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Per chi suona la sirena
18.00
€
Un vero e proprio laboratorio all’avanguardia delle lotte operaie e delle relazioni sindacali, questo è Sesto San Giovanni con le sue fabbriche nell’arco del Novecento. Attraverso le parole di Antonio Pizzinato e le testimonianze dirette dei protagonisti che quei luoghi e quei momenti hanno vissuto, il volume approfondisce gli aspetti cruciali della parabola produttiva e sociale della quinta città industriale del nostro paese. Prendono vita gli operai, gli impiegati, i lavoratori tutti della Falck, delle numerose Breda, della Ercole e Magneti Marelli, della «confinante» Pirelli… Ne emerge con chiarezza come a Sesto si formino prima che altrove gli embrioni di quelle che via via diventeranno rivendicazioni e conquiste nazionali, dal diritto di mensa a quello per la sicurezza e la salute sul lavoro, dall’inquadramento unico all’esigenza di una rinnovata unità che porterà alla nascita del Sum, il Sindacato unitario dei metalmeccanici, che anticipa la nascita della Federazione lavoratori metalmeccanici. Dopo l’espansione produttiva ecco il racconto drammatico ma quanto mai istruttivo della gestione della fase di ridimensionamento progressivo dell’apparato produttivo che ha determinato, nel complesso, la formazione della più grande area industriale dismessa d’Europa. Sull’immensa bonifica realizzata si gettano le fondamenta del nuovo futuro, proprio là dove la storia era cominciata: le ex aree Falck, la nuova Città della salute e della ricerca, uno sterminato parco urbano.
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RGL N. 2/2020
38.00
€
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CM 4-2020
12.00
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Editoriale
Aldo Tortorella
, Un aspro autunno
Osservatorio
Antonella Palumbo
, Le conseguenze economiche della pandemia: vere scelte e falsi dilemmi
Romeo Orlandi
, Pechino e Washington: né con te, né senza di te
Guido Moltedo
, L’ipoteca del trumpismo sul futuro degli Usa e del mondo
Vincenzo Vita
, Editoria, senza distanziamento
Roberto Finelli
, Pandemia e infanticidio. Qualche nota sulla scuola
Antonio Di Meo
, Il sottosuolo della storia
Laboratorio culturale
Giovambattista Vaccaro
, Sartre e il marxismo quaranta anni dopo
Pasquale Voza
, Gli spettri di Mark Fisher
Francesco Aqueci
, L’alba di un giorno dal cupo tramonto. Sul Montaigne di Montaleone
Giovanni Andreozzi
, Quel che resta del pensiero critico
Lelio La Porta
, Gramsci e l’egemonia oggi
Schede critiche
Giorgio Tassinari
, Il nemico è l’ordoliberismo
Piero Di Siena
, Costituzione, popolo, cittadinanza
Gianluca Giraudo
, Il cambiamento del maschile
Massimo Modonesi
, Marx, il catalogo è questo
Paolo Desogus
, Gramsci e l’emancipazione dei subalterni
Antonino Infranca
, Aricó e il marxismo
Antonio Fanelli
, Gramsci: l’antropologia e il corpo
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Garantire il lavoro
Dopo oltre un decennio dalla Grande crisi del 2008, nonostante le numerose evidenze empiriche e una vasta letteratura economica inedita, la battaglia culturale per riformare il modello di sviluppo, nazionale ed europeo, è ancora aperta, anche se un cambiamento delle politiche economiche e sociali è stato imposto dall’emergenza Covid-19. Nel dibattito politico e accademico ritorna la necessità di porre la piena e buona occupazione come obiettivo dell’economia pubblica ed emergono oltreoceano proposte di «lavoro garantito» come misura per attribuire allo Stato un nuovo ruolo economico, anche come datore di lavoro di ultima istanza, riprogettando gli investimenti e, in generale, il sistema economico-produttivo in funzione dell’ambiente, del contenimento delle disuguaglianze e dei bisogni sociali. Un dibattito interessante anche per il nostro Paese, in totale coerenza con il Piano del Lavoro della Cgil.
