• I contributi raccolti in questo libro si propongono di affrontare la tematica delle delocalizzazioni muovendo da un approccio critico rispetto all’opinione dominante che considera il fenomeno come un aspetto inevitabile del capitalismo. Al contrario, gli Autori ritengono che le delocalizzazioni possano – e debbano – essere regolate a livello nazionale ed europeo per evitare i loro effetti negativi non solo sull’occupazione e sulle condizioni di lavoro, ma anche sull’ambiente e sulle politiche pubbliche. Partendo dalla ricostruzione dei più rilevanti casi recenti di delocalizzazione, il libro presenta le misure nazionali ed europee che sono state adottate per prevenire la delocalizzazione o per limitarne gli effetti negativi. L’analisi è diretta, da una parte, ad evidenziare il ruolo dei sindacati e dei rappresentanti dei lavoratori durante il processo di delocalizzazione, dall’altra, ad approfondire le ragioni che stanno all’origine della decisione di delocalizzare, denunciando al contempo lo spreco dei fondi pubblici concessi alle imprese che spostano la produzione all’estero e le altre conseguenze negative che tale decisione produce sull’ambiente e sugli obiettivi industriali e sociali perseguiti dagli Stati e dall’Unione europea.
  • Nel maggio del 1947 – a poco più di una settimana dalla strage di Portella della Ginestra – a Caltanissetta si svolge il primo Congresso della Cgil siciliana. Emanuele Macaluso incontra per la prima volta Giuseppe Di Vittorio che gli propone di diventarne segretario generale ad appena 23 anni. Sono in corso le lotte dei contadini per la terra e degli zolfatari per il lavoro, il salario e migliori condizioni di vita. Sono gli anni dei sindacalisti assassinati e senza giustizia (Andrea Raia, Nicolò Azoti, Accursio Miraglia, Epifanio Li Puma, Placido Rizzotto, Calogero Cangialosi…), dei mafiosi impuniti e protetti dal padronato agrario e industriale e dalla politica reazionaria. Sono anche gli anni dell’indipendentismo, siciliano naufragato tra mafia e banditismo, e della risposta autonomista dei partiti nazionali, soffocata dal sangue di Portella, dalla burocrazia e dal clientelismo. Verrà poi «l’operazione Milazzo» e il sogno di un’autonomia da rigenerare, il miracolo economico, la crisi del comunismo sovietico da Budapest a Praga, di tentativi (veri e presunti) di golpe fascisti, della repressione delle lotte dei braccianti ad Avola. Il libro narra, da una prospettiva poco nota, la vicenda umana e politica di Emanuele Macaluso negli anni del suo impegno sindacale in Sicilia dal 1944 al 1956, e poi negli anni del suo impegno politico nel Pci tra Palermo e Roma, attraverso documenti ufficiali, editi e inediti, e racconti di vita privata.
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    LOS EFECTOS NEGATIVOS DE LAS ORIENTACIONES DOMINANTES SOBRE LA NEUTRALIDAD TECNOLÓGICA Y LA TRANSICIÓN GRADUAL Transizione spagnolo - web
  •   Viviamo un periodo di trasformazioni epocali che comportano una rivoluzione del nostro mondo e un riassetto dei rapporti di forza globali, con rischi per la stessa sopravvivenza della specie umana. Le emergenze planetarie sono tre, in crescita e collegate tra loro: guerre, cambiamenti climatici, disuguaglianze. Queste tre crisi sono frutto e corrispondono a una situazione di cambiamento politico e culturale traumatico. 
  •   Viviamo un periodo di trasformazioni epocali che comportano una rivoluzione del nostro mondo e un riassetto dei rapporti di forza globali, con rischi per la stessa sopravvivenza della specie umana. Le emergenze planetarie sono tre, in crescita e collegate tra loro: guerre, cambiamenti climatici, disuguaglianze. Queste tre crisi sono frutto e corrispondono a una situazione di cambiamento politico e culturale traumatico. 
