• Nato originariamente come relazione morale e finanziaria per il III Congresso nazionale della FIOM (Bologna, 1907), I metallurgici d’Italia nel loro sindacato costituisce - come afferma nell’ampio saggio introduttivo Maurizio Antonioli, tra i massimi esperti della storia del movimento sindacale italiano - una fonte essenziale per la conoscenza dei primi anni di vita della FIOM, nonché una efficace sintesi del pensiero del sindacalismo di matrice riformista, i cui principali esponenti, da Rinaldo Rigola ad Angiolo Cabrini, da Felice Quaglino a Fausto Pagliari, furono protagonisti della fondazione della CGdL nell’ottobre 1906. Tra questi nomi si deve annoverare, in una posizione di primo piano, anche quello di Ernesto Verzi, primo segretario della FIOM, fondata a Livorno nel 1901. I metallurgici d’Italia nel loro sindacato offre quindi una testimonianza diretta sulle origini dell’organizzazione dei lavoratori metalmeccanici, ricostruendo inoltre la vicenda sindacale in stretto rapporto con lo sviluppo dell’industria meccanica e siderurgica nei primi anni del XX secolo e ripercorrendo le vicende organizzative e contrattuali (il primo contratto collettivo nell’industria italiana fu siglato dalla FIOM con l’azienda automobilistica torinese Itala, nel 1906) di quella che è stata, fin dai suoi primi passi, una delle più importanti realtà nella storia del movimento operaio italiano. Il volume è a cura di Maurizio Antonioli.
  • Una riflessione della Cgil di Roma e del Lazio sul «Modello Roma», sulle trasformazioni dell’area metropolitana romana e delle sue periferie, a partire dalle varie forme di disagio urbano, sociale e culturale che si manifestano a causa dei processi di trasformazione dei sistemi produttivi e della frantumazione della grande impresa; dei processi di deindustrializzazione e di terziarizzazione dell’economia urbana; del crescente disagio abitativo; della precarizzazione del lavoro; della crescita dei flussi migratori. Un’indagine sulla nuova configurazione urbana e sulla diffusione della città nel territorio; sul rapporto tra rendita finanziaria, rendita immobiliare ed espansione urbana; su quello tra processi di valorizzazione immobiliare, crisi alloggiativa e caro-fitti; sulla trasformazione multietnica della città, sulle politiche di accoglienza degli immigrati e sui conflitti che provocano con le popolazioni residenti; sulle pratiche partecipative dei cittadini e sul governo di prossimità. Le trasformazioni economiche e sociali delle grandi aree urbane in Italia e in Europa come sfida e occasione per rielaborare una rinnovata funzione di rappresentanza sociale del sindacalismo confederale nel territorio nell’epoca della globalizzazione.
  • La priorità della ricerca scientifica è ormai un mantra del dibattito politico italiano. Ma se fare politica della scienza non significa solo amministrare la scienza, curarne l’organizzazione istituzionale, sostenerla con investimenti pubblici e diffonderne i risultati; se nel rapporto con la politica la scienza entra come un soggetto capace di rivoluzionare il modo di pensare tradizionale, di mettere in discussione perfino le forme di vita, di sovvertire gli assetti sociali ed economici, di rompere le antiche gerarchie geopolitiche tra i diversi continenti, avremo una scienza che interpella la politica sui fondamenti del vivere in società, la scuote dal suo affaccendarsi meramente amministrativo. Fare politica della scienza, quindi, vuol dire svolgere un’azione politica all’altezza dei compiti e delle responsabilità posti dalla rivoluzione scientifica. Scienza e democrazia sono sottoposte ai medesimi condizionamenti. Oggi si vuole tornare ad imporre sia all’una sia all’altra un principio esterno: la tavola dei valori sopra la scoperta scientifica e l’identità di un popolo sopra il relativismo democratico. Dal modo in cui queste due potenze umane sapranno difendere e rinnovare il principio interno della libertà dipenderà il grado di civiltà delle società contemporanee.
