• In questi ultimi decenni, la rivoluzione biomedica ha imposto quale oggetto della riflessione etica il tema nodale di una libertà esistenziale dai contorni inediti e spesso indefinibili. L’errore più rovinoso che potremmo commettere sarebbe proprio quello di entrare nella nuova epoca con il bagaglio teorico e morale tradizionale, applicando ai problemi attuali soluzioni maturate in una fase storica diversa e senza definire ipotesi adeguate. Saggi di Giovanni Berlinguer, Ernesto Di Mauro, Eugenio Lecaldano, Sebastiano Maffettone, Maurizio Mori, Demetrio Neri, Uberto Scarpelli, Peter Singer, Carlo Augusto Viano.
  • È il 12 settembre del 1943 quando Mussolini viene liberato dalla prigione di Campo Imperatore sul Gran Sasso con un colpo di mano delle SS tedesche. Trasportato in Germania, viene immediatamente trasferito al quartier generale di Hitler e lì, da radio Monaco, annuncia la costituzione del Partito fascista repubblicano e di una repubblica nelle regioni dell’Italia settentrionale occupate dai tedeschi. -Rientrato pochi giorni dopo in Italia forma un nuovo governo che avrà sede a Salò, in provincia di Brescia, sulle rive del lago di Garda. Il nuovo Stato fascista, la Repubblica sociale italiana, resterà quindi noto anche come Repubblica di Salò e, attraverso i «seicento giorni» della sua esistenza, rappresenterà uno dei passaggi più torbidi e drammatici della storia nazionale di quegli anni. -Questa esperienza, tragica ed effimera al tempo stesso, nata in realtà per volontà e decisione di Hitler in reazione all’armistizio dell’8 settembre, avrà per teatro i territori occupati dai tedeschi fino al 1945. Infatti il 25 aprile si compie, con la Liberazione, il cammino iniziato nel marzo del 1943 con gli scioperi degli operai del triangolo industriale e poi sviluppatosi nella forte partecipazione proletaria e popolare che caratterizzerà l’organizzazione e l’azione della Resistenza. -I saggi degli storici, dei docenti e dei ricercatori, raccolti nel volume, a sessant’anni dalla sua conclusione, delineano un quadro compiuto di quell’esperienza e ne esaminano i diversi spaccati con un taglio non puramente rievocativo, bensì attento a cogliere gli aspetti di pregnante attualità politica di quel tratto di storia italiana. -Contributi di: Sandro Antonini, Marco Borghi, Riccardo Caporale, Mimmo Franzinelli, Dianella Gagliani, Francesco Germinario, Franco Giannantoni, Dino Greco, Adolfo Mignemi, Raffaele Mantegazza, Adolfo Pepe, Pier Paolo Poggio.
  • Una storia rivolta ai soli grandi eventi e alle élites perde di vista la «memoria collettiva della quotidianità», mentre le storie di vita delle persone restituiscono agli avvenimenti quel significato di impresa umana che li rende irriducibili, proprio perché azioni consapevoli degli uomini e delle donne. E la differenza non è da poco. Non c'è, dunque, soltanto la grande storia; c'è anche la storia minuta e diffusa delle persone che si sono impegnate nel proprio territorio, una storia da raccogliere e scrivere per dare conto di una grande esperienza umana collettiva che ha permesso il progresso sociale e civile delle comunità. È questo ciò che bene si comprende scorrendo i ricordi di lotte raccolti nel volume: da Savino Di Bari - vero costruttore di tutte le conquiste sindacali della Basilicata nonché loro memoria storica - ad Antonio Sileo, Eleonora Miceli Covelli e tanti altri testimoni, fino al più anziano degli intervistati, Antonio Tudisco, di 92 anni, che con grande precisione ci descrive lo svolgersi degli avvenimenti vissuti tra la fine degli anni quaranta e quella degli anni sessanta. Testimoni e protagonisti, tutti, pronti a ricordare e raccontare per trasmettere alle giovani generazioni, con la propria storia vissuta, la passione per il sindacato e l’orgoglio di chi, tra povertà e miseria, ha lottato per i propri ideali e per la difesa dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.
