• Rosso rosso

    10.00 
    Dopo il fortunato esordio narrativo Mannaggia la miserìa, che denunciava le condizioni di lavoro e di sfruttamento della comunità marocchina del ghetto di San Nicola Varco di Eboli molto prima dello sgombero, e il successivo Graziemila, che racconta dal di dentro i tormenti degli ottocento braccianti africani cacciati con violenza dalla polizia, Anselmo Botte chiude con Rosso rosso la sua trilogia nelle terre dove Levi scrisse il suo memoriale civile. Anche questo nuovo libro, che ha la forma del romanzo, usa lo stesso travestimento formale, dove l’autore utilizza le storie e l’esperienza sul campo di sindacalista per raccontare la condizione umana delle operaie stagionali del pomodoro, quelle 12.000 donne che «come formiche, correvano verso un nuovo giorno di lavoro, in molteplici fabbriche dell’Agro Nocerino-Sarnese, sotto il Vesuvio, a due passi da Salerno». Nella capitale mondiale del pomodoro pelato, terra di caporali e caporale, in una fabbrica dove si spettegola e si lotta per la sopravvivenza quotidiana, vive e racconta in un registro a volte comico-grottesco, in altre sentimentale, la protagonista-narratrice di Rosso rosso, cioè l’operaia Lucia. Parla e straparla del suo bell’Antonio e dell’amore nella terra dei pommarolari, spietati padroni avvezzi a rapporti di lavoro feudali, dove «la mezzadria e la colonia apparivano gli unici criteri di valutazione dell’economia», nel contesto desolato e barbarico della Statale 18, territorio di pomodori e camorra. È proprio lì che il suo amore, nato in quelle fabbriche, diventa metaforicamente esistenziale «come il pomodoro: quando è fresco ti offre tutta la sua fragranza e il suo profumo ti inebria, quando viene conservato nei barattoli, scade inesorabilmente dopo qualche anno e se lo assapori ti inguai la vita per sempre».
  • Il volume, ripercorrendo a grandi linee il processo di formazione di due Stati nazionali unitari, l’Italia e la Germania, esamina il contributo portato al Nation Building dai rispettivi movimenti operai. Al centro della riflessione le questioni della libertà, dell’unità nazionale, dell’integrazione sopranazionale, che non possono essere risolte senza riferimento alla giustizia sociale, alla solidarietà e alla democrazia economica nel quadro di un’Europa sociale e coordinata. Poiché l’Europa, ieri come oggi, è la cornice entro la quale la Germania e l’Italia devono pensare la loro storia, le prospettive del processo di integrazione del continente saranno l’asse intorno al quale rileggere il passato per progettare il futuro.
  • Il volume è un compendio di tutte le iniziative che la CGIL, insieme alle sue strutture territoriali e di categoria e alle organizzazioni ad essa collegate, ha realizzato nell’ambito delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Susanna Camusso sottolinea nella prefazione l’ampiezza e il livello dell’impegno profuso che, per un intero anno, ha fatto della CGIL uno dei soggetti più attivi dell’intero panorama nazionale, mentre Carlo Ghezzi ne illustra la continuità storica ripercorrendo, con quelle del centocinquantesimo, le iniziative messe in campo nel 1911 e nel 1961 per il cinquantesimo e per il centenario dell’Unità nazionale. Il saggio di Enrico Panini, sulla base di un’attenta analisi del materiale iconografico e fotografico prodotto dalla confederazione, rivela spessore, significato e prospettiva di un legame mantenuto senza salti nel corso dei decenni fra la politica della Confederazione ed i simboli attraverso i quali si manifesta l’identità del nostro paese, in particolare la sua bandiera, ricavando dalla loro permanente attualità una chiara indicazione per il futuro che supera la stessa occasione delle celebrazioni per il centocinquantesimo. Il percorso delle manifestazioni della CGIL delinea un vero e proprio viaggio lungo tutta la penisola tra nodi irrisolti, conquiste di diritti, ferite ancora aperte, partecipazione emotiva e criticità pericolose. Così la CGIL ha deciso di rappresentare le proprie iniziative: come la descrizione del viaggio compiuto da un iscritto immaginario affidata alla penna di Paolo Andruccioli. Il libro contiene inoltre tre relazioni degli storici Stefano Musso, Emilio Gentile e Giuseppe Galasso, a convegni nazionali organizzati dalla CGIL e dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio sui temi «Lavoro e democrazia», «Stato e nazione» e «Questione meridionale», che hanno costituito i grandi filoni di approfondimento su cui si è deciso di lavorare. Completano l’opera un’importante appendice fotografica curata da Ilaria Romeo e, a cura di Elisa Castellano, una cronologia delle iniziative realizzate nell’ambito delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia.
