• Queste sedici storie, raccontate da alcuni tra i più significativi scrittori migranti che scrivono in lingua italiana, tutti residenti nel nostro paese, vogliono essere uno sguardo a più occhi e a più voci sull’Italia di oggi. Ne scaturisce uno scenario spietato, a volte molto amaro, dove gli «italiani brava gente» spesso ne escono con le ossa rotte. Gli autori vengono da Romania, Argentina, India, Cina, Egitto, Palestina, Algeria, Eritrea, Senegal, Congo, Togo, praticamente da ogni parte del mondo. Come scrive Enrico Panini nella prefazione, con intento fortemente politico: «In attesa di una piena e definitiva cittadinanza la scrittura diventa un luogo di accoglienza e integrazione fondamentale. Tanto più che in questo volume gli stranieri sono i soggetti e non solo l’oggetto del racconto, affermano cioè un protagonismo, nella scrittura, che non sempre la nostra società riconosce loro. Non è neanche da sottovalutare il fatto che essi scrivono in italiano: vorrà pure dire qualcosa, questo, se l’uso e il possesso di una lingua sono elementi d’integrazione fondamentale». I temi sono i più diversi, si va dalla condizione di sradicamento sociale e culturale, al lavoro assoggettato e sfruttato, fino a tematiche più private, oppure simboliche legate alle culture di riferimento. Ai racconti degli scrittori stranieri che scrivono in lingua italiana fa da «controcanto» una sequenza di immagini del fotografo Mario Dondero, che ritrae gli emigrati nostri, italiani, degli anni cinquanta e sessanta. Sono ad Eboli, da dove partivano, poveri e affamati, o in marcia durante uno sciopero alla Renault in pieno sessantotto francese, oppure a Marcinelle, nella miniera dove nel 1956 ne morirono 136, braccati dalle fiamme, soffocati dall’ossido di carbonio. E così il cerchio si chiude. La letteratura, le letterature, sono le vere ambasciate nelle nazioni più diverse. Poco diplomatiche, ma estremamente vere, sensibili, e sempre politicamente scorrette.
  • Dopo la crisi che ha sconvolto l’economia mondiale, per riprendere il sentiero dello sviluppo, l’Europa, piuttosto che spingere i paesi più fragili dell’Unione verso politiche restrittive draconiane, deve sollecitare una domanda di beni nuovi e di consumi collettivi e favorire corrispondenti politiche dell’offerta ad elevata componente di ricerca. Green economy, beni sociali, «beni comuni» devono essere l’orizzonte strategico del nuovo intervento pubblico. In questo tornante della storia, di fronte all’emergere di nuove grandi potenze, per i paesi sviluppati ad essere in gioco sono dunque le «responsabilità politiche superiori», che in Italia trovano un quadro propizio nelle indicazioni di straordinaria attualità della Costituzione. È questa la convinzione da cui muovono gli importanti contributi pubblicati nel libro che precisano la natura e la qualità che dovrebbe avere il nuovo intervento pubblico nel quadro di politiche macro-economiche e dei redditi finalizzate alla «piena e buona occupazione».
  • Questa biografia ci restituisce tutta la complessità e la vitalità della parabola umana e politica di Sergio Garavini, uno dei sindacalisti più importanti della CGIL e del Novecento italiano, […] tra le figure principali di quel «sindacalismo della classe», più autonomo, democratico e unitario di altre culture sindacali, affermatosi trasversalmente nel 1968-69 e che rappresentò una sfida importante alla linea tradizionale del sindacato […]. Per questo trovo molto appropriata la definizione di «sindacalista politico». Garavini, cioè, interpretò in modo fruttuoso ed esemplare la nuova «missione» del sindacalista, costretto proprio dal suo mestiere, e dunque dal confronto quotidiano con i bisogni materiali delle persone, a misurarsi costantemente su questioni «politiche», riguardanti la dignità e i diritti delle persone, lo Stato sociale, il ruolo della «mano pubblica»; un sindacalista che conosce la storia e apprende da essa, che si misura su terreni che sono insieme locali e globali, che studia con attenzione le mosse delle controparti istituzionali e imprenditoriali; un sindacalista […] che considera l’organizzazione uno strumento non solo di difesa ma anche di «potere», per cambiare la società attraverso l’autodeterminazione individuale e collettiva delle condizioni di vita e di lavoro. (Dalla Prefazione di Guglielmo Epifani)
  • Questo volume non vuole e non può essere un trattato di sindacalismo a fumetti, né tantomeno la storia a fumetti della CGIL. È «solo» un omaggio, di alcune tra le più belle menti creative del panorama fumettistico italiano ad un’organizzazione che, attraverso l’impegno, l’idealismo, i sacrifici di milioni di persone, ha fatto, e continua a fare, la storia del nostro paese. Gli autori: Claudio Acciari, Alberto Arato, Stefano Babini, Sergio Badino, Bibì Bellini, Michele Benevento, Luca Bertelé, Massimo Bonfatti, Luca Boschi, Laura Braga, Diego Cajelli, Gianni Carino, Emilio Marco Catellani, Marco Cattaneo, Gianluca Costantini, Riccardo Crosa, Michele Dallorso, Aldo Di Gennaro, Luca Enoch, Davide Fabbri, Andrea Ferraris, Francesco Frongia, Cinzia Ghigliano, Vittorio Giardino, Gianfranco Goria, Ro Marcenaro, Giorgio Martignoni, Paolo Martinello, Sonia Matrone, Silvano Mezzavilla, Ivo Milazzo, Paolo Moisello, Andrea Montalbò, Luca Novelli, Giuseppe Palumbo, Stefano Palumbo, Vittorio Pavesio, Davide Reviati, Maurizio Ribichini, Roberto Ronchi, Andrea Rossetto, Pierpaolo Rovero, Fabio Sironi, Sergio Staino, Sergio Tisselli, Alessandro Toccaceli, Marco Tomatis, Alessandro Vitti. Nel volume è presente uno scritto di Tommaso Pincio.
