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Il dibattito politico e giuridico sull’Europa sociale ha conosciuto dal 2005 una pesante battuta d’arresto dovuta all’Europe’s mid-life crisis successiva alla bocciatura del Trattato per la Costituzione. Esso è stato però rilanciato con forza dalla comunicazione della Commissione europea del novembre 2006 su «Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo», meglio conosciuta come Libro Verde sulla flexicurity. Ne è seguita un’ampia discussione pubblica, testimoniata da una ricca documentazione prodotta dalle istituzioni dell’Unione, dai governi nazionali, dalle parti sociali, da molti centri di ricerca, da singoli studiosi. In questo volume - che prende spunto da un confronto italo-tedesco svoltosi a Berlino nel settembre 2007 - si analizza il rapporto fra flexicurity e tutele del lavoro tipico ed atipico, considerando come punto di osservazione privilegiato quattro aree tematiche: i licenziamenti, il lavoro temporaneo, il part time e i contratti formativi. L’analisi mette in luce il nesso tra la recente evoluzione delle discipline nazionali e le politiche europee dell’ultimo periodo. Ne viene fuori un quadro sintetico ma completo della normativa italiana e tedesca degli istituti menzionati, utile soprattutto per cominciare a riempire di contenuti più precisi quel complesso fenomeno di neo-regolazione sovranazionale e multilivello al quale si allude con l’espressione flexicurity.
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Fin dalla metà degli anni Ottanta si osserva in molti paesi europei un significativo aumento di forme di lavoro temporanee e atipiche. Diversi dati empirici indicano come i lavoratori atipici siano solitamente pagati meno e molto più esposti ai rischi di perdita del lavoro, variabilità salariale, periodi di disoccupazione. I sistemi di welfare europei mostrano molte difficoltà a proteggere queste tipologie di lavoratori che, di conseguenza, sono più vulnerabili e si trovano spesso in condizioni di precarietà e povertà. Il volume descrive l’impatto in Italia di queste problematiche da un punto di vista giuridico, sottolineando la stretta connessione che sussiste tra la regolazione giuridica nazionale del lavoro e il sistema di welfare esistente. Vengono prese in considerazione le forme più utilizzate di lavoro atipico subordinato: contratti di lavoro a tempo determinato, contratti di lavoro part time e contratti di lavoro somministrato. Si esamina il sistema di protezione sociale, evidenziando le diverse e molteplici debolezze del welfare italiano per queste forme di lavoro e analizzando alcune proposte per una loro più effettiva tutela.
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Il mondo delle donne attraversa e s’incrocia con la realtà del sindacato, ma si tratta di una presenza per molti aspetti sommersa, sia sul piano dell’identità collettiva che nel fitto intreccio dei percorsi individuali. Le donne hanno contribuito in maniera forte, anche se non sempre visibile, a sancire diritti e cittadinanza per tutti i lavoratori, uomini e donne. C’è poi una tradizione di lotte che rimanda alla specifica condizione femminile sul lavoro e allo sviluppo del welfare state. Ma, soprattutto, emerge il nodo problematico dell’autonomia del mondo femminile nel sindacato, che ha, tradizionalmente una configurazione fortemente maschile. Indagare tale aspetto vuol dire analizzare se e come la cultura delle donne sia riuscita a ridisegnare strategie, obiettivi e pratiche politiche del sindacato. Ed infine si indaga sul confronto, in differenti stagioni storiche, con i movimenti delle donne e con le culture sottese: l’emancipazionismo e, in tempi assai più recenti, la cultura della differenza.
