• Nel contributo si propone di creare un’alternativa pubblica e sovranazionale all’oligopolio delle grandi imprese di tecnologia dell’informazione, le cosiddette Tech Giants. Dopo questa premessa, ci si sofferma dapprima su una breve analisi sulla scala dei problemi che si hanno di fronte, per poi presentare una proposta per l’economia digitale che trae origine dall’elabo-razione, sin dal 2019, del concetto di impresa pubblica europea ad alta intensità di cono-scenza.
  • Il contributo esprime la posizione del sindacato e nello specifico della Cgil sulle questioni relative alla privatizzazione della conoscenza e più in generale del restringimento del peri-metro pubblico. A fronte è di un complessivo impoverimento del paese e di un approfondimento delle dise-guaglianze, occorre un’azione politica in difesa dei beni pubblici, dei beni collettivi, a partire dalle infrastrutture della conoscenza. Perché oggi, sia che si parli di transizione verde o di transizione digitale, si tratta di aspetti centrali per poter affrontare una trasformazione del lavoro e della società in maniera trasversale.
  • Il contributo utilizza gli strumenti interpretativi della tradizione schumpeteriana per ana-lizzare la situazione economica dei primi lustri del XXI secolo come una fase di transizione dal declino del capitalismo fordista che caratterizzò il XX secolo alla formazione del nuovo capitalismo della conoscenza in cui la produzione di ricchezza è basata sulla generazione, valorizzazione e sfruttamento della conoscenza come bene economico.
  • Il contributo evidenzia come la rivoluzione tecnologica in atto non sia solo una rivoluzione industriale, non riguarda solo l’impresa, ma la società nel suo complesso. Incide sul lavoro, sugli stili di vita, sulla cultura, sulla comunicazione, sulle forme stesse della democrazia. Cambiamenti di questa natura e di questa portata non possono essere lasciati al mercato. C’è bisogno di un autorevole indirizzo e investimento pubblico. Il che comporta la necessità e la capacità di selezionare obiettivi, definire nuove convenienze, dare impulso a una do-manda pubblica in grado di agire contestualmente sull’offerta stessa creando così nuove im-prese, nuovi prodotti, occasioni di lavoro stabile e qualificato. È un cambiamento profondo che per non rimanere un progetto astratto deve sostanziarsi del rapporto concreto con le persone a partire dal mondo del lavoro. E questo ha bisogno in primo luogo di una nuova capacità di contrattazione ma anche di una grande alleanza tra sindacato e mondo del sapere. Anche per questa ragione diventa fondamentale il diritto alla formazione permanente e alla conoscenza. Solo così il sapere e la conoscenza diventano fattori decisivi di trasforma-zione e garanzia di cittadinanza.
  • Se non ci fossero state le donne, in questa nostra Repubblica, se non ci fossero state le loro tenaci battaglie di emancipazione e liberazione – condotte attraverso un intreccio fecondo di iniziative delle associazioni, dei movimenti, dei partiti, delle istituzioni – l’Italia sarebbe oggi un Paese molto più arretrato e molti articoli della Costituzione non sarebbero stati applicati. Il debito che l’Italia ha nei confronti delle donne lo racconta in modo inedito questo libro scritto e curato dalle volontarie della Fondazione Nilde Iotti. Lo fa illustrando in modo rigoroso e semplice le tappe e i contenuti delle conquiste legislative dall’inizio della Repubblica alla conclusione dell’ultima legislatura, che hanno cambiato la vita delle donne e l’assetto economico, sociale e culturale del nostro Paese. Il libro rammenta la battaglia per il diritto di voto e le «madri della nostra Repubblica», le donne elette nell’Assemblea Costituente, che diedero un contributo rilevante alla stesura della Costituzione. Sono citati gli articoli che più hanno favorito il cambiamento nella vita delle donne. Segue poi il racconto delle leggi con uno schema che ne indica la scansione in ordine cronologico dal 1950 al 2022, a cui si connettono le schede che ne illustrano i contenuti. Lo sguardo della battaglia delle donne è oggi e sempre più sarà quello europeo. Per questo il libro include una rassegna delle tappe e dei provvedimenti più significativi adottati dall’Unione Europea.
