• La grande manifestazione a Barcellona per l’indipendenza del l’11 settembre 2012 rappresenta uno spartiacque nella relazione tra la Catalogna e la Spagna. Un evento che segna l’avvio di un processo democratico e pacifico che mette in discussione l’attuale assetto statuale e fa i conti non solo con una forte e antica identità culturale, ma anche con la drammaticità della crisi economica, la qualità del modello sociale, la dimensione europea. Attraverso una serie di interviste a rappresentanti catalani del mondo della cultura, della politica, dell’associazionismo, delle istituzioni, e all’indomani delle elezioni catalane, emergono i desideri, le speranze, i dubbi, le preoccupazioni di un popolo che si sente nazione e che aspira a ridefinirsi nel rapporto con la Spagna e col resto d’Europa. L’autrice intervista Muriel Casals, Joan Carles Gallego, David Garrofé, Jordi Giró, Oriol Homs, Francesc Morata, Montserrat Tura.
  • Il teatro contemporaneo non è soltanto il prodotto della millenaria storia del teatro, ma è anche l’espressione di una società che, grazie alle nuove tecnologie, si teatralizza in tutte le sue manifestazioni. In questo volume, dopo un accurato percorso dalle origi ni fino alle soglie del secolo passato, l’autore intraprende il viaggio nella storia contemporanea del teatro fino a quello più recente, con un corposo spaccato sulla scena italiana e un quadro aggiornato delle ultime tendenze. Un’attenzione particolare è riservata all’aspetto sociale di quest’arte, alle dispute politiche tra le varie correnti, alle polemiche religiose e alle questioni economiche che ne hanno talvolta segnato il destino. Il lettore, soprattutto quel lo non abituato a frequentare i teatri, potrà avvalersi così di una piccola guida in grado di orientarlo nelle sue scelte critiche, fornendogli strumenti indispensabili, una buona dose di informazioni e stimoli per intraprendere e sviluppare la propria esperienza teatrale.
  • Gli accordi transnazionali di gruppo (TCA nell’acronimo inglese) sono oggi considerati come una delle forme più interessanti e promettenti di quel difficile, e per alcuni aspetti controverso, processo che va sotto il nome di internazionalizzazione o europeizzazione delle relazioni industriali. Una nuova prassi sociale, in grado di istituire inediti spazi negoziali a livello sovranazionale, dinanzi al clamoroso gap di governance che oggi si apre fra il carattere sempre più globale e svincolato dell’economia e la natura sostanzialmente territorializzata dell’azione sindacale. Di questi testi se ne contano oggi 225, per un totale di 150 imprese e un numero complessivo di addetti interessati stimato in oltre 10 milioni. Il loro ambito applicativo varia tra scala internazionale ed europea; il loro contenuto spazia fra l’affermazione del valore e del rispetto di alcuni principi e diritti fondamentali, fino all’assunzione di impegni più circostanziati e vincolanti, come in alcuni accordi – più comuni del settore auto – che trattano di ristrutturazioni. In assenza di norme internazionali specifiche a cui richiamarsi, i TCA rappresentano una sottospecie di quegli accordi “liberi” o autonomi previsti dal diritto europeo, la cui implementazione rinvia “alle procedure e alle prassi specifiche degli stati membri”. Una forma di soft law che, se da un lato ha consentito il superamento dell’ostilità del mondo datoriale (ma anche di una parte del sindacalismo europeo) verso accordi collettivi sovranazionali più formalizzati, dall’altro rivela i limiti in cui un tale “volontarismo” inevitabilmente incorre in termini di effettività e uniformità in fase di trasposizione, oltre che di esigibilità e trasparenza, del processo negoziale. Questo volume, che scaturisce da un progetto europeo di ricerca (EUROACTA) promosso e coordinato dall’IRES- Cgil in partenariato con istituti accademici e sindacali di 7 diversi paesi, raccoglie i contributi di alcuni fra i maggiori esperti di questa materia. Grazie ad essi si va da una concettualizzazione socio-giuridica di questi accordi, a una loro mappatura tipologica; li si legge in rapporto al diritto sociale europeo e a quello delle relazioni industriali nazionali; se ne confrontano i contenuti e, in un paio di casi (Volkswagen e ArcelorMittal), se ne indaga l’effettiva implementazione, vagliandone empiricamente la tenuta in una fase di crisi acuta come l’attuale. Ci si interroga soprattutto su quali possano essere i modi per favorire una maggiore estensione ed effettività dei TCA, secondo le fonti e la strumentazione regolativa offerte dal diritto dell’Unione. Un contributo particolarmente utile per quanti, mossi da interessi di studio e/o dall’impegno diretto nella pratica del confronto negoziale, fanno oggi i conti con la globalizzazione e coi suoi insidiosi riflessi sul terreno dei diritti sociali e delle pratiche collettive.
