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Gli operatori dell’Inca in Argentina partecipano in prima persona alla lotta per i diritti sociali e politici della comunità in cui risiedono sin dalla nascita o da molti anni, e con la quale condividono una storia e un destino. In questo scenario assumono particolare significato alcuni progetti promossi dall’Inca nel 2003 e nel 2004 per far fronte alla grave crisi economica e sociale del paese e per dare sostanza alla parola d’ordine «Globalizzare la solidarietà» lanciata dal XIV Congresso della Cgil. Il libro si occupa in particolare dei progetti «Adozione a distanza di anziani», promosso dall’Inca di Córdoba, «Pantalón Cortito», promosso dall’Inca di Buenos Aires per dare supporto educativo e alimentare ai bambini della città, e «Consultorio Odontoiatrico», promosso dall’Inca della città di Rosario. Si tratta di iniziative che vedono protagoniste soprattutto le donne del Patronato, da cui nascono altri impegni e azioni di solidarietà che stimolano una vasta partecipazione ed innescano un circuito virtuoso di nuove forme di sostegno e coesione sociale.
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Il traffico di donne - e di bambini - a scopo di sfruttamento sessuale rappresenta nel nostro paese una delle emergenze più significative dell’ultimo decennio. Il fenomeno si caratterizza per le forme di grave sfruttamento delle vittime e per l’assoggettamento para-schiavistico e servile delle stesse. Nel caso delle donne nigeriane le modalità dell’assoggettamento si basano prevalentemente sulla violenza psicologica suggellata da rituali religiosi a carattere superstizioso (non secondari quelli delle pratiche woodoo). La tratta e lo sfruttamento della prostituzione nell’area Domitia assumono altresì caratteristiche peculiari, dovute al fatto che le organizzazioni criminali nigeriane hanno col tempo allacciato legami con le organizzazioni criminali di stampo camorristico che storicamente controllano la zona. Questo connubio produce un mix di violenza e di sopraffazione particolarmente difficile da fronteggiare, che rende altresì arduo e oltremodo complesso il lavoro sociale delle organizzazioni non profit e delle istituzioni impegnate su queste problematiche. Il volume raccoglie i risultati della ricerca condotta sull'area di Castel Volturno; inoltre analizza la normativa italiana contro la tratta ai fini di sfruttamento sessuale e le caratteristiche dell'immigrazione nigeriana in Italia.
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Il volume raccoglie una selezione dei saggi predisposti in occasione di una iniziativa complessa, articolata in più incontri, dal titolo «I diritti sociali nel progetto della Costituzione della futura Europa», che la Fondazione Di Vittorio ha svolto in collaborazione con la Rappresentanza in Italia della Commissione europea, nell’ambito delle azioni di informazione e comunicazione su «L’avvenire dell’Europa», promosse dalla Commissione europea. L’iniziativa, che ha visto protagonisti storici, giuristi ed economisti, si è tenuta in collaborazione con il Centro internazionale studi sociali (CISS), con la Fondazione Friedrich Ebert, con la Fondazione Alternativas e con l’Institute d’histoire sociale. Cuore dell’approfondimento è stato il lungo e accidentato processo di costituzionalizzazione dell’Unione; passaggio significativo nel percorso, non sempre lineare, di costruzione di una sfera pubblica europea incentrata sui principi di nuova cittadinanza, di sussidiarietà nella gerarchia dei poteri, di democrazia comunitaria. Ciò che emerge con chiarezza dai contributi raccolti nel volume è come la trasformazione istituzionale dell’Europa coinvolga diversi segmenti e settori della società in un incisivo cambiamento dando nuovo profilo a quella originale forma politica di democrazia transnazionale che è, appunto, l’Unione Europea, in un interessante intreccio coi problemi e le opportunità legate all’allargamento, compiuto il 1° maggio 2004, dell’Unione a dieci nuovi paesi.