  • Aggiornato ai recenti provvedimenti del governo Monti (la c.d. «manovra salva Italia», il decretolegge sulle semplificazioni fiscali; la legge costituzionale che introduce il principio del pareggio di bilancio), il volume affronta con una visione moderna e globale il problema dell’evasione, che coinvolge anche l’economia sommersa nei suoi complessi risvolti. Avanza proposte concrete per un’incisiva azione di contrasto attraverso una più stretta collaborazione tra le autorità tributarie centrali e quelle locali e affronta le novità in materia di federalismo. Gli autori esprimono l’esigenza di maggiore equità e razionalità nell’imposizione dei tributi, di integrità e di rigore nella destinazione delle risorse pubbliche. Ma anche di trasparenza fiscale: seppure da più parti si invocano le disposizioni nazionali ed internazionali in tema di privacy, è opportuno richiamarsi alla riservatezza quando la piaga dell’evasione fiscale è così devastante? Ha collaborato Elena Falletti.
  • «Le Piccole e Medie Imprese (PMI) rappresentano una componente centrale del tessuto economico europeo. In Italia il 99,7% delle imprese industriali attive ha un numero di addetti inferiore alle 250 unità e l’81,7% sono microimprese (meno di 10 dipendenti). Per stare al passo dei cambiamenti richiesti dal mercato in termini di investimenti di qualità, specializzazione e modelli produttivi, diventa sempre più indispensabile puntare su politiche ed interventi che qualifichino il mondo del lavoro, su cui la formazione continua può giocare un ruolo importante apportando valore aggiunto al sistema produttivo delle PMI in Italia. Il FAPI - Fondo Formazione PMI (www.fondopmi.it), costituito da CONFAPI, CGIL, CISL, UIL, promuove le attività di formazione continua dei lavoratori delle Piccole e Medie Imprese con oltre 55 mila aziende associate per poco più di 470 mila lavoratori, ad oggi ha assegnato per la formazione oltre 148 milioni di euro. Il volume dapprima restituisce una ricostruzione delle dinamiche che attraversano questo importante segmento produttivo delle PMI nel contesto della crisi economica globale, attraverso un’analisi del quadro statistico e delle politiche di intervento sia a livello europeo che a livello nazionale. Nell’ultima parte si evidenziano le caratteristiche peculiari degli interventi formativi svolti nonché la funzione che può assumere la formazione continua nei percorsi a sostegno del superamento delle crisi aziendali attraverso l’esame quanti-qualitativo degli stanziamenti messi a disposizione dal FAPI per la formazione continua nel biennio 2010-2011, mirati espressamente alle aziende colpite dalla crisi a supporto dei lavoratori temporaneamente sospesi (Avviso 3-2009) e su cui le Parti Sociali del Fondo hanno scommesso fortemente». Tania Grandi (Responsabile Ufficio Formazione del FAPI)
  • Il riordino del ciclo secondario realizzato dal ministro Gelmini: una lettura critica di una svolta "epocale", in grado di realizzare - fra l'altro - il più imponente taglio di risorse, umane e finanziarie, che la scuola pubblica abbia mai conosciuto.
