• Il Rapporto sui diritti globali è una pubblicazione annuale sui processi connessi alla globalizzazione e alle sue ricadute, sotto i vari profili economici, sociali, geopolitici e ambientali.  Lo studio è realizzato dalla Associazione Società INformazione Onlus, con la partecipazione della Cgil nazionale e l’adesione delle maggiori associazioni, italiane e non solo, impegnate a vario titolo sui grandi temi trattati nel Rapporto. Dal 2020, viene pubblicato anche in lingua inglese e si focalizza sui diritti umani e sulla lotta contro l’impunità, a partire dalla collaborazione con Fight Impunity-Association Against Impunity and for Transitional Justice, che promuove il volume. Il Rapporto si è confermato come uno strumento fondamentale di informazione e formazione per quanti operano nella scuola, nei media, nella politica, nelle amministrazioni pubbliche, nel mondo del lavoro e nella formazione, nelle professioni sociali, nelle associazioni e nel Terzo settore. Come si evidenzia in numerosi paesi e come il Rapporto documenta, anche nel 2021 la pandemia di Covid-19 si è accompagnata a un’accentuazione delle violazioni di diritti fondamentali. Con il pretesto delle misure sanitarie, si sono introdotte misure di eccezione, determinate riduzioni di libertà e peggioramenti nella condizione sociale ed economica di milioni di cittadini in molte parti del mondo, mentre è emersa con maggior evidenza la pericolosa vulnerabilità del sistema democratico e dello Stato di diritto. Il Rapporto, oltre alle violazioni dei diritti umani documentate con un Osservatorio sulle impunità, analizza e denuncia crimini che violano e compromettono altre sfere di diritti altrettanto fondamentali, che riguardano le comunità e non solo gli individui, come quelli ambientali, economici, sociali. Crimini di sistema, dei quali nessuno si sente responsabile, ma che sono invece prodotti da precise scelte politiche, economiche, di governo. Dallo studio dei dati e degli avvenimenti recenti emerge la necessità di cambiamenti radicali e di urgenti inversioni di rotta.
  • La storia del conflitto Palestina-Israele, anche in questa ultima e più drammatica fase, ha reso palese l’inadeguatezza di qualunque strategia di pace che poggi su una riduzione arbitraria della sua complessità. Per questo le autrici e gli autori del libro – ebrei israeliani, palestinesi cittadini di Israele, palestinesi dei Territori Occupati, scienziate e scienziati, esponenti dei movimenti per la risoluzione non violenta del conflitto – ne offrono una rappresentazione non appiattita sugli schemi della belligeranza, recuperando la molteplicità delle tensioni che si sono venute creando tra le due parti, non solo sul piano degli interessi politici ed economici, ma anche su quello delle fratture sociali e culturali. Voci di israeliani, voci di palestinesi, voci contro la guerra. Voci di sorprendente attualità nel mettere a fuoco cause ed effetti del fallimento del progetto “due popoli due Stati”. Nel denunciare, da punti di vista differenti, l’ingiustizia dell’occupazione, la sottrazione di risorse vitali come l’acqua, la strategia di apartheid di cui i governi israeliani sono responsabili, l’insostenibilità degli interventi (e dei non interventi) del mondo occidentale. Tutto questo mentre si avverte, oggi più che mai, la necessità della mediazione internazionale, in cui l’Unione europea, per i suoi principi e per le sue leggi, superando l’impotenza attuale, può essere il soggetto super partes al quale pure guardano le autrici e gli autori del volume.
