• Il volume di Antonio Sassu si occupa principalmente del ruolo che hanno avuto, e che ancora hanno, le istituzioni – soprattutto quelle economiche – sulla società e lo sviluppo del Sud. A partire dal la seconda metà dell’Ottocento, in un periodo di passaggio da un sistema economico-giuridico a un altro, sia il governo centrale, sia le amministrazioni locali hanno svolto un’influenza molto negativa sul progresso della società meridionale. C’è da dire che soprattutto in termini di risorse e di politiche, le istituzioni si sono comportate nel Sud in maniera nettamente diversa rispetto al Nord del paese. Oggi, e in particolare a partire dagli ultimi trent’anni, questa differenza è strumentalizzata dalla politica della Lega e da alcuni intellettuali e alimentata anche dalla corruzione, dalle mafie e dalla disuguaglianza dei redditi. Dopo un momento di scarsa attenzione verso la questione meridionale e il divario fra le due grandi aree del paese, attualmente il Pnrr fornisce più di 80 miliardi di risorse al Sud e potrebbe risvegliare l’interesse del paese e dell’Europa su un problema mai risolto in ben 160 anni.
  • Perennial

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    «PERSONE IN GRADO DI ADATTARSI ALLE NOVITÀ E AI CAMBIAMENTI, A PRESCINDERE DALL’ETÀ ANAGRAFICA» Sono i perennial, definizione coniata negli Stati Uniti, sdoganata in Italia dall’enciclopedia Treccani, con cui si indica chi, nonostante le tante primavere alle spalle, ha ancora voglia di imparare, conoscere, confrontarsi, fare e darsi da fare. In un Paese come l’Italia che invecchia velocemente e in cui non si fanno più figli, da cui i giovani scappano perché non c’è lavoro e quel poco che è rimasto è precario, sbaglia chi vede negli anziani una zavorra o una casta privilegiata adagiata su pensioni faraoniche. Il libro di Ivan Pedretti, segretario generale dello Spi-Cgil, passa al setaccio ogni angolo di questo mondo: 16 milioni di persone con un’aspettativa di vita che fortunatamente continua ad allungarsi, i pensionati rappresentano quel collante fondamentale chiamato a unire le diverse generazioni. Lo fanno tenendo allenati il fisico e la mente, adottando stili di vita salubri, dedicandosi al volontariato, partecipando attivamente alle dinamiche delle comunità e dei territori di cui fanno parte. C’è però anche chi se la passa meno bene. Sono i 3,5 milioni di non autosufficienti che per non spegnersi hanno bisogno di cure costanti. Per non abbandonarli a se stessi, all’operato spesso sottopagato e poco tutelato di badanti o alle Rsa andate in tilt durante la pandemia, serve rivoluzionare il sistema sanitario e il welfare sociale del nostro Paese: attraverso servizi che siano più di prossimità, formando meglio il personale sociosanitario, sfruttando le soluzioni offerte dalla robotica, dalla telemedicina e dalla domotica.
  • Quando si parla di «autonomia differenziata», tornata di stretta attualità dopo la vittoria della destra alle elezioni politiche del 25 settembre 2022, ci si riferisce alla possibilità – prevista dall’articolo 116 della Costituzione – di trasferire alle Regioni che lo richiedano, sottraendole allo Stato, potestà legislative e funzioni amministrative. Sulla base di questa norma Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna hanno rivendicato a partire dal 2017 l’attribuzione a sé stesse di maggiore autonomia nell’ambito di un numero esorbitante di materie tra quelle indicate nell’articolo 117 della Costituzione (istruzione e tutela della salute comprese), «con la garanzia – come spiega Maria Cecilia Guerra nel suo contributo al libro – di poter gestire quote crescenti di gettito erariale senza vincoli di solidarietà». «Un autentico shopping istituzionale», lo definisce il curatore del volume Mauro Sentimenti, tramite il quale in modo ideologico «si chiede solo perché è possibile chiedere», spesso senza alcuna valida giustificazione di merito. Il volume, composto dai contributi di diversi autori (Mauro Sentimenti, Maria Cecilia Guerra, Francesco Pallante, Francesco Sinopoli, Massimo Villone) propone una critica dettagliata alle richieste presentate dalle tre Regioni – ritenute in grado di colpire l’unità della Repubblica e aggravare le diseguaglianze territoriali – indicando come possibile via d’uscita una riforma degli articoli 116 e 117 della Costituzione.