  • Il volume riproduce gli atti del convegno, dallo stesso titolo, tenuto a Roma nella Facoltà di Economia della Sapienza Università di Roma, il 9 giugno dello scorso anno. L’occasione fu la presentazione del volume Federico Caffè, un economista per il nostro tempo, Roma 2009. La relazione iniziale di Luciano Marcello Milone mette in evidenza la visione anticipatrice di Caffè in ordine ai problemi internazionali, con particolare riferimento agli aspetti istituzionali e alla crisi odierna. I successivi interventi ritornano su questi temi, ma trattano anche altri aspetti significativi del pensiero dell’economista e del suo riformismo, ben distante da quelli solitamente richiamati. Un riformismo che, lungi dall’affidarsi al provvidenzialismo del mercato e al filantropismo di Stato, fa affidamento sulla responsabile partecipazione del cittadino alla vita democratica e sul consapevole intervento pubblico per superare i due difetti principali che Keynes ravvisava nel capitalismo, e cioè la mancata piena occupazione e la distribuzione arbitraria ed iniqua della ricchezza e del reddito. Arricchiscono il volume alcuni scritti di Federico Caffè, ad avvalorare le tesi sostenute dagli interventi. Scritti ed interventi di G. Amari, A. Celant, G. Epifani, M. Franzini, G. Leone, L. M. Milone, M. Morcellini, N. Rocchi, M. Tiberi, I. Visco.
  • Nel novembre 2008 l’amministratore delegato di Mariella Burani Fashion Group, Giovanni Burani, riceve un prestigioso premio a Milano come manager finanziario dell’anno per «aver fatto un uso strategico e raffinato della leva finanziaria». Nell’agosto 2009 il titolo MBFGviene sospeso in Borsa. Nel febbraio 2010 BDH, la società a monte della catena di controllo di MBFG, è dichiarata fallita. Pochi giorni dopo MBFGè dichiarata insolvente. Come è avvenuto che l’impero della moda dei Burani, simbolo dell’Emilia Felix, che dava lavoro ad alcune migliaia di persone, si sia dissolto nel giro di pochi mesi? Come è possibile, dopo il crac Parmalat, che nessuno (banche, organi di controllo, mezzi di informazione, associazioni imprenditoriali, istituzioni) si sia accorto per tempo che il gruppo si andava sgretolando sotto il peso di una montagna di debiti? Perché nell’OPA dell’autunno 2008 i Burani hanno investito decine di milioni di euro in azioni Mariella Burani per acquistare a 17 euro un titolo che meno di un anno dopo sarebbe crollato a poco più di 2 euro? Chi pagherà per questo epilogo?
  • La presente pubblicazione, realizzata grazie al progetto del Segretariato per l’Europa della CGIL, «Per un sistema di informazione e consultazione dei CAE basato su una comune cultura negoziale» sostenuto dalla Commissione Europea, rappresenta una guida utile per i delegati dei Comitati aziendali europei, soprattutto dopo l’adozione della Direttiva di rifusione 2009/38 riguardante l’istituzione di un comitato aziendale europeo, che deve essere recepita nell’ordinamento nazionale entro il 6 giugno 2011. Il progetto ha contribuito a migliorare la preparazione dei delegati CAE, analizzando il legame tra l’esercizio dei diritti di informazione e consultazione e la conoscenza di tali diritti, condizione indispensabile per una partecipazione attiva. Il volume rende evidente l’importanza strategica della cultura europea del dialogo sociale per un più efficace utilizzo dell’informazione acquisita da parte dei lavoratori, nella fase della consultazione con le imprese, proprio in funzione di quello «spirito costruttivo» su cui deve basarsi il rapporto tra CAE e Direzione dell’impresa. Dal progetto viene altresì la conferma che i Comitati aziendali europei sono divenuti nel corso degli anni uno strumento essenziale del confronto con le imprese e i gruppi di imprese transnazionali e che essi, in un contesto di globalizzazione crescente, devono essere sempre più coinvolti nell’anticipazione del cambiamento nelle imprese, al fine di prevenire o limitare le negative conseguenze dei processi di ristrutturazione.
  • L’attuale volume di Mario Meucci – già docente di Diritto del lavoro e di Relazioni industriali, con dirette esperienze direttive aziendali – tratta, in maniera aggiornata a tutt’oggi, le tematiche e le problematiche afferenti alla costituzione delle Rappresentanze sindacali in azienda, nella iniziale previsione Statutaria in forma di R.s.a. e nel successivo assetto delle R.s.u., costituitesi a seguito dell’Accordo interconfederale del 20 dicembre 1993 tra Confindustria e Intersind, da un lato, e Cgil, Cisl, Uil, dall’altro. Passando in rassegna quasi quarant’anni di giurisprudenza e riferendo le posizioni della dottrina, il libro si occupa, oltreché della costituzione degli organismi sindacali e di rappresentanza della base dei lavoratori nelle unità produttive – riconducibili all’art. 19 dello Statuto dei lavoratori, nella modifica discendente dal referendum popolare del 1995 –, dei relativi diritti, prerogative ed agibilità conferiti dal legislatore alle R.s.a. e, dalle Parti sociali in via pattizia, alle subentrate R.s.u. e ai loro dirigenti o componenti. Diritti ancora attuali che il legislatore codificò nel Titolo III della legge n. 300/70 (Dell’attività sindacale) e residualmente nel Titolo IV. L’autore evidenzia comeil processo di sostituzione delle R.s.a. con le R.s.u. abbia purtroppo mancato, in buona parte, l’obiettivo che i sottoscrittori dell’Accordo interconfederale del 20 dicembre 1993 si erano riproposti di conseguire. La concorrenzialità e gli antagonismi tra i promotori delle liste per l’elezione dei componenti della R.s.u. da parte della base dei lavoratori dell’unità produttiva sono purtroppo proseguiti e da ciò è disceso il nutrito contenzioso di cui viene dettagliatamente dato conto nel libro.
