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È un punto d’arrivo perché sintesi di un lavoro plurale e collegiale che non risiede solo nelle competenze ed esperienze dei suoi autori. Infatti racconta il lavoro e l’impegno di molte altre persone: studiosi, dirigenti sindacali, esperti e docenti... Ma più di ogni altra cosa questo Manuale è la sintesi, certo ancora parziale e imperfetta, del lavoro di migliaia di delegate e delegati che hanno spostato dal piano teorico a quello contrattuale l’azione della CGIL e del sindacato sui temi della digitalizzazione con risultati incoraggianti. …Certo, di fronte alle sfide e alle incognite che le nuove tecnologie mettono in campo siamo consapevoli della parzialità di questi risultati. Per questo il Manuale è anche un punto di partenza. Non nasconde nessuna delle insidie e dei dubbi che i nuovi modelli tecnologici propongono, ma al netto di ciò, propone indirizzi di sperimentazione contrattuale, nella certezza che senza investimenti e innovazione non avremo mai un «buon lavoro» e neppure un «bel Paese». …Fare questo per noi significa essere parte di un progetto che tenga insieme innovazione e tutela del lavoro, per dare al futuro un’accezione di speranza, sottraendolo agli untori delle paure del nostro tempo… In questo volume abbiamo esposto le riflessioni, i confronti, le testimonianze, le buone pratiche raccolte in questi mesi dal «Progetto lavoro 4.0» della CGIL. Abbiamo preferito organizzare i contributi in capitoli che riguardano le trasformazioni tecnologiche in corso, gli effetti sul lavoro e le professioni, il punto di vista internazionale sul tema, la necessità di arricchire le competenze, l’esame di alcuni casi pilota di confronto sindacale sulle nuove tecnologie, gli indirizzi possibili per una contrattazione (confederale e di categoria) più adeguata all’innovazione. Contributi di Barbara Apuzzo, coordinatrice delle attività di Comunicazione CGIL Elena Battaglini, responsabile area Economica Territoriale Fondazione Giuseppe Di Vittorio Monica Ceremigna, responsabile progetti europei CGIL Fabrizio Dacrema, responsabile Istruzione e Formazione CGIL Alessio Gramolati, responsabile Ufficio Lavoro 4.0 CGIL Cinzia Maiolini, Ufficio Lavoro 4.0 CGIL Chiara Mancini, coordinatrice Idea Diffusa CGIL Simona Marchi, responsabile Formazione sindacale Fondazione Giuseppe Di Vittorio Massimo Mensi, FILCAMS CGIL Giancarlo Pelucchi, responsabile Formazione sindacale CGIL Cristian Perniciano, responsabile Politiche fiscali ed Economia pubblica CGIL Gaetano Sateriale, responsabile Piano del Lavoro CGIL
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Negli ultimi anni si assiste a un fenomeno sempre più «innaturale»: la comparsa di un feroce ritardo delle giovani generazioni italiane nei percorsi di transizione all’età adulta. Le tappe tradizionali che definivano tale passaggio sono saltate: nuove istanze di libertà e cittadinanza premono per avere legittimazione e diritti. Nello stesso tempo si sono erose le condizioni di benessere dei giovani. La generazione maggiormente colpita sembra essere quella degli young-adults nati tra il 1975 e il 1985. Si ipotizza che le politiche pubbliche messe in atto a partire dalla seconda metà degli anni settanta abbiano contribuito ad alimentare tale «ritardo». Politiche economiche e del lavoro discriminanti; politiche abitative assenti; politiche familiari ridotte; una struttura del mercato del lavoro inadeguata ad assorbire high skills. Tutto parla di un’inversione di rotta all’alba del secondo ciclo dello Stato sociale. Le generazioni non sono attori neutri, esse rappresentano tempi sociali che immettono nuove strutture. I giovani vanno dunque inscritti dentro precise collocazioni storico-sociali. Le politiche di empowerment condotte negli ultimi anni non hanno tenuto conto di questo approccio, promuovendo una visione idealizzata delle giovani generazioni: choosy, bamboccioni o risorse attive, tutto ha parlato di loro come di soggetti totalmente dematerializzati. Le politiche, in quanto strumenti che danno forma al Futuro, hanno il dovere di volgere lo sguardo verso il recupero delle prerogative materiali che determinano, o meno, i percorsi di autonomia. Non vi può essere attivazione senza emancipazione sociale.