  • Molestie e minacce, condivisione di immagini intime senza il consenso della persona ritratta, intimidazioni, violenza verbale (rivolta anche contro le vittime di femminicidio), cyberbullismo e istigazione al suicidio: sono alcune delle forme di soprusi e violenze che si verificano sul web, che talvolta si rivela, soprattutto per le donne, una trappola dalla quale è difficile liberarsi. Come farfalle nella ragnatela. Storie di ordinaria violenza digitale sulle donne è uno studio socio-criminologico che analizza dinamiche, cause ed effetti del la violenza digitale, anche attraverso alcune storie che hanno scosso il Paese, ma che non sempre sono state rappresentate in modo corretto dalla stampa e dai media. Uno studio che nasce con l’intento di acquisire consapevolezza sui rischi che si celano nel web, per cambiarlo e liberarlo dalla cultura sessista del possesso, dalla violenza e dall’odio, non certo per demonizzarlo. Un obiettivo che con la volontà di tutte e tutti, a partire dalle istituzioni preposte ad affrontare l’emergenza, è possibile realizzare.
  • Le autrici analizzano la trasformazione in corso nel mondo del lavoro, contrassegnata dall’emersione di nuove competenze e di nuovi fattori di rischio. La trattazione dei temi, non rivolta ai soli operatori del settore, è esposta con chiarezza e ricostruisce in modo rigoroso la realtà giuridica, dando conto della complessità delle questioni affrontate. Nella prima parte, il libro si occupa del tema della sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori quale componente essenziale del processo educativo della persona, alla luce dei grandi cambiamenti del lavoro. Il tema è esaminato con una particolare attenzione ai giovani, sulla base della convinzione che il contrasto al lavoro insicuro, sommerso e alle nuove forme di schiavismo richieda un’effettiva presa di coscienza di tutti i cittadini. Nella seconda parte del testo vengono esposti alcuni aspetti più strettamente connessi con il rapporto di lavoro. Nello specifico, il trattamento dei dati personali, in particolare quelli biometrici; gli algoritmi in grado di gestire le prestazioni lavorative attraverso piattaforme digitali. Da ultimo, il libro riflette sulla questione relativa al sostentamento del lavoratore, come conseguenza della sostituzione algoritmica del suo ruolo.
  • La cura è un atto di potere, ma è anche una relazione in cui coesistono l’amore e il disgusto, l’odio e la tenerezza, la fatica e l’orgoglio, in cui sentimenti nobili si avvicendano ad altri spaventosi. Per questo la cura è un oggetto di studio così scivoloso, soggetto spesso a interpretazioni sentimentalistiche o tacciato di essenzialismo, perché il care, come dicono le esperte francesi citate in questo testo, ha conseguenze intime e politiche, sociali e domestiche. Di conseguenza, l’approccio di studio deve essere pluridisciplinare: solo un’analisi che sappia tenere insieme paradigmi diversi può riuscire nel tentativo di fornire una cornice teorica ampia al bisogno universale di cura e garantire per le care workers un posizionamento politico e simbolico adeguato. Questo testo muove dai care studies e approda alla critica letteraria, dimostrando l’importanza di integrare le problematiche della cura negli studi letterari e rimettendo in causa, in modo critico, la distinzione tra finzione e realtà: nella letteratura infatti si trovano spesso le risposte agli interrogativi sociali più complessi. L’esempio narrativo in questione è Slow Man di J.M. Coetzee, perché in quest’opera dello scrittore sudafricano premio Nobel emergono l’aspetto perturbante della cura, le dinamiche di potere da cui è investita, ma anche le discriminazioni di genere di cui sono vittime care givers… e scrittrici.
