• Quante Saman ci sono? E dove sono? Sono nelle scuole, nelle famiglie, ragazze che sanno già di essere destinate a un matrimonio non voluto. Sono ragazze che fuggono, rischiano, assumono una nuova identità e cercano di rifarsi una vita in altri luoghi. E quante madri ci sono ancora, assoggettate alla violenza patriarcale, che accompagnano le figlie alla morte, come la madre di Saman? I casi segnalati di matrimoni forzati sono stati 24 dal 2019 al 2021, ma sono decisamente di più, e giungono fino all’uccisione delle donne che li rifiutano, i cosiddetti femminicidi d’onore. Fino al caso più famoso: l’omicidio e l’occultamento di cadavere di Saman Abbas, che qui ci viene raccontato in tutto il suo orrore dalle avvocate di parte civile nel processo. C’è un crinale tra “culture barbare” e un Occidente dei diritti, o piuttosto sono forme diverse, ma pur sempre violente, con cui ovunque si esprime e persiste il patriarcato? Abbiamo costituito noi, femministe, un Tribunale alternativo, un Tribunale delle donne per i diritti delle donne in migrazione, in cui le vittime diventano testimoni, in cui una Giuria non giudica ma ascolta, i cui esiti sono appelli alle istituzioni internazionali, europee, nazionali, e le risposte da ottenere. «Avevano tutte una gran voglia di parlare» le migranti che parlano in questo libro. Donne afghane, pakistane, nigeriane, ivoriane, indiane ci raccontano di matrimoni forzati e fughe; violenze ai confini e violenze nella tratta; discriminazioni religiose e razziste; audizioni presso le Commissioni per l’asilo in cui le loro storie non sono credute; di permessi di soggiorno negati o legati al capofamiglia che tolgono loro l’autonomia necessaria e limitano l’accesso al welfare; di essere considerate “cattive madri”.
  • Due professoresse e tre professori di Diritto del lavoro, una giudice del lavoro, una dottoranda e una studentessa: donne e uomini che partono dalla loro differenza sessuale per raccontarsi al lavoro e avanzare proposte, narrandoci le loro capacità e competenze, nonché affetti, parole, socialità e attenzione per gli altri. Relazioni da cui ricavare felicità ma anche disagio, piccole vittorie, acquisizione di consapevolezza di sé. Ci addentriamo così nelle contraddizioni che nascono dal portare un corpo al lavoro, senza separare la sfera relazionale da quella professionale, come propone anche il Manifesto «Immagina che il lavoro», scritto dal Gruppo lavoro della Libreria delle donne di Milano, con il quale si apre un dialogo da parte di alcuni giuslavoristi, continuando una fruttuosa – e difficile – discussione che «inquina» il lavoro e il diritto con la vita.
  • È in corso un’ampia riflessione giuridica sulle norme penali volte a punire la violazione del diritto delle donne di vivere libere dalla violenza, ma essa rimane ancora distante dai luoghi di riproduzione dei rapporti tra i sessi e, forse ancor di più, dalle donne che tentano di destrutturarli nelle loro singole vite. Questo libro prova ad accorciare tale distanza domandandosi, attraverso la narrazione dei casi concreti decisi dalle autorità giudiziarie nazionali e internazionali, se e in che misura il diritto possa rappresentare un possibile strumento di trasformazione della vita delle donne. In particolare, indaga gli effetti dell’irruzione delle donne quale «soggetto imprevisto» dell’ordinamento giuridico e illustra come esse, sia in quanto persone offese dal reato sia in quanto giuriste, contribuiscano alla ricostruzione di pezzi di realtà e di conseguenza del discorso giuridico, sottraendo terreno agli stereotipi sessisti e impedendo che la reazione degli uomini e dell’ordinamento possa contrastare la loro libertà e autonomia.
