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Dopo l’iniziativa di Napoli del settembre 2015, che abbiamo raccolto nel volume Bilateralità: quali prospettive? e che si proponeva di avviare un percorso di riflessione su un argomento come la bilateralità, che non aveva visto fino a quel momento una discussione organica, abbiamo proseguito la riflessione nel 2016 affrontando con un nuovo seminario alcuni temi specifici quali: il ruolo della bilateralità in Europa, i fondi sanitari, i fondi previdenziali, il welfare contrattuale. Un bilancio di cui, ad un anno dal seminario di Napoli, viene dato conto in questo nuovo volume e che è stato utile anche per cimentarsi su quanto sta avvenendo in questa fase di avvio della definizione di nuovi modelli di relazioni sindacali con le controparti, in cui la bilateralità viene assunta come uno degli elementi di riferimento della contrattazione. L’obiettivo è rimasto quello di provare a rappresentare un progetto di riflessione sistemica sull’argomento, continuando a far confrontare la Cgil e le sue federazioni di categoria, nel quadro delle proprie peculiarità, per migliorare la qualità della contrattazione nella consapevolezza della sua stretta correlazione con la bilateralità.
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- - La provincia di Pesaro e Urbino ha vissuto negli ultimi due decenni il mutamento del suo modello di sviluppo, tuttora in sospeso tra la tradizione dei distretti industriali e gli effetti riorganizzativi, e spesso laceranti, della globalizzazione. Il sistema delle imprese, del lavoro, dell’organizzazione produttiva nel suo complesso, e dell’amministrazione, della società e della cultura ne ha risentito, con modalità e forme diverse, condividendo però lo «spaesamento» per una trasformazione in continuo mutare, da governare, con strumenti spesso inediti e non sempre efficaci. In questa complessa transizione decennale, mutano la trama e l’ordito della provincia di Pesaro e Urbino.
- - Il volume riflette sulle cause e le conseguenze di questa mutazione portando al centro dell’analisi il tema della crisi economica e del cambiamento del modello di sviluppo, la riflessione sulla Terza Italia e i distretti industriali, l’imprenditorialità femminile, lo sviluppo urbano, quello locale e la frattura di genere, la crisi politica della «zona rossa», e la crescita verde e sostenibile coniugata anche al femminile. I saggi che compongono il volume invitano perciò ad una riconsiderazione a tutto tondo, fornendo un quadro organico della provincia da cui emerge la necessità di riportare al centro della riflessione economica e politica dello sviluppo locale, non solo di Pesaro e Urbino, il lavoro, la crescita sostenibile e il benessere.
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Il volume analizza i cambiamen ti nei rapporti tra i sindacati e i partiti intervenuti negli ultimi trent’anni nei principali paesi dell’Europa Occidentale. Ven go no individuate tendenze e processi che si sono verificati in Francia, Germania e Gran Bretagna, ma nel lo stesso tempo il focus si concentra intorno alle più importanti vicende italiane: le quali attraversano la fuoriuscita dai vecchi partiti di massa (e in particolar modo dal Pci), lo scontro D’Alema-Cofferati, e arrivano al tentativo di disintermediazione operato da Renzi. Per quanto lo sguardo sia generale l’attenzione prevalente è dedicata al principale partito della sinistra (nelle sue diverse configurazioni storiche post-Pci), e al principale sindacato (la Cgil). Il legame tra questi attori, che è stato molto stretto nella tra dizione del movimen to operaio, è diventato nel corso degli ultimi decenni progressivamente più esile e incerto. Il punto di arrivo attuale consiste nel forte ridimensionamen to di una comune base di identi fi ca zione, dovuto alla crescen te collocazione del partito al di fuori dell’orbita laburista, cosa che ha coinciso con lo smarrimento del suo ruolo centrale nella elaborazione della cultura politica di riferimento comune. A questa caduta identitaria si è accompagnato anche il venir meno delle relazioni organizzative formali, specie in ambito nazionale e centrale. Il volume intende esplorare le cause di questo fenomeno, si interroga intorno alla sua reversibilità, e indaga inoltre sulle piste intorno a cui possono prendere forma gli scenari e le strategie del futuro.