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Il libro tende a strutturare una Guida alla consapevolezza dei doveri e diritti delle parti nel rapporto di lavoro. Mario Meucci - già docente di Diritto del lavoro e di Relazioni industriali, e con personali esperienze direttive aziendali - ha scelto quale tecnica di trattazione delle più ricorrenti questioni controverse quella di offrire al lettore, non già un tradizionale manuale di diritto del lavoro e sindacale di stampo accademico-istituzionale, bensì aggiornatissimi ed agili saggi sui principali istituti giuridici, che hanno spesso preso spunto dalla loro soluzione giurisprudenziale. Ne è sortito un manuale di diritto del lavoro e sindacale di fatto, diverso solo formalmente da quelli utilizzati nelle aule universitarie ma di pari livello qualitativo dal lato scientifico, con il vantaggio di essere agile e di uso concreto, idoneo alla prospettazione degli aspetti più salienti del rapporto di lavoro nell’impresa e all’auto-soluzione degli interrogativi che esso induce. I cinquanta capitoli dibattono, esemplificativamente, il tema delle corrette modalità di collaborazione in azienda, della libertà di opinione e di critica individuale e sindacale, delle mansioni (equivalenza statica e dinamica), del cd. «assorbimento dei superminimi», degli usi aziendali e dei cd. «diritti quesiti», della successione tra contratti anche in peius, delle ferie, del controllo di malattia, della sorveglianza sull’attività lavorativa, del divieto di indagini sulle opinioni, della prescrizione dei crediti, delle rinunzie e transazioni, della esternalizzazione di rami d’azienda, della violenza e delle molestie sul lavoro, della risoluzione del rapporto del dirigente, dei licenziamenti collettivi e altro ancora.
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Una grande organizzazione sociale, la Cgil, e un universo ampio, radicato e complesso, il mondo cattolico italiano, si confrontano e interagiscono nella realtà concreta del nostro paese da oltre cento anni. Dall’incomunicabilità, quando non dalla contrapposizione del periodo prefascista, si è passati a momenti di grande unità come nella fase che ha portato l’Italia alla riconquista della libertà e della democrazia, per giungere poi alle dialettiche che hanno distinto la seconda parte del Novecento e l’avvio del nuovo secolo. In occasione della ricorrenza del centenario della Cgil questi rapporti sono stati ripercorsi lungo tutta la loro evoluzione. I saggi raccolti nel volume mettono così rispettivamente a fuoco le relazioni non facili tra la CGdL e il movimento sociale cristiano nei decenni che hanno preceduto l’avvento del fascismo; tra la Cgil e la Cisl nel secondo dopoguerra, indagando il confronto complesso fra le culture delle due organizzazioni; tra la Cgil e le Acli passando dal supporto fornito da questa organizzazione alla scissione sindacale nel 1948, all’impegno invece profuso per l’unità sindacale negli anni sessanta e settanta, per giungere alla realtà dell’oggi. L’analisi sviluppata dagli autori affronta così, esplicitamente, le reazioni della Chiesa e dei cattolici italiani alle questioni sindacali nel corso del Novecento, riproponendo il tema del rapporto fra mondo cattolico e questione sindacale in un confronto in cui si misurano Pier Paolo Baretta, Giuseppe Casadio, Guglielmo Epifani e Andrea Olivero.
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Glokers, ovvero global workers, le lavoratrici e i lavoratori nel mondo globalizzato, con le battaglie per i diritti, i casi di sfruttamento, le testimonianze dei protagonisti, le immagini e i colori delle persone e dei luoghi. Questo libro è un diario di viaggio nei cinque continenti, un vero e proprio reportage ricco di informazioni, interviste, racconti nelle mille contrade, vecchie e nuove, in cui si sta sviluppando l’economia produttiva del terzo millennio. Protagonisti sono le donne e gli uomini che affrontano le durezze e le sfide di una globalizzazione spesso impietosa, a contatto con una realtà quotidiana lontana anni luce dalla retorica neoliberista. L’obiettivo del lavoro dignitoso per tutti come asse di una politica all’altezza del potenziale di crisi e dei conflitti che attraversano l’economia mondiale, il diritto alla salute, le grandi disuguaglianze, le discriminazioni, la composizione della forza lavoro che cambia e con essa la geopolitica che assume nuovi contorni: questi e altri temi visti dal grandangolo di chi tenta di organizzare il sindacato persino nelle zone più remote del mondo. Sono i problemi che l’autrice ha imparato a conoscere nel corso di un lungo lavoro a contatto con le realtà più povere del pianeta, descrivendoli in questo libro con passione e curiosità. Un’unica certezza emerge come un filo rosso lungo tutte le pagine: l’affermazione dei diritti fondamentali del lavoro come chiave di volta per la costruzione della pace e di un mondo più giusto, per cui si batte il movimento sindacale nelle sue articolazioni nazionali ed internazionali. Completa il libro una ricca sezione fotografica a colori.