  • La crisi, eccezionalmente lunga e profonda, cambia i paradigmi stessi dell’attuale modello di sviluppo, con riflessi ancora più pesanti per un paese come l’Italia, caratterizzato da specifici e gravi problemi nella struttura economica, produttiva e sociale. Di fronte a ciò la CGIL ha avvertito l’esigenza di un Piano del Lavoro, a cui il Forum dell’Economia della CGIL (un gruppo di economisti, ricercatori e sindacalisti che intende rendere permanente e fruibile per la Confederazione una discussione plurale sugli avvenimenti dell’economia e del lavoro) ha pensato di contribuire con una estesa e innovativa riflessione collettiva volta a promuovere una nuova «Grande trasformazione». • Da questa scelta nasce il Libro bianco per il Piano del Lavoro, un testo articolato in tre parti: una prima contiene contributi di analisi generale sulla crisi, le sue origini e cause, le proposte e le innovazioni necessarie per riorganizzare il modello di sviluppo, per contrastare la depressione e per promuovere la creazione di lavoro; una seconda approfondisce, per progetti e filiere, le esigenze del «sistema Italia» e indica percorsi di intervento per le politiche future; una terza presenta una «simulazione di impatto macroeconomico», con il merito, in particolare, di evidenziare che esistono alternative efficaci e praticabili alle politiche imposte da un pensiero e da interessi ormai inadeguati ad affrontare la crisi, ma ancora prevalenti nel «senso comune», economico e politico. • Ne è risultato un testo rigoroso, stimolante, non conformista, perché, citando Keynes, si sente «la necessità di una nuova saggezza per una nuova era, nella quale dobbiamo apparire disubbidienti, pericolosi a quelli che ci hanno preceduto». Le autrici e gli autori: Silvano Andriani; Cristiano Antonelli; Teresa Barbieri; Patrizio Bianchi; Paolo Borioni; Rita Borioni; Amaía Buján Otero; Nicola Cacace; Susanna Camusso; Mimmo Carrieri; Giovanni Caudo; Daniele Checchi; Andrea Ciarini; Lorenzo Ciccarese; Massimiliano D’Alessio; Fabrizio Dacrema; Paolo De Ioanna; Claudio Falasca; Fausto Felli; Ermanno Felli; Sergio Ferrari; Maurizio Franzini; Petya G. Garalova; Gianni Geroldi; Marco Gozzelino; Elena Granaglia; Paolo Leon; Salvo Leonardi; Stefano Lucarelli; Carlo Milani; Giacinto Militello; Alessandro Montebugnoli; Simone Ombuen; Massimo Paci; Ruggero Palladini; Daniela Palma; Laura Pennacchi; Davide Pettenella; Giuseppe Pisauro; Michele Raitano; Edoardo Reviglio; Gilberto Ricci; Roberto Romano; Lorenzo Sacconi; Riccardo Sanna; Oriella Savoldi; Annamaria Simonazzi; Walter Tocci; Leonello Tronti; Alessandra Untolini. Con il coordinamento del Dipartimento economico della CGIL.
  • La fine del «secolo breve» ha portato con sé la riscoperta del carcere e della privazione della libertà, di cui il sovraffollamento penitenziario italiano è solo un episodio. Questo è stato l’esito di un trasferimento di risorse economiche e simboliche dal welfare state a quello che è stato chiamato il prisonfare. Determinante, in questo mutamento, il modo in cui l’ideologia neoliberista ha accompagnato il processo di globalizzazione, in nome di una flessibilità che si è risolta in precarietà sociale ed esistenziale, alimentando così una domanda di controllo penale della marginalità sociale. Al termine di un lungo ciclo durato più di trent’anni, le democrazie occidentali sono chiamate a fare i conti – anche in questo campo – con le loro promesse non mantenute, a partire dalla garanzia dei diritti fondamentali delle persone private della libertà. La mass incarceration è finita sotto processo e i nostri regimi politici sono di fronte a un bivio: continuare a perseguire politiche di sicurezza fondate sulla privazione della libertà o invertire la rotta e riscoprire politiche di sicurezza sociale compatibili con il rispetto dei diritti fondamentali di tutti i cittadini?