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Il libro presenta e analizza i risultati di una ricerca condotta fra ottobre 2017 e ottobre 2018 nelle periferie di quattro città italiane: Milano, Firenze, Roma e Cosenza. Attraverso 60 interviste in profondità, il gruppo di ricerca – composto da accademici e accademiche, attivisti e attiviste – ha cercato di portare alla luce tre grandi questioni: le condizioni sociali dei quartieri popolari, il rapporto delle persone intervistate con la politica (sia quella istituzionale sia la partecipazione dal basso) e il rapporto con i media e l’informazione. La ricerca ha voluto in primo luogo chiedere alle cosiddette «classi popolari», di cui spesso politici e partiti pretendono di essere portavoce, di prendere parola sulle esigenze, speranze e difficoltà della loro vita quotidiana. In secondo luogo si è cercato di capire quali rappresentazioni diffuse ci siano della politica e delle classi di rigenti. Ciò che è emerso traccia uno scenario molto più complesso di quello dipinto nelle narrazioni mainstream, difficilmente riconducibile alle etichette di «populismo», «razzismo» o «euroscetticismo» e che ci costringe a ripensare le categorie analitiche con le quali interpretiamo i fenomeni contemporanei. La ricerca è stata ideata e condotta dal Cantiere delle Idee, rete nazionale di ricercatori e attivisti. Insieme ai tre curatori, sono autori del volume Francesco Campolongo, Riccardo Emilio Chesta, Lorenzo Cini, Michele Sorice, Valeria Tarditi, Tommaso Vitale, Davide Vittori.
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Il volume si basa sui risultati della ricerca internazionale Decoba condotta in cinque paesi europei: Italia, Spagna, Francia, Germania e Belgio. A partire dalla ricerca Decoba, l’opera approfondisce il caso italiano esaminando i rapidi e crescenti cambiamenti che nel corso dell’ultimo decennio hanno in te ressato il commercio. Lo studio ricostruisce le sfide affrontate in Italia negli ultimi dieci anni dalle organizzazioni di rappresentanza sindacale e datoriale nel settore del commercio met tendone in evidenza processi decisiona li, azioni collettive intraprese ed esiti ottenuti. Emerge un quadro nel quale, se da una parte il commercio conferma le proprie specificità settoriali, dall’altra si presenta come un settore in cui le trasformazioni in atto, anche per effetto di dinamiche sovranazionali, pongono agli attori collettivi (inclusi i governi) ulteriori sfide, più dif ficilmente gestibili a livello nazionale.
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Il volume raccoglie i lavori del convegno svoltosi a Genova il 24 maggio del 2018 nell’ambito delle iniziative per il centenario della nascita di Alessandro Natta. I saggi contenuti nel volume sono frutto della rielaborazione delle ricerche presentate in occasione della giornata di studi genovese e tematizzano in particolar modo il nesso tra politica e cultura che ha caratterizzato la biografia di Natta. Sono state inoltre pubblicate le testimonianze, fonti preziose grazie alle quali emergono aspetti pubblici e privati della sua esistenza. Seguendo questo filo rosso e avvalendosi anche di fonti d’archivio solo di recente disponibili, i saggi affrontano alcuni snodi della vita del dirigente comunista: la formazione alla Scuola Normale di Pisa, il periodo di direzione dell’Istituto Gramsci, il rapporto col movimento studentesco, la collaborazione con Enrico Berlinguer tra il 1972 e il 1984, gli anni alla guida del Pci e infine il suo contributo alla conoscenza della storia del comunismo italiano e della Resistenza.
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Maria Michetti, che ha preso parte in prima persona alla lotta partigiana, è stata un’attiva e convinta militante del PCI, in una prima fase della sua vita che l’ha vista impegnata nel Consiglio comunale di Roma. Poi, quando il rapporto con il PCI è entrato in crisi e lei ha subito, negli anni Sessanta, un forte ostracismo, ha vissuto un periodo di forte crisi esistenziale. Che è riuscita a superare, sia pure con difficoltà, grazie al marito Marcello Marroni. Prenderà la laurea, diventerà una ricercatrice universitaria e una sociologa: per anni sarà una preziosa collaboratrice della cattedra di Franco Ferrarotti. Appassionata del suo lavoro, convinta dell’importanza dell’impegno sociale a favore dei ceti più disagiati, Maria si è sempre occupata delle periferie urbane, dei rifugiati e dei migranti, delle donne, spendendosi per la loro crescita, per i loro diritti. Fino a che ha potuto, ha lavorato nell’UDI, Unione donne italiane, di cui ha voluto l’autonomia. Si è sempre impegnata nella sezione del PCI di Prati. Questo libro ne propone un ritratto a più voci, che dà conto della famiglia di origine, del suo impegno politico e del forzato distacco dal PCI (Marco Marroni, Nicola Porro). Sandro Portelli ricorda come Maria fosse nota e amata in certe periferie romane. Ferrarotti e Maria Immacolata Macioti danno un’idea del suo ruolo nel l’università. Donatella Panzieri tratta di Maria nell’UDI, impegno durato una vita.Con contributi di: Franco Ferrarotti, Maria Immacolata Macioti, Marco Marroni, Maria Giuseppina Michetti, Carla Modesti, Donatella Panzieri, Nicola R. Porro, Sandro Portelli.
