• Per le femministe di oggi pren dere la parola sul mondo è diventato sempre più compli cato. Che dire del velo, delle veline, delle modificazioni genitali e della chirurgia estetica? Della famiglia, del sex work, del postporno? Di Dio, della poligamia, del welfare e della globalizzazione? Come dialogare con la teoria queer e con la ricerca postcoloniale? Le identità sono un bene o un male? E che significato assumono ora parole chiave della tradizione femminista come sesso, genere, differenza, autodeterminazione e riproduzione? Intorno a questi grovigli nasce un dizionario ragionato, frutto del confronto tra femministe con esperienze e percorsi diversi, con lo scopo di aiutare a chiarirsi le idee e riattivare la capacità di convivere con le contraddizioni, caratteristica del pensiero delle donne. Autrici delle voci Elisa A.G. Arfini, Chiara Bonfiglioli, Rachele Borghi, Francesca Brezzi, Beatrice Busi, Sara Cabibbo, Giulia Cortellesi, Silvia Cristofori, Daniela Danna, Andrea D’Atri, Barbara De Vivo, Angela D’Ottavio, Suzanne Dufour, Liliana Ellena, Olivia Fiorilli, Giulia Garofalo, Gaia Giuliani, Inderpal Grewal, Alessandra Gribaldo, Barbara Mapelli, Maria Rosaria Marella, Lea Melandri, Catia Papa, Renata Pepicelli, Isabella Peretti, Elisabetta Pesole, Monica Pietrangeli, Flavia Piperno, Ambra Pirri, Tamar Pitch, Valeria Ribeiro Corossacz, Enrica Rigo, Annamaria Rivera, Caterina Romeo, Laura Ronchetti, Sonia Sabelli, Alessandra Sciurba, Smaschie ramenti, Anna Vanzan, Stefania Vulterini, Giovanna Zapperi.
  • Conservatorio

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    Parte da lontano questo libro diviso in tre tempi, quando la scuola di musica era un luogo altro, come quello evocato da Romano Bilenchi nel suo Conservatorio di Santa Teresa, quello dell’educazione e dell’iniziazione alla vita. E attraverso racconti esemplari di più periodi, riconnette e aggrega i resoconti degli storici, la vita dei «figlioli» di Napoli, quella dei Maestri o, ancora, dei costruttori di strumenti musicali, cioè il mondo antico di ieri. Con l’arrivo perturbante e innovativo del jazz siamo quasi nell’oggi, che è la parte centrale, dove l’autore narra di progetti e contraddizioni, di querelle burocratiche che segnano il nostro tempo di crisi, di artisti lavorativamente sospesi tra canto barocco ed esibizioni da pianisti sull’oceano. Il libro si chiude con sei racconti che gettano uno sguardo su un altro conservatorio ancora, quello di domani, abitato dalle cantanti liriche coreane Jee e Hee, dalle contaminazioni di jazz, popular music, elettronica; dalle storie struggenti di un percussionista che muore in tenera età e di un suo amico di studi che ne tramanda, suonando, la memoria, e quella di Giordano, sedicenne autistico studente di pianoforte, che chiude il libro e il cerchio. Tarcisio Tarquini, giornalista di formazione letteraria e presidente di un importante conservatorio italiano, quello di Frosinone, racconta dal di dentro, con cognizione di causa e una scrittura che si muove tra oggettività e pathos, le tante e ricche esperienze, le persone, i progetti e i sogni di innovazione di queste istituzioni miracolosamente in equilibrio tra antico e futuro; e, guardando attraverso il microcosmo del suo istituto, che qui diventa un prototipo, ci offre con questo lavoro a tutto campo una visione partecipe e appassionata della grande vitalità del mondo musicale italiano. Il libro si chiude con un reportage fotografico di Mario Ritarossi, Il santuario più degno, sulla biblioteca del Conservatorio di Napoli San Pietro a Majella, dove si trova custodita la partitura autografa di Mozart (un minuetto composto a Salisburgo nel 1773) ritratta nella copertina del volume.
