• Esiste e funziona egregiamente in Francia un Fondo vittime di amianto che indennizza indistintamente tutti i lavoratori affetti da malattie da asbesto, senza la necessità per questi di dover dimostrare la colpa del datore di lavoro. L’indennizzo viene così erogato sul solo presupposto del nesso tra esposizione ad asbesto e malattia anche ai lavoratori che, ad esempio, sono stati dipendenti di aziende non più esistenti o non solvibili. Anche in Italia esiste un Fondo vittime di amianto, che però, pur essendo stato istituito, non è mai decollato compiutamente. A differenza della Francia, infatti, il tema della «riparazione economica» per i lavoratori ammalati o per le famiglie dei lavoratori deceduti è stato integralmente devoluto al sistema giudiziario con una conseguente miriade di controversie giudiziali, civili e penali. Intanto agiscono in giudizio solo quei lavoratori che possono farlo nei confronti di aziende tuttora esistenti e soprattutto solvibili. Inoltre ad essi, per ottenere il risarcimento del danno, compete l’onere di provare non solo il nesso tra l’esposizione e la malattia, ma anche la colpa del datore di lavoro. I contributi di medici e giuristi raccolti nel volume fanno quindi il punto sullo stato della giurisprudenza, sul diritto sostanziale e sugli aspetti processuali, in tema di patologie da amianto e diritto al risarcimento.
  • Il libro riporta in sintesi i risultati di un lavoro di ricerca svolto nell’ambito di un progetto sulla Prostituzione migrante che ha visto impegnate unità di ricerca delle Università di Siena, Firenze, Torino e Salerno oltre che l’IOM di Ginevra e l’UNODC di Vienna. Si è trattato di una ricerca originale condotta in situazioni caratterizzate da precarietà e illegalità, dove lo sfruttamento non è soltanto un dato economico ma pervade l’humus sociale delle realtà coinvolte dal fenomeno. Utilizzando il metodo dell’inchiesta è stato messo a fuoco in particolare l’aspetto dei clienti delle prostitute. La ricerca mostra come oggi, nel mondo globalizzato, da parte dei giovani intervistati il mercato del sesso sia considerato di facile accesso e del tutto aperto. I mezzi di comunicazione inoltre da tempo presentano il sesso secondo infinite modalità, facendolo diventare ad un tempo obiettivo di facile consumo ma anche di più sofisticata sostanza; ne consegue che il cliente consumatore riesce a soddisfare il maggior numero di variabili sul tema quasi soltanto con il ricorso alle prestazioni a pagamento. Gettata nuova luce sulla questione dei clienti, nel volume viene messo a fuoco come sia maturo il tempo per portare ad emersione tale problematica, favorendo un dibattito volto in primo luogo a far crescere, non solo tra i clienti, ma anche tra i cittadini in generale, la consapevolezza che le prostitute non sono una merce qualsiasi, bensì persone, e che la cosa riguarda tutti. Infatti il dato più preoccupante che le interviste ci consegnano è la completa indifferenza alla questione e una diffusa apatia a porsi per lo meno il problema di avviare forme di contrasto a questa deriva.