  • L’articolo si concentra sul nuovo modello di politiche di contrasto alla povertà delineato con il decreto legge n. 48/2023, convertito con legge n. 85/2023 (cosiddetto «decreto Lavoro»), che ha abolito il Reddito di cittadinanza e introdotto due distinte misure, Assegno di inclusione e Supporto per la formazione e il lavoro, segnando così il passaggio da uno strumento di welfare universale a interventi categoriali. Nel contributo si delinea l’impatto che questo radicale cambiamento potrebbe avere sulla popolazione in povertà in base ai dati forniti dai principali istituti
  • Tra la fine e l’inizio del Millennio la povertà è aumentata e cambiata, non solo in Italia, ma in tutta l’Unione europea. Ecco perché, nel 2010, l’Ue ha lanciato la campagna Stop Poverty per dare conto della situazione e sollecitare gli Stati membri a prendere dei provvedimenti, anche in collaborazione con la società civile. Le organizzazioni sociali italiane, vista la loro esperienza sul campo, hanno colto questo invito, costituendo, nel 2013, l’Alleanza contro la povertà in Italia. Grazie ai suoi molteplici studi e proposte, in primis il Rei, ha contribuito a costruire l’impalcatura di tutte e cinque le misure realizzate dai diversi governi, che non sempre sono state migliorative. Ecco perché, a dieci anni dalla sua nascita, il lavoro dell’Alleanza è importante anche in chiave critica per promuovere misure che siano sempre universaliste e in grado di fare leva, oltre che sul contributo economico, anche sulla capacitazione delle persone povere.
  • A partire dal volume di Francesca Coin (2023), il contributo si sofferma sul fenomeno delle grandi dimissioni che, sebbene non rappresenti l’unico cambiamento in corso nel lavoro e nella sua organizzazione, costituisce senza dubbio uno dei principali snodi critici con cui esso si manifesta. Dopo averne brevemente tratteggiato le caratteristiche, si sottolinea la necessità di una riflessione su cosa sia avvenuto negli ultimi anni, a cavallo della pandemia, da rendere i lavoratori così manifestamente più critici verso i lavori esistenti, che poi spesso sono «lavorini» di corto raggio, di breve durata e caratterizzati da trattamenti e tutele insufficienti.
  • Nella primavera del 2021, negli Stati Uniti, si è assistito ad un aumento vertiginoso di dimissioni volontarie. Da allora il dibattito sulle «grandi dimissioni» (Great Resignation) è diventato internazionale. Questo contributo cerca di gettare luce sul fenomeno attraverso una lettura critica di tre volumi che leggono le «grandi dimissioni» come manifestazione di una radicale insoddisfazione delle condizioni lavorative odierne. Il lavoro non ti ama: o di come la devozione per il nostro lavoro ci rende esausti, sfruttati e soli, di Sarah Jaffe, critica ferocemente la logica del lavorare «per amore» o lavorare «per gioco», smascherandone la radice neoliberista. Le grandi dimissioni. Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita, di Francesca Coin, oscilla tra due chiavi intepretative: il rifiuto di un certo tipo di lavoro (quello tossico, precario, sotto-pagato) e il rifiuto del lavoro tout court, strizzando l’occhio alla tradizione dell’operaismo trontiano e negriano degli anni sessanta e settanta. Redonner du sens au travail. Une aspiration révolutionnaire, di Thomas Coutrot e Coralie Perez, si interroga sulla possibilità di ridare un senso al lavoro, proponendo in alternativa l’impresa liberata. È apprezzabile che il dibattito sulle «grandi dimissioni» abbia rimesso al centro dell’attenzione il degrado delle condizioni del lavoro di oggi: un punto ormai ineludibile.
