• Dalla metà degli anni novanta la Basilicata si trova al centro di interessi di portata nazionale per effetto delle attività estrattive di gas e petrolio che interessano l’area della Val d’Agri. La produzione di petrolio in regione da parte di Eni e Shell è andata nel corso del tempo assumendo una rilevanza in grado di coprire il 6% dei consumi petroliferi nazionali. Tuttavia il petrolio estratto in Basilicata non concorre a soddisfare una domanda crescente, ma sembra destinato ad accompagnare la riduzione progressiva del ricorso a questa fonte di energia. Inoltre gli investimenti di grandi gruppi industriali nazionali ed esteri sul territorio regionale avvengono in una situazione di debolezza programmatica e politica che riduce spesso i termini dello scambio ora alla risorsa finanziaria, ora all’occupazione, mettendo da parte scelte e opzioni di sviluppo di medio-lungo periodo e fattori di qualificazione delle stesse risorse finanziarie e dell’occupazione, per di più in un quadro di ritardi e mancanza di informazioni certe sul piano dei controlli ambientali e sanitari. In questo volume si ragiona su questi temi con l’idea di restituire una dimensione reale e meno pubblicitaria degli esiti occupazionali e delle ricadute effettive delle attività estrattive per il territorio della valle e per la regione nel suo insieme.
  • Il volume propone gran parte dei documenti esposti nella mostra storico-documentale Gli anni Sessanta, la CGIL, la costruzione della democrazia – a cura di Archivio storico CGIL nazionale, Archivio storico FLAI ‘Donatella Turtura’, Archivio storico SPI CGIL – svoltasi a Roma, presso la sede della Confederazione generale italiana del lavoro, dal 29 settembre al 5 ottobre 2015. Attraverso fotografie e riproduzioni di documenti, molti dei quali inediti, illustra l’impegno, spontaneo e organizzato, che singole persone, movimenti e associazioni hanno profuso negli anni Sessanta per la costruzione della democrazia con iniziative e mobilitazioni, elaborazioni e pensiero, successi e sconfitte, idee e proposte. Gli anni Sessanta hanno segnato il momento decisivo della formazione politica di un’intera generazione: sono anni complessi, a partire dalla notevole quantità e densità di avvenimenti che si sono verificati a livello nazionale, all’interno di uno scenario globale in cui il processo di decolonizzazione contribuisce ad allentare le tensioni politiche e militari in Europa favorendo indirettamente anche il processo d’integrazione economica. Anni importanti che ci consegnano la lezione di un movimento sindacale sempre più unito nelle sue diverse organizzazioni, più autonomo dalle controparti, più democratico nel rapporto con lavoratrici e lavoratori, più impegnato in campo politico, divenuto ormai un interlocutore autorevole per le classi dirigenti e per le istituzioni dello Stato italiano. Il volume vuole offrire al lettore l’esperienza di un viaggio attraverso lo spazio e il tempo in un percorso che partendo dalla Genova del 30 giugno 1960 arrivi, passando dalla Milano di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969, all’approvazione dello Statuto dei diritti dei lavoratori del 1970, attraverso quattro temi sviluppati e declinati nelle loro diverse sfaccettature: i fatti del luglio 1960 a Genova, Licata, Roma, Reggio Emilia, Palermo e Catania; la riforma del sistema pensionistico; il ruolo e le conquiste delle donne; la crisi e la rinascita di fine decennio.
  • Luca Ronconi

    14.00 
    Un regista seduttore e sfuggente: un capo carismatico in mezzo alle paure del teatro che non sa cosa possa essere, ancora. Italo Moscati dedica questo libro a Luca Ronconi, il grande regista di teatro scomparso nel 2015 dopo avere svolto una intensa, ininterrotta, attività sulle scene italiane e del mondo. Nonostante l’attenzione generale che Ronconi ha suscitato, il suo «caso» è da spiegare. Ronconi assomiglia solo a se stesso. L’attività che ha svolto è la profonda, affascinante dimostrazione della vitalità di un suo «teatro enciclopedico», innamorato della conoscenza, senza esclusioni né di epoche né di autori; in cui si avverte una elegante e potente intenzione illuministica, contro il passato, contro le tradizioni, tuttavia mai tradite, anzi prese molto sul serio, reinventate. Ronconi ha guardato alle idee e alle forme delle avanguardie di ogni paese e di ogni tendenza. Per fare luce con centinaia di rappresentazioni, esperienze, laboratori. Ha cercato la contemporaneità in modo concreto, non subendola ma per rifarla, scoprirla, svelarla. Con i suoi attori, i collaboratori, le compagnie, gruppi compatti e determinati. Oltre che regista, è stato un maestro, ha coinvolto i giovani, anche come docente all’Accademia d’Arte Drammatica; ed è rimasto, dopo Luigi Squarzina e Giorgio Strehler, con pochi altri, il solo a rifiutare la fine del teatro e ad avere desiderio di raccontarla, trovando spun-ti e strade che sono andate oltre le proposte provocatorie e geniali di Carmelo Bene. Ronconi rappresenta non un lavoro ma i necessari lavori che sono in corso.