  • CM 3/2025

    15.00 
    La lezione di Aldo Tortorella
    • Giovanni Princigalli, Nella Resistenza. Intervista ad Aldo Tortorella
    • Aldo Tortorella, Storia di un comunista italiano 
    Osservatorio
    Territorio e ambiente: il caso Emilia Romagna
    • Sergio Caserta, Il caso Emilia Romagna: riflessione a cinque voci su clima, ambiente e uso del territorio 
    • Ugo Mazza, Eventi climatici drammatici: un’occasione per cambiare
    • Vinicio Ruggeri, Una analisi storica critica delle leggi sulla difesa del suolo
    • Rudi Fallaci, Il consumo di suolo in Emilia Romagna e la nuova legge urbanistica
    • Piero Cavalcoli, Urbanistica: tre paradossi e una pericolosa analogia
    • Pietro Maria Alemagna, Territorio e partecipazione: serve una nuova cultura per la politica e l’amministrazione
    • Davide Bubbico, Angelo Moro, L’automotive italiano tra quadro europeo e mobilitazioni sindacali 
    Laboratorio culturale
    • Fabrizio Denunzio, Come il giornalismo si fa ricerca empirica. Il questionario di Marx per un’inchiesta operaia 
    • Luciano Beolchi, La variante Bucharin 
    • Antonino Infranca, Il carteggio Coutinho-Lukács con le lettere tra i due filosofi
    • Giulio Di Donato, Derivazione e autonomia relativa dello Stato 
    Schede critiche
    • Guido Liguori, Gramsci, Togliatti e il comunismo italiano 
    • Antonio Viteritti, Il pensiero gramsciano di Coutinho
    • Lelio La Porta, Il marxismo di Mario Rossi
    • Claudio Natoli, In lotta contro il fascismo
    • Fabio Vander, Una contro-storia della Repubblica
         
  • In fondo proponiamo delle storie. Storie di fabbriche e di tribunali, di piccoli o grandi soprusi, inserite nel contesto storico e politico degli anni in cui si sono verificate, raccontate nel loro sorgere e svilupparsi, sino a un epilogo finale in tempi incredibilmente brevi, grazie a quella norma straordinaria che è l’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori.
  • Nella visione di Bruno Trentin, l’azione sindacale deve puntare innanzitutto all’affermazione della persona e della sua libertà dentro al processo lavorativo, contro tutte le eteronomie alienanti e spersonalizzanti. Muovendo da questo presupposto, l’ultima fase della sua vita lo ha visto interrogare quelle correnti eretiche del socialismo che, carsicamente, hanno attraversato l’intera vicenda del movimento operaio. È solo a partire dal confronto con questo caleidoscopio politico-culturale che si può spiegare il carattere originale, eterodosso e sincretistico della sua elaborazione più matura, irrequieta e insoddisfatta verso le tradizioni maggioritarie della sinistra. Nel quadro di una vera e propria genealogia teorica e intellettuale, questo numero degli Annali della Fondazione Giuseppe Di Vittorio si propone di toccare e approfondire alcune delle principali fonti di ispirazione del bagaglio culturale trentiniano.
  • I cambiamenti oggi in atto provocati dalle tecnologie digitali e dai mutamenti dell’organizzazione del lavoro mostrano la centralità della persona-lavoratore e configurano la prestazione lavorativa come opera e attività. Le mani del lavoratore sono il punto di riferimento per osservare i cambiamenti tecnologici e organizzativi del lavoro. L’indagine assume come concetto esplicativo l’alienazione di Karl Marx e impiega alcuni significati comparativi come il corpo che lavora, il lavoro concreto e il lavoro astratto. Lo sguardo elaborativo volge poi alle vicende della Cgil, in particolare alla svolta del ’55 di Giuseppe Di Vittorio che oltre a rappresentare un paradigma segna il principio della centralità della prestazione come forma e radicamento prioritario dell’azione sindacale. Il volume si presenta come un’analisi inedita e foriera dell’interpretazione del cambiamento della prestazione lavorativa, arricchendo la centralità del lavoro nella sua simbologia e nei suoi significati, per nutrire e generalizzare la stessa rappresentatività sindacale.
  • Il fenomeno delle dimissioni volontarie, esploso in Italia e negli Stati Uniti, in particolar modo durante la pandemia, è stato interpretato maggiormente dalla letteratura e reportistica ufficiale come fuga dal lavoro o come effetto di un’aumen-tata mobilità del mercato del lavoro, avvenuta subito dopo il primo lockdown. In questo contributo si proverà ad analizzarlo come manifestazione di un profondo processo di risignificazione del lavoro, seppur non strutturato. In questo ambizioso compito si farà ricorso alle categorie classiche di Karl Polanyi, che già nella prima metà del Novecento ha riflettuto su quanto l’azione sociale sia mossa non soltanto dall’astratto calcolo costi-benefici, ma anche da credenze, valori e significati sociali, a partire dalle quali l’interesse prende forma. A partire da questa importante lezione si proverà a ritematizzare il ruolo del lavoro come strumento privilegiato di promozione dell’interesse collettivo.