  • Da alcuni decenni migrazione e sicurezza sono divenute le due facce di un binomio che sembra inseparabile e si è compreso che per promuovere questo binomio serve una dimensione politica «esterna», in grado, cioè, di assicurare la collaborazione tra paesi di arrivo e paesi di origine dei flussi migratori. Il termine «sicurezza» continua però ad essere automaticamente associato ai concetti di controllo, respingimento dei migranti irregolari, difesa dei confini nazionali, lotta alla criminalità e, in ultima analisi, al sentimento di paura. L’obiettivo di questo volume è evidenziare come, specie in tempi di pace, esista un’altra dimensione della sicurezza, anch’essa strettamente legata ai flussi migratori. Questa dimensione coincide con i concetti di sicurezza umana, stabilità e accordo tra le nazioni e si intreccia all’universale desiderio di benessere e protezione sociale, tanto dei migranti quanto degli autoctoni. In un contesto di crescente interdipendenza tra paesi diversi e lontani il benessere e le politiche che lo regolano mostrano sempre più chiaramente una faccia transnazionale. Promuovere la convivenza con gli autoctoni o assistere un anziano sono ad esempio processi che hanno radici lontane e cominciano a compiersi già nei paesi di origine. Ugualmente la possibilità di un migrante di contribuire positivamente allo sviluppo sociale, oltre che economico, della madrepatria in gran parte dipende dal percorso compiuto nella società di destinazione. Anche la politica sociale, dunque, non solo quella di difesa, deve dotarsi di una «frontiera esterna» e trarre vantaggio dal dialogo e dalla cooperazione con i paesi di origine, nella convinzione che il bene comune possa essere protetto anche attraverso reti estese nello spazio e un welfare transnazionale forte.
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    Per chi emigra la parola ha una importanza decisiva e dop pia. La parola ha il compito di tenere vivo il ricordo, da una parte, e, dall’altra, di farsi spazio in un mondo nuovo. Chi emigra è così preso tra due «parole» e due lingue, una da ricordare, l’altra da imparare. Negli ultimi anni alcune donne, provenienti da paesi diversi e fra loro lontani, hanno compiuto una scelta coraggiosa: quella di utilizzare la lingua nuova, cioè la lingua straniera e «matrigna», non più soltanto in modo funzionale, per fruire al meglio delle opportunità offerte dalla società di accoglienza, ma per raccontare. Per queste migranti la scrittura, il racconto, la narrazione nella nuova lingua sono fondamentali strumenti di autorappresentazione e di «rappresentazione» dei mutamenti che intervengono in un contesto particolare come quello dell’emigrazione. Per chi ha alle spalle una famiglia di origine straniera, ma è da tempo cittadina del nostro paese, anche al di là del riconoscimento giuridico, scrivere è comunque anche un rapportarsi con una cultura e una terra più o meno lontane, con la propria identità mobile e ricca di esperienze. Anche le «native», sempre più spesso presenti e attive in associazioni interculturali, amano raccontare l’impatto che l’incontro con «l’altra» ha sulle loro vite. Questi racconti sono senz’altro una impareggiabile occasione di confronto e un momento di scambio reale e profondo attraverso la comparazione dei vari «punti di vista» e dei modi di narrare il nostro mondo comune. Per questo il «Caffè letterario» della Casa internazionale delle donne, con il sostegno e il patrocinio della Provincia di Roma, si è proposto di incoraggiare la «narrazione incrociata» tra migranti e native, residenti a Roma e provincia, tramite un apposito concorso letterario, rivolto alle donne, che avrà ricorrenza annuale. L’antologia è il primo risultato di questo lavoro. Con una prefazione di Cecilia D’Elia, assessore alla Cultura della Provincia di Roma, e l’introduzione delle componenti della giuria, contiene i dieci racconti delle vincitrici; la giuria ha comunque deciso di pubblicare tutti i 34 testi pervenuti, per il loro valore intrinseco. Sono infatti una preziosa testimonianza di quanto può essere lungo il cammino che ci porta alla reciproca conoscenza. E di quanto può essere ricco.