  • L’attenzione verso il reddito di base è alta anche nel nostro paese. Oltre ai progetti di legge depositati in Parlamento, alle proposte di studiosi e di organizzazioni sociali e alle iniziative adottate a livello locale, è di fine gennaio 2016 l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri di un disegno di legge in materia di contrasto alla povertà. A prescindere dai vincoli finanziari, le obiezioni culturali nei confronti di un reddito di base restano, tuttavia, forti e variegate. Attraverso un’analisi rigorosa, ma di facile lettura, il volume mira a fornire gli strumenti cruciali per orientarsi in questo dibattito. Entra nel dettaglio delle principali configurazioni di reddito di base, dal reddito minimo al reddito di cittadinanza, all’imposta negativa, alle dotazioni di capitale fino alle tante declinazioni che ciascuna forma può assumere. Esamina le più recenti evoluzioni in atto nell’Unione europea e in Italia. Infine, argomenta con forza le diverse ragioni di giustizia e di efficienza a favore di un reddito di base, delineando le principali implicazioni per le politiche pubbliche.
  • Da oltre trent’anni la criminalità organizzata rappresenta in Italia un argomento molto discusso e approfondito, sia dai policy makers che dagli studiosi. Si è sviluppata anche una produzione mediatica, che spazia dalla letteratura popolare alla realizzazione di specifici format televisivi. Infine, nella società civile, si sono sviluppate vere e proprie forme di professionalità legate al contrasto delle organizzazioni criminali. La mafia e l’antimafia sono così diventate due campi attraversati da conflitti politici e culturali, all’in-terno dei quali il contrasto del fenomeno si sovrappone alla costruzione e alla riproduzione di rendite di posizione, che chiamano in causa il sistema politico, i rapporti di produzione, il sistema giudiziario e le garanzie del sistema penale. Vincenzo Scalia, da anni attivo nello studio dei fenomeni mafiosi, ci propone una lettura delle mafie e delle antimafie basata su due cardini: il primo riguarda la trama costitutiva delle organizzazioni mafiose, che l’au-tore vede speculare alle trasformazioni produttive; il secondo riguarda la necessità di osservare i fenomeni mafiosi senza tralasciare l’aspetto della tutela dei diritti individuali e collettivi. Se si vuole contrastare le mafie, suggerisce l’autore, si tratta piuttosto di ripartire proprio da una società attenta alle garanzie individuali e al-l’emancipazione sociale.
  • Vite Ballerine

    13.00 
    Nel 2001 compare su «l’Unità» una rubrica settimanale dell’autore, intitolata «Atipiciachi», collegata all’inizio a una mailing list creata dal NIdiL Cgil, il sindacato dei lavoratori atipici. La rubrica si conclude nel 2014 con la chiusura della vecchia «Unità», dopo aver riportato storie, racconti, documentazioni, polemiche, che ritroviamo in questo volume, ordinate in diversi capitoli: «Gli stagisti», «I soci», «Le partite Iva», «Gli informatici», «Gli operai», «I commessi», «I pubblici», «I call center», «Le donne», «I professionisti». E, dopo le storie, ci sono le proposte, le analisi, le conquiste. Leggi, welfare, sindacato. Con bilanci non omogenei tra sindacalisti e studiosi. E le vicende di quelli che nonostante tutto vincono, quelli che con il Jobs Act per il momento ce la fanno e i tanti che perpetuano la loro condizione. Un percorso che testimonia l’impegno particolare della Cgil su questo terreno, senza nascondere assenze e ritardi. Con confronti tra chi voleva battersi per una soluzione globale capace di portare le nuove generazioni nel mondo del lavoro con eguali diritti, e chi per conseguire lo stesso obiettivo proponeva la via della contrattazione inclusiva, riconoscendo le diversità presenti nel mondo dei lavori. Con uno sguardo all’oggi, attraverso primi risultati ottenuti da chi ha provato a cambiare aspetti assai discutibili del Jobs Act. Con un primo bilancio e un piano per il futuro nelle parole di Susanna Camusso e di altri dirigenti sindacali, mentre si delinea la proposta di un nuovo Statuto capace di impedire che nei luoghi di lavoro coesistano diritti diversi, nuove disuguaglianze.