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Sono evidenti i limiti e gli angusti orizzonti politici di un’Unione Europea che tuttora, ancorché sia stato approvato il nuovo trattato costituzionale, si presenta preminentemente come Unione economica e monetaria, come grande mercato da contrapporre nella competizione globale alle potenze concorrenti degli Usa, del Giappone, della Russia e della Cina. La disillusione dei popoli dell’Unione per questo progetto dal basso profilo economicista e mercantile si è manifestata con preoccupante acutezza nelle recenti elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo attraverso tassi di astensionismo ovunque molto alti e addirittura allarmanti in alcuni paesi. È lecito allora domandarsi se vi siano radici culturali e valori di riferimento su cui impegnarsi per costruire un’Unione Europea dei popoli con un forte connotato identitario, in grado anche di trascendere differenze etnico-linguistiche sedimentate nel corso dei secoli e portato di distinte storie nazionali spesso contrassegnate da guerre fra Stati che oggi vogliono unirsi. Di questo si interrogano i Dialoghi sull’Europa con interventi di intellettuali che, senza alcuna presunzione di tirare delle somme, aprono al contrario la discussione sul tema in forma libera, spregiudicata, unilaterale e, proprio per questo, lontana da ogni pesantezza accademica, una forma ricca di stimoli ad approfondire, indagare e replicare con altre unilateralità e provocazioni. Ciò che importa infatti è cominciare finalmente a discutere di Europa in altro modo.
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Se si effettuasse un sondaggio, la maggior parte delle persone non saprebbe indicare che tre o quattro conflitti tra i tanti che insanguinano il pianeta. Le guerre nei Balcani, in Cecenia, in Afghanistan, in Iraq, nel Medio Oriente, territorialmente periferiche, ma connesse agli interessi geopolitici del mondo industrializzato, hanno praticamente occupato tutto lo scarso spazio informativo sulla politica internazionale nei mass media. Eppure dall’Indonesia all’Uganda, dal Congo Brazzaville all’Abkhazia, dalle Molucche alle Isole Salomone, dal Nepal alla Colombia, numerose sono le aree dove tensioni interne tra opposte fazioni si confondono spesso con i potenti interessi delle multinazionali. Paesi non di rado poveri trovano sul mercato mondiale degli armamenti abbondanti forniture, mentre la popolazione subisce le conseguenze devastanti di guerre senza regole né limiti. In aree apparentemente marginali si stanno svolgendo decine e decine di crisi e conflitti per il controllo di territori e di risorse importanti per l’economia mondiale. Alla globalizzazione dell’economia corrisponde quella degli armamenti, che vanno ad alimentare ancora di più tensioni e drammi in atto. La ricerca, condotta da uno staff dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo e diretta da Maurizio Simoncelli, docente di Geopolitica dei conflitti, svela, con il supporto di carte, tabelle, dati e grafici illustrativi, la dimensione geopolitica di queste vicende nascoste, anzi, per meglio dire, di queste guerre dimenticate.
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Il libro ripercorre le vicende e gli avvenimenti che hanno interessato le Officine Borletti nel periodo compreso tra gli anni ’40 e i primi anni ’60, attraverso la stampa dell’epoca e le narrazioni autobiografiche di chi vi ha preso parte ed è stato testimone della vita di fabbrica. Dopo un rapido excursus sulla storia della famiglia Borletti, l’attenzione si concentra sugli avvenimenti che hanno coinvolto l’azienda durante il secondo conflitto mondiale. In particolare le narrazioni si soffermano sulle vicende riguardanti gli scioperi del 1943 e del 1944, la nascita della 122° Brigata Garibaldi, gli episodi di antifascismo e Resistenza che hanno coinvolto attivamente gli uomini e, in modo particolare, le donne della Borletti, all'epoca ben 7.000 su un totale di 10.000 lavoratori. Ai racconti di lotta si affiancano i ricordi, soprattutto femminili, delle fatiche e delle difficoltà vissute in un momento in cui la maggioranza degli uomini - mariti, padri, fratelli - erano assenti: la fame, il freddo, la paura dei bombardamenti sono tematiche ricorrenti nelle narrazioni raccolte. Nonostante le difficoltà, le esperienze vissute dalle lavoratrici durante la guerra e la lotta di Liberazione segnarono una rottura drastica e repentina con i ruoli tradizionali e vengono ricordate come un momento di grande vitalità e attivismo che le vide, in molti casi, protagoniste. Il libro si chiude con una panoramica sugli episodi di lotta e di rivendicazione che hanno coinvolto i lavoratori e le lavoratrici delle Officine Borletti dall’immediato secondo dopoguerra fino alla conquista del contratto del 1963. Diciotto anni densi di attività durante i quali le maestranze unite hanno vissuto la trasformazione dell’industria e il progresso tecnico, alla costante ricerca del progresso sociale.
