• Il volume, pubblicato anche nella versione inglese, raccoglie i saggi prodotti da una ricerca dal titolo «Il diritto di sciopero in Europa», che ha esaminato, con approccio scientifico e comparativistico, la disciplina vigente in nove paesi membri dell’Unione Europea: Bulgaria, Francia, Germania, Italia, Polonia, Regno Unito, Romania, Spagna, Svezia. La Commissione Europea ha selezionato e finanziato la ricerca, nell’ambito dei progetti su Dialogo Sociale e Relazioni Industriali. Il libro vuole essere un contributo alla riflessione sull’esercizio del diritto/libertà di sciopero. Considerato ancora un fondamentale strumento di tutela dei lavoratori, lo sciopero sta attraversando un momento non facile, analogamente a molti altri diritti sindacali e sociali. Le cause sono numerose e complesse: dal calo del tasso di sindacalizzazione al prevalere di politiche economiche liberiste, alla necessità di salvaguardare i diritti degli utenti, esigenza questa giusta e condivisibile, ma troppo spesso presa a pretesto per limitare l’esercizio dell’azione collettiva. Nuove problematiche sono emerse anche dalle sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sui casi Viking, Laval e Ruffert. I paesi «campione» sono stati selezionati, in modo ponderato, tra Stati di lunga appartenenza alla UE e Stati di più recente adesione. Le relazioni dei professori incaricati dell’elaborazione dei rapporti nazionali hanno illustrato, con cura e in modo esauriente, l’attuale stato del diritto/libertà di sciopero nei vari paesi, dando un quadro completo delle normative e delle problematiche, per molti versi originale e di sicuro interesse. Il volume, dunque, offre alle organizzazioni sindacali, agli studiosi ed agli operatori interessati alle problematiche di diritto sindacale uno strumento di approfondimento ed informazione sui sistemi di relazioni industriali dei nove paesi osservati e sui riflessi, negli ordinamenti interni, dei processi di integrazione nella Unione Europea.
  • Il termine valano, insieme ai rispettivi geosinonimi gualano e ualano, indica lo stalliere, il bifolco, l’addetto al bestiame che veniva venduto il giorno dell’Assunta di ogni anno in tutte le città del Sud dove fosse presente la consuetudine della compravendita di manodopera pastorale. Consuetudine secolare in base alla quale nella piazza principale del paese annualmente avveniva la pubblica esposizione e la vendita dei «garzoni», ingaggiati come salariati fissi nelle campagne al servizio degli agricoltori più abbienti. I contratti venivano pattuiti oralmente il 15 agosto e l’8 settembre avveniva la consegna dei lavoratori. Si trattava per lo più di ragazzi tra i sette e i tredici anni e giovani che, appartenendo a famiglie numerose di braccianti o di contadini poverissimi, dalle stesse famiglie venivano venduti per il periodo di un anno in cambio di un tozzo di pane e di un giaciglio, per servire da schiavi nei lavori più umili e duri delle campagne, privi di ogni diritto sancito dalle leggi sul lavoro. A Benevento, fino alla fine degli anni ’50, questo mercato di carne da lavoro si teneva in Piazza Duomo, addirittura dinanzi all’Ufficio comunale di collocamento. E di quale fosse questa tremenda realtà dà conto il volume che, in assenza di fonti storiografiche e di sufficiente documentazione, è stato realizzato interamente grazie a fonti orali e testimonianze dirette acquisite superando il riserbo di lavoratori renitenti al racconto di una vicenda privata sentita ancora oggi come lesiva e disonorante.