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Il Bilancio di Competenze, praticato in Francia come un diritto dei lavoratori, nel nostro paese si sta diffondendo presso i servizi del lavoro come percorso di orientamento flessibile che comporta la relazione di aiuto e la riattivazione delle risorse personali per la definizione di progetti lavorativi individuali soddisfacenti. L’introduzione delle tecniche orientative specialistiche nei servizi per l’impiego risulta infatti indispensabile per favorire l’inserimento in un mercato del lavoro in continua mutazione che richiede competitività, formazione, specializzazione e competenze. La Guida, completata da un glossario e dal testo della legge francese sul Bilancio, si presenta come opuscolo di facile lettura, utile per comprendere un processo complesso di accompagnamento per uomini e donne disoccupati o in transizione lavorativa. L’illustrazione di un’esperienza pilota di Bilancio di Competenze, attuata nei Centri per l’impiego di Frosinone, Cassino, Sora e Anagni, contribuisce a chiarire il funzionamento di questo importante strumento di inserimento al lavoro.
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Il volume conclude un lavoro di ricerca che la Filcams-Cgil ha inteso promuovere in occasione del centenario della Confederazione celebrato nel 2006. Si è trattato di saldare un debito con le diverse categorie del commercio, con i lavoratori di alberghi e pubblici esercizi e con quelli di vari servizi come le guardie giurate, le imprese di pulizia, i portieri e le collaboratrici domestiche, che mai erano stati oggetti di studio da parte degli storici del sindacato. Un primo volume, pubblicato nel 2005, ricostruiva i tentativi, per tanti versi eroici, che i lavoratori di queste categorie posero in essere, a partire dalla fine dell’Ottocento, per creare organizzazioni sindacali, autonome da tutele padronali, e si concludeva con la distruzione di queste per mano fascista. Questo secondo lavoro riprende il filo del processo di formazione delle organizzazioni sindacali di queste categorie, nel fuoco delle vicende della Resistenza e, poi, della costruzione delle istituzioni democratiche. Due delle tre organizzazioni di cui qui ci si occupa, la Filcea e la Filam, costituirono la Filcams nel 1960, mentre la Filai vi confluì nel 1974. Sulla base di materiale documentario principalmente tratto dall’Archivio Storico della Cgil in Roma, si sono ricostruiti questi processi politico-organizzativi e, prima, le vicende sindacali vissute da ciascuna di queste categorie: i tentativi di radicarsi nei luoghi di lavoro, i conflitti e i negoziati con la controparte, i rapporti con la Confederazione. Sullo sfondo si intravedono le trasformazioni epocali di questi settori produttivi, nel contesto del più generale cambiamento della società italiana.
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L’opera ripercorre l’evoluzione legislativa della pensione di vecchiaia partendo dalle origini di fine Ottocento fino ad arrivare alle indicazioni del legislatore attuale. L’intento dichiarato è quello di individuare i principi fondanti dell’istituto per verificare la loro coerenza con il dettato costituzionale. Per raggiungere tale scopo la ricerca è stata svolta esaminando alcuni elementi ritenuti caratterizzanti - come la pensione retributiva, la perequazione delle prestazioni, la cumulabilità, la pensione minima - alla luce del principio dell’adeguatezza della prestazione e dell’obbligo/diritto di solidarietà nell’evoluzione storica dell’ordinamento pensionistico. I capitoli si susseguono secondo la scansione temporale delle riforme del sistema: si va quindi dagli albori assicurativi del 1898 agli anni ’60 del Novecento, per poi soffermarsi sulla riforma del 1969 che introduce la pensione retributiva; segue la presa di consapevolezza del legislatore della crisi economica del 1992 con la conseguente riforma e nascita della pensione contributiva, i cui effetti successivi conducono alle iniziative legislative che si susseguono dal 2004 al 2007. L’ordito sul quale si svolge il percorso interpretativo è la lettura in senso monistico dell’articolo 38 della Costituzione e il rigetto di una visione dei diritti sociali come diritti condizionati in favore di uno «sviluppo sostenibile» degli stessi. Le conclusioni giungono alla necessità di una rilettura dell’istituto pensionistico che affermi il primato del principio di solidarietà sulla giustizia commutativa.