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Pratiche partecipative e relazioni solidali nel sostegno a distanza: il «posto della comunicazione»
Il saggio si inserisce nell’ambito di una ricerca sulla valutazione delle pratiche partecipative e delle attività di engagement dei sostenitori del servizio di sostegno a distanza (Sad) nell’Associazione Famiglie nuove (Afn) onlus. Dalle evidenze empiriche raccolte emerge una dimensione privata di adesione al Sad, che si articola nella diffusione di pratiche simboliche, inedite e per giunta non convenzionali di partecipazione associativa. Sono proprio queste pratiche, anche connesse al profilo etico e morale dei sostenitori – che si dichiarano diffusori di fiducia e promotori diretti della cultura del Sad – che orientano la riflessione sui principali cambiamenti che hanno investito il significato della «prossimità relazionale» fra sostenitore e beneficiario del sostegno. Ponendo l’accento sui valori del dono e della reciprocità, il ruolo assunto dalla comunicazione 2.0 appare centrale per «salvaguardare» la qualità delle relazioni tra i diversi pubblici di Afn, e per estendere la loro portata (dimensionale e valoriale) verso le «comunità educanti» dei paesi terzi coinvolte nei progetti Sad.
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Sistemi di decisione algoritmica e disuguaglianze sociali: le evidenze della ricerca, il ruolo della politica
Aziende e pubbliche amministrazioni usano con sempre più frequenza algoritmi per prendere decisioni sulle vite di clienti, cittadini, utenti e pazienti. Numerosi studi hanno dimostrato che i sistemi di decisione automatizzata possono generare, e soprattutto amplificare, le disuguaglianze sociali. Con questo articolo si intende promuovere la consapevolezza dei rischi associati ad un uso acritico degli algoritmi, ma allo stesso tempo, incoraggiare all’impiego informato dei sistemi di decisione automatizzata. L’obiettivo principale è di portare evidenze empiriche riguardo al funzionamento degli algoritmi e delle loro conseguenze sulla società. Successivamente, si individuano delle tecniche di ricerca sociale che possono essere impiegate per effettuare audit di algoritmi. Infine, si focalizzano delle soluzioni politiche per mitigare gli effetti degli algoritmi sulle disuguaglianze: la costituzione di organismi di sorveglianza in raccordo con altre autorità garanti (es. comunicazione e privacy), l’alfabetizzazione della popolazione alla privacy dei dati e al coding, la formazione di figure interdisciplinari altamente specializzate capaci di valutare la qualità degli algoritmi e i loro effetti. La ricerca sociale e l’istituzione di organismi di controllo sono gli strumenti principali per governare l’autorità algoritmica e per evitare che si producano nuove, e sempre più complesse, forme di disuguaglianza sociale.
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Così vicini, così lontani. I servizi specialistici di supporto alle donne vittime di violenza e i programmi rivolti ai maltrattanti
La prevenzione e il contrasto alla violenza sulle donne si fonda sull’attività quotidiana di diversi attori che, pur accomunati da un obiettivo comune, impiegano approcci di intervento anche molto differenti. Da un lato i centri antiviolenza e le case rifugio supportano le donne nel percorso di fuoriuscita dalla violenza anche allontanandole, quando necessario, dalla casa condivisa con il partner violento; dall’altro i programmi di trattamento responsabilizzano i maltrattanti rispetto alla violenza agita, promuovendo un cambiamento nei loro comportamenti. Le mappature condotte da Istat e Cnr nel 2018 consentono di fotografare, per la prima volta in Italia, gli attori che popolano il campo dell’antiviolenza, indagandone modalità organizzative e pratiche di intervento. Dopo aver descritto le principali caratteristiche di questi soggetti, il contributo discute i dati preliminari dell’indagine «I centri antiviolenza ai tempi del coronavirus», realizzata dal Cnr nel mese di aprile, in cui si evidenziano gli effetti dell’emergenza sanitaria sull’attività di supporto alle donne vittime di violenza e si descrivono le principali richieste che le operatrici rivolgono ai decisori politici.
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Il monitoraggio degli interventi contro la violenza sulle donne: nodi critici e proposte
La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica prevede che gli Stati aderenti assicurino con sistematicità e continuità una azione di monitoraggio delle politiche destinate a prevenire e contrastare ogni forma di violenza, al fine di determinare la rispondenza degli interventi alle necessità delle vittime e agli obiettivi per cui tali politiche sono state elaborate. Nel contesto italiano, tale esortazione stenta ad essere tradotta in un sistema unico e strutturato di monitoraggio, determinando l’oggettiva difficoltà a rappresentare in maniera esaustiva gli interventi attuati. Partendo da alcuni nodi critici che caratterizzano l’attuale sistema nazionale di intervento, il contributo delinea sinteticamente la proposta che gli autori nell’ambito del Progetto ViVa hanno elaborato per sostenere il Dipartimento per le Pari opportunità nell’elaborazione di un sistema di monitoraggio centrale degli interventi attuati a valere sul Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020.