  • L’evoluzione recente dell’economia delle piattaforme ha generato un’attenzione crescente nei confronti del contenzioso strategico e del suo potenziale contributo alla tutela dei diritti dei lavoratori. Tradizionalmente, l’azione in giudizio è percepita come in tensione con le modalità e gli obiettivi della contrattazione collettiva: tende a generare un clima di contrapposizione e sottrae la risoluzione del conflitto alle parti. Tuttavia, il contenzioso sui diritti dei rider mostra una relazione più sfumata, in cui la via giudiziale risulta complementare alla contrattazione collettiva, sostenendone e rafforzandone gli obiettivi. Per esplorare questa dinamica, l’articolo si avvale di un’analisi qualitativa che intende identificare e classificare i vari modi in cui azione in giudizio e contrattazione collettiva interagiscono nel caso in esame. Lo scopo è di offrire una nuova prospettiva sul ruolo della strategic litigation nell’ambito delle relazioni sindacali e sul suo potenziale come strumento per rispondere alle sfide poste dalle transizioni in corso.
  • Il presente lavoro dopo una analisi in chiave quantitativa dell’orario di lavoro in agricoltura in Italia basata su alcune informazioni statistiche fornite da Eurostat ricorda le peculiarità biologiche che riguardano i processi produt-tivi agricoli descrivendo come queste specificità condizionano i modelli di organizzazione del lavoro. Su questa base dopo una descrizione del precipuo ruolo e della funzione che l’attuale modello contrattuale assegna al Contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) e ai Contratti provinciali di lavoro (Cpl) in materia di organizzazione del lavoro vengono presentati alcuni casi studio che analizzano gli orientamenti in materia di orario di lavoro nella contrattazione territoriale di alcune province italiane. Il lavoro si chiude proponendo una riflessione che vuole provare a delineare alcune linee prioritarie di lavoro sindacale in materia di orario di lavoro.
  • L’articolo analizza le condizioni lavorative, caratterizzate da un’elevata richiesta fisica, pressione psicologica, retri-buzioni modeste ed elevata precarietà, presenti nel settore della grande distribuzione organizzata (Gdo). L’analisi si concentra sul rapporto tra condizioni lavorative gravose e tipologie di contratti di lavoro, spesso imposte dall’im-prenditore, come il part-time, che di fatto accrescono lo stress lavorativo e determinano l’aumento di molteplici pato-logie tra gli occupati. In risposta al progressivo peggioramento delle condizioni di lavoro, sono esaminate alcune strategie sindacali finalizzate a contrastare la dinamica in atto.
  • Il contributo esamina la questione della riduzione dell’orario di lavoro nel settore metalmeccanico, con l’obiettivo di incrementare l’occupazione e migliorare le condizioni lavorative. Per ragioni di spazio, non verrà trattato il tema della distribuzione del reddito, sebbene esso sia connesso alla regolazione dell’orario di lavoro. Si sottolinea l’impor-tanza per le organizzazioni dei lavoratori di sostenere una riduzione dell’orario di lavoro non solo a parità di salario, ma anche di produttività. Qualora, infatti, la riduzione dell’orario fosse subordinata a un aumento della produtti-vità, il duplice obiettivo di creare occupazione e migliorare le condizioni lavorative rischierebbe di non essere raggiunto.
  • Occupazione e condizioni di lavoro sono caratterizzate da due aspetti strutturali. Il primo è connesso con l’uso delle nuove tecnologie e dei nuovi sistemi di organizzazione del lavoro allo scopo di risparmiare lavoro per unità di prodotto. Il secondo aspetto riguarda le condizioni di incertezza e di precarietà per una fetta consistente degli occupati e degli occupabili. Il saggio discute le condizioni socioeconomiche alle quali una riduzione dell’orario di lavoro può migliorare le condizioni nelle quali versa il lavoro in Italia e aumentarne gli spazi di libertà.