  • Il 10 dicembre del 2010 a Sidi Bouzid in Tunisia si dava fuoco il giovane venditore ambulante Mohamed Bouazizi per protestare contro i soprusi della polizia. Fu l’inizio di quella che è stata chiamata la Primavera araba: una serie di movimenti di protesta, di manifestazioni, di occupazioni che hanno coinvolto decine di milioni di persone, giovani e donne, in tutto il Nordafrica e il Medioriente. In alcuni casi la protesta è stata essenzialmente pacifica, in altri si è fatto ricorso alla violenza, in altri ancora – in Libia, Yemen e Siria – si è arrivati alla guerra civile. A distanza di quasi due anni dall’inizio delle proteste il bilancio è ancora incerto: in Tunisia, Egitto, Libia e Yemen sono stati rovesciati i regimi al potere da decenni; in altri paesi (Giordania, Marocco, Oman) le proteste hanno dato impulso a movimenti di riforma già in atto; in altri ancora (Arabia Saudita, Bahrein, Mauritania) le proteste non hanno prodotto apprezzabili risultati. In Siria la guerra civile ha assunto caratteri sempre più sanguinari. Laddove sono stati rovesciati i regimi e si sono tenute libere elezioni vi è stata l’affermazione di movimenti religiosi legati ai Fratelli musulmani, la forza politica meglio organizzata in tutto il mondo arabo; mentre in Algeria e in Libia hanno prevalso i partiti governativi di carattere «laico». Quali che saranno gli esiti ultimi dei vasti cambiamenti in corso, essi hanno rappresentato un risveglio della dignità e della volontà di autogoverno del mondo arabo, un prepotente bisogno di libertà e di sviluppo economico che ha indotto i paesi europei e gli Stati Uniti a cambiare le loro politiche estere e a cercare nuove forme di collaborazione. Nonostante la recente pubblicazione su internet di video oltraggiosi nei confronti dell’islam, che hanno provocato un’esplosione di violenza nei confronti del mondo occidentale, le «rivoluzioni della dignità» sono altra cosa e continueranno ad operare in profondità cambiando – sperabilmente in meglio – i rapporti tra mondo islamico e Occidente.
  • È quello di Nello un racconto autobiografico... una grande casa di ringhiera nel quartiere «cinese», una periferia di Torino dove il suo corso non riuscirà mai più a chiamarsi, come un tempo, Parigi... Questo racconto narra di un «noi», di una specie umana e politica che ha attraversato il Novecento dentro e a ridosso della fabbrica, in una città-fabbrica, forse la sola del paese. Essa aveva ancora la memoria della prima industrializzazione, della grande guerra, della prima immigrazione, quella che affollò i ballatoi delle periferie dove ci si dava del lei anche dopo decenni di conoscenza, e si parlava solo in dialetto, della rivoluzione industriale… delle imponenti lotte operaie, degli interminabili scioperi… È il noi che diventa il protagonista diretto dell’antifascismo in fabbrica, della lotta di Liberazione e poi dei «Trenta anni gloriosi», in una Torino che cambia pelle ma che, anche dopo la sconfitta degli anni Cinquanta e la vergognosa repressione antioperaia della Fiat che trasforma la fabbrica in un vero e proprio regime auto ritario, resta Torino operaia, democratica e antifascista (e comunista). A testimoniarlo, in quegli anni chiusi. (dalla prefazione di Fausto Bertinotti) Ecco una stella rossa doppia, costruita, decostruita e ricostruita... ruota (la stella) verso il futuro; speranzosa come le memorie che ci aiutano a riprogettare un futuro senza troppi pentimenti. Stella rossa, ma non di vergogna. (dal messaggio di Gilberto Zorio a Nello Pacifico)
  • Il volume raccoglie testimonianze e saggi autorevoli che ricostrui scono il percorso di studioso rigoroso della pedagogia sociale, nonché l’impegno civico che ha contraddistinto la vita di Bruno Schettini, maestro di umanesimo. Si articola in tre sezioni tematiche che abbracciano tutti i filoni di interesse della sua attività scientifica e sociale. Risalta nel testo la passione etica e civile di una persona che non separava mai la sua attività di studioso da quella di militante impegnato in tante battaglie civiche, partecipe attivo delle molteplici ini ziative sociali promosse sul territorio, in primo luogo nel mondo del lavoro e del terzo settore. Docente sempre aperto al dialogo con i suoi allievi, studioso rigoroso e ricercatore «glocale» – un neologismo che gli piaceva molto – nel campo delle scienze umane e filosofiche, di lui va ricordata la capacità di «fare ricerca» nella Facoltà di Psicologia della SUN, a partire dalla sua curiosità epistemologica capace di sorprendere sempre. Riusciva a «fare ponte» tra discipline diverse, tra istituzioni, persone, storie di uomini passati e problematiche del presente. Ricercatore e uomo di relazione, profilo di intellettuale acuto e profondo, persona capace di «motivare all’umanità».