  • Rete nera

    16.00 
    Se parliamo degli attentati del Bataclan, di Nizza, Bruxelles e Manchester, in Occidente tutti hanno immediata memoria del terrorismo islamico. La musica cambia se parliamo del terrorismo suprematista e xenofobo: Oklahoma City, Utøya, Christchurch, El Paso. I ricordi si fanno più confusi, in alcuni casi fuorvianti. Eppure sono attentati che hanno causato centinaia e centinaia di morti. Il libro Rete nera analizza le azioni, il pensiero dei killer suprematisti, i loro manifesti politici, che condividono sul web e non solo, i punti di contatto tra nazionalismo e xenofobia. Lo stragista di Utøya elencò già nel 2011 i partiti che avrebbero potuto dare una mano per prendere il potere: Russia Unita di Putin, il Front National di Le Pen, la Lega, Forza Nuova, Fpö, Pvv, Vlaams Belang. Una parte di queste forze avrebbe poi formato nel 2015 un gruppo unico all’Europarlamento e sarebbe anche andata al governo in alcuni Paesi, tra cui l’Italia. E che dire del killer di Christchurch, australiano, che si radicalizza in Europa e fa donazioni ai movimenti identitari di Francia e Austria? Il suo manifesto politico si intitola “La Grande Sostituzione”, come il saggio del francese Renaud Camus. La teoria di base è semplice: gli occidentali bianchi devono ricominciare a fare più figli e gli immigrati devono tornare a casa loro. Per svegliare le coscienze e respingere gli “invasori” ogni mezzo è lecito, stragi di innocenti comprese. Fino a qualche anno fa chi avrebbe potuto immaginare l’assalto al Congresso Usa? Gli Stati Uniti di Trump e la Russia di Putin soffiano sul fuoco del nazionalismo allo scopo di indebolire l’Unione europea? Terrorismo islamico e terrorismo suprematista alimentano allo stesso modo lo “scontro di civiltà” teorizzato da Samuel P. Huntington. Perché i media e l’opinione pubblica danno un peso diverso alle due facce della stessa medaglia? Il libro accende un riflettore su questi temi, finora trascurati e sottostimati.
  • Una narrazione storico-culturale che ripercorre i maggiori naufragi di migranti avvenuti dal 1990 al 2020 attraverso le tracce lasciate nelle culture pubbliche. Di fronte a un potere politico neoliberista che tende a governare il fenomeno migratorio espellendo e respingendo, emergono le storie di chi nel mare si perde, di chi al viaggio sopravvive, di chi nelle terre lambite da quel mare vive. Quale archivio abbiamo per i nostri sentimenti verso tali eventi? Attraverso testimonianze, film, romanzi, rappresentazioni teatrali, reportage, documentari, saggi storici e sociologici, l’autrice ricostruisce il contesto contemporaneo, interrogandosi su come le stragi di migranti entrano a far parte dello spazio pubblico, in che modo gli affetti legati a queste tragedie segnano l’immaginario e il contesto politico, nel quale troppo spesso le risposte governative rivelano, dietro un esibito cordoglio, un prevalente approccio securitario e razzismo istituzionale. Gli archivi dell’acqua salata si configurano come un archivio non convenzionale, corporeo, emozionale, politico, un archivio in divenire, interdisciplinare, incompleto. I frammenti che lo compongono permettono di evocare racconti personali, storie di vita che rimangono al di fuori della Storia, brandelli che compongono una memoria performante e inclusiva delle soggettività e dei loro sentimenti. Una narrazione di storia del presente che riguarda tutte e tutti.
  • Se parliamo degli attentati del Bataclan, di Nizza, Bruxelles e Manchester, in Occidente tutti hanno immediata memoria del terrorismo islamico. La musica cambia se parliamo del terrorismo suprematista e xenofobo: Oklahoma City, Utøya, Christchurch, El Paso. I ricordi si fanno più confusi, in alcuni casi fuorvianti. Eppure sono attentati che hanno causato centinaia e centinaia di morti. Il libro Rete nera analizza le azioni, il pensiero dei killer suprematisti, i loro manifesti politici, che condividono sul web e non solo, i punti di contatto tra nazionalismo e xenofobia. Lo stragista di Utøya elencò già nel 2011 i partiti che avrebbero potuto dare una mano per prendere il potere: Russia Unita di Putin, il Front National di Le Pen, la Lega, Forza Nuova, Fpö, Pvv, Vlaams Belang. Una parte di queste forze avrebbe poi formato nel 2015 un gruppo unico all’Europarlamento e sarebbe anche andata al governo in alcuni Paesi, tra cui l’Italia. E che dire del killer di Christchurch, australiano, che si radicalizza in Europa e fa donazioni ai movimenti identitari di Francia e Austria? Il suo manifesto politico si intitola “La Grande Sostituzione”, come il saggio del francese Renaud Camus. La teoria di base è semplice: gli occidentali bianchi devono ricominciare a fare più figli e gli immigrati devono tornare a casa loro. Per svegliare le coscienze e respingere gli “invasori” ogni mezzo è lecito, stragi di innocenti comprese. Fino a qualche anno fa chi avrebbe potuto immaginare l’assalto al Congresso Usa? Gli Stati Uniti di Trump e la Russia di Putin soffiano sul fuoco del nazionalismo allo scopo di indebolire l’Unione europea? Terrorismo islamico e terrorismo suprematista alimentano allo stesso modo lo “scontro di civiltà” teorizzato da Samuel P. Huntington. Perché i media e l’opinione pubblica danno un peso diverso alle due facce della stessa medaglia? Il libro accende un riflettore su questi temi, finora trascurati e sottostimati.