  • Il contributo discute le richieste di autonomia regionale differenziata, così come formulate ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione dalle Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna nel corso del 2017, e dei contenuti del disegno di legge governativo 615/2023 volto a dare ad esse attuazione. Sostiene che queste richieste, anche se soddisfatte solo parzialmente, sono in grado di modificare profondamente in peggio la realtà del nostro paese. Per tre grandi ordini di motivi: perché a) configurerebbero la nascita di Regioni-Stato con amplissimi poteri a scapito dell’esecutivo nazionale; b) approfondirebbero il solco a danno dei territori più deboli nelle disponibilità economiche per la fornitura di essenziali servizi ai cittadini e alle imprese (e mortificherebbero il ruolo di Roma); c) spoglierebbero il legislativo di sue proprie potestà trasferendole ad oscure commissioni, creando un vulnus alla democrazia italiana. In realtà esse configurano, come più articolatamente argomentato in Viesti (2023), una vera a propria «secessione dei ricchi»
  • Nel 2018 avevamo finalmente cominciato a sanare l’anomalia italiana di non avere uno schema di reddito minimo. Il 2023 segna il ritorno al passato. Il decreto lavoro e la successiva conversione in legge re-introducono misure categoriali di sostegno al reddito, che distinguono pesantemente fra poveri meritevoli e non meritevoli, a dispetto della Raccomandazione europea dello stesso anno relativa a un reddito minimo adeguato. Le responsabilità del governo di centro destra sono evidenti: la sua azione, tuttavia, è stata facilitata dal radicamento e dall’estensione, nel nostro paese, delle resistenze culturali nei confronti del reddito minimo. Attraverso un’analisi rigorosa, ma di facile lettura, il volume mira a fornire gli strumenti indispensabili per cercare di contrastare queste resistenze e cambiare rotta. Entra nel dettaglio delle principali configurazioni di reddito minimo e dei più complessivi redditi di base, intendendo, per reddito di base, un trasferimento monetario, liberamente spendibile, finanziato dalle imposte e finalizzato ad assicurare uno zoccolo di reddito a tutti e tutte. Esamina le più recenti evoluzioni in atto nell’Unione europea e nei paesi membri che la compongono, soffermandosi con particolare attenzione sul caso italiano. Presenta, infine, le tante ragioni che possono essere invocate a favore di un reddito di base, delineando le principali implicazioni per le politiche di contrasto della povertà. Al riguardo, difende con forza quello che viene definito un reddito minimo di cittadinanza.
  • Per millenni ogni forma di discordia è stata considerata una patologia del «corpo politico». Ma attraverso il conflitto sociale i soggetti discriminati e subalterni hanno espresso i propri bisogni e le proprie istanze, rivendicando libertà, inclusione, uguaglianza, riconoscimento delle proprie identità. Nel corso del Novecento la società si è divisa in campi separati dalla loro posizione nell’ambito della produzione e lungo questa linea si sono articolate le differenti dimensioni del conflitto, che si è rivelato fattore di coesione sociale, condizione della democrazia e dei diritti. 
  • Gli Stati Uniti di oggi, alla fine del «fallito esperimento quarantennale del neoliberismo», come lo ha definito Biden, e appena prima delle elezioni presidenziali del 2024, in cui si deciderà il ritorno oppure la sconfitta definitiva del «trumpismo». Una fase cruciale, con la democrazia interna alterata dallo strapotere del Grande capitale e dalle trasformazioni profonde del mondo del lavoro, e resa «fragile» dalle disuguaglianze sociali e dalle divisioni ideologiche e politiche che attraversano la società. L’unica certezza, per ora, risiede nel grave insuccesso dei progetti di ricomposizione cui Biden aveva puntato, con il quadro internazionale investito sia dalla guerra in Ucraina, sia dal montare della contrapposizione nei confronti della Cina: due «fronti» diversi tra loro e che investono entrambi il Paese nelle sue aspirazioni «neo imperiali». Un quadro che, nell’insieme, riguarda anche l’Europa e l’intero sistema dei rapporti economico-politici e culturali su scala mondiale.