  • L’inserimento dei lavoratori immigrati nel mercato del lavoro italiano ha assunto una centralità politica e sociale crescente nel corso degli ultimi anni. Il V rapporto su «Immigrazione e sindacato» pubblicato dall’Ires si propone come un interessante strumento di analisi e documentazione rispetto ad un fenomeno così ricco di suggestioni e potenzialità, ma anche di forti contraddizioni e paradossi. L’obiettivo del rapporto è stato quello di analizzare il mondo del lavoro attraverso l’ottica delle centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori stranieri che hanno scelto l’Italia come paese in cui vivere e lavorare. Le riflessioni e le inchieste che sono riportate nel volume mostrano un mercato del lavoro strettamente vincolato alla presenza di manodopera proveniente dall’estero ma anche fortemente segmentato e discriminante. Il differenziale retributivo, l’alta incidenza di infortuni e morti bianche, le discriminazioni razziali e religiose sui luoghi di lavoro, il fenomeno del lavoro irregolare, la cosiddetta «segregazione occupazionale», che vede la maggior parte dei lavoratori stranieri confinati in determinati ambiti e a determinati livelli di qualifiche, sono alcune delle problematiche affrontate. In un contesto così complesso e articolato, in cui da un lato emerge un mondo del lavoro dove la realtà immigrata è sempre più consolidata e in cui si scorgono percorsi di inclusione e integrazione, mentre dall’altro continuano ad evidenziarsi comportamenti discriminatori ed escludenti, questo volume fornisce una riflessione sullo stato attuale della condizione lavorativa degli immigrati.
  • Tra il precedente Rapporto, Salari in crisi, e questo attuale la recessione ha colpito pesantemente l’apparato produttivo italiano e le condizioni materiali delle famiglie e dei lavoratori, determinando un ritorno, in termini di reddito disponibile, occupazione e prodotto lordo, alle posizioni di un decennio fa. Con la crisi l’Italia perde ulteriori posizioni, accentuando quanto di negativo già era emerso nei precedenti Rapporti, a causa di una bassa crescita e di una produttività stagnante. Nel Rapporto si osserva come le risposte alla caduta della domanda aggregata, provocata dalla contemporanea caduta degli investimenti e dei redditi reali di grandi segmenti della popolazione – risposte affidate ad una supposta capacità taumaturgica della finanza –, si siano rivelate più costose per i bilanci pubblici delle dimenticate politiche keynesiane. L’irrisolta «questione salariale» si integra con la questione fiscale, e resta un nodo fondamentale da cui ripartire per sanare le debolezze strutturali del sistema-paese e per riprendere a crescere. Il Rapporto, che come sempre conduce le analisi su una prospettiva temporale ampia, mette in evidenza, da una parte, gli impatti occupazionali della recessione ed i suoi effetti sulla disponibilità di reddito, e illustra, dall’altra, come l’aumento delle diseguaglianze e della povertà, la stagnazione delle retribuzioni reali, lorde e nette, siano tendenze che hanno segnato il governo dell’economia in una prospettiva decennale, al di là della crisi dell’ultimo biennio. Ha collaborato Riccardo Sanna.
  • Il Rapporto sui diritti globali è uno studio annuale, unico a livello internazionale, che analizza i processi connessi alla globalizzazione e alle sue ricadute, sotto i vari profili economici, sociali, geopolitici e ambientali, osservati in un’ottica che vede i diritti come interdipendenti. La struttura del Rapporto, giunto alla sua tredicesima edizione, è articolata in capitoli tematici, suddivisi in una panoramica generale e in Focus di approfondimento su alcune delle problematiche più rilevanti e attuali dell’anno. L’analisi e la ricerca sono corredate da cronologie dei fatti, dati statistici, riferimenti bibliografici e web. Il Rapporto sui diritti globali, contenente le analisi più approfondite, le cifre più aggiornate, il quadro più ampio, si è confermato come uno strumento fondamentale di informazione e formazione per quanti operano nella scuola, nei media e nell’informazione, nella politica, nelle amministrazioni pubbliche, nel mondo del lavoro, nelle professioni sociali, nelle associazioni. Ideato e realizzato dall’Associazione Società INformazione ONLUS, è promosso dalla CGIL nazionale, con la partecipazione di: ActionAid, Antigone, ARCI, Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza (CNCA), Fondazione Basso-Sezione Internazionale, Forum Ambientalista, Gruppo Abele, Legambiente interventi di Gilbert ACHCAR, Danilo BARBI, Marco BELLINGERI, Giuseppe BRONZINI, Francesca CHIAVACCI, Luigi CIOTTI, Marco DE PONTE, Monica DI SISTO, Federica FERRARIO, Samara JONES, Stefano LIBERTI, Christian MARAZZI, Bálint MISETICS, Giuseppe ONUFRIO, Mauro PALMA, Felice Roberto PIZZUTI, Cécile TOUBEAU. COMITATO SCIENTIFICO: Aldo Bonomi, Massimo Cacciari, Massimo Campedelli, Francesco Ciafaloni, Franco Corleone, Chiara Daniele, Andrea Di Stefano, Guglielmo Epifani, Davide Galliani, Maurizio Gubbiotti, Maria Luisa Mirabile, Mauro Palma, Livio Pepino, Andrea Pugiotto, Marco Revelli, Claudio Sarzotti, Gianni Tognoni, Guido Viale, Danilo Zolo REDAZIONE: Orsola Casagrande, Antonio Chiocchi, Roberto Ciccarelli, Monica Di Sisto, Valerio Renzi, Susanna Ronconi, Alberto Zoratti, Sergio Segio (coordinatore)
  • Il V Rapporto Agromafie e caporalato a cura dell’Osservatorio Placido Rizzotto/ Flai-Cgil fotografa la situazione degli ultimi due anni (ottobre 2018-ottobre 2020) concernente lo sfruttamento lavorativo nel settore agro-alimentare e le criticità dei rapporti di lavoro dovute a contratti ingannevoli e a raggiri perpetuati a danno dei lavoratori. Inganni e raggiri sono distribuiti diversamente in tutti gli ambiti produttivi che nel loro insieme costituiscono la filiera di valore dell’intero settore.