  • Giunto dal Pci alla Cgil durante il Congresso del 1949 e subito posto alla guida dell’Ufficio organizzazione, Novella assunse il ruolo di «costruttore» della moderna confederazione grazie al suo impegno a favore del rafforzamento delle strutture organizzative e di un nuovo radicamento nei luoghi di lavoro realizzato con le sezioni sindacali aziendali. Divenuto segretario generale dopo la morte di Giuseppe Di Vittorio nel 1957, seppe proseguire l’opera del suo predecessore, soprattutto attraverso il rinnovamento delle politiche rivendicative e una instancabile azione per la difesa e lo sviluppo dei diritti sanciti dalla Costituzione del 1948. Sul finire della sua segreteria, egli reagì con qualche cautela di fronte alla forte spinta innovatrice delle politiche e delle strutture sindacali prodotta dai grandi movimenti del 1968-69. Per lungo tempo, in una fase cruciale per la modernizzazione economica, sociale e politica del paese, Novella impersonò potenzialità e limiti della cultura sindacale comunista, tradizionalmente maggioritaria nella Cgil. Potenzialità e limiti affrontati nel libro da studiosi, sindacalisti e politici e, nelle conclusioni, da Guglielmo Epifani. Chiudono il volume curato da Fabrizio Loreto (Università di Teramo, Fondazione Giuseppe Di Vittorio) una ricca bibliografia e un’appendice documentaria che raccoglie alcuni scritti, tra i quali il discorso ufficiale pronunciato da Novella nel 1966, in occasione delle celebrazioni per il 60° anniversario della Cgil.
  • I Fondi interprofessionali per la formazione continua sono organismi gestiti congiuntamente dalle organizzazioni sindacali e imprenditoriali, che finanziano piani di formazione per lavoratori occupati nelle imprese italiane, utilizzando lo 0,30% del monte salari versato all’Inps per questo scopo. Le parti sociali, in Italia e in molti paesi d’Europa, hanno scommesso sulle risorse umane come un possibile punto di sintesi tra le esigenze di competitività delle imprese e gli interessi dei lavoratori e del sindacato; sindacato che, da parte sua, intende accrescere il sapere dei lavoratori e rafforzarne il potere contrattuale in fabbrica e fuori. Questo libro vuole offrire, a tre anni dalla nascita dei Fondi, un’informazione puntuale su quello che hanno realizzato, e, presentando alcune esperienze significative che hanno visto un coinvolgimento importante del sindacato, vuole fornire strumenti utili a tutti coloro che nel sindacato stesso, nelle associazioni d’impresa, nelle imprese, nelle istituzioni, nei sistemi formativi e in altri luoghi ancora se ne dovranno occupare.
  • Previdenza, assistenza, sicurezza sociale, welfare sono termini sempre più ricorrenti nel dibattito politico-sindacale di questi ultimi anni perché da più parti e per ragioni diverse si invoca la loro riforma. Sul significato da dare a questi termini non sempre, però, c’è concordanza. Un importante contributo alla comprensione dei temi in discussione può venire dalla lettura di questo testo che, dopo un inquadramento storico-sistematico degli argomenti trattati, descrive in modo sintetico ma scientificamente rigoroso le tutele presenti nel nostro sistema di sicurezza sociale - infortuni e malattie professionali, pensioni, assistenza, maternità, malattia, cassa integrazione e disoccupazione, misure per i lavoratori migranti - dalle origini alla loro disciplina attuale. Un breve manuale di facile consultazione, nato da esigenze didattiche, che potrà tuttavia risultare utile non solo agli studenti che devono acquisire nozioni di base sulla previdenza e l’assistenza sociale, ma anche a quanti vogliano farsi un’idea più precisa sul funzionamento del sistema di sicurezza sociale in Italia, così da poter partecipare in modo informato e consapevole a dibattiti come quelli in corso sulla riforma delle pensioni e degli ammortizzatori sociali.