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Il volume è stato ideato per cogliere i segni visivi che i lavoratori hanno impresso nella memoria collettiva lungo il corso dei centosessanta anni di storia italiana, quelli che ci separano dalla nascita delle prime Società Operaie di Mutuo Soccorso. L’occasione è stata offerta dal Centenario della Confederazione Generale Italiana dei Lavoratori, quindi la ricerca si è concentrata sui filoni ideali che più sono parsi vicini alla storia della Cgil. Si tratta di un impegno vasto che si distingue per le straordinarie dimensioni iconografiche indagate. Per la prima volta, infatti, viene preso in considerazione un così lungo periodo della storia del movimento dei lavoratori italiani per documentarne l’evoluzione dell’immagine e della comunicazione. Questo lavoro collettivo ha inteso verificare la forza e l’originalità culturale espressa dalle classi lavoratrici, esaminando le icone prodotte, l’immagine e la comunicazione creata; cercando di capire se sono entrate nell’immaginario collettivo e anche se sono state assunte e se hanno condizionato quelle delle altre classi o generazioni. Nell’esaminare queste questioni emerge il problema di quanto l’immagine e la comunicazione dei lavoratori abbia inciso sull’industria culturale e, viceversa, quanto quest’ultima determini la durevolezza dell’icona o dell’immagine del lavoro. L’attività di ricerca sulle fonti iconografiche è stata condotta per più di tre anni e ha preso in considerazione uno spettro molto vasto di immagini, di linguaggi espressivi, di forme della comunicazione autoprodotte o commissionate dalle organizzazioni dei lavoratori e, in alcuni casi, dall’industria culturale.
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Questa guida si propone di informare e orientare i cittadini quando sono all’estero su come accedere alle prestazioni sanitarie. La guida è divisa in due parti: la prima riguarda gli italiani che per varie ragioni si recano in altri paesi; la seconda riguarda invece i cittadini stranieri presenti in Italia. Nel caso della sanità le differenze tra paesi circa il diritto dei cittadini alla tutela della salute e all’accesso alle prestazioni sono notevoli, perfino all’interno dell’Unione Europea. Inoltre, proprio paragonando il sistema italiano a quello degli altri paesi, si comprende immediatamente il valore di un servizio sanitario pubblico e universale, come il nostro, che, nonostante le ben note carenze e criticità, costituisce uno dei modelli più avanzati tra i sistemi di welfare nel panorama europeo e mondiale. Naturalmente, i diritti sono tali se vengono effettivamente garantiti; nel caso della sanità tramite l’accesso alle prestazioni comprese nei Livelli Essenziali di Assistenza. E poiché le informazioni carenti o sbagliate sono spesso il primo ostacolo che limita l’accesso alle prestazioni e quindi ai diritti, proprio per questo la guida è uno strumento prezioso, rigoroso, ricco di riferimenti normativi e contemporaneamente di agile consultazione, rivolto a operatori sociali e consulenti, ma anche a tutti coloro che, stranieri, necessitando di assistenza sanitaria, si trovino a dover cercare, in un momento di bisogno, risposte da una pubblica amministrazione molto diversa da quella del loro paese di provenienza.
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Giuseppe Di Vittorio è stato il più importante e influente sindacalista del Novecento italiano. Nato a Cerignola (FG) nel 1892, cresciuto nella miseria accanto ai suoi «fratelli» braccianti, divenuto fin da ragazzo il leader del movimento sindacale pugliese, fu deputato dal 1921 al 1924 e convinto antifascista. Costretto all’esilio dalla dittatura, entrato nelle file del PCd’I egli divenne dal 1930 il Segretario della CGL clandestina. Dopo la caduta di Mussolini fu, insieme al socialista Bruno Buozzi e al democristiano Achille Grandi, il principale artefice della rinascita della CGIL unitaria. Deputato nell’Assemblea Costituente, Di Vittorio lottò con tutte le sue forze, contro l’involuzione del quadro politico nazionale e internazionale della «guerra fredda», per evitare fratture nel sindacato. Purtroppo, il suo sogno unitario si infranse nel momento delle scissioni del 1948-49. Ma egli continuò a difendere strenuamente gli interessi e i diritti delle classi più povere e umili, dando vita a una forma inedita e originale di «sindacalismo del popolo», che ebbe nel Piano del lavoro del 1949 il suo momento più alto. La presente antologia raccoglie una selezione di suoi articoli sulla stampa quotidiana e periodica dal 1944 al 1950. Si tratta di scritti mai pubblicati in volume, che permetteranno di sviluppare una analisi più puntuale del linguaggio e del pensiero di Giuseppe Di Vittorio.