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La morte di Moro è sempre stata rievocata entro uno schema cromatico che poneva in conflitto il rosso delle brigate e il nero delle stragi e dei servizi deviati. Era come se non si potesse prescindere dai termini di una lunga guerra civile nazionale, mai completamente risoltasi. Questo libro, invece, ci parla di quel la guerra con una lingua compiutamente post-bellica. Il Moro di Mastrogregori – certo, nelle condizioni disperate nelle quali si trovò costretto negli ultimi giorni della sua esistenza – restò politicamente lucido, combattivo nei confronti dei suoi nemici, impegnato a costruire il terreno di un dialogo tra tutte le parti. Anzi, l’analisi filologica delle lettere – dove questa volta è il blu dell’inchiostro a guidare l’attenzione del ricercatore – sembra suggerire una chiave di lettura assolutamente originale. Insomma, il leader cattolico non si arrendeva affatto ai carcerieri, non ne propugnava il riconoscimento politico, ma recitava una parte, metteva in scena un personaggio, collaborava alla costruzione di se stesso come ostaggio, «accettando di pagare un prezzo per questo (dare corpo alla propaganda terroristica)». Sicché, se il rosso e il nero erano i colori con i quali poteva essere descritta la vittima-martire, il blu della lettera di Moro sembra raccontare la vicenda di un politico che non si arrese mai a un destino già scritto, perché voleva «assolutamente tornare libero […] perché non sopportava di non poter camminare».
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Questa è la terza edizione del nostro manuale aggiornato dal lato dottrinario e giurisprudenziale al 2012. Il libro esamina il fenomeno del «mobbing» e del «bossing», strategia, quest’ultima, solitamente adottata dalle direzioni aziendali per realizzare l’obiettivo delle dimissioni della vittima, stremata dalle mortificazioni. Dopo aver illustrato la normativa vigente a tutela della professionalità, Meucci dà conto dell’ultradecennale, variegato, orientamento giurisprudenziale sul demansionamento e in ordine alla (pretesa) prova del danno da parte del lavoratore su cui si sono espresse le Sezioni Unite con la decisione n. 6572 del 24 marzo 2006 e con la successiva n. 26972 (e gemelle) dell’11 novembre 2008. Vengono quindi approfonditi il danno biologico, il danno psichico, il danno morale e il danno esistenziale. Viene analizzata inoltre la disciplina del danno biologico in sede Inail, evidenziandone le insufficienze per una reale tutela del lavoratore. Nella parte conclusiva del testo, in armonia con orientamenti giurisprudenziali e dottrinali del tutto affidabili, viene sostenuta e documentata la non imponibilità previdenziale e fiscale delle somme conseguite o disposte giudizialmente per risarcimento del danno da demansionamento e mobbing, biologico, morale, professionale, esistenziale e da perdita di chances, in quanto ristoratrici di «danno emergente». La parte espositiva è completata da una ricca Appendice di documentazione (d.d.l., pattuizioni dei Ccnl, risoluzioni Ue) e dalle massime delle più importanti sentenze della Cassazione e di merito rese nell’arco temporale 1990-2012 (il cui testo integrale è reperibile nel sito Internet dell’Autore), indispensabili per chi debba affrontare o patrocinare professionalmente casi concreti in ambito giudiziario.
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Il libro racconta, attraverso testo e immagini, un viaggio in bicicletta dalla Spagna all’Africa dell’Ovest di una giovane coppia che si mette in cammino con la voglia di toccare con mano una parte del complesso continente africano. Per 5 mesi e più di 6.000 chilometri di pedalate, Tobias e Marianita si confrontano con paesaggi ed esperienze che li fanno riflettere sull’Africa e l’Europa, spingendo sempre più in là il confine tra i due continenti. Attraverso Spagna, Marocco, Sahara Occidentale, Mauritania, Senegal, Guinea, Mali e Burkina Faso, i due autori riflettono giorno per giorno sul senso del viaggiare oggi, sulla specificità di andare con lentezza, e su come la bicicletta sia una maniera, non solo per andare lontano, ma anche per sentirsi più a casa. Attraverso le montagne dell’Atlante e il deserto del Sahara, le pianure del Senegal e le colline della Guinea, il delta del fiume Niger e poi ancora le distese sabbiose del Sahel, il racconto comunica la voglia di mettersi in cammino, di rendersi disponibili all’incontro, di reimparare a viaggiare perché «Un viaggio del genere ti insegna prima di tutto qualcosa sul posto da cui vieni e poi sul posto dove vai».