  • Nato nell’ambito delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità nazionale, il libro vuole riflettere sullo sguardo acuto che Giacomo Leopardi gettò sugli italiani e sull’Italia, sul giudizio netto, privo di rassicurazioni retoriche, che egli ne dette. La sua lezione intellettuale costituisce infatti un contributo imprescindibile per pensare i 150 anni della nostra storia unitaria, perché l’Italia non fu soltanto un progetto politico incarnato nelle diverse esperienze dei patrioti risorgimentali. Fu soprattutto un’idea nata prima dello Stato unitario e che in quello Stato trova espressione politica e istituzionale.
  • Il libro è dedicato a due figure importanti ma molto diverse del nostro Risorgimento: Carlo Cattaneo e Carlo Pisacane. Questo accostamento non deriva soltanto dall’altissimo profilo morale delle due biografie personali. Ma soprattutto dal fatto che Cattaneo e Pisacane furono due rappresentanti di spicco di quel pensiero democratico risorgimentale che resta uno dei grandi patrimoni culturali della nostra storia unitaria. Entrambi non riuscirono a realizzare l’Italia unita come l’avevano pensata, immaginata e sognata. L’unità fu sì conseguita ma senza una struttura statale federalista, senza l’attenzione al mondo contadino, senza la Repubblica. Ma il loro pensiero non si spense. Anzi trovò nuovo vigore negli anni successivi al 1861 e fu determinante per trasformare lo Stato liberale in una democrazia compiuta e saldamente ancorata ai valori più nobili dell’Europa occidentale. Quando guardiamo all’Italia di oggi, alla splendida Carta costituzionale che il Paese si è dato nel 1948, un pensiero riconoscente dovrebbe sempre andare a quei patrioti che hanno creato le premesse culturali perché lo stato nazionale unitario divenisse anche uno stato democratico. Pisacane e Cattaneo sono certamente tra loro.
  • Attraverso un fitto intreccio di fonti e di linguaggi, di sguardi e di approcci il volume dà vita ad una narrazione sull’uso industriale dell’amianto in Italia capace di restituirne tanto la storia che le storie. La prima è ripercorsa attraverso il filtro della medicina del lavoro, dalle prime scoperte sulla nocività del minerale d’inizio Novecento ad oggi, offrendo una ricostruzione di lungo periodo degli avanzamenti scientifici e delle loro ricadute e applicazioni sia in Italia che in altri paesi europei. A dar voce alle storie sono invece le memorie raccolte da storici ed oralisti tra coloro che hanno vissuto il problema sulla propria pelle, per aver lavorato in porti e cantieri navali, in fabbriche e grandi aziende italiane. Ma sono anche i racconti di medici, di avvocati, di psicoterapeuti, di sindacalisti, di persone che lo hanno variamente conosciuto nella sua dimensione esistenziale per aver portato aiuto, assistenza, tutela, solidarietà ai lavoratori colpiti dal male e alle loro famiglie. In questa molteplicità di sguardi e di approcci il volume trova un filo unificante nella scelta di centrare l’attenzione sulla percezione che gli operai avevano dei rischi derivanti dall’esposizione, sugli strumenti, sulle capacità, sulle risorse di cui disponevano per tutelare loro stessi. Guardata in questa prospettiva, la vicenda amianto rappresenta anche l’occasione per riflettere sulla cultura della salute nei luoghi di lavoro nel suo complesso rapporto con la soggettività operaia di ieri e di oggi.