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Ingrao mi riceve in un salottino, attorno a un tavolinetto basso. Lui mi sta seduto di fronte, in poltrona. Dialogando con lui sulla sua esperienza di pensare e fare il Comunismo avevo l’impressione che quel che diceva fosse meno di quel che pensava e viveva. Sentivo una passione a monte del suo discorso, che il discorso smorzava e riduceva a semplici parole. Sto dicendo che, in un certo senso, chi ha vissuto tutta una vita per fare il comunismo, contrae un’esperienza che in un tempo non comunista non è dicibile e non è comunicabile. C’è tanto d’incomunicabile, al fondo di Ingrao, e forse per questo lui ha tentato le vie della poesia: la poesia suppliva all’impotenza della politica. Anche lui deve aver sentito la sperequazione fra ciò che voleva e doveva dirmi, e ciò che effettivamente diceva. Non ne era contento. Finiti gl’incontri, questa insoddisfazione lo spinse a chiedermi che non fossero pubblicati. (dalla Premessa di Ferdinando Camon)
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Perché gli uomini pagano per il sesso? Il mercato del sesso del nuovo millennio rivela l’esistenza di una domanda crescente, formata da numeri impressionanti di uomini in tutti i paesi occidentali. Colpire questa domanda per contrastare la proliferazione dei mercati sessuali è oggi, dopo secoli di silenzio e di rimozione della responsabilità dei clienti, l’idea guida dell’intervento pubblico anti-prostituzione. Ma gli scandali sessuali che travolgono uomini di potere, come Silvio Berlusconi e Dominique Strauss-Kahn, mostrano che le pratiche maschili di scambio sesso-denaro arrivano a insinuarsi anche nelle stanze della politica. Questo libro è un percorso di esplorazione nel territorio pieno di ombre e di silenzi degli uomini che pagano le donne, fino ad oggi in Italia poco studiati e meno ancora compresi. Analizzando e criticando gli approcci che fanno del sesso a pagamento una patologia di pochi, offre invece uno sguardo ampio sulla cultura contemporanea, che dal mondo del lavoro alla pubblicità produce la commercializzazione del la vita intima e della sessualità. E in questa cultura cerca le radici di potere e impotenza maschile, desiderio e repulsione verso la prostituzione, apertura di spazi virtuali e vessazione delle sex worker migranti. Il cliente emerge così come la figura maschile che interpreta nei suoi esiti più radicali e contraddittori l’ingiunzione contemporanea al consumo sessuale. NUOVA INTRODUZIONE E POSTFAZIONE Prefazione di Maria Rosa Cutrufelli Postfazione di Tamar Pitch
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Donne, immigrati e precari vivono con dizioni di lavoro particolarmen te difficili e la recente crisi economica ha ampliato il loro numero e ha reso la loro mancata tutela un problema sociale particolarmente avvertito. Gli stessi sindacati trovano difficoltà a rappresentarli sia per le instabili condizioni di lavoro sia per le complesse esigenze personali, e stan no svi luppando nuove strategie per ottenere il loro consenso. La maggior parte degli stu di si è soffermata tuttavia sulle scelte strategiche delle grandi organizzazioni mentre in questa ricerca viene adottata una prospettiva rovesciata che si interroga sui modi in cui gli stessi soggetti contribuiscono al cambiamento della rappresentanza. Nel volume vengono confronta te le forme di difesa del lavoro marginale in due metropoli, Milano e Buenos Aires, mol to diverse tra loro ma accomunate dagli stessi processi di precarizzazione tipici della condizione post-fordista. Per ciascu na delle due città sono stati scelti casi particolarmente significativi: a Buenos Aires sono stati studiati i raccoglitori di rifiuti urbani che hanno dato vita al sindacato dei cartoneros, le lavoratrici im migrate boliviane del comparto tessile che si sono liberate dal lavoro schiavo per fondare nuove cooperative, le colf che hanno dato vita a un sindacato di donne unico nel suo genere; di Milano vengono presentati i casi dell’Ortomercato – caratteristico per la presenza del lavoro clandestino –, delle donne delle pulizie negli ospedali e negli uffici pub blici, dei giovani ricercatori precari dell’Istituto nazionale dei tumori e dell’Istituto Car lo Besta. I casi considerati sfidano le forme tradizionali della rappresentanza e spingono i sindacati verso un rinnovamento culturale prima ancora che organizzativo.
