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Il cammino della dignità
13.00
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Una piccola enciclopedia sulla parola “dignità”, dall’Antica Grecia a oggi. Oggi la parola “dignità” rischia di assumere una funzione tutta ed esclusivamente “cosmetica”. Di fronte a tale scempio semantico e culturale non resta che mettersi a ripercorre la storia di questa parola, attraverso i terreni della storia, della filosofia, della politica, della letteratura, della religione e del diritto. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale. Così recita l’articolo 3 della nostra Costituzione. Eppure nella Atene antica il termine nulla aveva a che fare con il campo dei diritti personali da tutelare. Il concetto di dignità ha subito nel corso dei secoli numerosi cambiamenti. Associato all’idea di città in età greca, poi di impero in età romana, ancora di città al tempo dei comuni italiani e del Rinascimento, è diventato infine un concetto universalistico nell’età dei Lumi. E poi, ancora, approda al centro delle rivoluzioni americana e francese fino al nostro Risorgimento e, al suo interno, alla dialettica tra costruzioni sovranazionali e Stati nazionali. Infine, arriva ad intrecciarsi sempre più inestricabilmente con la sfera dei diritti. Casaburi mette in ordine questa storia individuando i punti di snodo più significativi. Cosa si intende allora oggi per “dignità”? Nel suo profilo passivo, è il diritto di ognuno al rispetto integrale della propria libertà e, più in generale, della propria “persona”. Nel suo profilo attivo, invece, è esercizio delle virtù personali nel rispetto e nella difesa della libertà e, più in generale, della propria e altrui “persona”.
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La prospettiva liberalsocialista
13.00
€
Solo il lavoro congiunto del pensiero liberale, del pensiero socialista e di quello dei cattolici democratici può fondare una moderna prospettiva liberalsocialista capace di far rinascere il paese. «Ci siamo cosi condannati ad avere paura di ogni trasgressione all’ordine esistente, non solo sul piano economico ma anche in quello istituzionale: argine democratico contro lo sfascio, ma non più motore di innovazione culturale e sociale». È in corso un cambiamento epocale negli assetti produttivi e sociali del mondo, con effetti asimmetrici tra Oriente e Occidente. La sinistra italiana ed europea ne è uscita fortemente indebolita, perdendo la capacità di guidare il cambiamento, perché bloccata nella difesa doverosa ma impotente dell’esistente. La via d’uscita è il passaggio all’economia della conoscenza che promuova un nuovo rapporto tra impresa, lavoro e sapere: passaggio obbligato per dare un futuro al Paese e a quello dei giovani. Secondo l’autore bisogna oggi promuovere un clima di patriottismo repubblicano in cui le forze democratiche del lavoro e del capitale, della cultura e della scienza, diano vita a coalizioni per l’innovazione, lo sviluppo e la democrazia partecipata. Il libro si articola in tre parti: la prima racconta i tratti più significativi dell’esperienza sindacale e istituzionale dell’autore; la seconda ragiona sulle cause dell’afasia della sinistra italiana ed europea e avanza idee e proposte per il suo superamento; la terza ripubblica, oltre al testo del protocollo IRI che nel 1984 ha aperto una via italiana alla partecipazione strategica dei lavoratori alla gestione delle imprese, due saggi dell’autore sulla metamorfosi delle professioni intellettuali e sul conflitto di interessi.
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Primo riformare le pensioni
13.00
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La riforma Fornero non è stata né equa né sostenibile. Non è stata equa perché ha fatto pagare ai lavoratori a basso reddito un prezzo spropositato tra prolungamento della permanenza al lavoro e prelievo contributivo: i lavoratori, quelli manuali ma non solo, non ce la faranno a lavorare fino a un’età così avanzata e le aziende preferiranno liberarsene. Si prospetta un futuro terribile per milioni di lavoratori: ben altro che gli esodati! D’altra parte ha lasciato sacche di privilegio e ha persino migliorato i requisiti per l’accesso alla pensione dei lavoratori della fascia più alta di reddito. Dunque a pagare sono soprattutto le donne, gli operai, i parasubordinati, i precari e i lavoratori stranieri. E non è sostenibile perché non ha messo in sicurezza i conti dell’INPS non avendo risanato i fondi in passivo cronico e avendo scaricato sull’INPS il debito accumulato dalla gestione pubblica, non per colpa dei dipendenti ma delle amministrazioni, a cominciare dallo Stato, che per decenni non hanno versato i contributi. Infine non è stata neanche una riforma «europea»: la previdenza e l’assistenza in Germania sono gestite molto diversamente, in particolare per gli stati di bisogno, di cura, di maternità e di disoccupazione. Occorre quindi riformare profondamente il sistema tenendo conto dei mutamenti demografici, della nuova famiglia e delle caratteristiche del mercato del lavoro. La solidarietà, anche alla luce dei profondi mutamenti avvenuti nelle famiglie, non potrà che essere pubblica, pena l’insostenibile abbandono degli anziani a se stessi. L’Europa ci mostra esempi, a cominciare dalla Germania, per ripensare un welfare equo e sostenibile.