  • La prima biografia di Mastronardi nel cinquantenario de Il maestro di Vigevano. Riccardo De Gennaro colma una vasta lacuna, restituendoci il ritratto vivido di uno scrittore ancora troppo poco conosciuto, autore dello straordinario romanzo “Il maestro di Vigevano”. Un grande intellettuale che, insieme a Bianciardi e Pasolini, ha saputo raccontare meglio di chiunque altro gli sconvolgimenti degli anni del boom economico, quando la frenesia e la furia della corsa al denaro travolsero quasi tutta la nostra società. In tutti i suoi romanzi Mastronardi ha saputo cogliere lo spirito del tempo, parlando di quella grande provincia padana che, come scrive Fofi nella prefazione, «era - ed è forse ancora - la zona più fragile, succube e ricettiva della frenesia collettiva». Ma De Gennaro ci parla anche dei dilemmi insolubili di oggi, rivelando un mondo della cultura e dei media mai stato così conformista e totalmente privo di osservatori geniali ed acuti, come lo furono ieri Mastronardi e Bianciardi.
  • Esiste e funziona egregiamente in Francia un Fondo vittime di amianto che indennizza indistintamente tutti i lavoratori affetti da malattie da asbesto, senza la necessità per questi di dover dimostrare la colpa del datore di lavoro. L’indennizzo viene così erogato sul solo presupposto del nesso tra esposizione ad asbesto e malattia anche ai lavoratori che, ad esempio, sono stati dipendenti di aziende non più esistenti o non solvibili. Anche in Italia esiste un Fondo vittime di amianto, che però, pur essendo stato istituito, non è mai decollato compiutamente. A differenza della Francia, infatti, il tema della «riparazione economica» per i lavoratori ammalati o per le famiglie dei lavoratori deceduti è stato integralmente devoluto al sistema giudiziario con una conseguente miriade di controversie giudiziali, civili e penali. Intanto agiscono in giudizio solo quei lavoratori che possono farlo nei confronti di aziende tuttora esistenti e soprattutto solvibili. Inoltre ad essi, per ottenere il risarcimento del danno, compete l’onere di provare non solo il nesso tra l’esposizione e la malattia, ma anche la colpa del datore di lavoro. I contributi di medici e giuristi raccolti nel volume fanno quindi il punto sullo stato della giurisprudenza, sul diritto sostanziale e sugli aspetti processuali, in tema di patologie da amianto e diritto al risarcimento.
  • Il libro riporta in sintesi i risultati di un lavoro di ricerca svolto nell’ambito di un progetto sulla Prostituzione migrante che ha visto impegnate unità di ricerca delle Università di Siena, Firenze, Torino e Salerno oltre che l’IOM di Ginevra e l’UNODC di Vienna. Si è trattato di una ricerca originale condotta in situazioni caratterizzate da precarietà e illegalità, dove lo sfruttamento non è soltanto un dato economico ma pervade l’humus sociale delle realtà coinvolte dal fenomeno. Utilizzando il metodo dell’inchiesta è stato messo a fuoco in particolare l’aspetto dei clienti delle prostitute. La ricerca mostra come oggi, nel mondo globalizzato, da parte dei giovani intervistati il mercato del sesso sia considerato di facile accesso e del tutto aperto. I mezzi di comunicazione inoltre da tempo presentano il sesso secondo infinite modalità, facendolo diventare ad un tempo obiettivo di facile consumo ma anche di più sofisticata sostanza; ne consegue che il cliente consumatore riesce a soddisfare il maggior numero di variabili sul tema quasi soltanto con il ricorso alle prestazioni a pagamento. Gettata nuova luce sulla questione dei clienti, nel volume viene messo a fuoco come sia maturo il tempo per portare ad emersione tale problematica, favorendo un dibattito volto in primo luogo a far crescere, non solo tra i clienti, ma anche tra i cittadini in generale, la consapevolezza che le prostitute non sono una merce qualsiasi, bensì persone, e che la cosa riguarda tutti. Infatti il dato più preoccupante che le interviste ci consegnano è la completa indifferenza alla questione e una diffusa apatia a porsi per lo meno il problema di avviare forme di contrasto a questa deriva.