  • Esiste, accanto all’Europa delle compatibilità finanziarie, un’Europa «sociale», attenta alla definizione e al potenziamento dei diritti del lavoro. Esiste anche una (forse poco visibile) struttura amministrativa, politica e giudiziaria – sempre a livello dell’Unione Europea – costruita per rendere effettivi quei diritti. Il problema, affrontato pragmaticamente da questo volume, è come possa l’azione vertenziale-sindacale mettere in moto il processo di rafforzamento di questa Europa sociale e solidale. Diventa, quindi, cruciale svelare le modalità di accesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, alla Corte Europea dei Diritti Umani e agli altri organismi che, nell’ambito dell’Unione, possono verificare l’effettiva garanzia dei diritti fondamentali delle persone. Ma è anche indispensabile capire come utilizzare adeguatamente le due Carte dei diritti (Carta dei Diritti Fondamentali della UE e Convenzione Europea dei Diritti Umani) presso i Giudici nazionali, al fine di assicurare, in una prospettiva multilivello, la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori nel godimento dei diritti fondamentali, con particolare riferimento ai casi di discriminazione. Perché l’Europa, senza un solido apparato di diritti del lavoro, non ha un futuro politico.
  • L’11 gennaio 2016 nella sala dei Gruppi Parlamentari della Camera si è svolta un’affollata assemblea convocata dal «Comitato per il NO nel referendum sulle modifiche della Costituzione» per esporre le ragioni della contrarietà ai contenuti di questa legge. Il Comitato per il NO è stato costituito prima della conclusione dell’iter parlamentare della legge, che avverrà nel mese di aprile con l’ultima lettura da parte della Camera. Si è tentato di ottenere almeno modifiche indispensabili degli aspetti più controversi, ma l’opposizione del Governo a qualsiasi cambiamento non lo ha reso possibile. Ad aprile, dopo la sua definitiva approvazione, il testo della legge verrà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ma non entrerà in vigore fino a quando ci sarà l’esito del referendum, ricorrendo i casi previsti dall’art. 138 della Costituzione. Il Governo ha voluto far credere che il referendum sia una sua gentile concessione, ma non è così. È la Costituzione che ne prevede la possibilità quando, al secondo passaggio, l’approvazione delle leggi costituzionali avviene con meno dei due terzi dei voti in almeno un ramo del Parlamento, come appunto si è già verificato al Senato. Questo volume, raccogliendo gli interventi all’assemblea dell’11 gennaio, si propone di far conoscere le ragioni che il Comitato ha messo in campo e che costituiranno la base per motivare la raccolta delle 500.000 firme necessarie per il referendum e, nel corso della campagna elettorale, per convincere le elettrici e gli elettori a respingere le inaccettabili modifiche apportate alla Costituzione. E a votare quindi NO nel referendum costituzionale che avrà luogo nell’autunno del 2016. Contributi di: Gaetano Azzariti, Felice C. Besostri, Lorenza Carlassare, Gianni Ferrara, Domenico Gallo, Alfiero Grandi, Alessandro Pace, Stefano Rodotà, Massimo Villone, Gustavo Zagrebelsky
  • Il rapporto analizza il fenomeno del caporalato e dell’infiltrazione mafiosa nella filiera agroalimentare, fenomeni notevolmente cresciuti negli anni della crisi economica come dimostrano le recenti cronache giornalistiche. Il volume, in continuità con i due precedenti, fotografa la vita dei braccianti agricoli nelle campagne italiane, pervase da nord a sud da nuovo caporalato, grave sfruttamento e nuova schiavitù. Dalle raccolte del pomodoro all’ortofrutta, dal distretto vitivinicolo al settore delle carni, i diversi settori vengono analizzati attraverso la raccolta e l’analisi dei dati, nonché interviste agli operatori del settore e del sindacato, ai rappresentanti delle Istituzioni, delle forze dell’ordine, dell’associazionismo e con testimonianze dirette dei lavoratori vittime di caporalato. Particolare attenzione viene posta anche sui braccianti stranieri, siano essi extracomunitari o neocomunitari, e sul legame che c’è tra il caporalato e la tratta di esseri umani. Il terzo rapporto Agromafie e caporalato si concentra poi sull’azione di contrasto oltre che di denuncia. È così possibile trovare nel volume anche una mappatura delle azioni di “sindacato di strada” e delle buone pratiche messe in campo dalla FLAI CGIL in sinergia con tante realtà territoriali impegnate nel contrasto al caporalato e per l’affermazione dei diritti dei lavoratori. A ciò si aggiunge anche un approfondimento del legame esistente tra produzione agricola e globalizzazione, con l’intento di verificare se il fenomeno del caporalato sia presente solo in Italia o anche in altre realtà dell’Unione Europea e più in generale del mondo occidentale. Il rapporto è poi corredato da materiali multimediali consultabili sul sito www.flai.it. Coordinamento del gruppo di ricerca: Francesco Carchedi, Roberto Iovino, Alessandra Valentini. Contributi di: Franco Boldrini, Francesco Carchedi, Giorgia Cantaro, Stefania Crogi, Niki Deleonardis, Donato Di Sanzio, Umberto Franciosi, Ivana Galli, Roberto Iovino, Silvano Lanciano, Debora La Rocca, Cinzia Massa, Marco Omizzolo, Marco Paggi, Lucio Pisacane, Enrico Pugliese, Pino Rubinetto, Fabio Sorgoni, Gervasio Ugolo, Alessandra Valentini.