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Violenza contro le donne: il ruolo del Progetto ViVa nel contesto delle politiche in Italia
Le politiche a contrasto della violenza maschile contro le donne richiedono un approccio di genere, capace di riconoscere le radici socioculturali del fenomeno e di comprendere le conseguenze che la violenza comporta, per le donne e per la società. Tale approccio richiede strumenti di intervento e contrasto innovativi e multidimensionali. In Italia, queste politiche hanno avuto uno sviluppo relativamente lento e frastagliato, strettamente legato sia all’attivismo di gruppi femministi e di donne cominciato negli anni settanta, sia agli accordi e alle convenzioni a livello internazionale ed europeo. In quest’ottica, l’articolo si propone di indagare l’evoluzione delle politiche antiviolenza in Italia, con un particolare riferimento al «Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020». È in questo contesto che si colloca il Progetto ViVa - Monitoraggio, valutazione e analisi degli interventi di prevenzione e contrasto alla violenza contro le donne, condotto dall’Irpps-Cnr in accordo con il Dipartimento per le Pari opportunità, che, adottando un approccio di genere, analizza politiche e misure adottate, attraverso attività di ricerca-azione, nonché di monitoraggio e valutazione.
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Rilanciare il legame sociale attraverso pratiche di condivisione abitativa
La domanda abitativa si fa oggi più composita rispetto al passato mentre crescono tipologie di bisogni che chiamano in causa soluzioni e risposte innovative. Tra queste, sono presenti una pluralità di forme di abitare condiviso in cui individui non uniti da legami di parentela abitano sotto lo stesso tetto. In un contesto di crisi delle politiche abitative aumentano coloro che scelgono di vivere insieme ad altri o sono portati a farlo nell’alveo di politiche pubbliche e private che fanno dell’aggregazione residenziale e della condivisione di spazi della vita quotidiana un punto di forza dell’intervento. Nell’articolo si illustrano politiche e pratiche di coabitazione e di co-residenza riferite a diversi gruppi sociali, con attenzione alle esperienze che mostrano maggiori caratteri solidaristici o sono inserite nelle politiche locali di welfare.
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Trasmissione delle disuguaglianze e persistenza nella condizione Neet
Nell’ultimo decennio la questione dei giovani Neet (giovani non occupati e non in istruzione e formazione) si è imposta all’attenzione pubblica italiana, vista la portata assunta dal fenomeno nel Paese. Nonostante la letteratura internazionale abbia sottolineato l’importanza dell’origine sociale sul problema, nel nostro Paese questo è stato sovente affrontato nei termini di una questione generazionale. Lo studio qui presentato analizza la relazione fra caratteristiche ascrittive dei ragazzi, durata della permanenza e pattern di entrata nella e uscita dalla condizione Neet, attraverso un approccio longitudinale e nell’ottica delle classi sociali familiari, sfruttando i dati trimestrali della Rilevazione continua sulle forze di lavoro. Attraverso l’esame delle sequenze degli eventi esperiti dai giovani e l’implementazione di modelli logit viene studiata la portata delle disuguaglianze imputabili alla classe di origine in relazione alla permanenza prolungata nella condizione Neet e alla probabilità di uscita. L’impressione che se ne ricava è di una forte stabilità temporale del fenomeno, con le disuguaglianze di classe che dispiegano i propri effetti soprattutto sul lato origine-istruzione del noto triangolo Origin-Education-Destination.
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Giovani italiani: autonomamente dipendenti e debolmente inclusi
L’articolo prende in esame le conseguenze della precarietà lavorativa sulle vite dei giovani in Italia, focalizzando l’attenzione sulle loro condizioni economiche e forme di inclusione sociale. In particolare, è la dimensione economica dell’autonomia a risultare rilevante e ad essere esplorata nei suoi risvolti soggettivi. Dalle interviste discorsive realizzate nelle città di Torino e Catania emergono profili differenti di giovani in relazione ai vissuti della precarietà del lavoro, rispetto ai quali giocano in modi diversi vincoli e risorse legati ai titoli di studio, ai contesti territoriali, soprattutto alle origini sociali. Tuttavia, è diffusa nel campione una concezione di autonomia economica «al ribasso», espressa come possibilità di copertura delle proprie spese quotidiane, in una prospettiva di breve periodo, spesso in assenza di autonomia abitativa e in un contesto di generalizzato ricorso al sostegno dei genitori. A tale concezione è riconducibile anche la percezione di sé da parte degli intervistati come individui inclusi socialmente, per quanto la loro inclusione si riveli piuttosto debole. Gli elementi emersi portano a riflettere sulla ridefinizione in corso del concetto stesso di cittadinanza.
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