• L’articolo esamina l’adeguatezza del sistema pensionistico italiano a fronte delle diseguaglianze sociali in salute, in particolare concentrandosi sull’aspettativa di vita, un indicatore omnicomprensivo in grado di sintetizzare le diseguaglianze che si sperimentano e cumulano lungo tutto il corso della vita. Si presentano e si discutono i più recenti studi sui differenziali di mortalità fra gruppi sociali in Italia e sulle loro implicazioni in termini di equità del trattamento pensionistico, inquadrando il tema nella più generale cornice delle diseguaglianze sociali in salute e di come queste vengono affrontate dal dibattito politico corrente.
  • I cambiamenti tecnologici in corso hanno un impatto significativo (sia quantitativo che qualitativo) sul lavoro e sulla struttura socio-economica, che influenzano conseguentemente i sistemi di welfare. Dopo aver affrontato la questione di ciò che si intende con il termine «digitalizzazione», viene esaminata in primo luogo la letteratura internazionale sugli effetti di tali cambiamenti sul mercato del lavoro e sulla qualità del lavoro e, in secondo luogo, anche la letteratura sull’impatto di tale trasformazione sulla struttura socio-economica e la «riduzione della classe media». Infine, si analizza il ruolo dell’approccio degli investimenti sociali nel rispondere a questi cambiamenti, evidenziando forze e debolezze.
  • A partire da un’analisi dei concetti di fondo e delle dinamiche socio-economiche ad essi collegati, questo lavoro prova a comprendere quali possano essere i nuovi strumenti che i sindacati dovrebbero mettere in campo per affrontare la sfida dei processi di ristrutturazione collegati alla cosiddetta rottura digitale (digital disruption). La rottura digitale è quel processo, indotto dall’innovazione digitale, di erosione di confini e approcci che in precedenza servivano da base per organizzare la produzione e l’acquisizione di valore (Karimi, Walter 2015; Weill, Rauch et al. 2016). La ristrutturazione continua indotta da tale impatto colpisce in modo sempre maggiore il settore dei servizi, a prescindere dal posizionamento all’interno della catena di valore globale di una determinata attività economica. Il lavoro si basa su oltre 50 interviste a dirigenti sindacali europei selezionati per la loro esperienza di ristrutturazioni digitali nel settore dei servizi. Sulla base di queste interviste abbiamo successivamente enucleato i fabbisogni formativi dei sindacalisti e le indicazioni di nuovi modelli di contrattazione sindacale sia nazionali che europei. Dalle interviste emerge infatti la necessità di aggiornare metodi e competenze per consentire ai rappresentanti dei diritti dei lavoratori di affrontare il carattere continuo della ristrutturazione digitale in una fase in cui, oltre alle tendenze di lungo periodo, occorrerà confrontarsi anche con l’accelerazione imposta ai processi di digitalizzazione dalle nuove modalità di approccio al lavoro che si stanno imponendo a seguito della pandemia di Sars-Cov-2.
  • Il legame tra flussi migratori, identità generale della persona (scelta confessionale o atea, nello specifico) e dimensione lavorativa risulta essere da sempre uno dei fattori di mutamento e di evoluzione per i diritti sociali della persona, ma anche «banco di prova» per l’elaborazione dottrinale delle confessioni religiose stesse alla luce dei nuovi bisogni dei fedeli. La riprova ne è che oltre alle cosiddette Chiese stabilite, i ministri di alcuni culti di recente formazione, riconoscendo la centralità dell’esperienza lavorativa nel processo-vita di un individuo,...
  • Il contributo analizza la questione meridionale – interpretata alla luce del concetto rokkaniano di «frattura» – quale tema che trova campo nell’Italia repubblicana, in uno snodo fondamentale del processo di democratizzazione che la Costituzione incentra sui partiti politici e sulle autonomie territoriali. Nel corso dei lavori dell’Assemblea costituente, il tema emerse proprio nel dibattito sull’istituzione delle regioni. Tuttavia, nella fase immediatamente post-costituzionale, prima, e con la messa in opera delle regioni, dopo, il problema del divario Nord-Sud resta senza risposta adeguata, dando adito ad una narrazione che contrappone alla questione meridionale una «questione settentrionale». Di tale narrazione si nutrono le recenti richieste di regionalismo differenziato, che concepiscono la differenziazione ex art. 116, co. 3, Cost. come strumento per «restituire» alle regioni settentrionali quanto loro sottratto a beneficio delle regioni meridionali. Una concezione distante dal modello costituzionale, e inadeguata a far fronte all’ulteriore crescita dei divari territoriali determinata dalla pandemia.
  • Una lettura sul modo in cui le imprese italiane hanno introdotto pratiche di produzione snella e sulle loro ricadute sulle condizioni di lavoro. L’autore muove dall’ipotesi che nella maggior parte dei casi gli outcome sono stati negativi. La spiegazione, basata soprattutto sull’osservazione dei cambiamenti in corso nell’industria metalmeccanica, tra cui la Fiat, è che le pratiche introdotte hanno puntato quasi esclusivamente a ottenere di più dalla manodopera, aumentando la pressione sul lavoro.
  • Al fine di accrescere la competitività dei sistemi produttivi locali sui mercati nazionali e internazionali sono ritenuti centrali lo sviluppo e la trasmissione delle conoscenze tecnologiche e organizzative, anche attraverso processi di apprendimento e coinvolgimento/partecipazione dei dipendenti e loro rappresentanze nelle imprese. I fattori innovazione e partecipazione risultano di particolare interesse proprio in sistemi locali caratterizzati da un apparato produttivo di tipo distrettuale e da una forte e radicata tradizione sindacale. ...
  • Crisi economica e finanziaria, deregolamentazione, liberalizzazione dei mercati, smantellamento dello Stato sociale. Cresce il bisogno di unire l’azione collettiva di contrattazione sindacale con quella di tutela individuale, tipica del Patronato, di trasformare le conquiste della contrattazione collettiva in diritto soggettivo, esercitabile sul piano individuale. Ma come si svolge la tutela individuale negli altri Paesi d’Europa? Chi assicura questa funzione dove non esistono istituti simili al patronato sindacale italiano? Questa pubblicazione presenta i risultati di un’interessante ricerca comparativa e realizza un viaggio attraverso le parole e i fatti che rendono concreta l’azione di tutela individuale, in Italia e in Europa. Vengono esaminati cinque Paesi europei: Belgio, Francia, Germania, Regno Unito e Svezia. Punto di partenza di tutta la comparazione è il «Patronato» sindacale italiano, la cui azione non ha corrispettivi immediati in nessun altro Paese. Prendendo in prestito una terminologia consolidata tra gli studiosi dei regimi di welfare, lo studio mette in evidenza la connotazione universalistica dei servizi dei Patronati italiani e quella selettiva, di tipo occupazionale, dei sindacati degli altri Paesi. La comparazione fa emergere in ciascun Paese una diversa «mappa della tutela individuale», che mostra le diverse e specifiche «vie» che ciascun sindacato nazionale ha potuto e saputo sperimentare e costruire nel proprio sistema sociale di riferimento. Se altrove i sindacati hanno avuto modi diversi d’interpretare la loro missione d’interesse generale, la via italiana ha trovato la propria forma originale nella funzione e missione di tutela individuale universale e gratuita del Patronato, organica ma distinta rispetto all’altra, di tutela collettiva, spettante all’organizzazione madre: il sindacato in quanto tale.