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Il danno nel diritto del lavoro
13.00
€
Il problema della tutela dei diritti, e in particolare della funzione risarcitoria o anche dissuasiva del giudizio di danno nel diritto del lavoro, costituisce uno degli aspetti salienti, a partire dagli anni Ottanta, della pratica processuale. L’orientamento per lungo tempo ha visto prevalere l’affermazione di primazìa della tutela in forma specifica; nelle più recenti evoluzioni normative riemerge invece la tutela per equivalente degli interessi e dei diritti del lavoratore, non per la convinzione che essa sia più effettiva di quella in forma specifica, bensì per i condizionamenti imposti dal contesto di riferimento. Tali condizionamenti sembrano revocare l’assunto della più incisiva effettività della tutela in forma specifica almeno per il danno non patrimoniale e per la violazione delle direttive dell’Unione europea. Il volume offre una rassegna completa delle varie tematiche di più diffusa applicazione, con un approccio pragmatico rivolto a tutti gli operatori del diritto, con particolare attenzione al regime delle prove, anche di carattere presuntivo o automatico. Saggi di: Filippo Aiello, Lisa Amoriello, Amos Andreoni, Giuseppe Ferraro, Fabrizia Garri, Roberto Riverso, Claudio Scognamiglio.
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La dignità dell’uomo
13.00
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A novant’anni dalla nascita il libro ricorda un protagonista del giornalismo, della politica, della cultura italiana del Novecento. Dal 1925 al 2003 la vita di Luigi Pintor attraversa un secolo segnato da tragedie, speranze, vittorie, sconfitte. La morte del fratello Giaime, 24 anni, in uno dei primi episodi della lotta partigiana, la Resistenza a Roma, la cattura da parte dei fascisti della banda Koch, la tortura, il carcere, la condanna a morte, la militanza comunista, il lavoro giornalistico all’«Unità», la radiazione dal Pci nel 1969, la nascita del «manifesto», su cui scriverà sino a pochi giorni dalla scomparsa. Un’esistenza spesso segnata dal dolore (la morte di entrambi i figli), mai dalla rassegnazione e dalla resa. Si batte fino all’ultimo per la dignità della persona umana, contro ogni forma di sfruttamento, contro la guerra, per una sinistra libera e aperta. La politica per Pintor ha senso solo se non si allontana dall’etica e se è in grado di cambiare i rapporti tra le persone. Maestro di giornalismo, è rimasto famoso per i corsivi e gli editoriali, brevi e fulminanti. Le parole sono preziose, sono fatti di cui assumersi la responsabilità. Lo stile è innanzitutto una questione morale. Ne sono conferma i libri scritti negli ultimi anni della sua vita: Servabo, La signora Kirchgessner, Il nespolo, I luoghi del delitto. Testi brevi, esili autobiografie. Temi privati, intimi: gli affetti, la malattia, il dolore, la morte. Testi esemplari, per discrezione e finezza letteraria.
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Riconversione: un’utopia concreta
13.00
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Imprese che falliscono, distretti industriali che chiudono, emergenze ambientali e sanitarie diffuse su tutto il territorio nazionale e centinaia di migliaia di posti di lavoro persi o a rischio. È possibile uscirne e come? È possibile, necessario e urgente attraverso processi di conversione ecologica che tengano assieme dimensione ambientale e aspetto sociale delle produzioni. Dalla ristrutturazione delle linee produttive al tipo di prodotti, dagli acquisti verdi agli appalti, dalla transizione energetica alla ricostruzione di filiere locali, dal chilometro zero al consumo condiviso, dalla formazione permanente dei lavoratori alla rigenerazione di spazi in degrado: un’antologia di riflessioni teoriche, strumenti concreti ed esperienze in marcia per riconvertire il modello economico rendendolo sostenibile, giusto e redistributivo.