  • Il volume illustra la nuova indagine dell’Ires sul lavoro minorile, per la quale sono state realizzate più di 2.000 interviste a ragazzi tra gli 11 e i 17 anni in nove grandi città italiane. Obiettivo principale dello studio è stato di approfondire sia i profili attuali del lavoro precoce, sia i suoi legami con i corsi di vita e le eredità sociali. Si è in tal modo puntato a fornire una ricostruzione dei differenti stadi di sviluppo del lavoro minorile e delle sue condizioni socio-ambientali. Famiglie, stili di vita, percorsi scolastici a rischio di dispersione sono stati tra i temi affrontati per rintracciare motivazioni, presupposti ed effetti delle esperienze di lavoro precoce. Al di là di semplicistiche stigmatizzazioni, i lavori minorili sono apparsi come tasselli di corsi di vita condizionati da specifiche eredità familiari e sociali e quindi difficilmente reversibili: culture familiari e territoriali di riferimento, marcate da condizioni di arretratezza economico-sociale oppure regolate da sistemi valoriali non reinterpretati alla luce delle nuove complessità post-moderne, orientano i minori lungo percorsi che possono con maggiori probabilità condurre a marginalità ed esclusione sociale.
  • Attraverso una serie di interventi affidati a storici, sociologi, economisti, giuristi e filosofi, il volume si propone di ripercorrere il cammino della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 dal momento della sua promulgazione a oggi, analizzandola da diverse angolazioni. La tesi di fondo è che, dopo un periodo di offuscamento coincidente con la guerra fredda, a partire dagli anni novanta la Dichiarazione abbia acquistato un rinnovato vigore: si assiste a una ricostruzione forte del soggetto «persona», i diritti vengono riscoperti dalle donne, dagli ecologisti, dai soggetti sociali che erano stati esclusi dalle Dichiarazioni dei diritti settecentesche. Nuovi organismi internazionali sorgono e altri ritrovano un antico vigore. Tutto positivo dunque? Purtroppo no, perché si assiste a una trasformazione delle relazioni globali - sotto il profilo sociale, economico, giuridico, militare - che tende a ostacolare la concreta applicabilità di questi diritti, anche se proclamati e condivisi da un numero sempre più ingente di individui. Sul contrasto tra la crescente sensibilità per i diritti umani e i processi globali che ne rendono difficile il rispetto insiste il filo rosso del volume. Contributi di: Bovero, Costa, Donolo, Ferrajoli, Flores, Leon, Marramao, Resta, Rodotà, Rossi-Doria, Salvati, Senese.
  • Il libro racconta i due mesi che hanno cambiato la recente storia francese, grazie alla mobilitazione dei giovani contro il Cpe (contratto di primo impiego) proposto dal primo ministro Dominique De Villepin, considerato l’anticamera verso la precarietà a vita. Una rivolta che ha acceso i riflettori di tutta Europa sulla Francia e sugli studenti che hanno animato la lotta. La consapevolezza di quel rischio è infatti maturata soprattutto nelle università, tanto che l’evento simbolico della mobilitazione è stato individuato nell’occupazione e nel successivo sgombero della Sorbona. Si descrivono i fatti accaduti, a partire dalla «rivolta delle banlieues», immediatamente precedente, fino al ritiro del provvedimento da parte del governo. Attraverso storie e interviste, si interrogano gli studenti, i lavoratori precari e gli stagisti, nuova frontiera del precariato. Il libro è inoltre corredato da una serie di interviste ad alcuni intellettuali francesi (Dubet, Bensaid, Castel, Fitoussi) e da un raffronto tra il mercato del lavoro francese e quello italiano, a cura di Alessandro Genovesi del Dipartimento Politiche attive del lavoro della Cgil.