  • Il volume raccoglie i contributi di una giornata di studio con Amartya Sen, promossa dallo SPI, il sindacato pensionati della CGIL, per riflettere sui terribili guasti sociali che si producono in questi tempi di crisi della democrazia e di crescenti ingiustizie. È una deriva che oggi destabilizza milioni di vite umane e per opporsi alla quale occorre ripartire dalla condizione concreta delle persone. Questo è il terreno sul quale la pratica di un sindacato come lo SPI-CGIL e la riflessione sull’idea di giustizia di un pensatore come Amartya Sen si sono incontrate. Una teoria della giustizia che si proponga come base per una pratica deve includere metodi per ridurre l’ingiustizia, anziché mirare alla descrizione di una società perfettamente giusta. Su questa base Amartya Sen ripropone un filone di pensiero (da Adam Smith a John Stuart Mill, da Jeremy Bentham a Mary Wollstonecraft, da Karl Marx ad Antonio Gramsci) che rifiuta l’idea che la società si fondi su un contratto. Essa è, invece, una rete di relazioni in cui si affermano le libertà delle persone, anche attraverso la libertà di associarsi per promuovere diritti individuali e democrazia politica. Dalla società devono essere espulsi sia la tirannia della maggioranza che l’arbitrio delle élites di potere, il conformismo come il settarismo. Ecco perché la giustizia si presenta come scelta sociale, come processo che si misura su concrete realizzazioni. Alla lezione di Amartya Sen ed alla sua discussione seguono le presentazioni di casi concreti di azione per la giustizia, promosse dal sindacato in diverse realtà territoriali.
  • L’istituto giuridico relativo alla «mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali» – introdotto nel nostro ordinamento dal d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 – risponde a precise prescrizioni formali. Chiama, nel contempo, in causa saperi diversi: si svolge tra persone, su problemi di volta in volta diversi, in vari contesti, in un tempo determinato. Il conflitto da cui il procedimento di mediazione trae origine attiva meccanismi individuali e relazionali che caratterizzano, condizionandolo, l’intero procedimento. Le competenze professionali del mediatore sono per questo legate a capacità con cui è assolto un compito che dipende dalla disciplina, dalle forme con cui è possibile operare, dal carattere mutevole dei soggetti e degli oggetti del contendere. Il presente studio propone una disamina dei diversi aspetti della mediazione, evidenzia il carattere multidisciplinare di tale attività, analizza tratti specifici di una professione, quella del mediatore, della quale sono definiti, nella legge, compiti e responsabilità.
  • Noi e la CGIL

    50.00 
    Da qualche anno lo SPI CGIL attraverso il Progetto Memoria ha avviato, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Pisa, un percorso di riflessione, studi e pratiche conoscitive sul tema della memoria. Si tratta di un tema che può costituire un punto di forza per lo sviluppo delle risorse strategiche di un’organizzazione sindacale tesa a tutelare i diritti dei cittadini anziani e valorizzarne il protagonismo sul piano sociale. Noi e la CGIL rappresenta una tappa di questo percorso. Con esso si è cer cato di leggere lo sviluppo del movimento sindacale attraverso le narrazioni di alcuni suoi protagonisti. Nei due volumi e nei Dvd delle rispettive registrazioni Piero Boni, Vittorio Foa, Arvedo Forni, Aldo Giunti, Nella Marcellino, Antonio Pizzinato, Gianfranco Rastrelli e Bruno Trentin attraverso il loro racconto contribuiscono a una riflessione critica che ha l’obiettivo di coniugare ricostruzione conoscitiva e riflessione organizzativa e di rendere possibile attraverso il contributo di anzia ni esemplari un protagonismo forte per tutti gli anziani.
  • Per tre quarti del Novecento il mondo ha ruotato intorno all’esperimento sovietico: a favore o contro l’idea di contrastare l’avanzata del capitalismo e affermare l’utopia del comunismo. Col crollo repentino dell’Urss, è subentrato il silenzio. Quell’esperienza è stata rimossa, diventando un tabù per i suoi protagonisti, i suoi orfani, i suoi nemici. Frutto di quarant’anni di ricerche di una studiosa tra i più accreditati, questo libro mette a nudo le idee guida e gli ingranaggi di potere che hanno scandito l’ascesa e il declino di quell’esperimento: l’incontro-scontro tra le élite intellettuali e gli uomini della gestione popolare, sfociato nella progressiva affermazione dei meccanismi di mercato e nella sconfitta della politica-progetto. Con un linguaggio rigoroso e tagliente, tornano sul tappeto nodi irrinunciabili della cultura occidentale.