  • Per le femministe di oggi pren dere la parola sul mondo è diventato sempre più compli cato. Che dire del velo, delle veline, delle modificazioni genitali e della chirurgia estetica? Della famiglia, del sex work, del postporno? Di Dio, della poligamia, del welfare e della globalizzazione? Come dialogare con la teoria queer e con la ricerca postcoloniale? Le identità sono un bene o un male? E che significato assumono ora parole chiave della tradizione femminista come sesso, genere, differenza, autodeterminazione e riproduzione? Intorno a questi grovigli nasce un dizionario ragionato, frutto del confronto tra femministe con esperienze e percorsi diversi, con lo scopo di aiutare a chiarirsi le idee e riattivare la capacità di convivere con le contraddizioni, caratteristica del pensiero delle donne. Autrici delle voci Elisa A.G. Arfini, Chiara Bonfiglioli, Rachele Borghi, Francesca Brezzi, Beatrice Busi, Sara Cabibbo, Giulia Cortellesi, Silvia Cristofori, Daniela Danna, Andrea D’Atri, Barbara De Vivo, Angela D’Ottavio, Suzanne Dufour, Liliana Ellena, Olivia Fiorilli, Giulia Garofalo, Gaia Giuliani, Inderpal Grewal, Alessandra Gribaldo, Barbara Mapelli, Maria Rosaria Marella, Lea Melandri, Catia Papa, Renata Pepicelli, Isabella Peretti, Elisabetta Pesole, Monica Pietrangeli, Flavia Piperno, Ambra Pirri, Tamar Pitch, Valeria Ribeiro Corossacz, Enrica Rigo, Annamaria Rivera, Caterina Romeo, Laura Ronchetti, Sonia Sabelli, Alessandra Sciurba, Smaschie ramenti, Anna Vanzan, Stefania Vulterini, Giovanna Zapperi.
  • Eduardo Lourenço, uno dei maggiori critici e saggisti portoghesi viventi, ha scritto che l’unica guida lecita all’opera pessoana è Pessoa stesso. La vulgata relativa alla sua opera si basa invece ancora su una serie di miti critici, nati subito dopo la morte del grande poeta e mai completamente debellati; innanzitutto, che egli sia un autore legato esclusivamente alla fama postuma e in vita pressoché ignorato, morto indigente e incompreso. Studi più attenti hanno dimostrato come la sua grandezza fosse chiara già dalle opere pubblicate in vita, a partire dalla geniale produzione poetica legata all’invenzione degli eteronimi. Il volume rappresenta una breve ed efficace guida all’ingresso nell’universo pessoano, alla luce delle più recenti acquisizioni critiche e scientifiche. Partendo dalla contestualizzazione delle principali tappe biografiche, dalle condizioni e i luoghi in cui le sue opere sono state pubblicate, si giungerà a possedere tutti gli strumenti utili a effettuare un’attenta analisi dei numerosi indizi critici che lo scrittore stesso ha lasciato e delle opere più importanti pubblicate prima e dopo la sua morte. In chiusura, viene fornita una visione d’insieme del suo immenso Fondo e di ciò che esso deve ancora rivelare al pubblico, oltre a una breve antologia di testi, scelti tra i più illuminanti a livello critico, a cui si aggiunge un breve, sorprendente inedito.
  • Fernando Santi

    14.00 
    «Fernando Santi è una delle figure più straordinarie del sindacalismo italiano del Novecento... La sua vita ha attraversato un cinquantennio di storia italiana: una fase cruciale compresa tra gli anni dieci e gli anni sessanta, segnata dalla crisi dello stato liberale nel primo dopoguerra, dall’avvento e dalla parabola della dittatura fascista, dal difficile impianto della democrazia repubblicana nel secondo dopoguerra... Santi fu riformista nel metodo, sempre improntato a un gradualismo privo di indecisioni, ritenendo improbabili ed illusorie le scorciatoie rivoluzionarie. Quanto ai contenuti della sua concezione socialista, maturata all’interno della grande tradizione riformista padana, il primo obiettivo doveva essere la rottura radicale degli equilibri del capitalismo ed il netto superamento delle iniquità sociali più odiose... Il lavoro di Francesco Persio, le cui fonti spaziano dalle carte archivistiche del Casellario politico centrale alle riviste degli anni sessanta, passando per le belle e toccanti pagine del diario personale di Santi, ci descrive allo stesso tempo l’uomo, il sindacalista e il politico. Una biografia completa costruita anche attraverso episodi inediti ed aneddoti particolari che rendono avvincente la narrazione, ma che soprattutto arricchiscono il quadro di una vita che fu piena di umanità, di coraggio e di speranza per un mondo migliore». (dalla prefazione di Guglielmo Epifani) Completa la biografia una raccolta, a cura di Sergio Negri, di saggi e testimonianze presentati in occasione della giornata di studi organizzata a Torino l’11 Ottobre 2004 dalla Cgil e dallo Spi Piemonte in collaborazione con l’Istituto «Fernando Santi» di Roma, con l’Ires «Lucia Morosini» del Piemonte e con l’Istituto di studi storici «Gaetano Salvemini» di Torino. Saggi e testimonianze di: Enzo BARTOCCI - Fausto BERTINOTTI - Piero BONI - Guido BODRATO - Guglielmo EPIFANI - Vittorio FOA - Federico FORNARO - Emilio GABAGLIO - Carlo GHEZZI - Rino GIULIANI - Pietro MARCENARO - Giovanni RAPELLI - Mario SCOTTI - Vincenzo SCUDIERE - Bruno TRENTIN - Roberto VILLETTI. Conclude il volume il ricordo di Santi scritto da Ferruccio Parri su «l’astrolabio».