  • Il volume offre al lettore innanzi tutto gli elementi per conoscere e identificare il mobbing tramite un metodo di rilevazione del fenomeno che consente di passare da semplici supposizioni alla sua reale attestazione. Un’applicazione concreta del metodo è esplicitata attraverso i risultati di un’indagine svolta in Umbria: in questo contesto il lettore potrà trovare i dati riguardanti la presenza del fenomeno e le sue peculiarità di diffusione. Si illustra quindi un modello di valutazione legale che ha una duplice finalità: consentire la risarcibilità del danno causato dal mobbing e, in prospettiva, divenire uno strumento di prevenzione. Segue una rassegna della normativa sul mobbing riscontrabile sia nei paesi a civil law come la Francia, la Germania e la Spagna sia a common law come l’Inghilterra. Viene infine approfondita la disciplina del mobbing applicata alle tipologie contrattuali precarie e ai contratti di lavoro delle donne nel periodo della maternità, anche con la descrizione di un caso di mobbing realmente accaduto. Completano il volume un’appendice con questionari e allegati, una bibliografia e una webgrafia aggiornate.
  • Il volume ripercorre l’evoluzione normativa e contrattuale promossa dal sindacato del tessile-abbigliamento in tema di orario di lavoro e analizza i problemi che tale evoluzione ha determinato nel rapporto tra tempi di lavoro e tempi di vita. La ricostruzione storica, integrata da un’ampia appendice documentaria (legislativa e contrattuale), dimostra come l’esperienza del «sistema moda» sia stata all’avanguardia su questi temi, affrontando senza timore l’esigenza di una maggiore flessibilità nell’utilizzo degli impianti. È accaduto, così, che proprio in questo campo si sia manifestata in modo evidente la «cultura contrattuale» della categoria, fatta di sperimentazione e anticipazione di soluzioni innovative, di rifiuto dell’unilateralismo industriale e di impegno nella negoziazione a tutti i livelli (sul piano nazionale e di settore, aziendale e territoriale); una cultura fondata sulla possibilità del sindacato di intervenire nelle politiche d’impresa: il tutto in un clima di reciproca correttezza e lealtà, disponibilità e responsabilità collettiva, secondo un modello da tempo praticato nel settore. In un quadro siffatto la «questione femminile» continua ad occupare un posto decisivo. Insieme al diritto al lavoro e alla parità salariale, infatti, un’efficace gestione del tempo di lavoro, in equilibrio con i tempi di vita, vale ancora di più per le lavoratrici, che sono sempre le prime a pagare in tempo di crisi, che soffrono maggiormente la condizione di precarietà crescente, che devono difendersi da un’organizzazione sociale, da una mentalità e da una struttura familiare, fortemente radicate nella società italiana, che tendono costantemente a penalizzarle.
  • Questo libro fa scorrere le pagine della nostra storia, della storia del sindacato fin dalle origini, mettendo a fuoco la Lega, come struttura di base del sindacalismo italiano già a partire dalla fine dell’Ottocento, e seguendone gli sviluppi in tutto il Novecento, fino ad arrivare ai giorni nostri e alle Leghe dei pensionati. […] Con un occhio rivolto al passato (nella prima parte del volume si rievocano le Leghe sindacali in Italia tra Ottocento e Novecento) e un occhio rivolto al presente (nella seconda parte si illustrano le Leghe dello SPI dagli anni Novanta ad oggi), questa ricerca ci consente di riflettere sulle continuità e le discontinuità del modello organizzativo e di presidio del territorio che il sindacato si dà nel corso di due secoli, a fronte di contesti storici, economici e sociali diversi, che per loro natura richiedono alla CGIL risposte di adattamento strategico e organizzativo. (Dalla Prefazione di Carla Cantone)
  • Benché l’immigrazione sia ormai un elemento strutturale della società italiana, le politiche migratorie sono concentrate più su norme repressive che su misure di carattere integrativo. La pesante crisi economica e la ricorrenza di episodi di xenofobia e razzismo concorrono inoltre a rendere sempre più pesanti le condizioni lavorative ed esistenziali degli stranieri che vivono in Italia: difficoltà a ottenere un lavoro, a trovare un’abitazione, ad accedere al sistema dei servizi. Il volume si articola in diversi saggi, ciascuno dei quali approfondisce questioni cruciali relative all’immigrazione: la cittadinanza, la normativa, le condizioni di lavoro, le discriminazioni. Ampio spazio viene dato all’analisi del fenomeno nei diversi territori come luoghi naturali dell’integrazione lavorativa e non solo.
  • Il volume vuol contribuire ad una messa a fuoco di buone politiche per lo sviluppo del Sud e fornire spunti per alimentare una riflessione sulla condizione meridionale. Per questo assume una prospettiva di analisi territoriale, centrandosi in particolare sulla dimensione economica, e mette in luce come il mancato sviluppo del Mezzogiorno sia un freno alla crescita dell’intera economia nazionale e al riallineamento alla media europea dei tassi di occupazione, impedendo di fatto la diffusione di modelli sociali più avanzati e la modernizzazione dell’intero paese. Gli argomenti affrontati nei diversi capitoli consentono di leggere le dinamiche più ampie che attraversano la società italiana, e quella meridionale in particolare: dal ruolo del lavoro delle donne nell’economia delle famiglie al peso dell’illegalità nel condizionare le prospettive dello sviluppo nel Sud; dall’inefficacia degli interventi programmatori alla mancanza di un piano di politica industriale. Il testo offre dunque un ampio quadro informativo sulla realtà del Mezzogiorno, riportando una molteplicità di indicatori e di cifre con cui è possibile misurare il dualismo territoriale italiano, che permane nel tempo e sembra anzi essersi aggravato negli ultimi anni.
  • In Italia un milione di immigrati, più di un quarto degli stranieri soggiornanti regolarmente nel paese, sono iscritti alle tre maggiori confederazioni. Ciò fa del livello di sindacalizzazione uno degli indicatori più sensibili per lo studio dei percorsi di inserimento lavorativo e sociale dei lavoratori immigrati nei contesti territoriali d’approdo, e qualifica il sindacato come l’organo principale di tutela e di supporto dei migranti a fronte delle difficoltà e degli ostacoli che incontrano lungo quei percorsi, nonché come spazio di socializzazione e di partecipazione anche per i lavoratori italiani. Le due ricerche raccolte in questo libro si sono proposte di capire in quale misura la mole di conoscenze accumulata dalle strutture confederali attive sul terreno dell’immigrazione possa ormai essere considerata una nuova dimensione della cultura della CGIL; ci si è inoltre proposti di individuare e mettere in luce i principali problemi che si trovano ad affrontare nel lavoro quotidiano alcune delle federazioni di categoria impegnate in settori nei quali è particolarmente forte la presenza di lavoratori di origine straniera.
