• Il 7 febbraio 2007 il Parlamento italiano ha dato attuazione alla direttiva 2002/14/CE in materia di diritti di informazione e consultazione dei lavoratori nelle imprese con più di 50 dipendenti, che stabilisce regole chiare ed uniformi per il sistema di relazioni industriali. Nel volume si effettua una dettagliata disamina giuridica della nuova disciplina, contestualizzandola nell’articolato sistema partecipativo elaborato dal diritto sociale comunitario. Un’occasione per ripensare il tema della democrazia industriale, da sempre al centro delle analisi e delle rivendicazioni del movimento sindacale. Ma in che misura il diritto della UE offre oggi una strumentazione adeguata per far fronte alle nuove sfide imposte dalla competizione globale? E in Italia abbiamo recepito adeguatamente le nuove opportunità disposte dal legislatore europeo o siamo in presenza di un’altra occasione mancata di sviluppare un sistema forte di relazioni industriali, incentrate sul valore e sulla prassi della democrazia industriale? È di questo che trattano i contributi contenuti nel volume, curati da giuristi del lavoro e delle relazioni industriali. Un libro utile per studiosi di queste materie e per quanti – nel loro lavoro di rappresentanza e negoziazione – sperimentano la valenza dei diritti di informazione e consultazione dei lavoratori nell’impresa. Il volume è completato dalle normative comunitarie e da una rassegna della giurisprudenza europea in materia.
  • Il PIL, che per ottant’anni ha influenzato le scelte di organi e governi mondiali, e quindi la vita quotidiana di ogni singolo cittadino, è sempre più lontano dal costituire un buon misuratore del benessere. Ma come sostituirlo? Con un altro indicatore tuttofare? Con una batteria di indicatori? E come si può fare questa scelta se non si definisce cos’è il benessere nella società di oggi? E ancora, si può far uscire il dibattito dalla cerchia degli addetti ai lavori facendovi partecipare anche i comuni cittadini? Non si tratta soltanto di scegliere nuovi indicatori, ma di decidere quale modello di sviluppo si vuole per il futuro e, di conseguenza, come orientare e misurare tale mutazione. Il libro si cimenta con questo problema, anche esaminando le diverse sperimentazioni in corso nel mondo, e conclude con la necessità di migliorare il calcolo del PIL come «indicatore della quantità e della qualità della produzione», affiancando ad esso altri due macroindicatori, uno della «qualità ambientale» e uno della «qualità sociale». Tutto viene esposto in un linguaggio semplice e scorrevole, con testi accessibili e snelli, con illustrazioni che rendono la lettura piacevole e divertente senza nulla togliere al rigore dell’analisi e delle proposte.
  • Si avverte a sinistra un bisogno di ricostruzione. Per questo occorre innanzitutto riavvicinarsi a Marx e cogliere il contributo del suo pensiero ai movimenti di trasformazione sociale. Nella prima parte del volume, di carattere propriamente divulgativo, Mario Boyer espone i principi fondamentali del pensiero marxiano ed evidenzia le radicali differenze tra questo e le tesi dei neoclassici, che costituiscono ancora oggi il quadro concettuale di riferimento del pensiero economico dominante. Gianni Di Cesare approfondisce il concetto di «accumulazione primitiva», mediante il quale il pensatore tedesco decostruiva i miti fondativi della classe borghese capitalista e la sua immagine progressista. Nella seconda parte il saggio di Michele Citoni e Catia Papa offre uno spunto di carattere storiografico per valutare la fecondità della tradizione politica marxista italiana: il tema del rapporto tra marxismo ed ecologia è affrontato attraverso la ricostruzione delle relazioni, conflittuali ma ricche, tra la crescente sensibilità ambientale e i diversi soggetti della sinistra marxista nell’Italia degli anni Sessanta-Settanta. Se pure in Italia il pensiero marxiano è stato accantonato frettolosamente in favore dell’ideologia mercatista, le sfide innescate dalle crisi contemporanee, evocate nell’Appendice, mostrano la necessità di sperimentare nuove strade senza smarrire le fonti. Con un saggio di Michele Citoni e Catia Papa.