  • La ricerca di Christian G. De Vito, compiuta attingendo a un notevole patrimonio umano e documentario di memoria, analizza la relazione fra Comunità dell’Isolotto e mondo operaio come momento emblematico del cambiamento di paradigma relativo al rapporto fra l’ambito operaio e la sfera cattolica: dall’estraneità aspramente contrappositiva alla reciproca positiva contaminazione. In quello storico mutamento essa individua lo snodo fondamentale per la definizione dell’identità della Parrocchia/Comunità dell’Isolotto nell’intero periodo dal 1954 al 2010. Scorrono così in successione nelle pagine del libro i molteplici significati assunti dall’esperienza di comunità: quella missionaria ed ecumenica degli anni Cinquanta, alla quale succedono prima la «Chiesa dei poveri», del periodo conciliare e del Sessantotto, e via via la comunità quartiere degli anni 1969-72, la comunità di base degli anni successivi, fino alla comunità in ricerca di fronte alle trasformazioni indotte dalla globalizzazione e al rapporto con i nuovi movimenti sociali dei giorni nostri. La ricerca di De Vito analizza l’esperienza specifica dell’Isolotto, ma supera intenzionalmente la frattura tra storia religiosa e storia sociale, traendo ispirazione e confrontandosi idealmente con la tradizione degli studi che a livello internazionale hanno indagato la questione del rapporto tra la storia delle classi subalterne e la religiosità popolare.
  • Quattro crisi che si intrecciano e si rafforzano l’un l’altra, in un vortice che rischia di spazzare via il modello europeo di welfare state e di tutela dei diritti dei lavoratori, punto di arrivo di un percorso avviato dai movimenti politici e sindacali di sinistra nell’Ottocento. Un modello che la sinistra europea non riesce più a difendere. Un modello che l’Europa, costruita finora su un progetto economico più che politico, guarda con crescente insofferenza, come fosse un peso nella sfrenata competizione globale. Il dumping sociale sta deindustrializzando l’Occidente, privandolo di milioni di posti di lavoro ed erodendo le conquiste sociali di due secoli di lotte. Allo stesso tempo, impedisce che le nuove economie «emergano» anche dal punto di vista di uno sviluppo sociale sostenibile, a causa di quella che è stata definita la «corsa al ribasso». I cittadini europei, impauriti e in cerca di un’effettiva rappresentanza, cedono sempre più alle sirene dei populismi, della xenofobia e delle demagogie anti-europeiste, contestando la stessa idea di un’Europa unita sotto l’insegna dell’integrazione. Eppure una risposta alternativa ci sarebbe. La promozione di una clausola sociale nell’ordinamento del commercio internazionale potrebbe rappresentare la prima battaglia veramente politica dell’Europa Unita. Sarebbe una bandiera della sinistra europea del III millennio. Sarebbe una risposta all’altezza delle quattro crisi che stiamo vivendo.
  • Se parliamo degli attentati del Bataclan, di Nizza, Bruxelles e Manchester, in Occidente tutti hanno immediata memoria del terrorismo islamico. La musica cambia se parliamo del terrorismo suprematista e xenofobo: Oklahoma City, Utøya, Christchurch, El Paso. I ricordi si fanno più confusi, in alcuni casi fuorvianti. Eppure sono attentati che hanno causato centinaia e centinaia di morti. Il libro Rete nera analizza le azioni, il pensiero dei killer suprematisti, i loro manifesti politici, che condividono sul web e non solo, i punti di contatto tra nazionalismo e xenofobia. Lo stragista di Utøya elencò già nel 2011 i partiti che avrebbero potuto dare una mano per prendere il potere: Russia Unita di Putin, il Front National di Le Pen, la Lega, Forza Nuova, Fpö, Pvv, Vlaams Belang. Una parte di queste forze avrebbe poi formato nel 2015 un gruppo unico all’Europarlamento e sarebbe anche andata al governo in alcuni Paesi, tra cui l’Italia. E che dire del killer di Christchurch, australiano, che si radicalizza in Europa e fa donazioni ai movimenti identitari di Francia e Austria? Il suo manifesto politico si intitola “La Grande Sostituzione”, come il saggio del francese Renaud Camus. La teoria di base è semplice: gli occidentali bianchi devono ricominciare a fare più figli e gli immigrati devono tornare a casa loro. Per svegliare le coscienze e respingere gli “invasori” ogni mezzo è lecito, stragi di innocenti comprese. Fino a qualche anno fa chi avrebbe potuto immaginare l’assalto al Congresso Usa? Gli Stati Uniti di Trump e la Russia di Putin soffiano sul fuoco del nazionalismo allo scopo di indebolire l’Unione europea? Terrorismo islamico e terrorismo suprematista alimentano allo stesso modo lo “scontro di civiltà” teorizzato da Samuel P. Huntington. Perché i media e l’opinione pubblica danno un peso diverso alle due facce della stessa medaglia? Il libro accende un riflettore su questi temi, finora trascurati e sottostimati.