  • Il volume nasce, a conclusione della ricerca su «Il potere di organizzazione del tempo di lavoro», per rendere disponibile ad un pubblico vasto le riflessioni e i materiali su quella che si è ritenuto di qualificare come flessibilità «buona», intesa nel senso di «flessibilità positiva per il lavoratore», che si determinerebbe ogniqualvolta è a lui rimessa la facoltà di modificare la prestazione lavorativa, in termini di orari e di presenza. La finalità perseguita nella più recente legislazione e contrattazione collettiva – di cui si riportano i testi – è quella di garantire ai lavoratori di ambo i sessi la possibilità di disporre, per la cura della prole e dei propri familiari e, addirittura, per motivi personali e di solidarietà sociale, di maggiori spazi temporali, tutti ovviamente liberati dall’attività lavorativa.
  • Dal «Programma di Lisbona» e dalla «Carta di Nizza» del 2000, alla conclusione della presidenza Sarkozy del Consiglio europeo a dicembre del 2008, passando attraverso l’adozione dell’euro, l’allargamento della UE del 1° gennaio 2004, il faticoso compromesso realizzato dalla Convenzione con il progetto di Trattato costituzionale della UE a giugno del 2004, poi clamorosamente bocciato dai referendum di Francia e d’Irlanda nel 2005, l’apertura del negoziato per la partecipazione della Turchia, sullo sfondo delle guerre e delle crisi monetarie, economiche, diplomatiche, che in Europa e nel mondo hanno chiamato a nuove responsabilità un’Unione intanto passata, con l’entrata di Romania e Bulgaria, dal 1° gennaio 2007, a 27 paesi: è questo lo scenario che si dispiega nelle pagine del volume. Attraverso le cronache scritte dall’autore per il Piccolo di Trieste e raccolte nel volume, si rincorrono così tutti i momenti importanti vissuti dall’Europa in questo inizio di terzo millennio, che Olivi, seguendoli passo dopo passo nella loro successione, commenta con la sapiente intelligenza del profondo conoscitore non solo dei problemi, ma anche degli ambienti e delle persone che ne rappresentano il teatro e gli attori.
  • Il bambino con le braccia larghe

    2.99 10.00 
    Con una scrittura molto intensa e partecipata, questo libro racconta la storia di una famiglia alle prese con la malattia mentale e riassume in modo esemplare il trattamento della psicopatologia, l’impatto devastante degli psicofarmaci, gli effetti della legge 180 anche nella sfera privata, dalla sua prima applicazione ai tempi di Franco Basaglia fino a oggi, passando per tutte le esperienze intermedie (padiglioni aperti, chiusura del manicomio, comunità terapeutica, casa-famiglia, fino alla Residenza sanitaria assistita). Da osservatore direttamente coinvolto l’autore ricostruisce la vicenda personale di suo fratello Paolo – Il bambino con le braccia larghe –, sin dalla pubertà affetto da schizofrenia e morto nell’aprile del 2009 all’età di 59 anni, e nel contempo lascia emergere dallo sfondo il ritratto di un’epoca. Lo fa senza velleità di scrittore, né di scienziato o di sociologo, ma con la rigorosa puntualità del testimone. La scrittura è sobria, scarna e colloquiale, e in virtù di questa sua apparente semplicità diventa prensile e complice in un libro che può essere letto anche come un romanzo di formazione, esistenziale e politica, che il narratore vive dentro una famiglia della borghesia italiana, di cui vengono rievocati rapporti e dinamiche. Carlo Gnetti scrive senza risparmiarsi. Narra perché non può spiegare un mondo a molti di noi ignoto, di sofferenza e dolore. Prima di viverlo sulla sua pelle neppure lui poteva sapere che «nascere folle, aprire le zolle potesse scatenar tempesta», come ci ha testimoniato in forma lirica la poetessa Alda Merini.
  • Angelo Airoldi

    10.00 
    Se potessi dire, e qui c’è un giudizio mio personale, che cosa di Angelo resta come lezione politica e anche civile per la nostra organizzazione, direi alcune cose molto semplici: il grande rispetto che portava agli altri, il fatto di aver sempre aborrito, dentro e fuori del sindacato, la coppia amico/nemico, l’attenzione che prestava all’uso delle parole, al significato delle parole, l’attenzione che aveva dato, nel momento in cui imperversava il leghismo della prima ora, al fatto che, cambiando le parole, cambiavano in profondità anche gli umori del nostro paese e della nostra società. E infine, forse la cosa più preziosa, […] il rifiuto di semplificare i processi e la complessità della realtà, il non dividere mai il buono dal cattivo, il non considerare mai una ragione data per sempre, il bisogno di ritrovare le motivazioni e di comprendere – prima di formulare una decisione, un giudizio, una politica – il punto di vista dell’altro. Dalla prefazione di Guglielmo Epifani
  • Graziemila

    10.00 
    Con lo sgombero del ghetto di San Nicola Varco di Eboli, dove da anni erano costretti a vivere, in un assoluto degrado, più di ottocento braccianti marocchini impiegati nell’agricoltura della Piana del Sele, si scrive un’altra pagina nera della storia dei migranti nel nostro paese. Le ragioni che mi spingono ad esporre quegli eventi derivano dal profondo dolore che ho avvertito quel giorno. Sarà solo quello a guidare la penna nel racconto tormentato di chi l’ha subito, attingendo alle sensazioni che ho vissuto. Quel giorno, tra i più tristi della mia vita, ho sentito un peso che mi ha travolto interamente e sotto il quale gemevo impotente. Oggi, mentre percorro pensieroso le strade della Piana, li rivedo ancora tutti, i ragazzi di San Nicola Varco. Stanno ancora qui, non si sono mossi. Vivono in baracche, ruderi rurali, stalle, qualcuno ha trovato casa nei centri urbani, qualcuno dorme sotto le serre e sotto gli alberi. Tutti sono più deboli, spremuti e sfruttati nel lavoro dei campi, come e più di prima, dai caporali. Cosa possono aspettarsi dalla vita questi girovaghi instancabili a cui nessuno presta aiuto? Porte chiuse in faccia e malasorte. Il peso di una vita che vita non è, e ad ogni passo lo spirito maligno che mostra la via della salvezza nella fuga da volti duri e gente ostile. (brano tratto dal libro).