  • Crisi economica e finanziaria, deregolamentazione, liberalizzazione dei mercati, smantellamento dello Stato sociale. Cresce il bisogno di unire l’azione collettiva di contrattazione sindacale con quella di tutela individuale, tipica del Patronato, di trasformare le conquiste della contrattazione collettiva in diritto soggettivo, esercitabile sul piano individuale. Ma come si svolge la tutela individuale negli altri Paesi d’Europa? Chi assicura questa funzione dove non esistono istituti simili al patronato sindacale italiano? Questa pubblicazione presenta i risultati di un’interessante ricerca comparativa e realizza un viaggio attraverso le parole e i fatti che rendono concreta l’azione di tutela individuale, in Italia e in Europa. Vengono esaminati cinque Paesi europei: Belgio, Francia, Germania, Regno Unito e Svezia. Punto di partenza di tutta la comparazione è il «Patronato» sindacale italiano, la cui azione non ha corrispettivi immediati in nessun altro Paese. Prendendo in prestito una terminologia consolidata tra gli studiosi dei regimi di welfare, lo studio mette in evidenza la connotazione universalistica dei servizi dei Patronati italiani e quella selettiva, di tipo occupazionale, dei sindacati degli altri Paesi. La comparazione fa emergere in ciascun Paese una diversa «mappa della tutela individuale», che mostra le diverse e specifiche «vie» che ciascun sindacato nazionale ha potuto e saputo sperimentare e costruire nel proprio sistema sociale di riferimento. Se altrove i sindacati hanno avuto modi diversi d’interpretare la loro missione d’interesse generale, la via italiana ha trovato la propria forma originale nella funzione e missione di tutela individuale universale e gratuita del Patronato, organica ma distinta rispetto all’altra, di tutela collettiva, spettante all’organizzazione madre: il sindacato in quanto tale.
  • Il luglio ’60 rappresentò un momento di grave crisi della democrazia italiana in cui si rivelarono le contraddizioni e i conflitti di un paese che si stava tumultuosamente modernizzando. L’esaurimento del centrismo come formula politica e il difficile approdo al centro-sinistra produssero una situazione di impasse che si risolse solo con l’appoggio missino al governo Tambroni. La decisione di autorizzare il congresso del MSI a Genova e la dura repressione delle manifestazioni antifasciste che si ebbero nel paese portarono a uno stato di guerra civile strisciante. Furono dieci i morti e uno di questi, Salvatore Novembre, venne ucciso a Catania: la morte di un edile da poco immigrato nel centro urbano dalla provincia fu la drammatica rappresentazione di una città che si stava espandendo caoticamente, ma che frustrava, nelle sue periferie degradate, le aspettative diffuse di benessere. Questo breve saggio ricostruisce quelle vicende riflettendo sui limiti di un sistema politico bloccato dalle dinamiche della guerra fredda e sui nuovi linguaggi della politica che da Sud a Nord si manifestarono in quelle settimane.
  • Un ragazzo di Hong Kong che studia belle arti a Milano, una giovane ciclista lituana alle prese con l’umorismo toscano, una bambina cilena sbarcata nella Roma degli anni ottanta, un uomo camerunense che realizza il sogno di costruirsi una casa in patria: sono alcune delle storie riunite in questa breve raccolta, raccontate con stili diversi e unite dal filo rosso dell’ironia. Quattordici giornalisti di origine straniera firmano questo omaggio collettivo all’autore delle Lettere persiane. Alcuni, i più giovani, sono nati o cresciuti qui, altri sono arrivati già adulti. Come Montesquieu, hanno immaginato dei personaggi, più o meno autobiografici, che raccontano le loro impressioni sull’Italia ad amici o parenti. E ci ricordano l’importanza di aprirsi a nuovi sguardi sul mondo in cui viviamo. Gli autori: Farid Adly, Ejaz Ahmad, Ismail Ali Farah, Lubna Ammoune, Mayela Barragan, Paula Baudet Vivanco, Domenica Canchano, Alen Custovic, Raymon Dassi, Darien Levani, Gabriela Pentelescu, Edita Pucinskaite, Sun Wen-Long, Akio Takemoto. Illustrazioni di Zerocalcare.