    Il V Rapporto si compone di quattro parti, ciascuna focalizzata ad esplorare specifici ambiti che nell’insieme contribuiscono ad illuminare il fenomeno dello sfruttamento lavorativo.

    Lo stretto legame tra lavoro e legalità è ancora una volta il carattere costitutivo di questa pubblicazione che ha ormai assunto un ruolo importante come fonte di comprensione e riflessione su questi fenomeni.

    Con questa edizione la Flai-Cgil rinnova la volontà di contribuire attraverso la ricerca e l’indagine non solo alla conoscenza del lavoro agricolo e delle forme di sfruttamento in esso presenti, ma anche di stimolare le tante forze positive del nostro Paese per una battaglia comune per la legalità e l’affermazione dei diritti.

  • Nella visione di Bruno Trentin, l’azione sindacale deve puntare innanzitutto all’affermazione della persona e della sua libertà dentro al processo lavorativo, contro tutte le eteronomie alienanti e spersonalizzanti. Muovendo da questo presupposto, l’ultima fase della sua vita lo ha visto interrogare quelle correnti eretiche del socialismo che, carsicamente, hanno attraversato l’intera vicenda del movimento operaio. È solo a partire dal confronto con questo caleidoscopio politico-culturale che si può spiegare il carattere originale, eterodosso e sincretistico della sua elaborazione più matura, irrequieta e insoddisfatta verso le tradizioni maggioritarie della sinistra. Nel quadro di una vera e propria genealogia teorica e intellettuale, questo numero degli Annali della Fondazione Giuseppe Di Vittorio si propone di toccare e approfondire alcune delle principali fonti di ispirazione del bagaglio culturale trentiniano.
  • Gli storici hanno ricostruito con cura l’espandersi dell’uso non terapeutico degli stupefacenti a partire dall’inizio dell’Ottocento e gli interventi atti al suo controllo ad opera dei makers of history. Ma dove sono i soggetti di questi avvenimenti, i tossicodipendenti e quelli che, in base alle legislazioni restrittive, sono divenuti spacciatori? Che ne è stato di loro? Secondo il filosofo tedesco Hans Magnus Enzensberger, la risposta a questo genere di domande è da cercarsi nella letteratura, che è infatti una forma di storiografia, in quanto fornisce il punto di vista soggettivo da giustapporre all’oggettività degli avvenimenti narrati dagli storici. Questo libro si è posto l’obiettivo di ricostruire una storia soggettiva della tossicodipendenza, a partire dall’esame del la letteratura. Da De Quincey e Gautier, suscitatori di nuove curiosità, a Daudet e Rohmer, difensori di civiltà e imperi contro la minaccia stupefacente, la letteratura è stata puntuale ed efficace nel testimoniarci del mutare dello spirito del tempo. Caduta l’illusione di uno sradicamento definitivo del consumo di stupefacenti, sono stati poi numerosi gli autori che nel progredire del XX secolo hanno raccontato del persistere di tale consumo all’interno di vere e proprie controculture, mentre altri hanno saputo farsi anche anticipatori distopici di nuove possibili droghe, dal davamesk di Witkiewicz al dylar di De Lillo; fino ai testimoni dell’uso degli allucinogeni come strumenti di introspezione alla ricerca dei limiti della conoscenza umana.