  • In-flessibili

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    «Riconosco che abbiamo sbagliato a non usare la forza collettiva dei più garantiti per difendere anche le persone senza contratto o con un contratto atipico. Bisogna continuare a domandarsi dove si è infranta la solidarietà tra i lavoratori stabili e non stabili, e quando ci si è rassegnati all’idea che i contratti non fossero più il luogo dove definire norme per il mercato del lavoro». Queste affermazioni di Susanna Camusso, segretario generale della CGIL, hanno aperto ufficialmente una discussione che coinvolge tutto il corpo dell’organizzazione per porre al centro l’inclusione e l’allargamento delle tutele. La guida chiarisce i motivi per cui il sindacato intende svolgere una forte azione contrattuale inclusiva per tutti i lavoratori a prescindere dalle modalità di lavoro utilizzate. Si mettono in luce le varie fasi della contrattazione, i possibili abusi, i punti di forza su cui innestare la contrattazione per professionisti ed atipici, ma anche i punti critici ai quali fare attenzione. In-flessibili fornisce anche un’ampia informazione sulle forme contrattuali atipiche e sui cambiamenti intervenuti con la recente riforma del mercato del lavoro, come anche sugli aspetti previdenziali e fiscali utili da conoscere. Nel volume si trovano modelli e suggerimenti su come gestire la contrattazione collettiva inclusiva sul lavoro atipico e professionale, ed esempi su come redigere gli accordi collettivi e individuali che riguardano lavoratori con partita IVA o con contratto a progetto.
  • Il libro prende in esame l’azione politica delle donne comuniste, all’interno del PCI e dell’UDI, dal 1944 al 1956, in uno dei territori più «fascistizzati» d’Italia: la provincia di Latina. Rileggendo la Resistenza pontina come «Resistenza impossibile», l’autrice ripercorre in tre capitoli la difficile strutturazione del «partito nuovo» nell’area pontina, mettendo in luce, di conseguenza, le motivazioni della mancata realizzazione del «partito nuovo» al femminile nel territorio. La storia parallela dei due generi, maschile e femminile, all’interno del PCI, spesso conflittuale, rivela l’ancestrale maschilismo dei compagni del partito, che non facilita l’ingresso delle donne nella politica. Di qui si snoda il complesso rapporto tra UDI e PCI e il problema della doppia militanza femminile. Muovendosi tra la «tradizionale» storia politica e la storia di genere, l’autrice svela una microstoria che ricalca i temi della storia politica nazionale.