  • È impensabile fare la storia del razzismo senza elaborare un modello teorico che ne delinei concetti e nozioni adeguate, ma ogni modello deve sapersi misurare ed arricchire nel confronto serrato con l’analisi storica. A partire da questa duplice esigenza, il volume ripercorre a maglie larghe le vicende storiche dei due grandi filoni del razzismo moderno, quello antisemita e quello coloniale, culminate ad Auschwitz e nelle società segregate degli Stati Uniti e del Sudafrica, provando quindi a formulare un’ipotesi teorica in grado di descrivere il dispositivo logico sotteso alle ideologie razziste operanti negli eventi narrati. Pur nella diversità dei contesti storici, infatti, risulta possibile riconoscere una configurazione unitaria del discorso razzista: una logica comune alla base dell’invenzione delle «razze umane», individuando la quale la critica teorica e pratica del razzismo (e la sua stessa storia) appaiono sotto una luce diversa. Sulla scorta di questa ipotesi, viene così ripreso il filo della narrazione storica del XIX e del XX secolo, mettendo il dispositivo logico individuato alla prova dei più recenti processi di esclusione: la «razzizzazione» dei cosiddetti «marginali» («zingari» e «devianti», delinquenti e proletari), il razzismo sessista, il controverso tema del razzismo italiano. Infine, lo sguardo si spinge sull’ultimo trentennio, un’epoca in cui il razzismo sembra riemergere con virulenza immutata, ma con caratteristiche in parte inedite.
  • Le risorse ingenti messe a disposizione dall’Unione europea per la ripresa economica, la transizione ecologica e l’inclusione sociale devono essere impiegate nella direzione della sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Nella famosa «Agenda Onu 2030», c’è un ampio capitolo dedicato alle città e alle comunità urbane, viste come luoghi in cui si diffondono nuovi bisogni e in cui sarebbe necessario applicare le politiche di sostenibilità. Questo libro vuole illustrare in dettaglio, con particolare riferimento all’Italia, gli obiettivi dell’Agenda Onu per un rilancio sostenibile delle città e una maggiore coesione delle comunità (secondo l’obiettivo di sviluppo sostenibile 11) e proporre alcuni per corsi di «concertazione e contrattazione territoriale» attraverso i quali le presenze sociali organizzate da un lato, le amministrazioni di governo locale dall’altro, possano avviare concretamente gli obiettivi di sostenibilità.
  • A quasi due anni dall’inizio della pandemia, attraverso diversi articoli pubblicati su Idea Diffusa, ripercorriamo gli accadimenti e i temi che sono stati al centro del dibattito pubblico e sindacale. Quale modello di sviluppo dopo la pandemia? Il Covid ha tirato una riga sul mondo che avevamo conosciuto, ha messo in discussione il modello economico e sociale dominante, ha messo in crisi il mondo del lavoro, il modello produttivo e i rapporti sociali e personali. La pandemia ha amplificato il dibattito sul cambiamento climatico e il futuro del pianeta, sulla transizione digitale e la crescita delle diseguaglianze, evidenziando la fragilità dei sistemi politici occidentali e, in generale, ha posto il tema del le forme di espressione e della reale valenza della rappresentanza democratica. Il numero speciale, che nasce dalla selezione di alcuni articoli, non ripercorre cronologicamente la fase pandemica, ma focalizza alcuni temi dirimenti e ci consente, senza un vincolo temporale, di guardare al futuro ragionando di sviluppo sostenibile, innovazione tecnologica, ricerca, digitalizzazione, ambiente, diritti e soprattutto lavoro. La qualità degli interventi ci consente di ragionare sul futuro che vorremmo, sugli errori da evitare, sul ruolo dello Stato e del Pubblico, sulle politiche industriali e sul ruolo del sindacato ed il mondo del lavoro.