  • CM N. 6/2023

    1,500.00 
    Editoriale
    • Aldo Tortorella, L’Europa in guerra 
    Osservatorio
    • Massimo Cavallini, Argentina: e dalla notte dei tempi giunse Javier Milei
    • Romeo Orlandi, Nuovo multilateralismo? Quattro eventi e un brutto pensiero 
    • Simona Fabiani, La guerra e il resto da eliminare contro la crisi climatica
    • Felice Adinolfi e Roberto Weber, Il grande malessere, o l’Europa dei trattori
      I cento anni dell’Unità
    • Alexander Höbel, Nascita di un giornale operaio
    • Letizia Paolozzi e Alberto Leiss, L’organo del “partito nuovo” e l’avvento dei giornali-partito
    • Pietro Spataro, Un quotidiano in crisi di identità e l’occasione mancata dei giornalisti
    • Vincenzo Vita, Da l’Unità ai social. Una rivoluzione senza rivoluzione 
    Laboratorio culturale
    • Lelio La Porta, Il “Gramsci di destra”, pericoloso ma senza fondamento 
    • Antonio Di Meo, La «rivoluzione passiva» nell’universo concettuale gramsciano
    • Sergio Cesaratto, La moderna teoria del sovrappiù e l’analisi delle economie precapitalistiche 
    Schede critiche
    • Antonio Di Meo, Rivoluzione ed egemonia in Gramsci
    • Mihaela Ciobanu, Marx, Dussel e la «periferia» del mondo 
  • Matteotti

    8.00 
    Quanto sanno realmente gli italiani di Giacomo Matteotti, assassinato il 10 giugno 1924 da una squadra fascista per aver denunciato in un discorso alla Camera le illegalità commesse dal regime di Mussolini? Non molto. A colmare questa grave lacuna, contribuendo a far nuova luce su una figura tanto celebrata quanto sostanzialmente sconosciuta, concorre – a un secolo dalla tragica scomparsa – Futura Editrice ripubblicando il bellissimo ritratto che Piero Gobetti decise di dedicargli all’indomani del suo omicidio. Dall’infanzia tormentata nel Polesine all’adesione al socialismo, il volume ricostruisce la traiettoria umana e politica di Matteotti. Assieme al ritratto di un «guardiano della rettitudine politica», emerge il profilo di un antifascista intransigente, avverso al regime «per una pregiudiziale di repugnanza morale», oltre che per una questione fondamentale «di incompatibilità etica e di antitesi istintiva».
  • Nel settembre 2002 Bruno Trentin riceve dall’Università di Venezia la laurea honoris causa in Economia. «Il tema di questo mio intervento – afferma in occasione del prestigioso conferimento – riguarda il rapporto fra lavoro e conoscenza. L’ho scelto perché mi sembra che in questo straordinario intreccio che può portare il lavoro a divenire sempre più conoscenza e quindi capacità di scelta e, quindi, creatività e libertà, sta la più grande sfida che si presenta al mondo all’inizio di questo secolo. La sfida che può portare a sconfiggere le vecchie e nuove disuguaglianze». Un tema, quello della società ed economia della conoscenza, che in Trentin ha origine con l’esperienza delle 150 ore e che ritorna fortemente nella sua elaborazione politica e culturale degli anni a seguire. Il volume ripercorre – attraverso documenti editi e inediti – le principali tappe della sua elaborazione intellettuale sul tema, dall’accordo del 19 aprile 1973 agli ultimi scritti di poco precedenti il tragico incidente del 2006, che causerà la sua morte nell’agosto dell’anno successivo.