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L’androgino tra noi
13.00
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L’androgino è uno degli archetipi che hanno formato la storia dell’umanità; il libro indaga sulla figurazione attuale di un mito che ha attraversato i secoli e le culture più diverse. Il tema dell’androgino oggi descrive una tendenza che, nelle sue più differenti espressioni, si sta rivelando molto presente. Le autrici e gli autori del libro colgono l’androginia nelle sue esplicite presenze, nella politica, nella moda, nello spettacolo, nei differenti linguaggi culturali, letteratura, arte, cinema e altro ancora, ma anche negli stili di vita, nelle scelte personali, relazionali e culturali. L’androgino è tra noi: immagini tradizionali di femminilità e maschilità vengono continuamente erose e nello stesso tempo esasperate, esibite, proposte a modello; le vite di donne e uomini si avvicinano, condividono spazi e tempi in forme impensabili per il passato; si moltiplicano le ricerche di identità sessuali, che rifiutano ogni stabile definizione, propongono l’ambiguità o l’ambivalenza come scelte di vita, mescolano ironicamente i modelli, si mostrano ormai refrattarie a ogni integrazione univoca e binaria. E al contempo viene messa in discussione una possibile onnipotenza dell’androgino sul proprio corpo. Differenti punti di vista si confrontano con queste tendenze: dal pensiero femminista, alle nuove riflessioni maschili, al pensiero lesbico, gay e queer.
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L’itinerario di Bruno Trentin
13.00
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Il libro racconta la vicenda intellettuale, politica e umana di Bruno Trentin attraverso la documentazione cartacea e multimediale a lui relativa e la bibliografia dei suoi scritti sulle principali testate della sinistra. Un racconto composto di documenti e di immagini che di fatto narrano il Novecento italiano: la Francia dell’esilio, Padova città universitaria in cui attivare la Resistenza, Milano partigiana, Mirafiori dominata dalla Fiat e poi bloccata dagli scioperi. Le carte documentano l’impegno e il carisma di Trentin nei ruoli di segretario della Fiom, di segretario generale della Cgil e di parlamentare europeo per il Pds nella legislatura 1999-2004. Dall’infanzia e l’adolescenza in terra di Francia alle lotte operaie dell’Autunno caldo fino allo scontro col governo Amato nel 1992 sull’abolizione della scala mobile, si dipana il racconto di sessant’anni di vita italiana passata tra le fabbriche e le scrivanie. Contiene: La persona umana, le trasformazioni del lavoro e le contraddizioni del precariato, l’ultimo intervento di Bruno Trentin (Fermo, 25 maggio 2006). Viene pubblicato, per la prima volta, l’inventario delle carte (appunti e altri materiali) giacenti nella casa di Bruno Trentin alla sua morte.
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Fondazione Giuseppe Di Vittorio Annali 2014
13.00
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Il volume riflette sulla crisi del mondo socialista di fronte alla guerra e sull’incapacità di evitarla nonostante la retorica degli anni precedenti. In un’ottica comparata a livello europeo, i saggi analizzano l’interazione tra rappresentati e rappresentanti e il grado di condizionamento che il sindacato riusciva ad esercitare su classi dirigenti che, pur rimanendo fortemente autonome nei processi decisionali, cominciavano a confrontarsi con le esigenze della società di massa, assurta a nuovo attore politico. Uno dei filoni centrali del volume riguarda lo sviluppo dell’idea di nazione e il modo in cui questa categoria del pensiero politico interagisce con il socialismo e con la classe proletaria, che alla prova dei fatti faticherà a far emergere un protagonismo autonomo e conflittuale con quello delle classi dirigenti. Gli autori esplorano anche i dibattiti interni ai sindacati sulla possibilità di interdire le decisioni politiche, il linguaggio che distingue le opzioni politiche concrete da altre soltanto retoriche e le diverse posizioni sulla guerra che maturano durante il procedere degli eventi. I casi nazionali presi in esame nel volume sono quelli di Italia, Francia, Gran Bretagna, Germania e Au-stria-Ungheria. All’Italia sono stati dedicati due saggi per illustrare, oltre alla posizione della CGdL, anche quella dell’USI, la centrale sindacale dei sindacalisti rivoluzionari.