  • Il 13 ottobre 2014 il libro di Luca Mariani vince il premio Matteotti promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ecco le motivazioni. "Luca Mariani ha ricostruito il contesto e il contenuto della strage di giovani laburisti europei perpetrata da Anders Behring Breivik il 22 luglio del 2011. Un massacro, che Mariani in questo volume ricostruisce, mettendo a fuoco la precisione feroce con cui l'assassino ha scelto le sue giovani vittime, e apre uno squarcio su un episodio che ha trovato qualche impunito estimatore in una Europa oscura, minoritaria e violenta. Su queste correnti e idee Mariani fa luce, mostrando con il rigore della sua inchiesta la qualita' di vigilanza richiesta alle coscienze democratiche che hanno unificato e pacificato il continente, nel segno di una fratellanza europea la cui difesa dal fanatismo e' il fondo di questa analisi, meritando il premio Matteotti". Norvegia, 22 luglio 2011, Anders Behring Breivik scatena l’inferno. Otto morti con un’autobomba a Oslo e 69 ragazzi laburisti uccisi uno a uno nell’isola di Utøya, il ‘paradiso nordico’ da decenni sede di campeggi estivi dei socialisti di tutto il mondo. L’assassino, vestito da poliziotto, è spietato: «Venite, sono qui per proteggervi». E poi uccide. È la caccia all’uomo più efferata nell’Europa occidentale dai tempi della seconda guerra mondiale. Un’azione studiata per anni nei minimi dettagli. L’obiettivo? Distruggere il Partito Laburista alla radice. Le motivazioni? L’odio contro gli immigrati e contro la politica multiculturalista. Gli effetti? Nei media prima si avvalora a gran voce la pista islamica. Poi, quando emergono i fatti, gradualmente cala il silenzio sui giovani laburisti giustiziati per le loro idee. In Italia la strage cade presto nel dimenticatoio. ‘Il Giornale’ titola: «Quei giovani incapaci di reagire». Alla Camera solo un breve dibattito: i deputati riescono nell’impresa di non pronunciare mai in aula le parole ‘socialista’ o ‘laburista’. Breivik, dichiarato sano di mente, è finora l’unico condannato. Ma quali furono i suoi contatti? Come si procurò armi ed esplosivo? C’è in Europa una rete di estrema destra nazionalista, violenta e xenofoba? Come agisce? Chi la sostiene, chi la finanzia? E gli uomini arrestati in Polonia e in Gran Bretagna ebbero contatti con il killer? In Italia il pluriomicida ha degli estimatori: il leghista Mario Borghezio definisce «in qualche caso ottime» le sue idee. Il libro si addentra nel mondo di chi vuole che gli immigrati tornino a casa loro. A qualsiasi costo...
  • Radicata, diffusa, necessaria. La presenza delle assistenti familiari, le badanti, continua ad accompagnarci. Nonostante la crisi e la perdita di potere d’acquisto delle famiglie, il lavoro privato di cura rimane una risposta essenziale alla non autosufficienza. Queste pagine rappresentano lo stato dell’arte sul lavoro privato di cura in Italia, bilancio di un percorso iniziato dai curatori dieci anni fa. Frutto della collaborazione di studiosi con competenze diverse, il libro ricostruisce l’emergere di questo lavoro, le sue dimensioni e caratteristiche, i progetti che lo riguardano e che interessano ormai molti soggetti. Badare non basta perché ci vogliono competenza e cura nell’assistere un anziano non autosufficiente; non basta perché ogni intervento puramente individuale finisce per rivelarsi incompleto, un solitario scontrarsi con infinite difficoltà; non basta perché la domanda d’aiuto riguarda anche famiglie e familiari caregiver. Come qualificare il lavoro di cura, come renderlo un fatto un po’ meno privato? Il volume propone risposte a queste domande, linee di intervento e di riforma delle attuali prestazioni sociali. Costituisce uno strumento di lavoro e di approfondimento sui servizi, i progetti, le politiche in atto.
  • Il libro raccoglie uno scambio epistolare tra Fausto Bertinotti e Riccardo Terzi, tra la nascita del governo Monti e le elezioni politiche del 2013, il cui significato vuole essere, come dice il titolo La discorde amicizia, la necessità per la sinistra di organizzarsi come un campo plurale, nel quale sappiano convivere e intrecciarsi le diverse culture politiche. Il comune punto di partenza è la chiara percezione della sconfitta culturale e sociale che la sinistra ha subito, a partire dagli anni ’80, con il conseguente cedimento strutturale di tutti i suoi tradizionali punti di forza. Occorre quindi un lungo lavoro di ricostruzione, ed è su questa prospettiva che si confrontano, in un dialogo serrato, i due rispettivi punti di vista, cercando di individuare una possibile via di uscita dalla crisi. Alla fine il confronto si allarga, con il contributo di Michele Prospero, e il libro si propone di provocare una più larga riflessione critica nel vasto e accidentato campo della sinistra. Con un dialogo conclusivo coordinato da Michele Prospero.