  • La legalità è da sempre una priorità per la Filcams-Cgil, che svolge la propria attività in contesti nei quali il rispetto delle regole e delle normative non è affatto un dato di partenza scontato, ma piuttosto un obiettivo. L’illegalità per lavoratrici e lavoratori si traduce nella mancanza di contratti scritti, nel mancato riconoscimento della retribuzione e della contribuzione, nel lavoro nero e grigio, nei sotto-inquadramenti e negli straordinari non pagati, nell’assenza di tutele per la sicurezza e nella messa a rischio della salute, e ancora nell’applicazione di contratti pirata e nell’abuso di contratti atipici. I contributi di questo Primo Rapporto dell’Osservatorio sulla legalità nel terziario affrontano la natura pervasiva e differenziata dell’illegalità nei settori del commercio e servizi, evidenziando la rilevanza di analisi multidisciplinari e multi-settoriali per comprendere questi fenomeni, insieme a interventi multi-livello per fronteggiarli. I saggi descrivono le molteplici forme con cui l’illegalità può manifestarsi, dalla presenza della mafia fino alle irregolarità delle imprese e allo sfruttamento del lavoro individuale, con un danno per i sistemi socio-economici a livello locale, nazionale e globale.
  • Le risorse ingenti messe a disposizione dall’Unione europea per la ripresa economica, la transizione ecologica e l’inclusione sociale devono essere impiegate nella direzione della sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Nella famosa «Agenda Onu 2030», c’è un ampio capitolo dedicato alle città e alle comunità urbane, viste come luoghi in cui si diffondono nuovi bisogni e in cui sarebbe necessario applicare le politiche di sostenibilità. Questo libro vuole illustrare in dettaglio, con particolare riferimento all’Italia, gli obiettivi dell’Agenda Onu per un rilancio sostenibile delle città e una maggiore coesione delle comunità (secondo l’obiettivo di sviluppo sostenibile 11) e proporre alcuni per corsi di «concertazione e contrattazione territoriale» attraverso i quali le presenze sociali organizzate da un lato, le amministrazioni di governo locale dall’altro, possano avviare concretamente gli obiettivi di sostenibilità.
  • Fin dalla sua nascita, il sindacato ha avuto tra i propri obiettivi il controllo degli orari di lavoro per migliorare le condizioni di lavoratrici e lavoratori. Dalla seconda metà dell’Ottocento in poi nel mondo industrializzato e sviluppato la spinta alla riduzione dell’orario di lavoro è stata elemento permanente nelle strategie sindacali. Se nel XIX secolo erano normali orari di lavoro anche di 12 ore giornaliere, con l’avvento della meccanizzazione è iniziato un graduale ma costante processo di riduzione dell’orario, che nel secolo successivo ha portato – per via contrattuale o legislativa – alle 8 ore giornaliere e alle 40 ore settimanali come orario di riferimento generale. Dall’inizio degli anni '80, ossia da quando il pensiero neoliberista orienta le politiche economiche a livello globale, la tendenza a ridurre l’orario di lavoro si è bloccata, come pure la spinta dei governi a tenere la piena occupazione al centro dei propri obiettivi. Il libro di Fausto Durante mette in relazione il tema dell’orario di lavoro con la crisi provocata dal Covid-19, le sfide poste dal cambiamento climatico e da digitalizzazione e nuove tecnologie industriali, la necessità di costruire una società e un’economia diverse dal passato. L’insieme di questi elementi spinge in direzione di un nuovo impegno per la riduzione dell'orario di lavoro, con vantaggi per la produttività, l'economia, l'equilibrio tra vita e lavoro. Lo dimostrano le tante esperienze che nel mondo si stanno realizzando su spinta di governi e sindacati, così come gli accordi in tante imprese, di cui questo testo dà conto. La domanda a cui rispondere oggi è: può essere il XXI secolo il tempo dei quattro giorni e delle trentadue ore di lavoro a settimana?