  • Eduardo Lourenço, uno dei maggiori critici e saggisti portoghesi viventi, ha scritto che l’unica guida lecita all’opera pessoana è Pessoa stesso. La vulgata relativa alla sua opera si basa invece ancora su una serie di miti critici, nati subito dopo la morte del grande poeta e mai completamente debellati; innanzitutto, che egli sia un autore legato esclusivamente alla fama postuma e in vita pressoché ignorato, morto indigente e incompreso. Studi più attenti hanno dimostrato come la sua grandezza fosse chiara già dalle opere pubblicate in vita, a partire dalla geniale produzione poetica legata all’invenzione degli eteronimi. Il volume rappresenta una breve ed efficace guida all’ingresso nell’universo pessoano, alla luce delle più recenti acquisizioni critiche e scientifiche. Partendo dalla contestualizzazione delle principali tappe biografiche, dalle condizioni e i luoghi in cui le sue opere sono state pubblicate, si giungerà a possedere tutti gli strumenti utili a effettuare un’attenta analisi dei numerosi indizi critici che lo scrittore stesso ha lasciato e delle opere più importanti pubblicate prima e dopo la sua morte. In chiusura, viene fornita una visione d’insieme del suo immenso Fondo e di ciò che esso deve ancora rivelare al pubblico, oltre a una breve antologia di testi, scelti tra i più illuminanti a livello critico, a cui si aggiunge un breve, sorprendente inedito.
  • Un viaggio nel Mezzogiorno dal punto di vista del lavoro e un’occasione per riflettere sulla CGIL in una stagione di cambiamenti epocali. La narrazione di Franco Garufi racconta le trasformazioni di quella parte d’Italia che più di ogni altra ha subito le conseguenze della crisi globale ed ha pagato lo scotto dell’arretramento economico e sociale. Lo scopo è quello di descrivere il Sud oltre gli stereotipi e i pregiudizi, come componente viva e attiva dell’Italia, un grande Paese che affronta uno dei momenti più difficili della sua storia, nella vita interna e nel rapporto con l’Europa, e che ha nel lavoro e nella coesione sociale e territoriale valori fondanti. Ancora è un tentativo di raccontare come è mutato il lavoro nel Mezzogiorno e come la CGIL, per la sua parte, ha interpretato e guidato il cambiamento per consolidare democrazia e diritti. Il racconto dei problemi e delle difficoltà, delle opportunità e delle volontà, delle delusioni e delle speranze in un’area che è decisiva per il futuro dell’Italia intera. Con la partecipazione di Andrea Montagni e Frida Nacinovich.
  • Da alcuni decenni migrazione e sicurezza sono divenute le due facce di un binomio che sembra inseparabile e si è compreso che per promuovere questo binomio serve una dimensione politica «esterna», in grado, cioè, di assicurare la collaborazione tra paesi di arrivo e paesi di origine dei flussi migratori. Il termine «sicurezza» continua però ad essere automaticamente associato ai concetti di controllo, respingimento dei migranti irregolari, difesa dei confini nazionali, lotta alla criminalità e, in ultima analisi, al sentimento di paura. L’obiettivo di questo volume è evidenziare come, specie in tempi di pace, esista un’altra dimensione della sicurezza, anch’essa strettamente legata ai flussi migratori. Questa dimensione coincide con i concetti di sicurezza umana, stabilità e accordo tra le nazioni e si intreccia all’universale desiderio di benessere e protezione sociale, tanto dei migranti quanto degli autoctoni. In un contesto di crescente interdipendenza tra paesi diversi e lontani il benessere e le politiche che lo regolano mostrano sempre più chiaramente una faccia transnazionale. Promuovere la convivenza con gli autoctoni o assistere un anziano sono ad esempio processi che hanno radici lontane e cominciano a compiersi già nei paesi di origine. Ugualmente la possibilità di un migrante di contribuire positivamente allo sviluppo sociale, oltre che economico, della madrepatria in gran parte dipende dal percorso compiuto nella società di destinazione. Anche la politica sociale, dunque, non solo quella di difesa, deve dotarsi di una «frontiera esterna» e trarre vantaggio dal dialogo e dalla cooperazione con i paesi di origine, nella convinzione che il bene comune possa essere protetto anche attraverso reti estese nello spazio e un welfare transnazionale forte.