  • Il volume, pubblicato anche nella versione inglese, raccoglie i saggi prodotti da una ricerca dal titolo «Il diritto di sciopero in Europa», che ha esaminato, con approccio scientifico e comparativistico, la disciplina vigente in nove paesi membri dell’Unione Europea: Bulgaria, Francia, Germania, Italia, Polonia, Regno Unito, Romania, Spagna, Svezia. La Commissione Europea ha selezionato e finanziato la ricerca, nell’ambito dei progetti su Dialogo Sociale e Relazioni Industriali. Il libro vuole essere un contributo alla riflessione sull’esercizio del diritto/libertà di sciopero. Considerato ancora un fondamentale strumento di tutela dei lavoratori, lo sciopero sta attraversando un momento non facile, analogamente a molti altri diritti sindacali e sociali. Le cause sono numerose e complesse: dal calo del tasso di sindacalizzazione al prevalere di politiche economiche liberiste, alla necessità di salvaguardare i diritti degli utenti, esigenza questa giusta e condivisibile, ma troppo spesso presa a pretesto per limitare l’esercizio dell’azione collettiva. Nuove problematiche sono emerse anche dalle sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sui casi Viking, Laval e Ruffert. I paesi «campione» sono stati selezionati, in modo ponderato, tra Stati di lunga appartenenza alla UE e Stati di più recente adesione. Le relazioni dei professori incaricati dell’elaborazione dei rapporti nazionali hanno illustrato, con cura e in modo esauriente, l’attuale stato del diritto/libertà di sciopero nei vari paesi, dando un quadro completo delle normative e delle problematiche, per molti versi originale e di sicuro interesse. Il volume, dunque, offre alle organizzazioni sindacali, agli studiosi ed agli operatori interessati alle problematiche di diritto sindacale uno strumento di approfondimento ed informazione sui sistemi di relazioni industriali dei nove paesi osservati e sui riflessi, negli ordinamenti interni, dei processi di integrazione nella Unione Europea.
  • Il termine valano, insieme ai rispettivi geosinonimi gualano e ualano, indica lo stalliere, il bifolco, l’addetto al bestiame che veniva venduto il giorno dell’Assunta di ogni anno in tutte le città del Sud dove fosse presente la consuetudine della compravendita di manodopera pastorale. Consuetudine secolare in base alla quale nella piazza principale del paese annualmente avveniva la pubblica esposizione e la vendita dei «garzoni», ingaggiati come salariati fissi nelle campagne al servizio degli agricoltori più abbienti. I contratti venivano pattuiti oralmente il 15 agosto e l’8 settembre avveniva la consegna dei lavoratori. Si trattava per lo più di ragazzi tra i sette e i tredici anni e giovani che, appartenendo a famiglie numerose di braccianti o di contadini poverissimi, dalle stesse famiglie venivano venduti per il periodo di un anno in cambio di un tozzo di pane e di un giaciglio, per servire da schiavi nei lavori più umili e duri delle campagne, privi di ogni diritto sancito dalle leggi sul lavoro. A Benevento, fino alla fine degli anni ’50, questo mercato di carne da lavoro si teneva in Piazza Duomo, addirittura dinanzi all’Ufficio comunale di collocamento. E di quale fosse questa tremenda realtà dà conto il volume che, in assenza di fonti storiografiche e di sufficiente documentazione, è stato realizzato interamente grazie a fonti orali e testimonianze dirette acquisite superando il riserbo di lavoratori renitenti al racconto di una vicenda privata sentita ancora oggi come lesiva e disonorante.
  • Il volume raccoglie i contributi di una giornata di studio con Amartya Sen, promossa dallo SPI, il sindacato pensionati della CGIL, per riflettere sui terribili guasti sociali che si producono in questi tempi di crisi della democrazia e di crescenti ingiustizie. È una deriva che oggi destabilizza milioni di vite umane e per opporsi alla quale occorre ripartire dalla condizione concreta delle persone. Questo è il terreno sul quale la pratica di un sindacato come lo SPI-CGIL e la riflessione sull’idea di giustizia di un pensatore come Amartya Sen si sono incontrate. Una teoria della giustizia che si proponga come base per una pratica deve includere metodi per ridurre l’ingiustizia, anziché mirare alla descrizione di una società perfettamente giusta. Su questa base Amartya Sen ripropone un filone di pensiero (da Adam Smith a John Stuart Mill, da Jeremy Bentham a Mary Wollstonecraft, da Karl Marx ad Antonio Gramsci) che rifiuta l’idea che la società si fondi su un contratto. Essa è, invece, una rete di relazioni in cui si affermano le libertà delle persone, anche attraverso la libertà di associarsi per promuovere diritti individuali e democrazia politica. Dalla società devono essere espulsi sia la tirannia della maggioranza che l’arbitrio delle élites di potere, il conformismo come il settarismo. Ecco perché la giustizia si presenta come scelta sociale, come processo che si misura su concrete realizzazioni. Alla lezione di Amartya Sen ed alla sua discussione seguono le presentazioni di casi concreti di azione per la giustizia, promosse dal sindacato in diverse realtà territoriali.