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"C'è dunque un problema che riguarda noi più forte e peculiare rispetto agli altri paesi europei. Ce lo conferma tutti i giorni il numero delle crisi aziendali che cresce in ogni settore. Ce lo dice l'estensione della cassa integrazione, della richiesta di mobilità dei lavoratori, la precarietà del lavoro che aumenta, le tantissime vertenze aziendali in corso ove è a rischio un numero ormai impressionante di posti di lavoro, l'emarginazione delle alleanze internazionali senza le quali non c'è futuro per molte imprese. Per questo l'obiettivo di fermare il declino, indicando le politiche che possono riconsegnare competitività al sistema per superare la grave crisi industriale e riorientare attività e specializzazioni, è la sfida decisiva per il paese, per i lavoratori e per il sindacato". Così Guglielmo Epifani, nella presentazione del volume, commenta l'approccio e il compito che la Cgil si propone per affrontare la grave crisi di competitività che da troppo tempo investe l'industria italiana. La sua profondità è analizzata dettagliatamente sia a livello settoriale, sia per ciascuna delle regioni e per alcuni territori rilevanti, ed è questa la base su cui Epifani e Carla Cantone delineano direzioni e contenuti dell'impegno che la Confederazione ne deriva in primo luogo per il confronto nazionale. Analisi dettagliate e concrete indicazioni di merito per tutti i settori coinvolti e per tutte le regioni del paese vengono fornite dai segretari generali delle Federazioni nazionali di categoria e delle Cgil regionali. Completano il volume i quadri analitici elaborati dall'Osservatorio sulle crisi aziendali del Dipartimento settori produttivi della Cgil e il testo degli accordi e dei protocolli nazionali, regionali e di territorio stipulati fra le forze sociali e con le istituzioni, a partire da quello del 19 giugno 2003 fra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria.
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L’incontro che ha dato vita ai saggi e ai contributi raccolti in questo volume è nato dalla constatazione della tendenza sempre più diffusa a lasciare cadere il tema delle discriminazioni di genere, con particolare riferimento a quelle che si attuano, in varie forme, sul lavoro. Un tema che è stato di attualità diversi anni orsono, ma poi ha finito per scomparire quasi del tutto dall’agenda delle priorità. Eppure dall’Unione Europea sono arrivati e arrivano segnali del tutto diversi; dei quali si è dovuto prendere atto, sia pure senza entusiasmo, con i decreti legislativi 215 e 216 e con l’inserimento, nella legge comunitaria 2003, di un’ampia delega (non ancora esercitata) al governo per la concreta attuazione del principio della parità di trattamento nel lavoro. Ma anche questi provvedimenti sono passati sotto silenzio, rivelando così la reale sostanza del problema, che è quella di un vero e proprio deficit politico-culturale. I saggi e i contributi raccolti in questo volume cercano di riaprire il confronto e la riflessione su queste tematiche e su alcuni fenomeni, come le molestie sessuali sul lavoro, le persecuzioni, il mobbing, spesso determinati da intenti discriminatori. Una riflessione, peraltro, non fine a se stessa, ma destinata a stimolare confronti e iniziative, per sollecitare un rinnovato impegno collettivo e diffuso su una questione che riguarda la democrazia nel nostro paese. Completa il volume la normativa nazionale e comunitaria in materia.