  • Il Piano del lavoro fu la risposta della CGIL all’isolamento imposto alla maggiore organizzazione dei lavoratori dal contesto politico italiano e internazionale nei primi durissimi anni della guerra fredda. Con questa proposta il sindacato seppe coniugare l’aspirazione al miglioramento delle condizioni di vita di milioni di disoccupati con una visione innovativa dell’economia grazie alla collaborazione tra i suoi dirigenti, primi fra tutti Giuseppe Di Vittorio e Vittorio Foa, e alcuni tra i più brillanti economisti eterodossi che nei dieci anni successivi alla Liberazione rinnovarono profondamente il profilo degli studi italiani, soprattutto alla luce delle nuove teorie keynesiane. Il Piano fu accolto con ostilità sia dall’ambiente accademico, fortemente ancorato all’insegnamento liberista marginalista di Pareto, sia dalla maggioranza degasperiana, che nell’espansione del settore pubblico vedeva una minaccia alla stabilizzazione economica messa in atto negli anni precedenti con misure draconiane. Rigettato come impossibile da realizzare, il Piano ebbe comunque il merito di imporre nel dibattito pubblico nuovi temi di politica economica, sostenendo la necessità di un intervento dello Stato attraverso la creazione delle infrastrutture, sociali e materiali, indispensabili per sviluppare un’economia moderna e per superare i terribili squilibri che laceravano la giovane Repubblica italiana.
  • Il libro raccoglie diciannove opinioni di autrici e autori italiani che da diverse visuali disciplinari (storiche, giuridiche, filosofiche, antropologiche, ambientaliste…) si sono confrontati con il tema dei «commons». Aria, acqua, terra, energia e conoscenza sono risorse speciali, beni primari da cui tutto dipende e la cui fruizione richiede quindi attenzioni particolari. L’applicazione a tali beni della logica del mercato ha sperimentato infatti i più clamorosi fallimenti. Il riconoscimento del Nobel all’economista Elinor Ostrom dimostra che il pensiero unico neoliberista sta incrinandosi anche dentro l’accademia. Ma nella sfera politica (specie in quella italiana) non vi è ancora traccia di ravvedimento: la saga delle privatizzazioni procede, ma cresce anche l’opposizione da parte di numerosi gruppi di cittadinanza attiva, di comitati, di associazioni in nome di una società più consapevole nei riguardi della natura e più responsabile nei confronti di tutta la comunità umana. Contributi di: Massimo Angelini, Bruno Amoroso, Eugenio Baronti, Davide Biolghini, Paolo Cacciari, Nadia Carestiato, Giuseppe De Marzo, Luigi Lombardi Vallauri, Laura Marchetti, Ugo Mattei, Emilio Molinari, Officina delle idee di Rete@Sinistra, Tonino Perna, Riccardo Petrella, Mario Pezzella, Giovanna Ricoveri, Edoardo Salzano, Chiara Sasso, Gianni Tamino, Laboratorio Verlan, Filippo Zolesi.
  • È stato detto che l’identità ha assunto nelle nostre società la stessa importanza che la scoperta della sessualità ebbe ai tempi di Sigmund Freud. Il volume intende chiarire quando e perché l’identità è diventata tanto rilevante. Intende inoltre metterne in luce il carattere eminentemente sociale e processuale, sviluppando una critica a due prospettive riduzioniste, anche se da punti di vista antitetici. Esse, infatti, tendono ad enfatizzare un solo aspetto della nozione di identità, riducendola l’una a un «noi» omogeneo e statico, l’altra a un «io» fluttuante e frammentario. In alternativa a queste due concezioni che postulano una «identità a una dimensione» viene sviluppata, nel corso del volume, una concezione multidimensionale dell’identità. Quante «facce» ha l’identità e come si connettono tra di loro? Che ruolo svolge il riconoscimento dell’altro? Quali sono le strategie che l’individuo mette in atto per far fronte a dissonanze, eventi traumatici, affiliazioni multiple? In che senso si può dire che l’identità è un problema moderno? E infine, come si formano e perché sono ritornate alla ribalta, nel cuore del mondo sviluppato, le identità di soggetti collettivi, dalle identità nazionali a quelle etniche e culturali?