  • Il volume raccoglie una serie di interventi svolti da personalità del mondo giuridico, sindacale e politico sui temi cruciali e le prospettive di riforma del processo del lavoro e previdenziale. La riforma del processo del lavoro, già articolata nella precedente legislatura da una Commissione ministeriale di studio, è stata ulteriormente messa a punto in quella attuale dalla ricostituita Commissione che, coordinata da Raffaele Foglia, ha terminato i suoi lavori nel maggio del 2007 predisponendo un progetto di legge, che il lettore troverà in questo volume. Il processo del lavoro italiano, pur presentando tratti caratteristici positivi e per più versi eccellenti nel panorama internazionale, è però uno strumento indifferenziato, agito per la soluzione di ogni controversia di lavoro a prescindere dalla sua rilevanza individuale e sociale. L’iter procedimentale è oggi il medesimo sia per una importante - e, per il lavoratore, vitale - controversia in tema di licenziamento o impugnazione di contratto di lavoro a termine, sia per una semplice rivendicazione retributiva o di qualifica. Di conseguenza, più o meno uguali sono anche i tempi del processo, negli ultimi anni spaventosamente allungatisi. Con la proposta di riforma discussa in questo volume, oltre ad importanti novità in tema di conciliazione e di processo previdenziale, si prevede che controversie più importanti (licenziamenti, trasferimenti, impugnazioni di rapporti di lavoro precari) possano invece venire instradate su corsie processuali preferenziali. Contributi di: Alleva, Andreoni, Assennato, Baratta, F. Coccia, Costantino, Curzio, Epifani, Fabbri, Fezzi, Foccillo, Foglia, Ianniruberto, Mastella, S. Mattone, Musella, Naccari, Nerozzi, Proto Pisani, Raffone, Rossi, Sirianni, Smuraglia, Todaro, Treu, Vietti.
  • In tutti i paesi dell’Unione Europea cresce l’occupazione precaria, fatta di lavori a termine o part-time, con tipologie contrattuali e statuti professionali fortemente differenziati. Poiché per il futuro non si prevede un’inversione di tendenza, anche i sistemi di protezione sociale, realizzati nei diversi paesi europei intorno alla figura del lavoratore stabile e a tempo pieno, dovranno subire forti cambiamenti se vorranno mantenere i livelli di coesione sociale raggiunti in passato. La ricerca qui pubblicata ha analizzato il fenomeno del lavoro precario negli altri paesi europei e le politiche messe in atto per tutelarlo. Particolare attenzione è stata posta alla tutela per la mancanza di lavoro e ai sistemi di controllo della disoccupazione realizzati nelle realtà con esperienze più consolidate nell’applicazione di politiche attive per l’impiego con l’auspicio di ricavarne utili indicazioni per il nostro paese. L’indagine ha riguardato cinque paesi (Belgio, Francia, Germania, Inghilterra e Spagna), assortiti in modo da poter ben rappresentare l’intero panorama europeo sia per la loro consistenza economica e demografica sia per la varietà di modelli di tutela sociale. Contributi di: Dispersyn, Fuchs, Gorelli Hernandez, King, Laborde.
  • Vita attiva?

    13.00 18.00 
    La vita si è allungata e con essa anche la vecchiaia è divenuta più estesa e sfaccettata, imponendo alla ricerca sociale, alla politica e al sindacato una ridefinizione del ruolo economico e sociale degli anziani. Anche per questo nell’ultimo quindicennio le pressioni per un allungamento della vita lavorativa si sono imposte nel discorso pubblico, tendendo ad oscurare le numerose ragioni che nel nostro paese si frappongono alla realizzazione di questo obiettivo, non ultimi la persistente marginalizzazione della manodopera adulta e il ricorso delle imprese alle uscite anticipate. Non solo. Nella stessa società i profili della vecchiaia – anagrafico, biologico, sociale, funzionale – tendono a diversificarsi in base alle condizioni di salute, alla regolazione istituzionale del corso di vita, allo status. Per questo le lunghe durate lavorative (ovvie e in qualche misura «irrinunciabili» per le fasce della popolazione più in alto nella scala sociale e professionale) sono divenute argomento ricorrente dei dibattiti sulla riforma del welfare con termini evocativi quali attivazione e occupabilità. Meno incisivi i richiami per un ruolo socialmente utile degli anziani, che comunque rappresentano la componente generazionale più consistente nel volontariato e nelle attività partecipative. Un apporto dato in un contesto regolativo e di offerta pubblica ancora da sviluppare, che ancor oggi in Italia vive largamente di una capacità organizzativa scarsamente incentivata. Il libro raccoglie e rielabora una fitta serie di risultati di ricerca realizzati dall’Ires grazie alla costante collaborazione con lo Spi e con altri istituti e network di ricerca. Dalle analisi pubblicate emerge preoccupazione per una nuova declinazione del rischio sociale della «seconda metà della carriera», mentre si sottolinea il ruolo di pubblica utilità svolto dagli anziani attraverso le attività volontarie e partecipative.