  • L’obiettivo dell’inchiesta è stato quello di indagare le condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori, per comprenderne i bisogni e le aspettative per migliorare il mondo del lavoro e l’azione del sindacato. Il questionario ha raggiunto un campione di oltre trentamila rispondenti ed era rivolto a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori, in ogni settore, con qualsiasi professione e tipologia contrattuale. I risultati raccontano un mondo del lavoro caratterizzato da bisogni specifici, con una crescente eterogeneità e una molteplicità di percorsi individuali di sfruttamento e di emancipazione. D’altra parte, emergono le sfide comuni per la ricomposizione dell’azione collettiva, per affermare un nuovo paradigma di sviluppo fondato su salari più giusti, meno precarietà, più innovazione, attraverso la partecipazione e la rappresentanza sindacale. Il volume presenta un’analisi approfondita dei risultati e descrive le caratteristiche principali del lavoro nell’epoca contemporanea, con dei focus analitici per temi e settori produttivi. L’inchiesta è stata condotta dalla Fondazione Di Vittorio in collaborazione con tutte le strutture sindacali della Cgil, attraverso un ampio gruppo di ricerca interdisciplinare.
  • Il 16 ottobre 1948, durante la «marcia della fame» che portò a Pistoia le famiglie degli Appennini impegnate in una dura lotta alla fabbrica Smi, la polizia aprì il fuoco sui dimostranti. A terra rimase, esanime, Ugo Schiano, operaio venticinquenne della fabbrica San Giorgio sceso in sciopero di solidarietà. Questo tragico evento segnò il termine della transizione nel secondo dopoguerra pistoiese, iniziata come nel resto d’Italia con grandi speranze di cambiamento e rinnovamento e conclusasi con la stabilizzazione del centrismo, che chiuse gli spazi alla conflittualità sociale, letta esclusivamente in chiave ideologica, finendo per negare gli elementi caratterizzanti della democrazia. Il libro ripercorre quegli anni, ricostruendo la conflittualità sociale nei vari ambiti, dalle fabbriche alle campagne alle lotte delle donne e dei disoccupati, indagando il comportamento degli attori locali nella loro dialettica con le dinamiche nazionali e internazionali, per cercare di capire come fu possibile passare da un’opera di faticosa mediazione e confronto allo scontro aperto e frontale. L’ultimo capitolo si sofferma sulla memoria di Ugo Schiano lungo la storia dell’Italia repubblicana, con una chiave di public history tesa a capire i cambiamenti continui dei rapporti tra passato e presente.
  • La cura è un atto di potere, ma è anche una relazione in cui coesistono l’amore e il disgusto, l’odio e la tenerezza, la fatica e l’orgoglio, in cui sentimenti nobili si avvicendano ad altri spaventosi. Per questo la cura è un oggetto di studio così scivoloso, soggetto spesso a interpretazioni sentimentalistiche o tacciato di essenzialismo, perché il care, come dicono le esperte francesi citate in questo testo, ha conseguenze intime e politiche, sociali e domestiche. Di conseguenza, l’approccio di studio deve essere pluridisciplinare: solo un’analisi che sappia tenere insieme paradigmi diversi può riuscire nel tentativo di fornire una cornice teorica ampia al bisogno universale di cura e garantire per le care workers un posizionamento politico e simbolico adeguato. Questo testo muove dai care studies e approda alla critica letteraria, dimostrando l’importanza di integrare le problematiche della cura negli studi letterari e rimettendo in causa, in modo critico, la distinzione tra finzione e realtà: nella letteratura infatti si trovano spesso le risposte agli interrogativi sociali più complessi. L’esempio narrativo in questione è Slow Man di J.M. Coetzee, perché in quest’opera dello scrittore sudafricano premio Nobel emergono l’aspetto perturbante della cura, le dinamiche di potere da cui è investita, ma anche le discriminazioni di genere di cui sono vittime care givers… e scrittrici.
  • Bruno Trentin e David Sassoli erano personalità diverse, con storie e radici culturali che non permettono omologazioni, tuttavia le loro leadership hanno fatto emergere convergenze significative. E innovative. Sulla centralità della persona nel lavoro, nel welfare, nel modello sociale, sul contrasto al divario nelle conoscenze, sul rafforzamento dell’Unione Europea come attore globale e come motore di uno sviluppo davvero sostenibile. Questi temi sono stati discussi e approfonditi in un seminario promosso dalla Fondazione Achille Grandi e dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio. Il volume raccoglie i testi rielaborati dagli autori e le conclusioni di Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, e di Emiliano Manfredonia, presidente nazionale delle Acli.