  • Per gli studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori elaborare una scelta circa il tipo di percorso da affrontare successivamente non costituisce un’impresa semplice. In parte la variabilità delle scelte compiute dai giovani può essere spiegata a partire dal tipo di scelte già realizzate, dallo status socioculturale della famiglia di provenienza, dalle caratteristiche dell’offerta formativa dei contesti di riferimento. In parte essa sembra rispondere a logiche imprevedibili, spesso legate al valore che gli studenti attribuiscono ad esperienze personali vissute al di fuori del contesto scolastico e familiare. Emerge quindi l’esigenza di comprendere meglio come siano costruite le scelte dei giovani in relazione ai percorsi formativi e lavorativi ritenuti possibili al termine delle scuole superiori, quali siano le loro ragioni profonde di ordine sociale e culturale e le tattiche che le governano. Ciò significa non solo comprendere le strategie dei decisori, ma anche in che modo gli studenti costruiscono gli scenari e gli orizzonti all’interno dei quali le scelte vengono definite, ritenute sostenibili, messe alla prova dell’esperienza e in certi casi corrette sulla base di essa. La ricerca, i cui principali risultati sono presentati in questo volume, ha voluto indagare proprio le pratiche di scelta adottate dai giovani al termine delle scuole superiori e i loro diversi modi di compierle, con l’obiettivo di cogliere le modalità attraverso le quali gli studenti elaborano una tessitura simbolica di significati e valori, volta a colmare la lacuna fra il modo in cui si percepiscono nel momento presente e il futuro.
  • Clandestini

    10.00 
    Un viaggio tra le parole che fissano nell’opinione pubblica lo stigma del clandestino, dell’extracomunitario,dell’invasore, all’interno di un fenomeno descritto con una terminologia delittuosa. L’autore scandaglia la narrativa pubblica alla ricerca degli slittamenti semantici e svela una rappresentazione infarcita di stereotipi e luoghi comuni che, tuttavia, finisce per coincidere con la percezione reale del fenomeno. Un manuale di autodifesa – dalla A alla Z - contro quelle semplificazioni che individuano nel migrante il nemico simbolico a cui addebitare i mali della società. Dal libro Un libro pensato soprattutto per le scuole, per gli studenti, per gli adolescenti, ma anche per docenti, genitori, educatori, formatori, alle prese con un fenomeno che dovranno saper maneggiare nei prossimi anni senza scorciatoie, senza allarmismi e paura. Forse c’è un rancore remoto ancorato alla nostra visione etnocentrica del mondo e dei suoi popoli […]. Forse c’è un vizio antropologico dietro la presunzione e la supponenza di coniare un lessico per i nuovi arrivati. […] C’è stato negli anni un lento lavorìo sulle parole e sulla realtà che i media pretendevano di rappresentare, che ha cambiato le carte in tavola e capovolto la vicenda storica contemporanea, dimenticando che solo qualche secolo fa gli invasori eravamo noi. Il senso della minaccia è diventato l’unica chiave di lettura delle migrazioni, perché le altre culture parevano a tanti incompatibili e “diverse” dalla nostra […] Senza neanche accorgercene, abbiamo alimentato il lessico della paura, cresciuto come parassita e pronto a spuntare come lame affilate tra i nostri discorsi […].
  • La politica del diritto è quell’area del sapere giuridico che cerca di intuire e indirizzare l’evoluzione normativa e giurisprudenziale di una determinata realtà in un certo periodo storico. Quali sono gli ambiti giuridici attualmente messi in crisi e perché? Se da un lato certi diritti, come quello alla salute, al lavoro, all’autodeterminazione, sembrerebbero essere messi in discussione dalle conseguenze della crisi economica e dalla mutata sensibilità collettiva, dall’altro stanno emergendo nuove richieste di protezione di interessi giuridici in precedenza trascurati: si pensi all’evoluzione tecnologica o alla forte crescita del fenomeno migratorio. Come può reagire il diritto sia di produzione legislativa (nel predeterminare in via generale e astratta la disciplina delle fattispecie), sia di produzione giurisprudenziale (nell’applicare al caso concreto la corretta disposizione normativa)? Il panorama è reso più complicato dalla circostanza che le fonti del diritto hanno raggiunto una complessità multilivello dovuta alla presenza nell’ordinamento italiano di fonti giuridiche in concorrenza tra loro: Costituzione e trattati comunitari; leggi e decreti legislativi; ordinanze e decreti ministeriali, provvedimenti di natura amministrativa di vario genere e così via. Emerge quindi la necessità di una semplificazione. La redazione di questo glossario nasce dall’idea di offrire una lettura semplice e al contempo esaustiva dei principali argomenti dibattuti sul piano della policy giuridica.