  • Il declino negli anni Ottanta del PCI, maggior partito di massa in Italia, non fu soltanto legato alle contraddizioni del comunismo mondiale e alla preclusione che le forze della guerra fredda opposero a un percorso di integrazione democratica di quel partito. La vicenda di quel declino rivela aspetti generali di mancato sviluppo democratico delle democrazie come tali: nuove soggettività politiche, partecipazione di cittadini competenti e autonomi, rispetto della dignità delle persone, nuovi bisogni, allargamento dei sistemi politici. Tutto questo si manifestò in quel decennio, e tutto fu respinto, la guerra tornò sulla scena del mondo, il Sud d’Europa e soprattutto il Mediterraneo furono abbandonati a esiti tragici. Questi temi furono colti e segnalati con grande anticipo in una singolare esperienza di ricerca promossa dal CRS, Centro Studi del PCI, che per quindici anni con la direzione di Pietro Ingrao provò a orientare il par-tito verso riforme del sistema politico e a contribuire da sinistra alla costruzione europea. La chiusura del partito a quei temi e a quelle proposte è un aspetto particolare del suo declino. Oggi l’interesse per quella vicenda, che l’autore ricostruisce dall’interno per il ruolo svolto nel CRS, è dato anche dall’attualità delle questioni irrisolte: le riforme istituzionali e costituzionali, l’unione politica dell’Eu-ropa, forme e ruolo delle nuove soggettività.
  • Ricorrendo i casi previsti dall’articolo 138 della Costituzione, ad ottobre si svolgerà il referendum sulle modifiche della Carta costituzionale apportate dalla legge Renzi - Boschi e per il quale è in corso la raccolta delle firme dei cittadini da parte del «Comitato per il NO nel referendum sulle modifiche della Costituzione». A supporto della capillare iniziativa in corso in tutto il Paese, questo volumetto elenca in modo semplice e chiaro 20 domande fondamentali ed altrettante persuasive risposte volte a convincere le elettrici e gli elettori a respingere le inaccettabili modifiche apportate alla Costituzione. E a votare quindi NO nel referendum costituzionale che avrà luogo ad ottobre.
  • Nelle realtà socio-economiche dei paesi occidentali il sapere e le conoscenze scientifiche rivestono un ruolo centrale nella produzione di beni materiali e immateriali, diventano esse stesse una forza produttiva, l’unica capace di produrre valore e vantaggi competitivi durevoli per la knowledge society. Dentro questo quadro teorico l’Unione europea si era prefissata l’obiettivo strategico (per il 2001-2010) di «diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo» e l’ha confermato con il Programma Europa 2020. È in tale contesto che assume una rilevanza significativa lo sforzo di investimento in formazione delle regioni meridionali italiane più svantaggiate, come il programma Master & Back promosso nell’ultimo decennio dalla Regione autonoma della Sardegna, per conferire maggiore spessore al capitale umano dei suoi giovani laureati attraverso esperienze di alta qualificazione al di fuori dell’isola ai fini di un successivo inserimento, una volta specializzati, nel mercato del lavoro locale. Il volume è un’attenta analisi dei meccanismi di una politica che ha guardato solo al lato dell’offerta della forza lavoro, del suo impatto sui livelli di occupazione e dei suoi effetti perversi, come il massiccio brain drain verificatosi alla fine dell’esperienza in seguito a un processo di mismatch con un tessuto produttivo inadeguato e impreparato ad accogliere personale altamente qualificato, o un notevole brain waste, ovvero una sottoutilizzazione delle risorse stesse.