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Quali sono le dinamiche dei mercati finanziari? Che vogliono dire default e spread ? E, soprattutto, quali rischi comportano gli strumenti finanziari (azioni, obbligazioni, derivati…) che ci vengono proposti? Comprendere i concetti base della finanza ed entrare nei suoi meccanismi essenziali è il primo passo per prendere decisioni consapevoli quando ci troviamo di fronte a scelte che coinvolgono le nostre esi genze finanziarie, come la gestione dei nostri risparmi, il cui risultato è incerto e si rivelerà soltanto a posteriori. Spesso trascurati, i rischi finanziari hanno invece avuto negli ultimi anni un impatto devastante sui redditi individuali e sui bilanci degli Stati. È importante quindi disporre di un bagaglio minimo di conoscenze per affrontare la complessità dei diversi prodotti finanziari. L’obiettivo di questo volume è offrire, anche ai lettori digiuni di nozioni economiche, un’introduzione ai concetti chiave del funzionamento degli strumenti di base e dell’universo della finanza.
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Sono anni che il movimento sindacale contrasta i provvedimenti volti a destrutturare l’impianto della scuola pubblica emerso con la sperimentazione e la legislazione degli anni Settanta e Ottanta; più consistente è invece la fatica di tradurre l’elaborazione critica e analitica in una progettualità declinabile sul terreno della materia contrattuale. La legge 107/2015, intercettando un bisogno di cambiamento nella valorizzazione professionale, ha fornito però una risposta irricevibile che riproponeva, in modo piuttosto confuso e con diversi anni di ritardo, i fondamenti culturali della svolta di matrice neoliberista. Concetti distinti come impegno, merito, professionalità sono stati mescolati al fine di rappresentare nell’immaginario collettivo una risposta al bisogno di riconoscimento professionale che costituisce uno dei punti più delicati del lavoro educativo, approdando inesorabilmente ad una logica di tipo aziendalistico. È in questa cornice che matura la proposta di un convegno sulla professionalità docente, promosso dalla FLC CGIL Piemonte e i cui risultati sono raccolti in questo volume, per rispondere all’esigenza di entrare in un terreno difficile da sempre per il movimento sindacale, ma necessario per definire una strategia complessiva in grado di tenere insieme la sensibilità pedagogica con il profilo identitario del lavoro e con il controllo sull’organizzazione del lavoro. I contributi che seguono la relazione introduttiva si sviluppano su percorsi articolati: dalla riflessione in materia di professionalità nella cornice ministeriale all’elaborazione sui contenuti professionali della docenza professionale, per concludere con la lettura sociologica delle relazioni sindacali nel comparto scuola.
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Il Rapporto sui diritti globali è uno studio annuale, unico a livello internazionale, che analizza i processi connessi alla globalizzazione e alle sue ricadute, sotto i vari profili economici, sociali, geopolitici e ambientali, osservati in un’ottica che vede i diritti come interdipendenti. La struttura del Rapporto, giunto alla sua 16a edizione, è articolata in capitoli tematici, suddivisi in una panoramica generale e in Focus di approfondimento su alcune delle problematiche più rilevanti e attuali dell’anno. L’analisi e la ricerca sono corredate da cronologie dei fatti, dati statistici, riferimenti bibliografici e web. Il Rapporto sui diritti globali, contenente le analisi più approfondite, le cifre più aggiornate, il quadro più ampio, si è confermato come uno strumento fondamentale di informazione e formazione per quanti operano nella scuola, nei media e nell’informazione, nella politica, nelle amministrazioni pubbliche, nel mondo del lavoro, nelle professioni sociali, nelle associazioni.
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Leggi 180, 194 e 833: attualità e prospettive di tre grandi riforme Contrasto alla povertà e politiche di reddito minimo in Europa Populismo, democrazia e sistema politico italiano. Prova
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Una tappa storica nella vita di un popolo, che si proietta nell’avvenire come un progresso». Così nel 1946 Giuseppe Di Vittorio si augurava dovesse diventare la Carta Costituzionale, «fondata sul lavoro», che due anni dopo, a conclusione dei lavori della Costituente, sarebbe entrata in vigore il 1° gennaio 1948. E di fronte al dramma della disoccupazione aggiungeva: «[...] La Confederazione generale del lavoro non chiede allo Stato sussidi, ma chiede che si creino condizioni tali da dare lavoro ai disoccupati». A distanza di settant’anni, di fronte a uno scenario cupo per l’occupazione, la cui precarietà si esprime in un’articolazione infinita di modelli contrattuali, incontrollati e incontrollabili, che minano il rispetto della dignità della persona umana, di ogni singolo lavoratore, è legittimo chiedersi quale forza abbiano ancora quelle disposizioni volute dai Costituenti, quanto siano state attuate e, all’estremo, se siano davvero attuabili. Insomma, se anche i giovani millennials possano davvero dire, come l’umile Mugnaio di Sans-Souci: c’è un giudice a Berlino.