  • In buona parte dell’Europa i sistemi di welfare, particolarmente generosi con i disoccupati, possono essere di impedimento a un organico sviluppo economico dei singoli paesi. Si tratta della cosiddetta trappola della disoccupazione, nella quale cadono e dalla quale poi stentano a uscire molti lavoratori che trovano più conveniente essere assistiti dal welfare che non rientrare attivamente nel mercato del lavoro. Per contrastare questo pericolo, sempre più insistenti e pressanti sono stati gli inviti della UE ad adottare politiche nazionali per l’impiego meno orientate all’indennizzo dello stato di disoccupazione e più rivolte a sostenere il lavoratore nel suo ritorno al lavoro, realizzando un passaggio dalle politiche passive a quelle attive. Il volume fornisce una panoramica delle politiche di attivazione nei principali paesi europei che potrà risultare utile per le scelte ancora da compiere in Italia, dove la tutela contro la disoccupazione conosce una variante che non ha paragoni in Europa e che vede ogni anno oltre un milione di lavoratori precari accedere alle prestazioni di disoccupazione con un meccanismo di funzionamento che, se non correttamente governato, alimenterà il lavoro nero e assorbirà sempre più risorse pubbliche. Il volume è a cura di Canio Lagala e Madia D’Onghia.
  • Chi era Joe Gallo, il gangster spietato soprannominato «crazy», il pazzo, che amava Camus e Nietzsche? E il calabrese Mike Porco che lanciò il giovane Bob Dylan nel suo locale Gerde’s, nel cuore del Greenwich Village? E Filippo Gagliardi, «il pezzenticchio», o Giulio Massasso, il contadino astigiano che aveva diretto per più di un quarto di secolo le coltivazioni di banane e papaia nell’isola di Tonga, cuoco e consigliere del re «ciccione» Tu’ufu Ahan Tupou IV? O ancora l’anarchico Mario Buda/Mike Boda che la mattina del 16 settembre 1920, che le cronache raccontano «soleggiata», andò a parcheggiare il suo carretto esplosivo davanti al 23 di Wall Street? Sono alcuni dei personaggi curiosi, epicamente romanzeschi, che Angelo Mastrandrea ha strappato dall’oblio e ritratto in questo libro intitolato al più bizzarro di loro, John Martin, originario di Sala Consilina, arruolato nello squadrone H del VII Cavalleria, «il trombettiere di Custer», unico superstite del l’eroica disfatta di Little Big Horn. L’autore ricostruisce vite vere di emigranti italiani colte nei rispettivi contesti storici, e narrate con stile brillante e incisivo come fossero storie di finzione, rinnovando l’epopea del nostro sogno americano, la nostra scoperta della «Merica». Raccontate con il curioso periodare del memorialista, la brillante e avvolgente scrittura del narratore, il taglio sempre molto politico e rigoroso del ricercatore storico, le storie indimenticabili qui raccolte affascinano e fanno riflettere, illuminando personaggi leggendari di rara forza e umanità, partiti dall’Italia con la testa piena di sogni e di utopie, e colti nel momento decisivo in cui le loro vite si elevano al rango della memorabilità.
  • Insieme al ’69 operaio la storia della Federazione lavoratori metalmeccanici è spesso stata vittima di una ostinata quanto ingiustificata forma di oblio. Eppure l’esperienza dei metalmeccanici negli anni Settanta rappresenta il massimo traguardo di unità nel movimento sindacale italiano. Quale fu il livello reale d’unità praticata, ad ogni livello, dal nuovo sindacato? Su questi nodi indaga il libro, frutto di una lunga ricerca archivistica, che mette in luce gli aspetti originali della vicenda della FLM, collocandola sullo sfondo dei grandi movimenti sociali che hanno attraversato gli anni Settanta. La storia del processo dell’unità sindacale, conclusasi ufficialmente nel 1984, ma già in crisi con la svolta dell’Eur del 1978 e in dirittura d’arrivo dopo la sconfitta dei 35 giorni alla Fiat nell’80, si sovrappone a quella delle culture sindacali che diedero vita all’organizzazione unitaria: la cultura del conflitto della tradizione CGIL e quella dell’autonomia sindacale e della partecipazione della CISL si fusero in quella stagione in un positivo incontro, formando un’intera generazione di nuovi quadri operai e sindacali. Unica nel panorama sindacale è anche la vicenda, che si sviluppa nel suo seno,degli iscritti «unitari», cioè di quei lavoratori che aderivano alla FLM senza effettuare una scelta confederale. Si trattò di un fenomeno nazionale, ma di differente portata nelle diverse federazioni provinciali che componevano il mosaico della FLM.
  • La nozione di «sfera pubblica» e il suo ruolo nella formazione e nello sviluppo della democrazia; il rapporto tra democrazia rappresentativa e democrazia diretta; i «dilemmi» della democrazia accentuati in un mondo globale; la de-territorializzazione dei diritti e la necessità di ripensare le politiche sociali oltre i confini nazionali: queste alcune delle grandi tematiche affrontate nei primi due anni di attività della «Scuola per la buona politica» istituita a Roma dalla Fondazione Lelio e Lisli Basso. Il volume raccoglie le lezioni tenute da prestigiosi studiosi e studiose nel biennio 2007-2008 e dà conto dell’ispirazione di fondo, dell’ambizione della Scuola: favorire la crescita di maturità e consapevolezza politica, stimolare un dibattito informato, contribuire cioè a invertire il trend di deculturalizzazione che minaccia le democrazie occidentali e quella italiana in particolare. Il volume è a cura di Catia Papa.