  • A distanza di vent’anni dall’istituzione della cittadinanza europea (Maastricht, 1992), questo volume si propone di riflettere sulla natura e sul contenuto di tale istituto che, come affermato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, è destinato ad essere lo «status fondamentale dei cittadini degli Stati membri». L’indagine sul tema presenta evidenti elementi di peculiarità, considerato che l’idea di cittadinanza è tradizionalmente connessa all’appartenenza allo Stato/comunità politica nazionale. La cittadinanza europea, al contrario, rende necessario immaginare una diversa forma di appartenenza propria dello spazio politico europeo, non più esclusivamente dipendente dalla cittadinanza nazionale ma legata all’effettiva residenza nel territorio dell’Unione. La dimensione di appartenenza così definita non può non riguardare anche i cittadini di paesi terzi che vivono stabilmente nel territorio dell’Unione. La costruzione dello «spazio di libertà, sicurezza e giustizia» costituisce il contesto nel quale è possibile declinare questo nuovo modello di appartenenza. Tuttavia, alla luce delle conseguenze prodotte dalla crisi economica e dalle esigenze di rafforzamento della sicurezza, le aperture che si erano manifestate agli inizi del nuovo secolo sembrano oggi ridimensionate. Con la collaborazione di Laura Montanari
  • Ispirata al duplice obiettivo di favorire l’interdipendenza economica e promuovere la stabilizzazione sociale, negli anni fra le due guerre l’Organizzazione Internazionale del Lavoro elaborò una propria posizione sui problemi della cooperazione economica europea. Una posizione che le esperienze della crisi e della guerra contribuirono poi a definire, e che alla fine del conflitto apparve perfettamente in linea con gli obiettivi d’integrazione del vecchio continente sostenuti dagli Stati Uniti e con i principi di collaborazione di classe a questi regolarmente affiancati. Tale sintonia, assieme alle sue solide competenze sui temi sociali e del lavoro, fu alla base della collaborazione dell’OIL con gli organismi di cooperazione economica creati in Europa Occidentale a partire dal 1948, come l’OECE, la CECA e la CEE, alla cui attività essa diede un prezioso contributo. Un contributo che si sostanziò sia in un’intensa azione di assistenza tecnica, mirata innanzitutto a promuovere la mobilità della manodopera a livello continentale, sia in un vero e proprio sostegno teorico alle concezioni generali che ispirarono i primi passi del processo d’integrazione, i cui tratti generali caratterizzano tutt’oggi l’assetto socio-economico europeo.
  • Perché gli uomini pagano per il sesso? Il mercato del sesso del nuovo millennio rivela l’esistenza di una domanda crescente, formata da numeri impressionanti di uomini in tutti i paesi occidentali. Colpire questa domanda per contrastare la proliferazione dei mercati sessuali è oggi, dopo secoli di silenzio e di rimozione della responsabilità dei clienti, l’idea guida dell’intervento pubblico anti-prostituzione. Ma gli scandali sessuali che hanno riguardato uomini di potere, come Silvio Berlusconi e Dominique Strauss-Kahn, mostrano che le pratiche maschili di scambio sesso-denaro arrivano a insinuarsi anche nelle stanze della politica. Questo libro è un percorso di esplorazione nel territorio pieno di ombre e di silenzi degli uomini che pagano le donne, fino ad oggi in Italia poco studiati e meno ancora compresi. Analizzando e criticando gli approcci che fanno del sesso a pagamento una patologia di pochi, offre invece uno sguardo ampio sulla cultura contemporanea, che, in ambiti sempre più estesi del vivere, produce la commercializzazione della vita intima e della sessualità. E in questa cultura il libro cerca le radici di potere e impotenza maschile, desiderio e repulsione verso la prostituzione, apertura di spazi virtuali e vessazione delle sex worker migranti. Il cliente emerge così come la figura maschile che interpreta nei suoi esiti più radicali e contraddittori l’ingiunzione contemporanea al consumo sessuale.
  • Questo romanzo è un piccolo capolavoro fuori dagli schemi abituali della narrativa. Intanto perché ha una sua storia nella storia. L’autore, noto giornalista e storico dei comunismi, l’aveva scritto nel 1998. Un apologo morale, portato a termine tra un saggio storico e l’altro, rimasto a lungo «imprigionato» nella memoria di un hard disk da dove è riemerso solo dopo la morte del suo autore, avvenuta nei primi giorni del 2011, grazie all’amore della sua donna. È un originale racconto, non privo d’ironia, che parla dei protagonisti della battaglia culturale dei comunisti italiani, delle loro illusioni, delle loro speranze mal riposte, della loro fiducia nella cultura e nell’uomo, e della loro «Waterloo». Eppure – è la conclusione del romanzo – non tutto questo retaggio va cancellato. Il passato non può essere messo da parte se si vuole costruire un futuro perché, come insegna la talpa della storia, è scavando «nel passato e nel presente, anche nei giorni e nei luoghi delle sconfitte e dei crolli» che si possono porre le premesse per la storia a venire.