  • CM N. 1/2024

    15.00 
    Editoriale
    • Aldo Tortorella, Impero e imperialismo 
    Osservatorio Italia/Europa
    • Alberto Leiss, Sonnambuli della politica tra Italia ed Europa
    • Mattia Gambilonghi, Un’Europa sociale o ordoliberale? Le antinomie di Jacques Delors
    • Salvo Leonardi, Lavoro e sindacati nell’integrazione europea: conflitti e convergenze
    • Agustín José Menéndez, La “terribile” costituzione materiale dell’Unione europea 
    Israele/Palestina
    • Wasim Dahmash, I crimini di Israele oggi e nel tempo. Ma l’unico futuro è la convivenza 
    Dopo Giulia Cecchettin
    • Cristina Carelli, Dopo Giulia, parola alle giovani
    • Alessio Miceli, Dopo Giulia e Filippo, parole nuove per i giovani maschi 
    Laboratorio culturale. I Marx del Pci
    • Stefano Petrucciani, Un dialogo tra sordi? La discussione tra filosofi marxisti del 1962
    • Michele Prospero, Galvano Della Volpe e i dellavolpiani
    • Carmela Covato, Il Marx di Mario Alighiero Manacorda 
    Ritratti di Maestri
    • Nadia Garbellini e Gianmarco Oro, Oltre la critica dell’economia politica: l’insegnamento di Luigi Pasinetti
  • Il volume indaga, attraverso le fonti a stampa e documenti provenienti dai fondi della Camera del lavoro, della Prefettura e degli Archivi nazionali Cgil e Fiom, la crescita dell’industria metalmeccanica nel Parmense a partire dal 1945, la maturazione dell’organizzazione sindacale Fiom e lo sviluppo delle lotte operaie. Uno sguardo complesso, che punta a far emergere i ruoli delle diverse componenti aziendali e sindacali che hanno accompagnato la crescita di una realtà a lungo rimasta ai margini del processo industriale nazionale. Un «caso di studio», quindi, focalizzato su una delle «periferie» industriali del Paese, che narra la costituzione di un polo industriale robusto, sebbene contenuto, protagonista nella vita politica ed economica emiliana degli anni sessanta. Il racconto comprende i cicli di lotte che hanno attraversato i primi decenni del dopoguerra, il fallimento della più importante azienda metalmeccanica parmense (Salamini) nel 1969, il crescente protagonismo della Fiom Cgil nelle officine e nell’organizzazione sindacale parmense, fino al processo di unità sindacale che ha portato alla costituzione della Flm.
  • RPS N. 1/2024

    22.00 
    Politiche attive del lavoro e creazione diretta di nuova occupazione
    • Il lavoro tra «oscuramento teorico» e «invisibilità politica»
    • L’Europa di fronte ai radicali cambiamenti mondiali
    • Pnrr, un’occasione sprecata
  • Il contributo analizza la relazione che c’è tra politiche industriali di tipo verticale e selettivo, orientate cioè a favorire cambiamento strutturale e posizionamento dell’economia su una traiettoria di crescita superiore, e politiche del lavoro volte a promuovere la creazione di «buona occupazione». Investigando la recente evoluzione dell’economia italiana, l’articolo mostra come quest’ultima rappresenti un rilevante caso di studio per quanto riguarda il parallelo indebolimento di struttura produttiva e mercato del lavoro e, d’altra parte, la man-canza di un legame «virtuoso» tra politiche industriali e del lavoro.