  • L’articolo pone in luce i dilemmi del bilanciamento vita-lavoro e le sfide poste alla contrattazione. Dapprima, si presenta una riflessione sul significato socialmente attribuito al lavoro e la necessità di decostruire gli stereotipi di genere ad esso associati. Questa prima riflessione è funzionale a ragionare sul rapporto tra lavoro retribuito, svolto principalmente fuori casa, e il lavoro non retribuito, domestico e di cura. È infatti questo rapporto – e l’asimmetria (e la diseguaglianza) di genere che lo connota – a definire le modalità della partecipazione di donne e uomini al lavoro retribuito. Senza questa necessaria decostruzione degli stereotipi associati al lavoro e della divisione di genere che ne deriva, l’attività di contrattazione non può che riprodurre le presenti diseguaglianze. Viene poi esaminato l’uso del rapporto a tempo parziale, le distorsioni presenti con particolare riferimento al caso italiano, e le problema-tiche che esso pone al bilanciamento vita-lavoro e alla contrattazione.
  • Il saggio esamina il contributo che la direttiva sull’orario di lavoro del 1993, pur elaborata secondo una filosofia regolativa favorevole alla flessibilità delle regole, ha offerto alla costruzione di un insieme di tutele e garanzie per i cittadini-lavoratori dell’Unione europea. Nel corso degli anni le sue prescrizioni, soprattutto dopo l’entrata in vigore della Carta di Nizza, sono state interpretate dalla Corte di Giustizia in modo più stringente e più estensivo atte-nuandone la derogabilità. La direttiva del 2019 sulla trasparenza nelle condizioni di lavoro e quella sul work on platform del 2024 hanno ulteriormente rafforzato l’impatto dei limiti d’orario, del diritto ai riposi ed alle ferie negli stati nazionali. Il saggio esamina infine la ripresa di un dibattito europeo – a fronte della transizione digitale e dell’introduzione dell’intelligenza artificiale nei processi lavorativi – su come ripartire equamente gli effetti della rivoluzione tecnologica in atto, con una nuova discussione, ancora molto aperta, sulla riduzione ex lege dell’orario di lavoro e sulla tutela dei bisogni primari attraverso un reddito garantito come forma, anche indiretta di contrasto allo sfruttamento.
  • L’intensificazione del lavoro è ormai ben documentata dalle scienze umane e sociali: nelle sue forme su diverse scale temporali – dall’immediato al percorso di carriera – e nelle sue conseguenze sulla salute – dai disturbi minori alle malattie professionali. Tuttavia, comprendere per agire richiede una lettura attenta di questa progressione, il più possibile vicina alle situazioni lavorative, con l’obiettivo di evitare una lettura binaria – avere tempo o non avere tempo – che può portare molti lavoratori a sentirsi impotenti di fronte a un modello dominante di fretta presentato come inesorabile. In quest’ottica, l’articolo propone un approccio qualitativo al tempo, esaminando il tempo trascorso al lavoro che costituisce l’orario di lavoro. Questo approccio rivela due meccanismi che strutturano l’azione. Per prima cosa, nonostante i forti vincoli temporali, ognuno di noi cerca di mettere in atto un «tempo che conta», un tempo che trasmette valori positivi per la salute: tempo per trasmettere informazioni, per costruire collettivamente, per essere creativi, ecc. Secondariamente, questa ingegnerizzazione del tempo è ciò che potenzialmente dà alle persone il potere di agire sul loro lavoro. Questa attività, spesso clandestina, anche se non ignora i problemi di prestazione e di salute, è la base su cui si possono strutturare le azioni trasformative.
  • L’orario di lavoro è aspetto fondamentale del rapporto di lavoro, in quanto incide profondamente sulla vita dei lavoratori e sulla strutturazione della società stessa. Si offre qui una sintesi, basata sulla storiografia in tema, di come si sono strutturati nella storia orari, ritmi, organizzazione del lavoro, rivendicazioni, contrattazione, conflitti, tutele, occupazione, pluriattività, tempo libero strategie individuali e collettive. A partire dal dibattito intorno agli effetti della rivoluzione industriale sulle condizioni di lavoro e di vita degli operai, si ricostruiranno le conquiste successive analizzando i corsi e i ricorsi storici nelle le politiche messe in atto da istituzioni, organizzazioni sindacati e imprenditoriali, nonché i comportamenti sociali connessi all’uso del tempo.
