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Televisione e consumi di massa, bomba atomica, cinema, comunismi e capitalismi, contestazione e pacifismi, erotismo e merce, fascismo europeo, imperialismo americano, lotta sindacale, mafia, viaggi spaziali, Vietnam: di questo e altro si parla in questa antologia che raccoglie, tra i tanti articoli scritti da Gianni Toti, quelli più significativi e esemplari usciti tra gli anni cinquanta e sessanta su «Lavoro», rotocalco settimanale della Cgil, e su «Vie Nuove», a cui in quel tempo collaborava anche Pasolini. Toti è stato un protagonista della letteratura e dell’arte del secondo Novecento, attivo su più fronti: scrittore di poesia e prosa di fondamentale importanza, tra i primi autori di videopoesia e videoarte, attivo collaboratore di giornali e riviste. In questo libro viene documentata proprio la sua attività giornalistica, che si trovava fino ad oggi dispersa in varie testate. La raccolta è considerevole, non solo perché fa conoscere meglio questo autore ingiustamente trascurato dalla critica, ma anche perché offre un esempio singolare di scrittura giornalistica, priva dell’aria svagata e un po’ schizzinosa tipica dello scrittore prestato alla stampa. Toti è giornalista a pieno titolo, puntiglioso raccoglitore di indizi e solerte intervistatore, e però nello stesso tempo è un autore d’avanguardia, un acrobata del linguaggio dedito a continue invenzioni di stile e di terminologia. Il libro mostra uno spaccato storico degli anni della guerra fredda pieno di spunti polemici e acute analisi, in cui è dato scorgere peraltro non pochi elementi ancora di attualità; è inoltre un viaggio suggestivo per le vie di un mondo già in scala «globale» (tanto che il titolo di una sua rubrica è, appunto, Planetario), dove Toti dimostra tutta la sua versatilità e la sua fame di conoscenza e di parole.
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Dietro le discussioni sul fisco ci sono, oltre ad interessi contrapposti e ad aspetti pratici, visioni ideologiche e concettuali che riguardano un rapporto più profondo: quello tra proprietà, individuo e Stato. Avere un quadro delle scelte valoriali è, quindi, fondamentale per comprendere l’effettiva portata delle diverse politiche fiscali. Ciò, secondo Beniamino Lapadula, responsabile del Dipartimento economico della Cgil, è tanto più importante nel momento in cui il sindacato con la piattaforma «per valorizzare il lavoro e far crescere il paese» ha sollevato con forza la necessità di rimettere mano al sistema fiscale. Occorre, infatti, ridare respiro ai salari, oggi fortemente compressi anche a causa dell’eccessivo carico tributario, e mettere a punto incentivi fiscali per favorire lo sviluppo della contrattazione di secondo livello. Bisogna pertanto riaprire il cantiere delle riforme fiscali, un cantiere che ha lavorato alacremente nel corso degli ultimi dieci anni con risultati però deludenti. La base imponibile Irpef resta troppo ristretta e riferita, nei fatti, quasi esclusivamente ai redditi da lavoro dipendente e da pensione, mentre il suo gettito è troppo elevato rispetto a quello dell’Iva. Il governo della destra, fino ad oggi, non sembra disponibile ad avviare un dialogo sociale costruttivo e a confrontarsi in modo aperto con le proposte delle grandi confederazioni sindacali. Berlusconi rischia così di ripetere l’esperienza del passato, quella cioè di una conflittualità sociale che potrebbe metterlo in serie difficoltà.
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Orfana, prostituta, alcolista, «artista» come spesso amava definirsi, madre di un solo figlio maschio, moglie un po’ per convenienza un po’ per affetto di un ex pugile in libertà vigilata, cattolica a suo modo e comunista a suo modo: questa è la storia di Teresina, veneziana, donna dalla straordinaria carica vitale di ironia, intelligenza, passione e voglia di vivere. Nata povera nel 1923, muore altrettanto povera nel 1980, a soli cinquantasette anni. Teresina è stata ripetutamente picchiata dal marito e dal figlio, fino alla morte, dovuta ad una combinazione fatale di cirrosi epatica e percosse dei familiari su un corpo ormai incapace di guarire dagli ematomi e dalle ferite. La sua vita disperata e la sua vitalità irriducibile nella Venezia del dopoguerra fino agli inizi degli anni ’80 sono un simbolo forte, purtroppo ancora attuale, delle grandi contraddizioni dell’Italia di pochi decenni fa ma anche della società contemporanea. Il narratore, testimone della storia di Teresina, scrive nella doppia veste di ex vicino di casa negli ultimi cinque anni di vita della protagonista, e di co-fondatore dell’associazione italiana Maschile Plurale, nata nel 2007. Il libro, scritto in collaborazione con l’associazione rEsistenze per la memoria e la storia delle donne in Veneto, è dedicato alla Giornata mondiale contro la violenza sulle donne del 25 novembre 2008.