  • Le pagine di questo libro e del cd rom allegato ripercorrono i capitoli essenziali della storia sociale del vecchio continente. Senza edulcorare la portata inedita delle sfide lanciate oggi al modello sociale europeo. Ma anche senza acritiche concessioni alle facili, quanto imprevidenti e interessate, previsioni sul ‘tramonto’ del welfare state. Il lavoro, i diritti dei lavoratori, i diritti sociali non hanno da parlare solo del loro nobile e glorioso passato. Hanno ancora molto da dire sul presente e sul futuro della società europea. E, in tal modo, anche sul senso e sulla forma che prenderanno nei prossimi decenni i processi di globalizzazione e, nel vecchio continente, il processo di costituzionalizzazione dell’Unione. L’idea del secolo ‘breve’, che tanto successo ha avuto negli anni scorsi, evoca la convinzione di un’epoca del lavoro e della cittadinanza sociale quale fugace ed effimera ‘parentesi’ tra l’eroica fase della prima modernità (borghese e liberale) e l’attuale fase postmoderna (iperindividualistica e iperutilitaristica). Non è così. Il secolo ha avuto inizio ben prima degli anni dieci del Novecento ed è tutt’altro che chiuso.
  • Artigiano ebanista, deputato, fondatore e segretario generale della CGdL, Rinaldo Rigola fu un personaggio complesso e controverso che, nonostante la precoce cecità, svolse un ruolo di eccezionale rilievo nell’attività organizzativa e nelle lotte politiche del movimento proletario. Quando, al termine della Grande Guerra e dopo quasi tre lustri al vertice del massimo organo sindacale del paese, lasciò la segreteria al suo più stretto collaboratore, Ludovico D’Aragona, non si ritirò affatto dalla scena: decise anzi di dedicarsi a un’intensa attività divulgativa, della quale le lezioni tenute presso la Scuola di Previdenza e di Legislazione Sociale della Società Umanitaria di Milano nel 1920-21 costituiscono un’importante testimonianza. Il Manualetto di tecnica sindacale, uscito a dispense nel 1922, ne è il compendio e viene qui per la prima volta ripubblicato in volume unitario nella versione originale (nel 1947 ne era uscita una seconda edizione). Destinato a un pubblico vasto, scritto con tono semplice e chiaro, tanto più interessante in quanto difficile da reperire, questo testo offre una sintesi ampia e articolata dell’elaborazione teorica e dell’azione pratica del sindacalismo riformista e, al tempo stesso, ripercorre con vigore polemico le controversie che divisero le principali correnti del movimento operaio dell’epoca. Il volume è a cura di Paolo Mattera.
  • Questo libro analizza le esternazioni volontarie e involontarie dei politici nel periodo da agosto 2005 a settembre 2006, uno dei più conflittuali della nostra storia recente, in cui un’escalation di violenza trasforma l’insulto volgare nella forma ordinaria di espressione nei rapporti tra le forze politiche. Mostra le motivazioni di questo imbarbarimento e ricostruisce il messaggio che si nasconde dietro il velo del politichese: dall’aggressione mascherata da difesa alla difesa-complotto, dalla difesa-fiaba alla presa-di-distanza e alla gaffe involontaria (primatista mondiale lo stesso Berlusconi ma Prodi - vedi il caso Telecom - sembra intenzionato a superarlo). Ma al di là dello scontro delle logiche guerresche impersonate da Berlusconi da un lato e dalla sinistra antagonista dall’altro si fa strada, tra le forze intermedie, la tentazione di passare dall’insulto al dialogo. Si diffonde la sensazione che il paese, stanco di contrapposizioni feroci, sia alla ricerca di nuovi archetipi: non abbia più bisogno di Guerrieri (e tanto meno di Mercanti, Orfani, presunti Innocenti) ma di Maghi, capaci di combattere senza odiare e di fare pace senza arrendersi.