  • QRS N. 1/2025

    22.00 
    Tempi moderni e orari antichi
    • Il tempo di lavoro in una prospettiva di genere
    • Le tutele nelle economie delle piattaforme
    • Aspirazioni e lavoro
  • Il contributo propone una rilettura critica del paradigma dell’invecchiamento attivo, esplorandone le genealogie teoriche, le modalità di implementazione e le implicazioni sociali. Attraverso una narrative literature review, il lavoro muove da una critica all’approccio prescrittivo che tende a normare l’invecchiamento attraverso metriche rigide e obiettivi uniformi, per chiedersi se – e in quali contesti – il paradigma dell’Active aging possa invece sostenere percorsi differenziati di autonomia e autodeterminazione nella tarda età. Il lavoro mette in discussione l’idea di attivazione come fine e propone, al contrario, di considerare l’autonomia come prerequisito per un invecchiamento attivo autentico. Adottando la prospettiva del life course approach, si sottolinea l’importanza di affrontare le disuguaglianze accumulate lungo l’intero arco della vita. Particolare attenzione è dedicata al livello meso, come spazio privilegiato per tradurre il paradigma in pratiche coerenti con le soggettività anziane.
  • In quel che segue procederemo ad una rassegna ragionata delle argomentazioni svolte in tre libri, che in qualche misura si integrano e i cui meriti e limiti si bilanciano, sui temi della crisi ambientale: di Ardeni e Gallegati (La trappola dell’efficienza), di Saitō Kōhei (Il capitale nell’Antropocene) e di Carl Cassegård (Toward a Critical Theory of Nature: Capital, Ecology, and Dialectics). Il nostro scopo non è tanto una mera critica quanto aprire un dialogo. E questo proprio quando l’impellenza di un intervento che prenda di petto quella che Claudio Napoleoni, più che crisi ambientale, preferiva chiamare «la questione della natura» – una natura intesa come alterità essenziale che si riconosce e rispetta, senza con ciò rinunciare romanticamente alla sua trasformazione – e che si fa ogni giorno più drammatica. Da questi testi c’è senz’altro molto da imparare. C’è però anche molto da interrogare.
  • Il contributo evidenzia la necessità di approfondire e rendere evidente la relazione tra povertà lavorativa e bassa qualità dell’occupazione in Italia, focalizzandosi su salari e tipologie contrattuali di lavoro. Negli ultimi decenni, l’Italia ha visto un calo dei salari reali rispetto a Germania e Francia. Nonostante si lavori più ore, la quota del Pil destinata ai salari è tra le più basse d’Europa. La qualità occupazionale, per intensità e durata dei rapporti di lavoro, influenza fortemente i salari: chi lavora con contratti a termine, a part-time e in modo discontinuo ha una retribuzione in media di meno di 10.000 euro l’anno, mentre i lavoratori con contratti a tempo indeterminato, a tempo pieno e con continuità hanno una retribuzione di oltre 37.000 euro, ma riguarda solo il 38,7% degli occupati del settore privato. Inoltre, il 58% di chi lavora part-time lo fa «involontariamente». L’incidenza del rischio di bassi salari e della povertà lavorativa è più alta per le donne e per i giovani, in ragione del maggiore ricorso di contratti discontinui e a tempo parziale. La povertà lavorativa è aumentata dal 9,5% nel 2010 all’11,5% nel 2022. Per contrastarla, occorre agire su più ambiti d’inter vento: specializzazione dei settori produttivi, sostegno alla contrattazione collettiva, regolazione del mercato del lavoro e rafforzamento delle competenze, puntando su politiche che riducano la precarietà e favoriscano l’occupazione stabile e qualificata.
  • A più di un anno dall’entrata in vigore delle nuove misure di contrasto alla povertà questo saggio si propone di «fare il punto» sul fenomeno della povertà lavorativa in Italia e sullo stato delle politiche di contrasto. Ricostruendo il tortuoso iter delle riforme, l’articolo individua elementi di continuità e discontinuità tra le misure che si sono susseguite nei recenti cambi di governo. Dopo aver discusso limiti e benefici del Reddito di cittadinanza, prende in esame le nuove misure introdotte con la riforma del governo Meloni – l’Assegno di inclusione (Adi) e il Supporto per la formazione e il lavoro (Sfl), focalizzando l’attenzione sul fenomeno della in-work poverty in Italia in prospettiva comparata. Nella parte conclusiva, l’analisi empirica viene problematizzata alla luce delle tendenze correnti nelle politiche sociali e del lavoro e di possibili alternative che iniziano a essere testate nel dibattito internazionale.