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Dopo anni di intensa attività, un anziano professore inglese di Scienza politica va in pensione, costringendo il suo assistente universitario al precariato. Appena prima di partire per l’Inghilterra, il maestro decide di lasciare al suo discepolo un divano bianco. Il giovane comincia così un viaggio nei salotti della Napoli bene, in cerca di una degna sistemazione per l’oggetto ereditato. La ricerca diventa l’occasione per rileggere alcuni capitoli della storia sociale e politica napoletana: da Lauro a Gava, agli «opachi anni ottanta», per finire con il disincanto della Iervolino e il disastro dei rifiuti. Se Saviano ci ha accompagnato nel ventre delle periferie degradate e del sistema della camorra, Iaccarino ci racconta un’altra Napoli, quella istituzionale, quella del potere politico. Scrutando nelle maglie più nascoste della città, il libro - che si sviluppa in modo ibrido tra narrativa, finzione e dettagliato reportage sociale, una sorta di memoir di formazione intellettuale - illustra i motivi di complicità che legano la società civile all’illegalità, riflettendo sulle debolezze politiche e sulle possibili vie per risollevare le sorti della città. «La politica campana, rinchiudendosi nel salotto, aveva finito per sottovalutare la portata reale dei problemi. I cittadini avvertivano la crescente distanza, come se il personale politico avesse smesso di calpestare i suoli della città. [...] Le politiche pubbliche nell’era dei rifiuti sembravano soffrire della "sindrome del sassolino". Tutte le volte che provavamo a scrivere dei processi decisionali nella nostra regione, menzionando il nome del governatore campano, il computer lo correggeva automaticamente con "sassolino". Come se, dinanzi alla tragedia della spazzatura, ogni altra decisione, persino la più valida, si dovesse tramutare in un sassolino caduto nello stagno.»
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Antropologo prestato alla letteratura, nato nell’officina di «Nuovi Argomenti», Minervino racconta, con impegno civile e fuori dalle approssimazioni mediatiche, una regione dell’Italia di oggi. Immagini di una Calabria che si situa tra passato e presente, notazioni storiche e filosofiche, echi letterari, diari di viaggio e fatti di attualità commentati in presa diretta, in un flusso lavico che ricompone lo spirito di un luogo, la sua presunta e perduta identità. Con una lingua tesa, affilata, e un tono sempre caldo e partecipato, l’autore racconta i ragazzi di Paola, la fe rocia di Duisburg, il mare amato da Enzo Siciliano, la Calabria di Mario Soldati e i suoi vini, le operazioni mediatiche di Oliviero Toscani, e naturalmente i fuochi, gli incendi e i roghi che ogni anno con sinistra cadenza divampano in un paesaggio arcaico e insieme «modernissimo». Come ha scritto Franco Arminio nella prefazione al testo: «La Calabria di Minervino è una regione potente, un luogo in cui la bellezza e la devastazione della bellezza sembrano sfuggire a ogni tentativo di cercarne rimedi e ragioni». «La Calabria brucia, la Calabria va a fuoco, in tutti i sensi. Ci sono immagini, archetipi, che in questi giorni di roghi divampanti riemergono con inquietudine dall’inconscio collettivo. Sembra una prova generale dell’Apocalisse di Giovanni, in cui l’elemento dominante, come ricorda spesso James Hillman, è proprio quello del fuoco che viene dal cielo e del fumo nero che sale dalla terra e brucia ogni cosa.»
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«Lavoratori, oggi in questa piazza, circondati dalle baionette del dispotismo, ci siamo riuniti per proclamare insieme ai nostri fratelli del mondo intero la rivendicazione dei nostri diritti, l’emancipazione del lavoro». Le parole di Amilcare Cipriani al comizio del 1° Maggio 1891 in piazza Santa Croce in Gerusalemme precedono i sanguinosi disordini che pongono fine alla fase spontaneista del movimento operaio romano. Con più consapevolezza e organizzazione i lavoratori e i cittadini della capitale continueranno a «scendere in piazza» per la libertà, i diritti, la democrazia e la pace. La piazza come luogo fisico, ma soprattutto come espressione figurata della partecipazione civile, delle lotte sociali e politiche, è al centro di questo libro che ricostruisce alcuni dei momenti più significativi della Roma del lavoro: dall’insediamento dei ministeri alle prime associazioni operaie, dalla nascita della Camera del lavoro all’occupazione delle fabbriche, dalla lotta antifascista alla ripresa della libera attività sindacale. Una ricostruzione vivace e rigorosa per riflettere sul passato e sul senso profondo di un’identità collettiva.