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L'Italia, dopo gli Stati Uniti, è il secondo produttore mondiale di armi piccole e leggere. Tale fiorente industria esporta in tutto il mondo armi di tipo sia militare sia civile. Mentre il settore militare (mitra, fucili d'assalto, mitragliatrici, lanciagranate, mortai, ecc.) è sottoposto ad una normativa abbastanza restrittiva (legge 185/90), nel campo civile (pistole, revolvers, carabine e fucili concepiti per la caccia , lo sport o la difesa personale) le disposizioni della legge 110/75 continuano ad essere drammaticamente inadeguate. Infatti, con un miliardo e mezzo di euro nel solo quinquennio 1999-2003, il made in Italy si è conquistato un posto di rilievo nell'export di armi leggere ad uso civile, non solo verso gli USA e l'UE, ma anche verso paesi in guerra o dove i diritti umani sono violati. La ricerca che ha dato occasione al volume è stata realizzata all'Istituto di Ricerche internazionali Archivio Disarmo, nell'ambito della campagna internazionale Control Arms. In allegato una mappa dettagliata delle esportazioni italiane per paese di destinazione dal 1999 al 2003, il planisfero e il quadro dei paesi in stato di conflitto armato, sottoposti ad embargo o condannati per gravi violazioni dei diritti umani che hanno importato dall'Italia armi comuni da sparo, munizioni ed esplosivi negli anni 1999-2003.
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Ripartire dal Mezzogiorno è condizione indispensabile per fermare il declino economico e produttivo dell’Italia. Non a caso le due grandi iniziative sindacali unitarie che hanno caratterizzato il primo scorcio del 2005 hanno approfondito la condizione del Sud –il 19 e 20 gennaio- e poco meno di un mese dopo- il 15 febbraio a Milano- la crisi ormai drammatica dell’apparato produttivo nazionale. Il Mezzogiorno si è fermato in primo luogo perché il Governo di centrodestra lo ha cancellato dalla sua agenda politica , sottraendogli risorse e compiendo scelte che lo penalizzano. Così anche le esperienze di eccellenza che avevano dato speranza ad alcune aree della Campania , della Puglia, della Sicilia, sono entrate in sofferenza. Cgil, Cisl, Uil, che hanno saputo trovare su questi temi un importante livello di unità, hanno sottoscritto il 2 novembre 2004 il "Progetto Mezzogiorno" insieme a Confindustria e ad altre 13 organizzazioni imprenditoriali. L’Assemblea nazionale dei delegati e dei quadri sindacali sul Mezzogiorno, di cui il volume raccoglie i materiali, suggella pertanto la ricostruzione di una proposta complessiva per il Sud e per il Paese, segnando l’inizio di una rinnovata fase di impegno e di iniziativa. In appendice la pubblicazione integrale del "Progetto Mezzogiorno".
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Trasferimento tecnologico, Dematerializzazione, Fattori critici di successo, Sviluppo, Spin off, Minaccia, Rischio…espressioni usate oggi correntemente, ma dal significato a volte incerto. Il volume comprende 188 termini utilizzati nei campi del management, della ricerca, dello sviluppo, dell'innovazione, del trasferimento tecnologico e della politica scientifica e tecnologica, illustrando il significato di ognuno con ampia e precisa definizione. Si tratta cioè di un pratico glossario per ben operare nella gestione dell'innovazione: risponde all'esigenza di porre ordine in un vocabolario cresciuto in modo tumultuoso nel giro di un paio di decenni. Una ricca introduzione dell'autore illustra inoltre nascita e sviluppo del pensiero manageriale sulle attività di ricerca e sviluppo e sui processi di innovazione tecnologica. Per la sua agilità e completezza il volume si rivela indispensabile per tutti coloro, dal manager al sindacalista, dal ricercatore al funzionario pubblico, che, con diversi ruoli, sono attori dei processi di innovazione.