  • Fiat 1955

    7.00 
    ...Sarebbe tuttavia un grave errore se noi, individuando e denunciando l’azione illegale e ricattatoria del grande padronato sottovalutassimo la gravità del colpo inferto alla FIOM e alla CGIL nelle recenti elezioni della FIAT; se noi, cioè, tentassimo di scagionare ogni nostra responsabilità nella sconfitta. Ciò non sarebbe degno di una grande organizzazione come la CGIL la quale affonda le sue radici in tutta la gloriosa tradizione del movimento sindacale italiano, ne rappresenta la continuità storica ed ha tutto l’avvenire davanti a sé... ...Una nostra responsabilità, pertanto, vi è certamente nella sconfitta subita alla FIAT. Il compito nostro è quello di scoprire, assieme a tutti i lavoratori della FIAT, quali sono stati i nostri errori, le nostre lacune, le nostre debolezze... Alla FIAT, dunque, hanno vinto momentaneamente i padroni, ha vinto la paura della fame... Nessuno si illuda che l’insuccesso del 29 marzo abbia inflitto un colpo decisivo alla CGIL. La più grande organizzazione, libera e unitaria, dei lavoratori italiani si è temprata e sviluppata nelle alterne vicende della lotta per l’emancipazione del lavoro. Essa è stata scalfita da vari insuccessi ma non è mai stata vinta... (Da «La "vittoria democratica" della FIAT», editoriale di Giuseppe Di Vittorio sul n. 15, del 10 aprile 1955, di «Lavoro», settimanale della CGIL).
  • Attraverso una ricognizione di dati e studi italiani e stranieri sui figli delle migrazioni internazionali nella scuola e sui processi di discriminazione sociale e istituzionale che li colpiscono nel sistema scolastico, il contributo presenta alcuni ostacoli che il sistema educativo italiano pone a un’equa partecipazione degli alunni di origine straniera, in particolare: la segmentazione dei corsi di vita (con i ritardi scolastici), la canalizzazione formativa (con l’accessibilità selettiva dei percorsi educativi) e la segregazione spaziale (con segnali di concentrazione delle minoranze in alcune aree territoriali). Se ne conclude che le politiche restano un importante predittore dei processi di selezione e incorporazione degli immigrati e dei loro figli, e che il caso italiano presenta politiche strutturalmente deboli: le criticità che coinvolgono gli alunni figli dell’immigrazione rispecchiano e amplificano problemi più generali nel modo di governare traiettorie e transizioni educative.
  • Ultimo lavoro dello storico Lucian Boia, questo volume svolge un’analisi del ruolo capitale che ha avuto e che certamente, secondo l’autore, continua ad avere l’Occidente, in prima istanza soprattutto europeo ma anche traslato oltreoceano, negli Stati Uniti. Nella successione dei capitoli che compongono il volume, Lucian Boia tiene le redini di un discorso molto ampio, ripercorrendo secoli di storia europea e universale, nel tentativo di rispondere al quesito basilare: l’Occidente ha perso o no il ruolo di motore del mondo? Quali saranno in futuro i rapporti e gli equilibri tra le potenze mondiali, ora che il miracolo occidentale è finito come fase storica? Il punto di partenza dell’autore è l’osservazione di un semplice dato di fatto: il futuro rimane imprevedibile, non solo in quanto tale, ma soprattutto perché viviamo in un’epoca di grandi cambiamenti, affascinante o sconcertante in base alla percezione e al grado di adattabilità di ciascun individuo. Una storia si conclude e un’altra prende forma. Non è la fine del mondo, ma qualcosa che in un certo modo le assomiglia: è la fine di un mondo quella che Boia ci racconta attraverso i successi e le cadute, gli eccessi e le evoluzioni che, nel bene e nel male, hanno reso l’Occidente un nucleo centrale della storia dell’uomo.