  • Questo libro di storia scritto da un sociologo combina, inevitabilmente, una visione retrospettiva con un’analisi più dettagliata dell’epoca recente e qualche sguardo arditamente rivolto al futuro. Ma non pretendo che questo racconto serva a individuare le tendenze che consentano di prevedere il futuro. Tendenze di questo tipo non esistono: esse sembrano esistere solo dopo essersi verificate, ma tutto avrebbe potuto succedere in un altro modo. Questo è particolarmente vero per l’Argentina, che diverse volte nella sua storia ha avuto bruschi cambi di direzione, non sempre felici e senza che necessariamente qualcuno se lo fosse proposto. Ma allora, perché studiare il nostro passato, a parte il fatto che per qualcuno ciò possa essere piacevole? Perché questo passato è una grande raccolta di avvenimenti, di situazioni, di memorabili partite di scacchi. Semplicemente, conoscere molte di queste partite consente di giocare meglio quelle che si dovranno giocare… Dalla introduzione dell’autore
  • Il libro – costituito da alcuni saggi e studi recenti (2008-10) – propone un’interpretazione della crisi politica del paese che vede l’origine della fase attuale nella sconfitta della politica di solidarietà democratica. L’omicidio di Aldo Moro (1978), l’uomo politico che con maggior lucidità aveva diagnosticato l’incipiente crisi di regime e stava lavorando a una ricomposizione degli equilibri politici, non segnò solo la fine della politica di solidarietà. Quell’episodio, anche per le sue modalità, interruppe il percorso del progetto democratico-costituzionale che era stato alla base della rinascita del paese, con la conseguenza di snaturare il senso della convivenza nazionale e costringere le istituzioni repubblicane a torsioni innaturali. Dopo il delitto Moro la politica italiana si è caratterizzata per una linea di divisione (che si è ripresentata in varie forme: il preambolo Dc nel 1980, il craxismo, il berlusconismo) che ha comportato l’esclusione «programmatica» di settori essenziali della società (sia masse, sia élite politiche) dall’esercizio del potere. Questa linea di divisione (che perdura ed è all’origine della crisi politica attuale) caratterizza, da oltre un trentennio, una fase di declino civile e politico del paese che la cultura e la politica democratiche non hanno ancora valutato in tutta la sua portata.
  • Questo libro, omaggio a due combattenti per la libertà, Tina Anselmi e Aung San Suu Kyi, e ai loro compagni di lotta, nasce dalla consapevolezza che in un mondo globalizzato le vittorie si sostengono reciprocamente, così come le sconfitte ingenerano altre sconfitte. Di diversa generazione, nazionalità e fede, esse hanno in comune la stessa serena determinazione nell’impegno per la giustizia sociale e contro le notti della democrazia: la feroce alleanza nazifascista, combattuta dalla diciassettenne staffetta partigiana Tina; lo spietato regime militare birmano, al quale da anni resiste con la non violenza il premio Nobel per la Pace Aung. Tina e Aung, due donne che sono state presenti e hanno risposto quando il paese è stato in pericolo. In sintonia con la propria gente, si sono messe in gioco insieme agli altri, con intelligenza e coraggio. Questo libro, nato dall’esigenza di focalizzare alcuni tragici eventi che hanno intaccato la democrazia e l’avanzamento civile in un paese, e che li hanno cancellati del tutto nell’altro, è stato possibile grazie alle persone che, nella condivisione della militanza democratica, hanno aderito con slancio e generosità. Hanno partecipato con le loro testimonianze e, per quanto riguarda le vicende italiane, con un’analisi approfondita del Piano di Rinascita democratica di Licio Gelli, il cui progetto eversivo piduista ha attraversato la storia d’Italia negli ultimi trent’anni, lasciando a volte dietro di sé una scia di sangue. I due curatori si sono avvalsi del fondamentale contributo di saperi e convinzioni variegate, senza prendere posizione, pur restando di parte: dalla parte di chi sente il bisogno di non dimenticare, di capire perché il nostro paese si è consegnato per così lunghi anni a un potere in maschera, corrotto e di matrice piduistica. Contributi di: Giuseppe Amari, Margherita Bebi, Francesco M. Biscione, Paolo Bolognesi, Susanna Camusso, Pierre Carniti, Tullio De Mauro, Giovanni Di Ciommo, Guglielmo Epifani, Giorgio Frasca Polara, Carlo Ghezzi, Vincenzo Giaccotto, Ashin Kovida, Giovanna Leone, Giuseppe Malpeli, Luigi Mariucci, Michele Prospero, Alessandro Roncaglia, Albertina Soliani, Mauro Storti, Giuliano Turone, Anna Vinci, Nita Yin Yin May, Beaudee Zawmin.