  • La legge di bilancio 2021 ha individuato un livello essenziale delle prestazioni di un assistente sociale ogni 5.000 abitanti ed ha previsto un contributo di 40mila euro annui per ogni assistente sociale assunto a tempo indeterminato dagli enti locali oltre il rapporto di 1:6500, fino al rapporto di 1:5000. La misura rafforza i servizi sociali territoriali, ma la previsione della soglia minima di 1:6500 potrebbe penalizzare le aree più arretrate. Tuttavia, le risorse disponibili sono sufficienti per finanziare tutti i territori ed i Comuni possono reclutare assistenti sociali in deroga ai correnti vincoli assunzionali ed utilizzare il Fondo di solidarietà comunale per raggiungere la soglia. I dati mostrano una crescente reattività all’incentivo anche da parte dei territori più arretrati. Aumentano le risorse attribuite, i concorsi banditi e gli assistenti sociali assunti, mentre si riduce il divario fra le Regioni del Nord e quelle del Centro e del Mezzogiorno.
  • Dietro l’acronimo Rsa, Residenze sanitarie assistite, si cela un mondo fatto di bisogni e professionalità che merita di essere correttamente inquadrato, sia sotto il profilo dell’utenza che sotto il profilo del lavoro. Sono state raccolte numerose testimonianze di chi opera all’interno delle Rsa, ma più in generale nell’ambito del settore socio-sanitario, in centri di riabilitazione o di chi è impegnato in attività socio-sanitario assistenziale educativo di tipo domiciliare, da cui emergono spaccati di realtà e vita quotidiana che fanno ben comprendere come a fronte di blocchi nei rinnovi contrattuali, diritti normativi non riconosciuti, i lavoratori continuino a portare avanti la loro «missione» con grande spirito di sacrificio. Come Funzione pubblica Cgil abbiamo rilevato la necessità di avviare una riflessione seria e strutturata che porti ad un cambiamento dell’attuale sistema di gestione delle Residenze sanitarie assistite e, conseguentemente, dell’organizzazione del lavoro. A stesso lavoro, pubblico o privato che sia, devono corrispondere lo stesso salario e gli stessi diritti.
  • La professione medica in Italia attraversa una fase di intensa ridefinizione, sospesa tra pressioni manageriali, riduzione di autonomia e spinte vocazionali ancora vive. Attraverso una survey rivolta agli studenti di Medicina dell’Università di Napoli Federico II, il presente contributo mira ad evidenziare sia la persistenza di ideali di «servizio», sia il disallineamento crescente verso aree specialistiche critiche come l’emergenza-urgenza. Tali dinamiche sottolineano la necessità di politiche formative integrate, in grado di orientare aspirazioni individuali e fabbisogni reali del Servizio sanitario nazionale. Da una prospettiva sociologica, ciò implica un ripensamento dell’orientamento professionale e del sostegno istituzionale lungo l’intero percorso formativo. L’insieme di questi fattori ridefinisce tanto l’identità quanto la funzione sociale del «medico del futuro», sollecitando un dibattito sul rapporto tra vocazione, sicurezza economica e responsabilità collettiva.
  • I mutamenti dello scenario epidemiologico, demografico e sociale, in particolare la diffusione delle malattie croniche e l’allungamento della vita, richiedono una ridefinizione dei contesti di cura, specialmente nell’approccio alle malattie inguaribili. Il ricorso al domicilio, come luogo di cura nella cronicità, comporta l’implicazione dei pazienti e dei familiari nei percorsi di assistenza, il che rende necessario ricomporre il rapporto fra i saperi scientifici e i saperi esperienziali, fra le cure formali e le cure informali. Il lavoro di cura nella cronicità ha bisogno di una presa in carico forte che tenga conto della dimensione biopsicosociale della malattia, mentre i modelli organizzativi in sanità rimangono ancora fortemente ancorati a modelli d’intervento ospedalocentrici a discapito delle cure primarie. Questo disallineamento fra bisogni e cure offerte mette in sofferenza anche i professionisti dei servizi sanitari. Nel presente contributo viene riportata la storia di un modello innovativo di educazione terapeutica, mirato a cogliere le nuove esigenze di presa in carico dei pazienti più fragili denominato Family learning sociosanitario, ideato e sperimentato nella realtà marchigiana.