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Vite Ballerine
13.00
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Nel 2001 compare su «l’Unità» una rubrica settimanale dell’autore, intitolata «Atipiciachi», collegata all’inizio a una mailing list creata dal NIdiL Cgil, il sindacato dei lavoratori atipici. La rubrica si conclude nel 2014 con la chiusura della vecchia «Unità», dopo aver riportato storie, racconti, documentazioni, polemiche, che ritroviamo in questo volume, ordinate in diversi capitoli: «Gli stagisti», «I soci», «Le partite Iva», «Gli informatici», «Gli operai», «I commessi», «I pubblici», «I call center», «Le donne», «I professionisti». E, dopo le storie, ci sono le proposte, le analisi, le conquiste. Leggi, welfare, sindacato. Con bilanci non omogenei tra sindacalisti e studiosi. E le vicende di quelli che nonostante tutto vincono, quelli che con il Jobs Act per il momento ce la fanno e i tanti che perpetuano la loro condizione. Un percorso che testimonia l’impegno particolare della Cgil su questo terreno, senza nascondere assenze e ritardi. Con confronti tra chi voleva battersi per una soluzione globale capace di portare le nuove generazioni nel mondo del lavoro con eguali diritti, e chi per conseguire lo stesso obiettivo proponeva la via della contrattazione inclusiva, riconoscendo le diversità presenti nel mondo dei lavori. Con uno sguardo all’oggi, attraverso primi risultati ottenuti da chi ha provato a cambiare aspetti assai discutibili del Jobs Act. Con un primo bilancio e un piano per il futuro nelle parole di Susanna Camusso e di altri dirigenti sindacali, mentre si delinea la proposta di un nuovo Statuto capace di impedire che nei luoghi di lavoro coesistano diritti diversi, nuove disuguaglianze.
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Costituzione e antipolitica
13.00
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Il tema della revisione costituzionale della forma di governo ha impegnato per decenni la riflessione costituzionalistica e il dibattito politico, alimentando il mito della Grande Riforma. Negli ultimi anni la delegittimazione del sistema politico, di pari passo con l’avanzare dell’antipolitica e il dilagare di argomenti e modelli di azione propri del populismo, hanno trasformato questo delicatissimo tema in uno dei tanti punti programmatici della politica governativa. La politica costituzionale ha ceduto così il campo sia all’antipolitica sia alla politica del «fare», che ha portato all’approvazione di un testo di revisione della seconda parte della Costituzione farraginoso e poco omogeneo, col quale si stravolge il bicameralismo senza cancellarlo, si introduce una pluralità disorganica di procedimenti legislativi, si amputa la rappresentanza politica squilibrando il rapporto tra i poteri a tutto favore dell’Esecutivo.
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Nel cuore rosso di Roma
13.00
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Roma, 6 ottobre 1906: con la celebrazione del IX Congresso del Partito socialista s’inaugura la Casa del Popolo di via Capo d’Africa, che diventa sede di organizzazioni politiche e sindacali e teatro di importanti eventi del movimento operaio della capitale. Il Celio, dove già si svolgono, all’Orto Botanico, manifestazioni e comizi e dove nel 1912 sorgerà, sulle pendici del Colle Oppio, l’Educatorio Andrea Costa, si trasforma in una sorta di cittadella rossa tenuta sotto stretta sorveglianza dalla polizia. Questo libro ripercorre la storia dell’edificio, a partire dal «miracolo» che rende possibile, in appena quindici mesi, tradurre in realtà l’idea lanciata da Enrico Ferri nel comizio del 1° maggio 1905. Per circa vent’anni la Casa del Popolo è la casa comune di socialisti rivoluzionari e riformisti, anarchici, repubblicani, comunisti, il quartier generale di grandi agitazioni operaie e della prima resistenza al fascismo. Per impulso dell’Educatorio, dove sono attivi un doposcuola e un ricreatorio per fanciulli, si sviluppano varie iniziative come la Scuola socialista di cultura, l’Università proletaria, il Teatro del Popolo; si tengono conferenze, corsi di cultura generale e amministrazione, rappresentazioni teatrali, concerti e spettacoli. Nel 1926 con la confisca della Casa del Popolo ad opera del regime fascista inizia un’altra storia, le cui propaggini arrivano fino a oggi.
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