  • Questo articolo presenta un’analisi empirica delle preferenze degli italiani relative alla crea-zione di uno schema europeo di sostegno al reddito dei disoccupati, tramite l’ausilio di un conjoint survey experiment che consente di esplorare le attitudini individuali verso mol-teplici dimensioni di policy. Inoltre, l’interazione delle dimensioni sperimentali con alcune variabili sociodemografiche e attitudinali restituisce un quadro delle preferenze di policy per vari sottogruppi dell’opinione pubblica italiana. I risultati mostrano una preferenza degli italiani per generosi contributi sovranazionali alle misure nazionali di sostegno al reddito dei disoccupati, il cui finanziamento non preveda un ulteriore aggravio fiscale e accompagnati da condizionalità lavorativa e da programmi for-mativi. Non emergono, invece, chiare preferenze in materia di governance e redistribuzione transnazionale dei fondi. Le principali divergenze attitudinali riguardano il sostegno per le condizionalità lavorative, significativamente osteggiate dagli individui potenzialmente esposti a vulnerabilità economiche reali o percepite. Tuttavia, tale polarizzazione a livello di prefe-renze non trova riscontro nelle scelte di voto.
  • Questo articolo focalizza l’attenzione sui divari territoriali nel sistema di welfare italiano alla luce degli incastri istituzionali che collegano il mercato del lavoro, l’offerta di prestazioni sociali e le funzioni economiche della spesa sociale. L’analisi condotta offre un panorama di situazioni altamente diversificate a livello nazionale, tra un gruppo di regioni (Centro-Nord) in cui i sistemi di welfare orientati supportano il mercato del lavoro e lo sviluppo di servizi orientati all’Investimento sociale (Is) e le regioni del Mezzogiorno, in cui emerge una persistente dipendenza dai trasferimenti nazionali e l’offerta di servizi più debole e limitata. In questo contesto, emerge una variabilità nella capacità dei contesti locali di implementare istituzioni efficaci che si traducano in maggiori opportunità di crescita per le persone e per i territori. Riguardo alla spesa compensativa, se da un lato non svolge funzione attivante od orientata alla qualificazione dell’offerta di lavoro e dei sistemi produttivi territoriali, dall’al-tro contribuisce a sostenere i redditi di chi o è ai margini del mercato del lavoro o in condi-zione di forte dipendenza dai trasferimenti per garantirsi una qualche forma di integrazione nella società. Queste tendenze acuiscono le fratture interne ai sistemi di welfare regionali italiani, tra aree del paese che si sentono minacciate dai tagli alle politiche redistributive e all’assistenza, ma che rappresentano una componente fondamentale ai fini della tenuta della domanda interna, oltre che per fronteggiare i maggiori rischi associati alla endemica bassa crescita, e aree più forti che beneficiano delle strategie di ricalibratura.
  • L’articolo mira ad analizzare le traiettorie lavorative dei soggetti vulnerabili che hanno beneficiato o meno di politiche sociali come il Reddito di inclusione e quello di cittadinanza. Utilizzando sinergicamente metodi quantitativi e qualitativi, si integrano le analisi statisti-che descrittive di un campione rappresentativo della popolazione di beneficiari del Reddito di inclusione nel 2018 – di cui la maggior parte sono diventati beneficiari del Reddito di cittadinanza – e quelle di un campione di controllo con le evidenze di uno studio etnografico realizzato in un’area marginale del Mezzogiorno d’Italia a partire da un gruppo di indagine composto da diversi percettori del Reddito di cittadinanza, anch’essi già beneficiari del Red-dito di inclusione in molti casi. Le analisi evidenziano la frammentarietà del lavoro, data da pessime condizioni contrattuali e scarsa quantità di «giornate lavorate» che il mercato del lavoro italiano riserva alla categoria di lavoratori più vulnerabili, e restituiscono l’im-magine di lavoratori poveri, intrappolati in traiettorie lavorative discontinue se non interrotte e mai più riprese. Si sottolinea, dunque, la necessità di intervenire a livello sistemico nel mercato del lavoro, superando l’errata aspettativa che le sole politiche attive del lavoro pos-sano permettere la fuoriuscita da una condizione di vulnerabilità.