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In un contesto politico profondamente mutato, la questione dell’aborto continua ad essere – come fu negli anni Settanta del Novecento – questione cruciale per la libertà, soggettività e convivenza civile di tutte e tutti. In un panorama che sembra segnato dalla rottura di vecchi schemi gerarchici e dal trionfo neoliberale dei diritti individuali emergono con grande forza, in Italia e in molti paesi, forme di nostalgia per un passato governato dalle certezze patriarcali e sovraniste che incidono ancora una volta sui corpi delle donne. In molti paesi del mondo l’aborto torna ad essere oggetto di politiche criminalizzanti. Le donne però reagiscono, in forme politiche forti e interessanti. In questo volume, che pensiamo come strumento di riflessione e di attivismo, si racconta il protagonismo politico femminista in Spagna, Polonia, Irlanda, Brasile, Argentina e Cile, dove, attraverso forme di resistenza e sperimentazione inedite, è stato posto un freno a riforme reazionarie e sono state aperte brecce nell’ordinamento per la regolamentazione dell’aborto. Le esperienze maturate in Italia e nei diversi contesti sono narrate nella cornice del dibattito politico, giuridico e filosofico più articolato che si interroga sui modi di rappresentare la questione dell’aborto, la soggettività e l’autodeterminazione femminile, e non solo.
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C’è un’Italia che dice no, e che resiste alla paura riversata sui social network da migliaia di account, veri o falsi che siano. La paura dello straniero, cavalcata a bella posta da forze politiche interessate. Di contro esiste un pezzo di paese che spesso non ha voce, ma che si dà da fare con tenacia, impegno e coraggio. Ed è qui che l’autore è andato a indagare: un lungo cammino alla ricerca di persone, istituzioni, associazioni e sindacati che con le loro azioni hanno fatto da contrappeso al razzismo pervasivo degli ultimi anni. Il volume raccoglie un reportage pubblicato a più riprese su «Rassegna sindacale» a partire dal giugno 2018 e con taglio narrativo illumina le tappe del viaggio attraverso la penisola: si va dal sindacato di strada per tutelare i braccianti sikh nelle campagne dell’Agro Pontino, a quello che vince in tribunale contro i sindaci-sceriffi del Nord per l’incostituzionalità delle loro ordinanze discriminatorie; dalla difesa dei lavoratori bangladesi nel cantiere navale di Monfalcone, alle lotte per la legalità nella piana di Gioia Tauro; dalla scuola di accoglienza di Ventimiglia, alla Ferrara che cerca di resistere all’onda leghista; fino agli straordinari sincretismi dei laboratori artigianali per la centenaria festa della Madonna della Bruna di Matera gestiti da richiedenti asilo, o della Camera del lavoro di Catania che apre le porte alle tradizioni delle molteplici comunità di stranieri della città. Chiosano efficacemente il reportage la sentita testimonianza di Pietro Bartolo – il medico di Lampedusaora parlamentare europeo – e gli attimi di realtà colti da suggestivi scatti fotografici.
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Una narrazione storico-culturale che ripercorre i maggiori naufragi di migranti avvenuti dal 1990 al 2020 attraverso le tracce lasciate nelle culture pubbliche. Di fronte a un potere politico neoliberista che tende a governare il fenomeno migratorio espellendo e respingendo, emergono le storie di chi nel mare si perde, di chi al viaggio sopravvive, di chi nelle terre lambite da quel mare vive. Quale archivio abbiamo per i nostri sentimenti verso tali eventi? Attraverso testimonianze, film, romanzi, rappresentazioni teatrali, reportage, documentari, saggi storici e sociologici, l’autrice ricostruisce il contesto contemporaneo, interrogandosi su come le stragi di migranti entrano a far parte dello spazio pubblico, in che modo gli affetti legati a queste tragedie segnano l’immaginario e il contesto politico, nel quale troppo spesso le risposte governative rivelano, dietro un esibito cordoglio, un prevalente approccio securitario e razzismo istituzionale. Gli archivi dell’acqua salata si configurano come un archivio non convenzionale, corporeo, emozionale, politico, un archivio in divenire, interdisciplinare, incompleto. I frammenti che lo compongono permettono di evocare racconti personali, storie di vita che rimangono al di fuori della Storia, brandelli che compongono una memoria performante e inclusiva delle soggettività e dei loro sentimenti. Una narrazione di storia del presente che riguarda tutte e tutti.