  • Il volume illustra in modo semplice e di facile consultazione i diritti di cittadinanza esistenti nel nostro Paese in favore delle persone disabili, offrendo ad esse e alle loro famiglie, nonché a tutti gli operatori del settore, uno strumento che le aiuti a muoversi nei meandri della burocrazia e nella complessità di norme spesso di non agevole comprensione. Articolato in 7 capitoli, redatti dai più qualificati specialisti della materia, il volume esamina: •il quadro internazionale e dell’Unione Europea; •la legge 5 febbraio 1992, n. 104 “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”; •la legge 12 marzo 1999, n. 68 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”; •la legge 9 gennaio 2004, n. 6 “Istituzione dell’amministrazione di sostegno”; •la materia e l’esperienza del processo del lavoro in merito alla tutela della disabilità; •i contenti della normativa contrattuale riferita ai disabili; •le condizioni e i contenuti delle agevolazioni fiscali previste per i disabili. Il Cdrom allegato contiene la versione elettronica del volume.
  • Negli anni recenti anche in Italia si sono rese esplicite le tendenze verso una concezione privatistica e mercificata dello spazio pubblico, che inclina a cancellare tutto ciò che risulta estraneo al puro valore di scambio. La stessa involuzione si ritrova nell’idea più generale dei rapporti umani, nella chiusura e frammentazione della famiglia, dell’impresa, della corporazione, e si manifesta vistosamente nelle discussioni sulla privatizzazione dell’acqua o sul valore relativo dei poteri regolatori dello Stato. È possibile interrompere questa deriva reazionaria che sta progressivamente restringendo un diritto essenziale, storicamente legato all’esercizio stesso della democrazia? Studiosi di discipline sociali e territoriali, amministratori, sindacalisti, rappresentanti della società civile analizzano la questione, iniziando a delineare un progetto per restituire alla comunità i luoghi deputati alla socialità. L’occasione per intrecciare e confrontare punti di vista, discipline e soggetti è stata la Scuola estiva di Eddyburg, nel settembre 2009: una settimana di relazioni, seminari, incontri, gruppi di lavoro tematici e, infine, un convegno organizzato assieme alla Camera territoriale del lavoro - CGIL di Padova, con il contributo di Legambiente Padova.
  • La Bella, la Bestia e l’Umano

    4.99 12.00 
    Questo volume inaugura la collana sessismoerazzismo, edita in collaborazione con l’Associazione Crs e curata da Lea Melandri, Isabella Peretti, Ambra Pirri e Stefania Vulterini. Ad assimilare specismo, sessismo e razzismo – sostiene l’autrice sulla scia di una linea di pensiero che va dalla Scuola di Francoforte a studiosi/e quale Colette Guillaumin – è l’attribuzione agli «altri», alle donne, ai non umani di una natura diversa, inferiore o mostruosamente superiore, da controllare e soggiogare. Dei tre sistemi di dominio, Rivera analizza analogie e intrecci, peculiarità e divergenze. Ed esemplifica l’analisi dei processi di alterizzazione e reificazione attraverso alcuni temi: la dialettica fra razzismo istituzionale e xenofobia popolare; il trattamento dei corpi altrui, fino agli stupri «etnici»; le controversie sul «velo islamico» e sulle modificazioni dei genitali femminili; la vicenda italiana delle donne-tangenti. Infine, accogliendo la critica dei femminismi «non bianchi», suggerisce di adottare una postura critica e relativista, per evitare l’etnocentrismo, trascendere l’universalismo particolare, immaginare un modello di universalità relazionale, concreto, situato, sessuato.
  • La storia della cooperazione sociale in Italia attraverso quella di Koinè, una delle maggiori imprese del settore. Dalla legge 381 del 1991 ad oggi: uno sviluppo raccontato attraverso le attività della cooperativa, ma, soprattutto, attraverso le storie dei suoi lavoratori e dei suoi utenti. Un universo composto da anziani, disabili, malati psichici e bambini. Uno sviluppo non facile ma saldo, raggiunto e consolidato grazie alla scelta indicata nel titolo del volume. Non più un «grosso gatto» e cioè una cooperativa di grandissime dimensioni, attenta soprattutto ai fatturati ed alle cosiddette logiche di mercato, ma, piuttosto, una «piccola tigre», ancorata saldamente al territorio e ai bisogni delle comunità locali e capace di dare spessore all’innovazione e alla capacità progettuale per rispondere più efficacemente ai bisogni delle persone. Se innovazione e progettualità ne delineano il profilo, l’identità di Koinè è soprattutto riscontrabile nella ricerca, in gran parte coronata da successo, di un modo nuovo di essere impresa collettiva, privo di elementi purtroppo molto diffusi: de-regolazione e riduzione dei diritti del lavoro. Koinè si è distinta, al contrario, per il rispetto e l’estensione dei diritti dei soci lavoratori, per lo sviluppo della partecipazione e la valorizzazione dei saperi condivisi. La storia di Koinè suggerisce due interessanti scenari. Quello di un’economia sociale dove la buona cooperazione è un soggetto forte, sia economicamente che eticamente. Quello di uno Stato sociale dove le persone, soprattutto quelle svantaggiate, sono al centro non di tradizionale assistenza ma di progetti ed azioni innovative e sempre più efficaci. Il futuro cavalca la piccola tigre. Testimonianze raccolte da Antonella Bacciarelli
  • Le lotte del 1969 hanno profondamente inciso sul costume, la cultura di massa, la qualità dei processi partecipativi e democratici; i rapporti di distribuzione del reddito e i rapporti tra diversi ceti sociali sono usciti da quella contrastata stagione notevolmente modificati. Alcuni tratti della nostra società, a partire dalla realizzazione di un welfare state, sono stati cambiati in modo irreversibile. Sono state, quelle stagioni, ricche di enormi energie, di straordinarie potenzialità, ma anche di contraddizioni non risolte che si sono riproposte negli anni successivi. Sono emerse con una certa evidenza, sia in quegli anni sia in quelli che sono seguiti, le difficoltà della politica italiana a offrire orizzonti e sbocchi adeguati alle istanze di cambiamento che in quella fase si erano manifestate con vigore e che chiedevano un salto di qualità nel modello di sviluppo, nell’organizzazione sociale e nella stessa vita politica. In quale misura le domande di modernizzazione rivolte al sistema politico e istituzionale hanno trovato una risposta? In quale modo la mancanza di risposte adeguate ha aperto la strada alla lunga decadenza italiana? Di tutto ciò hanno discusso: Aris Accornero, Cesare Annibaldi, Giorgio Benvenuto, Giuseppe Berta, Piero Bevilacqua, Pierre Carniti, Gian Primo Cella, Guglielmo Epifani, Carlo Ghezzi, Adolfo Pepe, Alfredo Reichlin, Mario Tronti, Giuseppe Vacca. Nel volume il Dvd «1969 Autunno caldo. Videoantologia sulle lotte dei lavoratori» a cura dell’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico.