  • In soli pochi anni, le tecnologie, i mercati e la pressione dei lavoratori per un migliore equilibrio tra vita e lavoro hanno aperto spazi, prima inimmaginabili, di flessibilità dell’orario per le imprese e di libertà per chi lavora. Il lavoro da remoto ha rafforzato questa tendenza e la presenza non rappresenta più una misura del lavoro. Un percorso recente, che per ora riguarda solo alcune attività e alcuni gruppi occupazionali, ma che lascia presagire sviluppi veloci nella misura in cui la tecnologia libera molte posizioni di lavoro e molti lavoratori dal vincolo taylor-fordista del tempo-luogo unico per il lavoro. Tuttavia il venire meno dei limiti precisi dell’orario fordista ha aperto alcuni rischi. Il primo è quello dell’invasione del lavoro nella quotidianità. Il secondo riguarda le nuove forme di controllo del lavoro.
  • FIOM

    26.00 
    La Fiom ha compiuto 121 anni di vita. Nata a Livorno il 16 giugno del 1901, ha attraversato tutto il Novecento, le sue conquiste e le sue tragedie. Dopo due guerre mondiali e il fascismo i metalmeccanici hanno contribuito, a partire dagli scioperi del marzo 1943, alla cacciata del regime fascista e alla conquista della democrazia e, successivamente, all’affermazione dei diritti nel e del lavoro, con la straordinaria stagione dell’unità sindacale e dei Consigli di fabbrica. A partire dagli anni Ottanta si è confrontata poi con la globalizzazione e le ristrutturazioni capitalistiche, per affacciarsi alle soglie del nuovo millennio con nuove sfide: la democrazia, l’autonomia, l’indipendenza, lo spazio europeo. La Fiom ha indissolubilmente legato la propria storia a quella del Paese, ne ha interpretato i sentimenti, la voglia di giustizia sociale e di crescita collettiva dentro e fuori le fabbriche. Questo volume ricostruisce la storia della Fiom dalle origini ai giorni nostri, focalizzandosi in particolare sugli ultimi quarant’anni, quelli che, dalla sconfitta operaia alla Fiat nel 1980, hanno segnato un nuovo paradigma politico, sociale ed economico: la fine delle grandi ideologie politiche di massa, la precarizzazione e il neoliberismo. Sfide a cui la Fiom ha voluto e saputo reagire. Lo fa sia con uno sguardo storico, attraverso la vita dell’organizzazione e dei suoi dirigenti, sia con uno sguardo sociologico, analizzando la contrattazione e le strutture della rappresentanza a partire dai luoghi di lavoro. Il volume contiene inoltre interviste con i segretari generali degli ultimi vent’anni e approfondimenti tematici su questione di genere, precarietà, ambiente e salute.
  • Nella crisi le risposte degli enti locali si sono allineate a quelle nazionali (ed europee), nel solco del pensiero liberista, che ha trovato nel rigore dei conti l’unica soluzione possibile, frustrando un mondo del lavoro già in difficoltà e senza prendere in considerazione cambi di paradigma che puntassero sul lavoro, sui servizi e sugli investimenti, anche locali. Se consideriamo il taglio del welfare locale e l’aumento dei costi di compartecipazione, che una patrimoniale è stata trasformata in service tax e spostata in parte sugli inquilini, che il costo dei servizi indivisibili dei comuni dovrà essere coperto esclusivamente dai relativi tributi, e che il resto delle entrate comunali è costituito dall’addizionale Irpef in gran parte pagata da dipendenti e pensionati, giungiamo alla conclusione che in una crisi straordinaria ci si è appiattiti su soluzioni ordinarie, che ne hanno aggravato gli effetti specie per le categorie che già ne risentivano maggiormente.