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La figura di Giuseppe Garibaldi riveste un ruolo particolare nella storia d’Italia. Nel libro si sottolienea la correlazione tra il mito dell’Eroe dei due Mondi e le forme di impegno sociale e politico da esso scaturite, nell’utilizzo che ne fecero i protagonisti del mondo del lavoro, nel campo associativo e rivendicativo così come sul terreno più direttamente politico e partitico. Si risale alle origini del mito popolare di Garibaldi, quando esso alimentò i caratteri del primo radicalismo italiano sul piano sociale e politico, nel paese e nell’emigrazione. Fu all’indomani dell’unificazione nazionale che le eredità di Garibaldi e le memorie dei suoi volontari influenzarono la contaminazione delle culture politiche laiche e democratiche (repubblicana in primo luogo, ma anche federalistica, massonica, socialista). Furono diverse le generazioni di volontari e quindi di «militanti» garibaldini, dal Risorgimento alla Resistenza e fino alle lotte elettorali dei primi anni della Repubblica. Volontariato e identità generazionale (tanti giovani nel nome del mito di Garibaldi) connotarono sempre le diverse ondate di garibaldini che animarono la storia italiana, facendone comunità ben riconoscibili, dotate di memorie e simboli identitari. Garibaldi non appariva solo il condottiero del Risorgimento ma il possibile simbolo di una sinistra plurale (di volta in volta democratico-repubblicana e libertaria, socialista e comunista) che intendeva accomunare la saldezza dei principi morali e umanitari alla concretezza dell’azione sociale e politica. Saggi di: Eva Cecchinato, Fulvio Conti, Marco Fincardi, Emilio Franzina, Annita Garibaldi Jallet, Mario Isnenghi, Lucy Riall, Maurizio Ridolfi, Luigi Tomassini.
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Venti giovani talenti della nuova narrativa italiana, quella che dopo tanto tempo ha ricominciato a occuparsi di «realtà», parlano di lavoro: quello che c’è o ancora non arriva; quello che penetra nei gangli della vita quotidiana fino a sconvolgere - o a vivificare - progetti, speranze, sogni. È il lavoro liquido nella società liquida: difficilmente collocabile in spazi definiti, proprio per questo permea di sé tutti gli aspetti quotidiani della vita delle persone. Lettere, soliloqui, racconti in senso stretto; riflessioni e dialoghi. Il «teatro» del lavoro mette in cena le proprie rappresentazioni - ora drammatiche, ora comiche, ora grottesche - scardinando le tradizionali distinzioni di genere. Segnali di fumo da una generazione che cerca di decifrare il senso del proprio destino in un presente che è somma di giorni proiettati come lance aguzze verso un futuro che sembra sempre un po’ «più in là». Testi di: Piero Sorrentino, Giancarlo D’Arcangelo Liviano, Chiara Valerio, Nicola Lagioia, Andrea Di Consoli, Monica Mazzitelli, Franz Krauspenhaar, Demetrio Paolin, Marco Missiroli, Elena Varvello, Giorgio Fontana, Barbara di Gregorio, Alessandro Leogrande, Tommaso Giagni, Angela Flori, Federica Manzon, Alberto Garlini, Carlo Carabba, Elisa Davoglio, Gaia Manzini.
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Rimuovere dalla memoria il Governo Prodi è un errore. Sulla rimozione non si può costruire nulla di buono. L’esperienza di quel governo ha avuto luci e ombre, che vanno tutte valutate senza timori. Solo con un esame appassionato e critico del biennio 2006/2008 l’area politica dell’ex centro sinistra può (forse) ridare alle elettrici e agli elettori delusi la speranza di sconfiggere (di nuovo) in futuro la destra, che è oggi vincente e governante in Italia. "Ripartire da Prodi" punta in questa direzione: è un discorso di verità svolto da Alfiero Grandi con l’auspicio che altri contribuiscano apertamente a questa riflessione critica ed autocritica, anziché chiudersi in un silenzio conformista, furbesco e un poco omertoso. Le speranze delle primarie, del programma, della campagna elettorale, della formazione del secondo Governo Prodi sono state frustrate anche troppo e i risultati sono noti. Le donne e gli uomini che hanno avuto fiducia nel centro sinistra nel 2006 oggi meritano risposte che fino ad ora non hanno avuto. Forse così, conclude Grandi, potranno tornare a fidarsi.