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Se il sindacato non riconquista il «centro» del lavoro e se il lavoro non riconquista il «centro» della società, l’Italia e l’Europa non riusciranno più a progredire. Ecco l’asse attorno a cui ruota questo libro, Viaggio al centro del lavoro, che Antonio Pizzinato ha scritto avvalendosi della collaborazione di Saverio Paffumi. Si tratta di un saggio un po’ fuori dagli schemi, essendo ricco di riferimenti biografici, sempre finalizzati, però, a trarre riflessioni utili per l’oggi e per il domani. Nell’anno del suo ottantesimo compleanno (8 ottobre 2012) Pizzinato, succeduto nel ruolo di segretario generale della Cgil a Luciano Lama, non ha voluto raccontare la sua vita, ha voluto «dire delle cose» attraverso l’esperienza che ha vissuto, dagli anni della Resistenza all’assunzione alla Borletti, alle prime lotte in Fiom, a Sesto San Giovanni, e poi via via – affrontando gli anni del terrorismo – fino al vertice della Cgil e alla remissione del mandato. Al centro del suo impegno, in quella fase, ci sono la ricostruzione dell’unità dopo lo scioglimento della Federazione Cgil, Cisl, Uil e un’idea di rifondazione della Cgil stessa e del movimento sindacale. Un grande cambiamento che non si è ancora del tutto compiuto come lui l’aveva immaginato e iniziato a costruire. Smessi i panni del sindacalista, nella sua agenda di parlamentare e sottosegretario entrano la sicurezza sul lavoro, i diritti degli immigrati e dei disabili, la messa al bando dell’amianto, un killer silenzioso non ancora sconfitto. L’ultimo capitolo è dedicato all’attualità e al futuro: dalla vicenda Fiat alla questione del peso, sul terreno della rappresentanza, del più grande sindacato metalmeccanico d'Italia, che rischia di restare escluso da ogni forma di governo dei processi reali per evidente volontà del vertice aziendale del Lingotto… Fino alle scelte del governo Monti, sulle quali Pizzinato esercita la sua critica puntuale, perché quel futuro non sia un drammatico, insensato ritorno al passato. In collaborazione con Saverio Paffumi. Testo conclusivo di Bruno Ugolini. Il volume è corredato da un prezioso inserto fotografico.
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Il 10 dicembre del 2010 a Sidi Bouzid in Tunisia si dava fuoco il giovane venditore ambulante Mohamed Bouazizi per protestare contro i soprusi della polizia. Fu l’inizio di quella che è stata chiamata la Primavera araba: una serie di movimenti di protesta, di manifestazioni, di occupazioni che hanno coinvolto decine di milioni di persone, giovani e donne, in tutto il Nordafrica e il Medioriente. In alcuni casi la protesta è stata essenzialmente pacifica, in altri si è fatto ricorso alla violenza, in altri ancora – in Libia, Yemen e Siria – si è arrivati alla guerra civile. A distanza di quasi due anni dall’inizio delle proteste il bilancio è ancora incerto: in Tunisia, Egitto, Libia e Yemen sono stati rovesciati i regimi al potere da decenni; in altri paesi (Giordania, Marocco, Oman) le proteste hanno dato impulso a movimenti di riforma già in atto; in altri ancora (Arabia Saudita, Bahrein, Mauritania) le proteste non hanno prodotto apprezzabili risultati. In Siria la guerra civile ha assunto caratteri sempre più sanguinari. Laddove sono stati rovesciati i regimi e si sono tenute libere elezioni vi è stata l’affermazione di movimenti religiosi legati ai Fratelli musulmani, la forza politica meglio organizzata in tutto il mondo arabo; mentre in Algeria e in Libia hanno prevalso i partiti governativi di carattere «laico». Quali che saranno gli esiti ultimi dei vasti cambiamenti in corso, essi hanno rappresentato un risveglio della dignità e della volontà di autogoverno del mondo arabo, un prepotente bisogno di libertà e di sviluppo economico che ha indotto i paesi europei e gli Stati Uniti a cambiare le loro politiche estere e a cercare nuove forme di collaborazione. Nonostante la recente pubblicazione su internet di video oltraggiosi nei confronti dell’islam, che hanno provocato un’esplosione di violenza nei confronti del mondo occidentale, le «rivoluzioni della dignità» sono altra cosa e continueranno ad operare in profondità cambiando – sperabilmente in meglio – i rapporti tra mondo islamico e Occidente.