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Il volume focalizza l’attenzione sul rapporto intercorso tra la crisi pandemica Covid-19 – iniziata nel marzo 2020 e ancora sotto osservazione delle autorità sanitarie nazionali e mondiali, sebbene con caratteristiche molto differenti rispetto al biennio precedente – e l’impatto differenziato che essa ha determinato nelle comunità italiane all’estero. Tale correlazione è stata affrontata coinvolgendo studiosi, sindacalisti e operatori sociali di nazionalità italiana che vivono e lavorano in altri Paesi europei e nelle Americhe. Le loro argomentazioni offrono uno spaccato significativo che permette di comprendere quali sono stati i punti di forza e di debolezza degli interventi di ricovero socio-sanitario messi in campo dalle istituzioni dei Paesi esteri di residenza abituale, ed anche quelli delle istituzioni italiane. Queste ultime – come il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero impegnati, l’Unità di crisi della Farnesina, ai Com.It.Es., le Associazioni italiane e i Patronati – hanno instancabilmente, anche in regime di volontariato, operato per assicurare sostegni di diversa natura a centinaia di migliaia di cittadini italiani distribuiti nei cinque diversi continenti.
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«Roma era felice, quel 10 giugno 1940, com’erano felici Milano, Torino, Cosenza, Bari, Palermo, Bologna, Firenze. La guerra sarebbe durata poche settimane e la vittoria era sicura. Parigi stava per cadere. Presto sarebbe caduta anche Londra. Milioni di donne preparavano la cena a milioni di uomini, mentre alle otto in punto, annunciate dall’uccellino della radio, nelle case italiane tornavano a farsi sentire le parole di Mussolini: "L’ora della decisione suprema è scoccata..."». Cominciò così, in una serata estiva, l’avventura di guerra dell’Italia fascista. Durò cinque anni, durante i quali centinaia di migliaia di donne combatterono la più lunga battaglia della loro vita: contro la fame, contro le bombe, contro una guerra la cui fine si allontanava di giorno in giorno, sempre di più. Con la forza evocativa di un maestro neorealista, Miriam Mafai ricostruisce la vita quotidiana di questo esercito femminile. Madri, mogli, ragazze, operaie, mondine, borghesi e principesse, ebree e gentili, fasciste e partigiane, «pescecane» e borsare nere. Ne nasce un’epopea che ha come scenario le città bombardate, le campagne percorse dalle fanterie di tutti gli eserciti, Roma, città aperta. È questa la prima storia delle donne vissute negli anni del «pane nero», anni che le videro balzare al ruolo di capofamiglia e di uniche vincitrici della guerra perduta.
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L’analisi del tesseramento Cgil nel periodo 1995-2000 offre un ricchissimo insieme di informazioni sull’andamento della sindacalizzazione in rapporto alle realtà socio-economiche del nostro paese. Incrociando i dati sugli iscritti Cgil con i dati Istat, Inps e della pubblica amministrazione ricostruisce la dinamica della relazione che collega il tesseramento con gli occupati (suddivisi nei macrosettori industria, terziario e agricoltura), i disoccupati e i pensionati; per ogni territorio e categoria fornisce informazioni qualitative sul tessuto produttivo di riferimento e sulle caratteristiche socio-anagrafiche dei lavoratori; per ogni macrosettore e categoria, a livello regionale e provinciale, rende disponibili i tassi di crescita degli iscritti, i tassi di sindacalizzazione e la struttura della forza lavoro per dimensione d’impresa, sesso, qualifica ed età. Ne emerge un quadro estremamente articolato, puntualmente documentato, illustrato con chiarezza da grafici e tabelle, che fornisce alle strutture sindacali informazioni utili non solo per intervenire nelle aree tradizionali di proselitismo, ma anche per evidenziare i punti di debolezza, gli aspetti non tradizionali, la strumentazione più adeguata per corrispondere a una domanda e a bisogni emergenti non affrontabili con le consuete forme di attività sindacale o di tutela individuale. Il volume infine costituisce una fonte preziosa per gli studiosi della materia e per chiunque sia interessato alla riflessione sulla dinamica e ricomposizione della rappresentanza sindacale.