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Il settimanale «Lavoro» rappresenta un caso editoriale unico e irripetibile della storia sindacale, un rotocalco "popolare" dal taglio moderno ed elegante, perfettamente in grado di competere, per la raffinatezza delle illustrazioni e la qualità della veste grafica, con le riviste di attualità più in voga nell’Italia degli anni cinquanta. Fondato nel 1948, prodotto esemplare della visione "nazionalpopolare" di Giuseppe Di Vittorio, in pochi anni - con l’arrivo alla direzione di Gianni Toti, straordinaria figura di giornalista e poeta, e grazie a una redazione di giovani giornalisti, alcuni dei quali con un grande futuro - «Lavoro» compirà una piccola rivoluzione nella stampa sindacale, segnalandosi per la modernità dell’iconografia e dei linguaggi e per l’ampiezza dei temi affrontati: non solo sindacato ma anche letteratura, cinema, fotografia, tempo libero. In questo volume riproponiamo tre numeri originali di «Lavoro», ristampati in copia anastatica e rappresentativi dell’evoluzione del giornale (1951, 1955 e 1956), accompagnati da alcune singole pagine scelte tra le sue copertine più significative, gli esclusivi fotoreportage, le più brillanti inchieste giornalistiche e le centinaia di immagini che sono ormai parte della storia del movimento sindacale.
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I cambiamenti nel campo della tutela degli infortuni e delle malattie professionali sono stati nel corso degli ultimi anni molti e, in taluni casi di difficile comprensione. Con il decreto 38/2000, per esempio, si è completamente innovato il sistema identitario del danno permanente e recenti sentenze della Cassazione hanno stravolto principi consolidati in tema di revisioni e/o aggravamenti. Alla luce di tale quadro, questo vademecum si propone di facilitare il compito degli operatori dei patronati, degli avvocati e degli specialisti, attraverso la semplificazione della problematica, realizzata con la soluzione di semplici casi che possono presentarsi quotidianamente nell’ambito del loro lavoro. Un contributo, quindi, tanto più prezioso se si considera che l’attività di tutela in questo settore si sostanzia prevalentemente in attività di contenzioso amministrativo e medico-legale.
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Il volume ricostruisce la storia ed il processo di sindacalizzazione che ha coinvolto il settore del pubblico impiego dagli inizi del Novecento ad oggi. Con l’apporto di studiosi appartenenti anche a discipline diverse e con il sistematico utilizzo delle differenti fonti a disposizione, si è giunti a collegare questa storia con le modificazioni che si sono succedute sul piano economico, politico e sociale nell’Italia del ventesimo secolo, ponendo in luce il legame che si è progressivamente costituito fra il comparto dell’impiego pubblico (nelle sue molteplici articolazioni) e la vicenda istituzionale italiana. Elemento centrale dell’impostazione, che rappresenta sotto molti aspetti la conclusione di un lungo percorso, è la cornice sindacale della Funzione pubblica Cgil; cornice non svincolabile - culturalmente e storicamente - dalle origini del processo di formazione delle strutture di rappresentanza sindacale nel pubblico impiego, che affondano le loro radici sia nel periodo repubblicano, sia nei decenni precedenti, arrivando a collegarsi con le differenti vicende dell’Italia di inizio Novecento. In questo senso il volume ha indagato la complessa articolazione e incidenza della storia sindacale del pubblico impiego nella vicenda istituzionale, nonché il Il volume ricostruisce la storia ed il processo di sindacalizzazione che ha coinvolto il settore del pubblico impiego dagli inizi del Novecento ad oggi. Con l’apporto di studiosi appartenenti anche a discipline diverse e con il sistematico utilizzo delle differenti fonti a disposizione, si è giunti a collegare questa storia con le modificazioni che si sono succedute sul piano economico, politico e sociale nell’Italia del ventesimo secolo, ponendo in luce il legame che si è progressivamente costituito fra il comparto dell’impiego pubblico (nelle sue molteplici articolazioni) e la vicenda istituzionale italiana. Elemento centrale dell’impostazione, che rappresenta sotto molti aspetti la conclusione di un lungo percorso, è la cornice sindacale della Funzione pubblica Cgil; cornice non svincolabile - culturalmente e storicamente - dalle origini del processo di formazione delle strutture di rappresentanza sindacale nel pubblico impiego, che affondano le loro radici sia nel periodo repubblicano, sia nei decenni precedenti, arrivando a collegarsi con le differenti vicende dell’Italia di inizio Novecento. In questo senso il volume ha indagato la complessa articolazione e incidenza della storia sindacale del pubblico impiego nella vicenda istituzionale, nonché il ruolo svolto, specie negli ultimi decenni, dalla rappresentanza sindacale nel fungere da stimolo e da soggetto proponente delle riforme nella pubblica amministrazione. Tali elementi permettono di cogliere la particolare e assolutamente unica vicenda sindacale del pubblico impiego, facendo emergere una ricchezza di posizioni, avvenimenti, definizioni, lotte, vittorie e sconfitte che collocano significativamente questa vicenda all’interno del quadro storico dell’Italia del Novecento e della sua storia politica dal secondo dopoguerra in avanti. Saggi di: Adolfo Braga, Mimmo Carrieri, Anna Maria Cicolani, Alessio Gagliardi, Maria Chiara Giorgi, Maria Paola Del Rossi, Fabrizio Loreto, Guido Salvatore Melis, Edmondo Montali.