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Chi costruisce le nostre città? Gli amministratori, i politici, gli immobiliaristi, gli urbanisti? Tutti costoro tracciano piani, elaborano progetti, disegnano e realizzano opere, ma poi sono le persone in carne ed ossa – coloro che la abitano – a produrre l’anima della città; anche di una grande capitale come Roma. C’è una Grande Storia fatta di personaggi e luoghi noti e c’è una piccola storia fatta anch’essa di luoghi e persone che non vengono raccontati dalla narrazione mainstream. La controffensiva liberista produce nelle nostre città desolazione, solitudini, individualismi, competizione, egoismi, insieme a quella che alcuni chiamano «modernizzazione», destinata ad emarginare ancora di più gli abitanti che non riescono a prendere il suo treno in continua e folle corsa verso un futuro oscuro. Quella che una volta era la città moderna, la cui aria «rendeva liberi», oggi è una città desertificata di individui che forse potremmo chiamare sconfitti, ma non perdenti, non rinunciatari, ancora non rassegnati. Queste singole esistenze senza una storia sono anche esempi di una irrinunciabile volontà di sopravvivere, di una eccedenza umana irriducibile alle omologazioni della città mercantile, che promette di crescere e diventare collettiva se si avrà la forza di non lasciarle ancora sole; l’inizio di una nuova e diversa storia delle nostre città. Dieci brevi storie di «pezzi» di periferia romana raccontate da un osservatore che ha rinunciato allo sguardo neutrale di urbanista, intrecciate a dieci racconti di vite marginali, solitudini nella folla anonima e silenziosa della città che un tempo fu eterna e, ora, solo moderna.
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La Fiat è stata in questi anni al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica. Lo è stato soprattutto il suo amministratore delegato Sergio Marchionne. Il suo stile, duro e diretto, la sua battaglia senza esclusione di colpi nei confronti del più grande sindacato operaio, la Fiom, le condizioni poste o imposte ai lavoratori in nome del bene e della sopravvivenza dell’azienda nel mercato mondiale, sono state considerate una novità politica, una rottura con le vecchie prassi sindacali che meritavano interesse. C’è stata invece in questi anni scarsa curiosità nei confronti di coloro che direttamente subivano le conseguenze delle sue decisioni, scarsa attenzione per come si è modificata la vita in fabbrica nell’era Marchionne e per come la Fiom ha retto questo scontro. Lo squalo e il dinosauro vuole coprire questo vuoto con un reportage su quello che finora è stato nascosto: la condizione operaia negli stabilimenti Fiat dominati dalla minaccia della chiusura. Un’inchiesta negli stabilimenti da Mirafiori a Melfi sulle nuove pesanti condizioni di lavoro, sulle conseguenze della cassa integrazione, sulla paura per il futuro. Un’analisi del conflitto che ha contrapposto la Fiat di Marchionne alla Fiom di Landini e che oggi vede il più grande sindacato operaio espulso dai luoghi di lavoro e alla ricerca di una nuova identità.
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Per la generazione antifascista di cui cantava Calvino in «Oltre il ponte», il lavoro della memoria è stato un impegno incessante. Non è stato così per la generazione degli anni ’70, marchiata dall’immagine degli «anni di piombo» e incapace di rivendicare le grandi conquiste di libertà prodotte dai conflitti sociali di quel decennio. Le riflessioni raccolte in Oltre il ponte esplorano alcuni di quei conflitti dimenticati, attraverso la lente di un’esperienza personale vissuta sempre nelle zone di frontiera fra femminismo e altri movimenti. I testi coprono il periodo dal 1976 al 2001 e ruotano attorno a quattro nodi tematici: libertà/maternità, soggettività/lavoro, conflitti/guerra, diversità/diritti. Al volume è allegato l’audiolibro di Dita di dama, storia di due ragazzine di quarant’anni fa, una studentessa e l’altra operaia, nel turbinio dell’Italia che cambia.