  • Il volume rende omaggio ai protagonisti che concorsero a mettere in luce e combattere l’intreccio politico- mafioso collegato al dissesto delle banche di Michele Sindona e di Roberto Calvi e a ricostruire l’attività della Loggia massonica P2 di Licio Gelli, e che per la loro dedizione pagarono prezzi personali altissimi, a cominciare da Giorgio Ambrosoli, assassinato da un sicario. Questa vicenda, una delle più gravi e inquietanti del secondo dopoguerra, rappresenta il paradigma di come il potere palese e occulto, nelle sue diverse articolazioni e strumenti, risponde a chi, sostenuto dall’etica pubblica e professionale, ad esso si oppone. A chi, su quei fondamenti, contribuisce alla costruzione e alla difesa dello Stato di diritto. Un esempio che rimane di permanente attualità per l’Italia civile e democratica, indirizzato soprattutto ai più giovani per il loro accostament alla vita sociale. Lettere ed appunti inediti di: Annalori Ambrosoli, Giorgio Ambrosoli, Tina Anselmi, Vincenzo Azzolini, Paolo Baffi, Enrico Berlinguer, Guido Calogero, Bruno De Finetti, Luigi Einaudi, Arturo Carlo Jemolo, Ugo La Malfa, Ferruccio Parri, Ernesto Rossi, Raffaele Mattioli, Piero Sraffa, Bruno Trentin. Scritti e interventi di: Abdon Alinovi, Giuseppe Amari, Giorgio Ambrosoli,Umberto Ambrosoli, Tina Anselmi, Paolo Baffi, Anita Maria Barbafiera Fontana, Enzo Biagi, Federico Caffè, Guido Carli, Carlo Azeglio Ciampi, Vittorio Coda, Maria Alessandra Dalla Torre Baffi, Concita De Gregorio, Maurizio De Luca, Francesco De Martino, Guglielmo Epifani, Antonio Fazio, Bonifacio Franzese, Carlo Ghezzi, Giuseppe Guarino, Giuseppe Gusmaroli, Arturo Carlo Jemolo, Augusto Leggio, Romano M. Levante, Sergio Luciani Ernesto Manna, Lorenzo Marzano, Giuseppe Mascetti, Tonino Milite, Giorgio Napolitano, Silvio Novembre, Antonino Occhiuto, Luigi Paroni, Giovanni Battista Pittaluga, Massimo Riva, Stefano Rodotà, Leonardo Rotundi, Mario Sarcinelli, Giovanni Spadolini, Luigi Spaventa, Corrado Stajano, Mauro Storti, Paolo Sylos Labini, Roberto Tesi (Galapagos), Sinibaldo Tino, Anna Vinci, Marco Vitale.
  • Il libro, sulla base delle testimonianze di coloro che hanno lavorato a fianco di Berlinguer, nonché della documentazione venuta alla luce negli archivi di Roma, Mosca, Londra e Washington, propone un’interpretazione sostanzialmente nuova della politica italiana degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso e del ruolo che in essa va attribuito a Berlinguer. L’autore individua i tempi e i contenuti della battaglia da lui condotta, spesso nelle condizioni della più assoluta solitudine, per portare il PCI, lungo la via della separazione da Mosca e della sua «europeizzazione», dall’area di opposizione a quella di governo, facendone un partito autonomo e indipendente. In questo quadro i temi del rinnovamento della politica e della «questione morale», del recupero del ruolo del lavoro e dei produttori, così come la necessità, di fronte ai pericoli che minacciano l’umanità, di progettare nuove politiche globali, vengono ad assumere una collocazione centrale attraverso la ricostruzione dei dibattiti e degli eventi che li hanno visti nascere e poi svanire col trionfo di un «fare politica» sempre più distaccato dall’etica e dal paese reale.
  • In una società in rapida trasformazione è importante che il sindacato rafforzi la propria conoscenza della condizione giovanile per poter orientare politiche, interventi e forme della partecipazione e dell’agire sociale. A questo scopo il volume analizza, attraverso un rigoroso percorso di ricerca sul campo, un ampio campione di giovani della provincia di Taranto. Quale cultura del lavoro possiedono? Quale ruolo assegnano al lavoro nella loro vita? Che importanza attribuiscono, per entrare nel mercato del lavoro, ai servizi, al sistema educativo, alla famiglia? Ha ancora senso parlare di identità sociale del lavoro? Il quadro che ne esce non è esaltante: i giovani tarantini sembrano immersi in un groviglio di problemi antichi a cui si sommano le nuove fragilità delle società post-industriali. Al lavoro conducono le vie di sempre, la raccomandazione e le amicizie giuste; il welfare appare inesistente. A questi atavici problemi si sommano i nuovi: la precarietà del lavoro e il basso livello salariale della «generazione mille euro», la difficoltà a «mettere su famiglia» e la perdita di valori collettivi.