  • Che cosa ha accomunato le rivolte bracciantili del 1948 in Sicilia a quelle di Avola del 1968, fino ai cruenti conflitti della Piana di Rosarno nel 2010? Al di là delle differenze emerge un dato comune a tutte e tre le vicende: il tentativo ostinato da parte delle organizzazioni datoriali di cancellare universalmente il lavoro nella sua forma giuridica e nei suoi contenuti sociali, per ridurlo a mera forza di propulsione del profitto. Ciò accadeva quando non era riconosciuta la giusta paga, quando si evadevano i contratti e quando si tentava di cancellare i lavoratori agricoli dagli elenchi che ne sancivano i diritti previdenziali e assistenziali; elementi che in parte si ritrovano anche nelle ultime vicende di Rosarno. Il volume mette in luce i conflitti che si sono generati attorno all’affermazione del lavoro nei periodi di crescita economica, prima, e di crisi, dopo. Le lotte delle raccoglitrici di gelsomini e di olive, dei raccoglitori di arance, dei vendemmiatori, dei potatori, dei magazzinieri disegnano la mappa di un folto e diffuso proletariato agricolo che oltre al lavoro esigeva salari adeguati e l’affermazione dei diritti sociali. Da questi conflitti del lavoro e dalle tumultuose lotte sociali affiora un quadro complesso di esperienze sindacali e individuali, di uomini e di donne che hanno lasciato tracce visibili nel lungo processo di costruzione della nostra identità nazionale.
  • Eternit

    18.00 
    Il graphic novel Eternit – Dissolvenza in bianco vuole raccontare in maniera inedita una storia locale che ha però avuto, per le sue drammatiche conseguenze, un interesse nazionale: quella della fabbrica Eternit a Casale Monferrato, che portò dapprima il benessere e poi la morte agli operai e alle loro famiglie, a causa della polvere d’amianto respirata nell’azienda e in giro per la città. La storia è raccontata attraverso le vicende, pubbliche e private, di più personaggi, anche di altre realtà italiane legate all’Eternit, ispirati a persone reali che hanno avuto un ruolo significativo nella vicenda: per questo ha una ricchezza e un impatto emotivo che scrittori estranei alla realtà casalese non potrebbero esprimere. Viene evidenziata la progressiva presa di coscienza tra i cittadini dei rischi legati all’inquinamento da questo materiale, la necessità della bonifica e della ricerca scientifica, l’esigenza di giustizia che si è manifestata nella costituzione di più di tremila parti civili per il processo ora in atto a Torino contro i dirigenti svizzero-belgi della multinazionale Eternit. Il libro diventa dunque non solo la cronaca di fatti avvenuti nel passato, ma anche un messaggio di consapevolezza e speranza per le nuove generazioni. Il racconto a fumetti è integrato da un’appendice di documenti contenenti una cronologia dei fatti principali della vicenda, dall’origine dell’Eternit all’attuale fase del processo e della bonifica, e alcuni interventi volti a far riflettere su ciò che resta da fare da adesso in avanti.
  • Un racconto lungo una vita. Dall’infanzia in un piccolo paese dell’Appennino tosco-emiliano all’ingresso in seminario a nove anni, fino all’incontro che cambia il suo destino: non l’Africa che ne aveva ispirato la precoce vocazione missionaria, ma il Brasile. Dopo i primi anni nel sud del paese, trascorsi «in coerenza con i principi paterni», padre Sivano Sabatini compie brevi viaggi in Amazzonia, per ottemperare agli impegni amministrativi, ma soprattutto per incontrare quegli indios «selvaggi» e senza Dio di cui aveva letto nelle riviste missionarie. Decide quindi di unirsi all’impresa dei confratelli: salvarne qualcuno per salvare se stesso. Grazie a Gabriel, Davi e Umusin, che gli narrano le mitologie sulla creazione dell’universo, scopre però che Dio è già tra gli indios e ha tanti nomi: Macunaima, Omami e Yebá Buró. Un libro testimonianza che ci dice come quella di Silvano Sabatini sia una vita piena, perché vissuta nella continua ricerca della verità, generosa nella sua disponibiltà verso l’Altro e genuina perché conserva l’incanto di fronte al mondo anche quando arriva il m omento «di traslocare al piano di sopra». Completa il volume una serie di agile appendici sui popoli indigeni del Brasile e sulle organizzazioni religiose cattoliche in Ammazzonia, insieme ad un glossario e ad una cronologia comparata.