  • L’istituto giuridico relativo alla «mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali» – introdotto nel nostro ordinamento dal d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 – risponde a precise prescrizioni formali. Chiama, nel contempo, in causa saperi diversi: si svolge tra persone, su problemi di volta in volta diversi, in vari contesti, in un tempo determinato. Il conflitto da cui il procedimento di mediazione trae origine attiva meccanismi individuali e relazionali che caratterizzano, condizionandolo, l’intero procedimento. Le competenze professionali del mediatore sono per questo legate a capacità con cui è assolto un compito che dipende dalla disciplina, dalle forme con cui è possibile operare, dal carattere mutevole dei soggetti e degli oggetti del contendere. Il presente studio propone una disamina dei diversi aspetti della mediazione, evidenzia il carattere multidisciplinare di tale attività, analizza tratti specifici di una professione, quella del mediatore, della quale sono definiti, nella legge, compiti e responsabilità.
  • Da qualche anno lo SPI CGIL attraverso il Progetto Memoria ha avviato, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Pisa, un percorso di riflessione, studi e pratiche conoscitive sul tema della memoria. Si tratta di un tema che può costituire un punto di forza per lo sviluppo delle risorse strategiche di un’organizzazione sindacale tesa a tutelare i diritti dei cittadini anziani e valorizzarne il protagonismo sul piano sociale. Noi e la CGIL rappresenta una tappa di questo percorso. Con esso si è cer cato di leggere lo sviluppo del movimento sindacale attraverso le narrazioni di alcuni suoi protagonisti. Nei due volumi e nei Dvd delle rispettive registrazioni Piero Boni, Vittorio Foa, Arvedo Forni, Aldo Giunti, Nella Marcellino, Antonio Pizzinato, Gianfranco Rastrelli e Bruno Trentin attraverso il loro racconto contribuiscono a una riflessione critica che ha l’obiettivo di coniugare ricostruzione conoscitiva e riflessione organizzativa e di rendere possibile attraverso il contributo di anzia ni esemplari un protagonismo forte per tutti gli anziani.
  • Per tre quarti del Novecento il mondo ha ruotato intorno all’esperimento sovietico: a favore o contro l’idea di contrastare l’avanzata del capitalismo e affermare l’utopia del comunismo. Col crollo repentino dell’Urss, è subentrato il silenzio. Quell’esperienza è stata rimossa, diventando un tabù per i suoi protagonisti, i suoi orfani, i suoi nemici. Frutto di quarant’anni di ricerche di una studiosa tra i più accreditati, questo libro mette a nudo le idee guida e gli ingranaggi di potere che hanno scandito l’ascesa e il declino di quell’esperimento: l’incontro-scontro tra le élite intellettuali e gli uomini della gestione popolare, sfociato nella progressiva affermazione dei meccanismi di mercato e nella sconfitta della politica-progetto. Con un linguaggio rigoroso e tagliente, tornano sul tappeto nodi irrinunciabili della cultura occidentale.
  • Questo libro di storia scritto da un sociologo combina, inevitabilmente, una visione retrospettiva con un’analisi più dettagliata dell’epoca recente e qualche sguardo arditamente rivolto al futuro. Ma non pretendo che questo racconto serva a individuare le tendenze che consentano di prevedere il futuro. Tendenze di questo tipo non esistono: esse sembrano esistere solo dopo essersi verificate, ma tutto avrebbe potuto succedere in un altro modo. Questo è particolarmente vero per l’Argentina, che diverse volte nella sua storia ha avuto bruschi cambi di direzione, non sempre felici e senza che necessariamente qualcuno se lo fosse proposto. Ma allora, perché studiare il nostro passato, a parte il fatto che per qualcuno ciò possa essere piacevole? Perché questo passato è una grande raccolta di avvenimenti, di situazioni, di memorabili partite di scacchi. Semplicemente, conoscere molte di queste partite consente di giocare meglio quelle che si dovranno giocare… Dalla introduzione dell’autore