  • La cultura, la tradizione, l’elaborazione del passato, l’azione nel presente, la prefigurazione del futuro […]. Il volume ragiona su tali aspetti con una precisa delimitazione di campo, quella della relazione tra eventi specifici, che vedono i lavoratori quali soggetto centrale, e il quadro generale in cui tali eventi si collocano. Lo fa proponendo una rigorosa ricostruzione storica del trasferimento coatto e della deportazione degli operai italiani, dando conto del progetto Un treno per Auschwitz, nato a Brescia nel 2004, formulando un’ipotesi educativa che pone al centro il tema dell’uguaglianza. I diritti di cittadinanza, coerentemente con tale tema, sono proposti facendo riferimento ai dettami della Costituzione nata dalla Resistenza e dalla lotta al nazifascismo. Dalla prefazione di Saul Meghnagi
  • In questo libro sono raccolte venti conversazioni con madri, figlie, sorelle e mogli, che ci riportano le figure di sindacalisti, magistrati, giornalisti, uomini delle forze dell’ordine e persone comuni, tutte per sempre costrette al silenzio per mano di mafia. È un percorso nella memoria storica siciliana che si compie in un momento difficile, come l’attuale, in cui da troppe parti si sostiene che parlare di mafia nuoce alla Sicilia e alla sua immagine. Le donne raccontano e si raccontano, andando al di là del dolore e affrontando anche temi di stringente attualità: l’impegno per la legalità e la convivenza civile, la difesa dei diritti di libertà e giustizia, la lotta alla connivenza e all’omertà. Poi da queste storie emergono anche emozioni diverse, con ricordi e aneddoti che ci fanno conoscere qualche cosa in più dell’aspetto umano e privato delle persone ricordate. È un racconto corale, con diverse protagoniste, nel quale, come sul palcoscenico di un teatro, ognuna ag- giunge un tassello alla storia di tutte, cercando di colmare il vuoto di memoria che purtroppo accompagna tante di queste drammatiche vicende. Accanto alle parole delle donne, ci sono poi le fotografie che le ritraggono, spesso con oggetti e ricordi delle persone che non ci sono più. L’idea del libro è nata dall’incontro determinante avuto nel maggio 2003 dall’autrice con Felicia Bartolotta, madre di Peppino Impastato. A lei, in particolare, il libro è dedicato.
  • È trascorso più di un anno da quando è stato introdotto il reato di immigrazione clandestina e in questo periodo la legge che l’ha prevista ha dimostrato tutta la sua inconsistenza e inaccettabilità giuridica. Sino ad ora la sua applicazione è stata incerta e non uniforme mentre limitate sono state le denunce da parte delle forze dell’ordine. Contro ogni previsione, però, a luglio 2010 è stata emessa la decisione n. 250 della Corte Costituzionale che ha respinto le eccezioni di incostituzionalità della legge rendendola valida a tutti gli effetti. In questa seconda edizione del volume la decisione della Corte viene pubblicata integralmente e sottoposta a un duro esame critico. L’applicazione generalizzata della legge in esame provocherebbe oltretutto un’indubbia paralisi degli uffici giudiziari, in primo luogo delle Procure della Repubblica, oltre che dei giudici di pace, e i relativi processi avrebbero tempi lunghi e costi elevati. L’autore, infine, dopo essersi soffermato sul vergognoso espediente della cosiddetta «sanatoria» per le badanti, mette in evidenza come le illegittime forme di respingimento collettivo abbiano di fatto cancellato il diritto di asilo. Con la collaborazione di Daniela Bauduin.
  • Dopo la strage di Piazza Fontana, in occasione dei funerali delle vittime, CGIL, CISL e UIL di Milano decisero di proclamare lo sciopero generale. Una decisione che incise profondamente su quella giornata, con le forze del lavoro schierate a difesa della democrazia e contro l’eversione. Operai e impiegati si posero infatti alla testa della mobilitazione popolare non solo per testimoniare ai familiari delle vittime il profondo cordoglio di tutta la città, ma per garantire al paese presidio e difesa delle sue istituzioni democratiche, per isolare gli assassini e i loro mandanti. Quella scelta dei sindacati milanesi, di straordinaria lungimiranza, segnò la storia del nostro paese: cominciò da quel giorno la lunga battaglia contro il terrorismo, il nemico più insidioso per le istituzioni repubblicane, una battaglia difficile da gestire ma sempre condotta con una partecipazione democratica e di massa. Insieme alle relazioni e ai contributi del convegno, promosso dalla Fondazione Giuseppe di Vittorio e dalla Camera del Lavoro di Milano, il volume propone testimonianze inedite di Oscar Luigi Scalfaro, Gian Franco Maris, Gerardo D’Ambrosio, Natalia Aspesi, Giorgio Bocca, Gianni Barbacetto, Giovanna Marini, Corrado Stajano, Laura Reggi e di delegati e militanti milanesi. Nel libro è inoltre contenuto il DVD della Tv Days «12/12… la bomba. Dall’autunno caldo a Piazza Fontana», la registrazione dello spettacolo andato in scena al Piccolo Teatro - Teatro Studio di Milano, il 14 dicembre 2009, ideato e curato da Angelo Ferranti e Leonardo Gervasi.
  • Numerose ricerche hanno messo in luce come a un’elevata qualità delle persone immigrate corrisponda in Italia un basso posizionamento nella gerarchia occupazionale. L’intrappolamento degli immigrati in vere e proprie nicchie lavorative, in un mercato del lavoro già fortemente segmentato, genera dispersione di capitale umano e impoverimento del tessuto socio-economico generale. Il volume affronta il problema della mobilità lavorativa degli immigrati attraverso l’analisi di circa 850 curricula di lavoratori provenienti da paesi stranieri, raccolti nell’area metropolitana romana. L’obiettivo è verificare se i processi di inserimento e di mobilità avvengano in base alle «dotazioni» individuali o se vi siano altri elementi in grado di influire sulle chances occupazionali. I percorsi professionali, dal paese d’origine a quello d’arrivo, sono stati messi in relazione con le principali variabili socio-anagrafiche quali il sesso, l’età, l’area geografica di provenienza, l’istruzione, il possesso di un titolo di formazione professionale, la conoscenza della lingua italiana o di altre lingue straniere e il periodo di lavoro in Italia. Il quadro che ne emerge, tra integrazione e subalternità, si mostra ricco di sfumature. Fuori da una pura passività rispetto a forze sociali ed economiche che li sovrastano, gli immigrati appaiono spesso in grado di costruire percorsi alternativi a quelli rigidamente tracciati dalle ferree regole della domanda.