  • Dieci anni di impegno, riflessione e pratica sindacale alla guida della Filtea, il sindacato tessile della Cgil, e del sindacato tessile europeo sono stati per Valeria Fedeli un punto di osservazione privilegiato sui cambiamenti in atto nel mondo. Dall’apertura dei mercati ai nuovi equilibri geopolitici, dalle fonti energetiche al valore del lavoro, dai processi di governo alla vita delle persone lo scenario sociale ed economico globale si presenta oggi complesso e inedito. Globalizzazione, etica, Europa, made in Italy, welfare, donne, giovani, sindacato, innovazione, futuro: intorno a queste parole, e nei dieci capitoli che ad esse si richiamano, si intrecciano pensieri, analisi, racconti, idee, sguardi in avanti di questi dieci anni che legano la lunga storia del sindacato tessile con la Filctem, la nuova categoria che unisce tessili, chimici, lavoratori dell’energia e manifatture. Le sfide della nostra epoca si declinano così in una visione di prospettiva in cui pragmatismo quotidiano e futuro da condividere si fondono per delineare percorsi di governo efficace e positivo dei cambiamenti. Con la collaborazione di Paolo Guarino.
  • Il volume dà conto dell’ultimo di una serie di importanti appuntamenti che in questi anni hanno visto l’impegno prioritario e spesso esclusivo dell’Associazione Biondi - Bartolini nella riflessione sulla storia e la memoria del movimento operaio. L’obiettivo è quello di capire ciò che è ancora vivo e ciò che invece è morto del 1969, che significato esso abbia avuto nella storia e nella società italiana e quale eredità sia ancora oggi avvertibile a distanza di quattro decenni. Certamente il 1969 è stato portatore di una storica proposta di trasformazio ne, che però non ha avuto grandissimi ri sultati, almeno rispetto al livello di complessità e di carica utopica delle idee che venivano avanzate e delle aspettative di mutamento suscitate. Se a livello politico e istituzionale le ricadute sono state deboli, assai più rilevanti sono stati però i risultati ottenuti sul piano delle trasformazioni sociali e culturali, che hanno cambiato radicalmente la società italiana e le relazioni fra i cittadini in tema di costumi e di diritti: il riferimento d’obbligo è naturalmente allo Statuto dei lavoratori, ma anche ai non meno importanti terreni civili del divorzio e dell’aborto. I contributi qui pubblicati propongono dunque un costante confronto idealtipi co fra la situazione del 1969 e quella di oggi, in un gioco di contrappunto tra le due tendenze che hanno caratterizzato i punti estremi di questo intervallo di tempo, cioè la solidarietà emersa come principio forte nel 1969 e l’attuale si tuazione improntata invece a uno spiccato individualismo; un passato ancora segna to dalla presenza di un alto livello di partecipazione, un oggi invece dove preva le una situazione di sostanziale disimpegno, politico e partecipativo; una carica utopica del 1969 cui corrisponde quarant’anni dopo un vuoto di utopie; infine, una Costituzione che allora entra in fabbrica con lo Statuto dei lavoratori e che ora si trova pesantemente sotto attacco.
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    La storia delle lotte sociali e sindacali in Eitrea, dal periodo dell'occupazione coloniale italiana di Massawa alla costituzione della National Confederation of Eritrean Workers. Un interessante spaccato di storia sindacale nel contresto della lotta di emancipazione nazionale di un paese lungamente colonizzato e oggi alle prese con la dura realtà - economica e politica - del Corno d'Africa.