa anche la vecchiaia è divenuta più estesa e sfaccettata, imponendo alla ricerca sociale, alla politica e al sindacato una ridefinizione del ruolo economico e sociale degli anziani. Anche per questo nell’ultimo quindicennio le pressioni per un allungamento della vita lavorativa si sono imposte nel discorso pubblico, tendendo ad oscurare le numerose ragioni che nel nostro paese si frappongono alla realizzazione di questo obiettivo, non ultimi la persistente marginalizzazione della manodopera adulta e il ricorso delle imprese alle uscite anticipate. Non solo. Nella stessa società i profili della vecchiaia – anagrafico, biologico, sociale, funzionale – tendono a diversificarsi in base alle condizioni di salute, alla regolazione istituzionale del corso di vita, allo status. Per questo le lunghe durate lavorative (ovvie e in qualche misura «irrinunciabili» per le fasce della popolazione più in alto nella scala sociale e professionale) sono divenute argomento ricorrente dei dibattiti sulla riforma del welfare con termini evocativi quali attivazione e occupabilità. Meno incisivi i richiami per un ruolo socialmente utile degli anziani, che comunque rappresentano la componente generazionale più consistente nel volontariato e nelle attività partecipative. Un apporto dato in un contesto regolativo e di offerta pubblica ancora da sviluppare, che ancor oggi in Italia vive largamente di una capacità organizzativa scarsamente incentivata. Il libro raccoglie e rielabora una fitta serie di risultati di ricerca realizzati dall’Ires grazie alla costante collaborazione con lo Spi e con altri istituti e network di ricerca. Dalle analisi pubblicate emerge preoccupazione per una nuova declinazione del rischio sociale della «seconda metà della carriera», mentre si sottolinea il ruolo di pubblica utilità svolto dagli anziani attraverso le attività volontarie e partecipative.
  • La crisi dei mercati internazionali esplosa negli USA nell’ottobre del 2008, con la recessione di portata mondiale che quella crisi ha innestato, impone di impostare con urgenza le politiche economiche necessarie per impedire che le economie italiana, europea e mondiale si avvitino in una spirale recessivo-deflattiva. Il volume esamina pertanto le conseguenze e le prospettive della crisi e cerca di fornire proposte utili per difendere le condizioni di vita e di lavoro delle fasce più deboli, dei lavoratori che rischiano di perdere il posto di lavoro, dei precari senza protezioni sociali, salvaguardando i redditi più bassi sia da lavoro che da pensione. Dal Rapporto emerge come proprio l’aumento delle diseguaglianze di reddito rappresenti la ragione di fondo dell’esplosione della crisi finanziaria che scuote il mondo: si è tentato infatti di surrogare la caduta della domanda determinata dalla caduta dei redditi reali del mondo del lavoro, con una crescita della domanda fondata sul debito privato nel caso del modello USA, e di quello pubblico nel caso italiano. Con la crisi del 2008 si chiude rovinosamente la lunga egemonia delle politiche neoliberiste e di deregulation, inaugurate dall’era Reagan e Thatcher e portate avanti dai governi della destra negli USA e in Europa. Si è così aperta oggettivamente nella storia del mondo una fase in cui dovranno essere costruiti nuovi paradigmi e regole dello sviluppo economico e sociale tanto nei singoli paesi che a livello globale.
  • Enakapata

    2.99 10.00 
    Cosa ci fanno assieme Ryoji Noyori, premio Nobel per la chimica, e zia Concetta? Piero Carninci, lo scienziato che ha messo in discussione il dogma del Dna, e don Peppe detto «Testolina»? Franco Nori, il genio che lavora al computer intelligente, e Gennaro detto «Topolino»? La risposta in Enakapata (espressione nippo-vesuviana, da «è ’na capata», letteralmente «è una testata», in senso figurato «è qualcosa che colpisce, è una cosa straordinaria»), il resoconto di un viaggio che comincia a Secondigliano e si conclude a Tokyo; un diario nel quale gli autori, padre e figlio, raccontano della controversa periferia napoletana e dell’organizzazione della scienza in Giappone, di luoghi e volti della capitale giapponese appena incontrata e dei suoi paesaggi metropolitani stupefacenti, di serendipity, ramen e shinsetsu, di operai e magliari, in un alternarsi e incrociarsi di voci, sensibilità, generazioni. Ne viene fuori un libro vitale, fisico, che afferra i sensi con una lingua prensile che, in maniera leggera, accattivante, divertente, paradossale, a tratti persino commovente, coinvolge il lettore e lo porta lontano, in mondi sconosciuti e affascinanti.