  • Le misure di contrasto alla povertà, in specie gli schemi di reddito minimo iscritti nel para-digma del social investment e dell’attivazione, hanno incorporato in Europa la logica di fondo dell’inclusione attiva e della condizionalità. In questo solco si inserisce, con alcune specificità, l’Italia. L’articolo si concentra sui Progetti utili alla collettività (Puc), inseriti tra le forme di condizionalità e attivazione dal Reddito di cittadinanza e – guardando anche alle recenti misure introdotte dal Governo Meloni, l’Assegno di inclusione e il Supporto per la formazione e il lavoro – ne analizza l’attuazione. L’obiettivo è investigare le implicazioni che derivano dall’obbligatorietà di adesione ai Puc per tutti i beneficiari del Rdc privi di esenzioni, senza considerare l’effettivo grado di occupabilità dei percettori. Più ampiamente l’articolo si interroga sulla torsione workfarista delle politiche di contrasto alla povertà inquadrando l’Italia nel contesto europeo, utilizzando i Puc come punto di osservazione per cogliere le ambievalenze che caratterizando questo tipo di condizionalità in tensione tra welfare ordeals e capacitazione.
  • Nonostante la fine dell’emergenza sanitaria e la ripresa dell’economia, disoccupazione e sottoccupazione rimangono alte in molti paesi europei, così come il lavoro precario. Le fasce più svantaggiate del mercato del lavoro sperimentano da anni una condizione di forte vulne-rabilità che né i sussidi, né le politiche attive del lavoro riescono efficacemente a contrastare. Le attuali politiche manifestano l’assenza di un’integrazione con la domanda di lavoro territoriale, vista come questione di cui le politiche di welfare non si possono, né si devono occupare. La Job guarantee ribalta tale assunzione di fondo, mettendo al centro la crea-zione diretta di lavoro «dignitoso». In questo articolo vengono analizzate alcune delle prin-cipali esperienze pilota che sono attualmente in corso in alcuni paesi europei: Austria, Belgio e Francia. Dall’analisi emerge un quadro eterogeneo, con due aspetti comuni di fondo. Il primo è che l’attivazione e la promozione dell’occupabilità da sole non bastano se slegate (come è oggi) da interventi sulla domanda di lavoro territoriale. Il secondo, che la creazione diretta di lavoro sia finalizzata a garantire non solo il lavoro «dignitoso» che manca laddove il mercato non ne crea abbastanza, ma anche quello che serve ed è utile a rispondere ai bisogni insoddisfatti dei territori.
  • Nell’ultimo trentennio un velo di «oscuramento teorico» ha gravato sulle problematiche del lavoro, che ha portato in buona misura ad una lunga fase di «invisibilità» politica. L’articolo ne ripercorre le cause ed evidenzia come si sia oggi di fronte ad uno stridente contrasto tra il peso dell’«oscuramento teorico» e l’acutezza dello stravolgimento della vita economica e sociale provocato dai profondi cambiamenti degli ultimi anni. Per sciogliere questo paradosso bisogna chiamare a una vera e propria svolta intellettuale in grado di restituirci la carica «umanistica» trasformativa racchiusa nel lavoro, a partire dalla inscrizione delle problematiche relative in un quadro da «grande trasformazione». Pertanto, per il futuro del lavoro si conferma fondamentale l’alleanza tra filosofia e scienze umane e sociali, tra cuil’economia. Ad essere ribadita è la necessità di una rinnovata elaborazione intellettuale e culturale, in cui le innovazioni non riguardano solo il livello dei contenuti specifici, ma investono quello concettuale retrostante
  • L’articolo ripercorre alcune delle più importanti evoluzioni registrate nel modello sociale europeo, con particolare riguardo al Pilastro europeo dei diritti sociali. Quest’ultimo, riprendendo alcuni convincimenti originari del progetto europeo, è tornato a sottolineare la complementarità fra dimensione sociale e crescita nonché le ragioni intrinseche, in termini di giustizia, alla base delle politiche sociali. Il gap fra obiettivi fissati e risultati ottenuti rimane, tuttavia, elevato e nuove esigenze di intervento si profilano in presenza delle sfide poste dalla doppia transizione ecologica e tecnologica. Affrontare tale situazione richiede cambiamenti nella governance sociale dell’Unione europea nonché un’estensione delle politiche sociali sovra-nazionali europee.