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È quello di Nello un racconto autobiografico... una grande casa di ringhiera nel quartiere «cinese», una periferia di Torino dove il suo corso non riuscirà mai più a chiamarsi, come un tempo, Parigi... Questo racconto narra di un «noi», di una specie umana e politica che ha attraversato il Novecento dentro e a ridosso della fabbrica, in una città-fabbrica, forse la sola del paese. Essa aveva ancora la memoria della prima industrializzazione, della grande guerra, della prima immigrazione, quella che affollò i ballatoi delle periferie dove ci si dava del lei anche dopo decenni di conoscenza, e si parlava solo in dialetto, della rivoluzione industriale… delle imponenti lotte operaie, degli interminabili scioperi… È il noi che diventa il protagonista diretto dell’antifascismo in fabbrica, della lotta di Liberazione e poi dei «Trenta anni gloriosi», in una Torino che cambia pelle ma che, anche dopo la sconfitta degli anni Cinquanta e la vergognosa repressione antioperaia della Fiat che trasforma la fabbrica in un vero e proprio regime auto ritario, resta Torino operaia, democratica e antifascista (e comunista). A testimoniarlo, in quegli anni chiusi. (dalla prefazione di Fausto Bertinotti) Ecco una stella rossa doppia, costruita, decostruita e ricostruita... ruota (la stella) verso il futuro; speranzosa come le memorie che ci aiutano a riprogettare un futuro senza troppi pentimenti. Stella rossa, ma non di vergogna. (dal messaggio di Gilberto Zorio a Nello Pacifico)
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Aspro e sassoso, aggrappato alla cerniera montuosa dei monti Aurunci, che divide la Valle dei santi dalla Terra di lavoro. Santi (in Paradiso) e lavoro: proprio quello che al momento manca da queste parti». Questo libro racconta la storia di un piccolo borgo della provincia di Frosinone, Coreno Ausonio, al confine tra Lazio e Campania, e delle sue cave di pietra, tra storia e leggenda. Dalla prima, impiantata da uno scalpellino abruzzese nell’immediato dopoguerra, a quelle che furono aperte dopo, una dopo l’altra, cambiando la vita e la fisionomia del paese, toccato da un immediato benessere e da una repentina crescita economica. Le cave divennero così una specie di icona miracolistica alla quale immolare tutto: strade, paesaggio, tradizioni. A metà tra ricognizione di paesologia e narrazione sociologica, questo libro ondivago, al quale l’autore ha dato l’andamento investigativo di chi racconta camminando, dalla scrittura asciutta e tesa, descrive una delle tante piccole Italie, segrete e inaccessibili, sconvolte dal mito della crescita, dalla follia del sogno cieco e dall’epica della ricchezza, un sogno che per una intera comunità diventerà poi fino ai giorni nostri distruzione e incubo.
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Viaggia con la carovana della Storia una terna ideale destinata a sconvolgere gli antichi assetti della politica, della legge, dell’etica. Non sono sorelle le idee di Libertà, Uguaglianza, Fratellanza; se solo potesse, libertà farebbe volentieri a meno di uguaglianza e, per parte sua, uguaglianza è stata spesso tentata di far da sé allontanandosi – fino a perderla di vista – dall’idea di libertà. C’è stato e c’è un solo modo di tenerle dignitosamente unite nel viaggio della modernità: affidarne il compito ad un sentire fraterno o, comunque, ad un agire solidale. È la sfida delle Costituzioni del nostro tempo quando – sfinita, impolverata, eroica – la carovana della Storia è finalmente giunta a quelle spiagge. Sarà allora che ai suoi cittadini la Costituzione non chiederà di fermarsi ad ammirare il mare della democrazia – tanto faticosamente raggiunto – come si fa davanti a qualsiasi opera di compiuta bellezza. Chiederà loro di navigarlo – quel mare di libertà, uguaglianza, fratellanza – prendendo in diverso modo nelle vele il vento, seguendo rotte differenti, nell’ignoranza del porto d’arrivo, ma nell’ottemperanza a un superiore ordine di capitaneria: il progresso civile, economico, culturale e sociale. Una misteriosa, straordinaria avventura di mare verso mete ignote. Forse inesistenti, forse visibili un giorno al doppiare di un promontorio da parte di una qualche non immemore generazione futura.